Ottobre 8th, 2010 Riccardo Fucile
INTERROGATO IN SEGRETO NEI GIORNI SCORSI HA AFFERMATO CHE SI TRATTAVA DI CONSULENZE LEGALI…. ANCHE LA SUA SEGRETARIA PERCEPIVA 2.000 EURO MENSILI “PER ORGANIZZARE FESTE”…. LA DITTA MYTHOS ERA GIA’ INDAGATA PER VARI EPISODI DI CORRUZIONE
Il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, è indagato a Roma per finanziamento illecito in relazione a una consulenza da 60 mila euro pagata dalla società Mythos.
Viene così confermato quanto riportato da “L’espresso” in edicola oggi e che noi abbiamo anticipato ieri.
A quanto si apprende, Maroni è già stato interrogato in gran segreto nei giorni scorsi.
Nel corso dell’interrogatorio, il ministro avrebbe affermato che i soldi ricevuti dalla Mythos non costituiscono il compenso per alcuna attività illegale.
Si tratterebbe, secondo il numero uno del Viminale, del compenso di una consulenza legale effettuata in qualità di avvocato.
Gli atti dell’indagine che vede coinvolto Roberto Maroni sono ora al vaglio della magistratura romana che ha iscritto il nominativo del ministro nel registro degli indagati per l’ipotesi di finanziamento illecito ad un parlamentare.
L’inchiesta è condotta dal procuratore Giovanni Ferrara e dall’aggiunto Alberto Caperna.
Secondo l’ipotesi originaria di indagine, formulata dai pm di Milano, la somma incassata da Maroni sarebbe stata fatturata nel 2007-2008 ma la consulenza professionale non sarebbe mai stata svolta.
Nell’inchiesta risulta coinvolto anche Franco Boselli, manager della Mythos, società sotto inchiesta per tangenti versate a vari personaggi.
Lo stesso Boselli ha confermato che conosceva Maroni in quanto “lavoravamo insieme alla Avon” negli anni ’80.
E qui aggiunge di avergli pagato, a fine 2007, “consulenze legali, con regolari fatture”.
Solo allora il pm gli chiede quanto ha versato a Maroni.
Boselli, a mente, risponde: “Sessantamila euro”.
Ma cosa faceva Maroni?
“Ci diceva come muoverci a livello di Comuni, Province, Regioni”.
Il pm non capisce che lavoro svolgeva l’avvocato-parlamentare per meritare i soldi.
Boselli: “Essendo un legale, un amico e un esperto di situazioni del settore pubblico, mi ha dato un supporto per capire le disposizioni di legge per la gestione di asset lineari”.
In pratica, gli avrebbe solo “presentato persone”per vendere progetti “a province come Varese e Sondrio, in Emilia…”.
Ma c’è almeno una traccia scritta di queste consulenze?
Risposta di Boselli: “No, non serviva. Ho preso appunti. Abbiamo incontrato persone del Demanio o di altri enti pubblici e lui mi ha fatto da collettore e coordinatore”.
Finora si ignorava che Maroni continuasse a incassare parcelle da avvocato anche durante il suo mandato parlamentare.
E che avesse preso soldi dalla Mythos perfino due anni dopo i primi arresti per corruzione.
A fronte quindi di versamenti mensili di 5.000 euro al ministro, è singolare che anche la sua segretaria particolare e portavoce, Isabella Votino, beneficiasse anch’essa di un contratto da 2.000 euro mensili dalla stessa Mythos.
E perchè anche lei veniva pagata dalla Mythos?
“Per organizzare eventi a Roma, per promuovere la nostra società “, risponde Boselli.
Insomma, feste e incontri per favorire i contatti con i politici.
Ma i misteri non sono finiti.
Negli archivi della Mythos Business Development compaiono altri due versamenti a una società che organizza party a Roma.
Queste fatture seguono di pochi giorni la festa dell’ottobre 2007 per il compleanno di Isabella Votino a Roma, descritta anche da “il Giornale”. Musiche di Mariano Apicella, ospite d’onore Silvio Berlusconi.
Per chi volesse approfondire, rimandiamo all’articolo completo de l’Espresso, pubblicato nella nostra home page.
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Ottobre 8th, 2010 Riccardo Fucile
“NON SIAMO SOLO BRACCIA, MERITIAMO RISPETTO E PIU’ DIRITTI”… OCCUPATE SEDICI ROTONDE STRADALI TRA NAPOLI E CASERTA DAI LAVORATORI ALLA GIORNATA: “VOGLIAMO ALMENO 50 EURO”… LO STATO NON C’E’, IL GOVERNO E’ LATITANTE E SACCONI DORME
Immigrati e caporali.
Oggi si è svolto il primo sciopero in Italia dei lavoratori alla giornata.
Da Baia Verde ad Afragola passando per Villa Literno, Casal di Principe, Giugliano, Qualiano, Pianura e Scampia.
Hanno pacificamente occupato sedici ‘rotonde’ tra Caserta e Napoli.
Negli stessi incroci stradali dove ogni giorno vengono “ingaggiati”, stamattina all’alba, migliaia di migranti hanno incrociato le braccia e alzato un cartello: “Noi non lavoriamo per meno di 50 euro al giorno”.
In strada c’erano tutti: i lavoratori delle campagne, dell’edilizia, del terziario, del mondo dell’artigianato.
Regolari e irregolari.
Hanno rinunciato ad un guadagno, ma hanno avuto il coraggio di scendere in piazza, metterci la faccia e sfidare i caporali.
“Scioperiamo perchè non vogliamo essere considerati solo per le nostre braccia, ma anche per ciò che pensiamo, per ciò che siamo”, dice Mamadou Sy.
“Nessun popolo è mai riuscito da solo a progredire senza l’aiuto di un altro popolo e voi italiani, che avete vissuto come noi l’emigrazione, sapete bene cosa vuol dire non sentirsi accettati e vivere come persone invisibili e senza diritti”.
Mamadou Sy, presidente della Comunità senegalese di Caserta, uno dei leader più ascoltati degli immigrati africani, è da otto anni in Italia, e oggi incrocerà le braccia insieme a tantissimi altri. “Io sarò sul vialone di Caserta, dove abitualmente ci sono i miei fratelli a lavare i vetri o a vendere fazzoletti. Non per fare confusione o creare disagi agli automobilisti, ma per spiegare ai cittadini che senza permesso di soggiorno non si può vivere. Abitiamo in case che ci danno in fitto gli italiani, paghiamo l’acqua, la luce, il gas. Vorremmo pagare anche le tasse, ma se non abbiamo il diritto di cittadinanza non è possibile farlo, siamo e restiamo invisibili”.
Poi c’è il problema lavoro.
“E lo chiami lavoro quello che facciamo per dodici o quattordici ore al giorno per una paga di 20 o 30 euro? Questo è sfruttamento. Gli italiani non capiscono che se trattano male noi che dobbiamo lavorare per loro, anche il lavoro è fatto male.
Ricordate Rosarno? Ricordate dove dormivano quei ragazzi? Era peggio di un porcile. Una cosa ignobile. Nessuno andrebbe a vivere lì dentro e poi a lavorare per una giornata intera.
Come può un datore di lavoro trattare così i suoi collaboratori? Significa che non ci tiene nemmeno alla sua impresa. Gli italiani si rivolgono a noi solo quando hanno bisogno. Vengono a implorarci e a bussare alle nostre porte. Sono insistenti. Ma solo per il tempo in cui siamo utili a loro. Poi ci lasciano al nostro destino”.
“Oggi è più difficile dire che in Italia ci si trova bene. Fino a poco tempo fa era un paese accogliente. Tutti volevano venire in Italia perchè qui la gente era diversa. Oggi non è così. L’Italia non è più il paese di qualche anno fa. Molte cose cono cambiate. così non si finirà mai. Veniamo qui perchè abbiamo bisogno. Certo, c’è la crisi ed è difficile per tutti. Tutte le persone vogliono migliorare, tutte le persone vogliono vivere meglio, senza molti problemi.Tutti abbiamo bisogno degli altri. Se solo si capisse questo, forse le cose andrebbe più lisce”.
Andrebbero meglio anche se lo Stato non tollerasse sacche di illegalità , lasciando interi territori del Paese senza regole e certezze, diritti umani e sindacali.
Cosa aspetta il governo a intervenire, pretendendo dagli imprenditori italiani l’applicazione dei contratti regolari e il rispetto dei diritti degli immigrati?
Che Sacconi si muova e renda giustizia alle migliaia di immigrati che vengono quotidianamente sfruttati nel nostro Paese, nel silenzio assenso delle istituzioni.
Vogliamo un’Italia non solo dei doveri, ma anche dei diritti.
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Ottobre 8th, 2010 Riccardo Fucile
LA MARCEGAGLIA: “HO AVUTO PAURA E HO CHIAMATO CONFALONIERI: MI HA RICHIAMATA PER ASSICURARMI CHE AVEVA CONVINTO FELTRI A DESISTERE” … I PM: “E’ STATA MINACCIATA DA IL GIORNALE DI AVVIARE UNA CAMPAGNA ANALOGA A QUELLA IN ATTO CONTRO FINI”… IL TESTO DEI COLLOQUI TRA PORRO E ARPISELLA
“Dopo il racconto che Arpisella mi fece, ho sicuramente percepito “l’avvertimento” di Porro come un rischio reale e concreto per la mia persona e la mia immagine. Tanto reale e concreto che mi misi personalmente in contatto con Confalonieri”.
Martedì 5 ottobre, ore 8.20, caserma dei carabinieri in via Aurelia a Roma.
La presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, viene sentita come “persona informata dei fatti” dal pm Henry John Woodcock sui colloqui intercettati fra il responsabile della sua comunicazione istituzionale, Rinaldo Arpisella, e il vice direttore del Giornale, Nicola Porro.
Queste dichiarazioni inducono gli inquirenti a ipotizzare il reato di violenza privata nei confronti di Porro e del direttore del quotidiano milanese Alessandro Sallusti, che replicano: “Erano solo frasi scherzose”.
Spiega invece Marcegaglia: “Il Giornale (e dunque evidentemente il suo emissario) erano piccati sia per le mie dichiarazioni contro l’operato del governo sia, soprattutto, per il fatto che io stessa e Confindustria, ci siamo sempre “filati” poco il Giornale. Il Giornale e il suo giornalista hanno dunque tentato di convincermi a cambiare il mio atteggiamento nei confronti del Giornale stesso, concedendo interviste che, per la verità , io sul Giornale almeno recentemente non avevo fatto”.
Il 15 settembre Emma Marcegaglia aveva criticato la “politica brutta che ha parlato solo di amanti, cognati e appartamenti”, riferimento evidente al caso Montecarlo.
Il giorno successivo il direttore del Giornale Alessandro Sallusti scrive: “Con buona pace della Marcegaglia, i sondaggi dicono che i cittadini non si rassegnano ai silenzi e alle bugie sull’affaire monegasco”.
Alle 11.38 del 16 settembre, Porro invia sul cellulare di Arpicella un sms che viene intercettato: “Ciao Rinaldo domani super pezzo giudiziario sugli affaire della family Marcegaglia”.
Passa meno di un’ora. Alle 12.18 Arpisella telefona a Porro.
A. “Nicola, scusami, mi senti ora?”
P. “Sì, benissimo. Spostati i segugi da Montecarlo a Mantova. Adesso ci divertiamo, per venti giorni romperemo il cazzo alla Marcegaglia come pochi al mondo”.
A. “Perchè?”
P. “Perchè secondo me non vuole avere… le facciamo un favore così… come dicevi tu, non ha… non sembra berlusconiana”.
A. “Ma no, dai cioè. Cos’è successo, no spiegami”.
P. “Comunque dai, hai letto oggi il pezzo di Sallusti?”
A. “Sì”
Il giornalista replica accusando la Marcegaglia, definita con un insulto, di non aver “mai fatto un rapporto con noi”.
Il colloquio con Porro turba Arpisella. “Avevo paura che questo avvertimento si realizzasse con la pubblicazione di un “dossier” che avrebbe potuto deturpare l’immagine di Emma Marcegaglia”, dirà il testimone al pm Vincenzo Piscitelli.
Il responsabile della comunicazione del leader di Confindustria telefona così a Maurizio Crippa, suo omologo in Mediaset, che non è coinvolto nell’inchiesta.
A. “Senti volevo dirti, innanzitutto quel pezzo di Sallusti sul giornale… quell’editoriale… poi ricevo un messaggino… dal Giornale in cui mi si dice che sta partendo un dossier su Emma”.
C. “Ma perchè, una cosa brutta?”
A. “Si certo, un dossier sulla..
C. No, devi chiamare subito Confalonieri adesso”.
A. “Chiamare subito Confalonieri?”
C. “Sì, su una cosa così non si scherza. E perchè dovrebbero attaccare Emma”, chiede Crippa, che poi dice: “Se parte Feltri va avanti due settimane”.
Nell’audizione con il pm Woodcock, Emma Marcegaglia evidenzia: “Quanto mi fu riferito da Arpisella a proposito della conversazione con il Porro mi allarmò non poco. Mi misi immediatamente in contatto con Confalonieri, addirittura intorno alle 14.30-15 dello stesso 16 settembre. Rappresentai la mia preoccupazione e il mio allarme dicendo che era per me assurdo un simile comportamento da parte del Giornale. Confalonieri mi rassicurò, disse che avrebbe chiamato immediatamente Feltri e che sarebbe intervenuto e mi avrebbe richiamato. Cosa che infatti fece dopo pochi minuti. Nella seconda telefonata mi disse di aver parlato con Feltri e che era tutto a posto, nel senso che il Giornale avrebbe desistito. Nel corso della stessa telefonata, Confalonieri ribadì anche lui la necessità e l’opportunità che io facessi un’intervista al Giornale”.
Il 22 settembre Arpisella riceve un sms di Porro con scritto “W il Conf”. In realtà , afferma Arpisella ai magistrati, quello del giornalista era un lapsus: “Voleva scrivere “viva la Confindustria” a seguito dell’intervento di Confalonieri che aveva bloccato la pubblicazione del dossier”
Dopo quel messaggio, il responsabile della comunicazione di Confindustria telefona a Porro il quale, fra l’altro, gli dice: “La signora se vuole gestire i rapporti con noi deve saper gestire…”.
Quindi, dopo aver stigmatizzato la scelta di far intervenire Confalonieri (“secondo te è una cosa intelligente, dal punto di vista di Feltri, farlo chiamare da Confalonieri?”) e dopo aver rimarcato che “Feltri è il padrone del suo giornale finchè non lo cacciano”, Porro afferma: “Dobbiamo trovare un accordo perchè se no non si finisce più qui”.
Arpisella replica di non “capire perchè abbia preso di mira Emma”. Più avanti Porro aggiunge: “Quello che cercavo di dirti è che dobbiamo cercare di capire come disinnescare in maniera reciprocamente vantaggiosa nel senso delle notizie, delle informazioni, della collaborazione”.
Ma quali notizie avrebbe potuto contenere il presunto dossier?
Al pm Woodcock, Emma Marcegaglia dirà di non immaginare “a quale dossieraggio Porro facesse riferimento e cosa riguardasse: presumo che potesse riferirsi a taluni problemi giudiziari che mio fratello ha avuto nel 2004, questioni risoltesi positivamente nel 2006.
Non so se Porro si riferisse anche ad altro”.
In un precedente passaggio, la Marcegaglia aveva sottolineato: “Non mi era mai capitata una cosa simile. Non mi era mai capitato che un quotidiano ovvero qualsivoglia giornale tentasse di coartare la mia volontà con queste modalità per ottenere un’intervista ovvero in conseguenza di dichiarazioni da me rilasciate. Lo stesso quotidiano il Giornale non si era mai comportato in tal modo”.
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Ottobre 8th, 2010 Riccardo Fucile
MENTRE LA MARCEGAGLIA CONFERMA CHE E’ STATA MINACCIATA DA”IL GIORNALE”, I MAGISTRATI ROMANI HANNO FORTI DUBBI SULLA GENUINITA’ DELLA MAIL PUBBLICATA DAL FACCENDIERE LAVITOLA… UN RAPPORTO DELLA DEA STATUNITENSE APRE NUOVI SCENARI SUL RUOLO DI CORALLO E SUL PASSAGGIO DELLA CASA DI MONTECARLO A PERSONA “NON FINIANA”
Un paio di settimane or sono, il vicedirettore de “il Giornale”, Nicola Porro, in un suo intervento su La 7 ammetteva quanto segue: “Nel luglio 2009, di fronte allo smarcarsi di Fini, rispetto alle posizioni del premier, in redazione avevamo deciso di iniziare una campagna contro il presidente della Camera”. Esattamente un anno prima che uscissero gli articoli sulla vendita della famosa casa di Montecarlo ex An.
Porro non ha spiegato se l’imput venisse dall’alto o se si fosse trattato di una libera iniziativa della direzione del quotidiano, in ogni caso riteniamo sia una scelta legittima opporre a una linea politica che non si condivide (quella di Fini), idee e posizioni riconducibili ad un’altra (quella di Silvio).
Ma il dibattito non è stato politico, assomigliando sempre più a un killeraggio mediatico, personale e familiare verso chi aveva osato “dissentire”.
Un metodo poi applicato al direttore dell’Avvenire Boffo sulla base di un documento falso (con tardive scuse di Feltri) e che ieri è stato svelato essere stato posto in essere anche contro Emma Marcegaglia, rea di aver criticato il governo del “non fare”.
Immediata ritorsione, come risulta dalle intercettazioni, con minaccia di spostare i segugi da Montecarlo a Mantova per iniziare lo sputtanamento dell’azienda di famiglia della presidente di Confindustria.
Porro ora parla di frasi scherzose, ma la Marcegaglia non ci sta a passare per scema e ribadisce il senso della minaccia: “Le cose sono andate esattamente come scritto sui verbali”.
Non a caso Confalonieri, dopo il suo intervento su Feltri, la rassicurò con “tutto è andato a buon fine”.
Se fosse stato uno scherzo, Confalonieri non si sarebbe neanche mosso.
Questa volta Porro, sodali e mandanti sono stati beccati con le mani nella marmellata, basti pensare al commento del premier: “Un blitz ordinato da Fini”, tanto per far capire il clima che si respira.
Ma torniano a Montecarlo: iniziano a marzo i giri di Lavitola in Centro America, lui stesso ammetterà di aver pagato informatori locali per cercare di conoscere la verità sul proprietario della casa.
Lavitola ha anche strani rapporti con molti governi e servizi segreti dei Paesi del Centro e Sud America.
Attualmente la pistola fumante contro il giovane Tulliani sarebbe la mail tra Walfenzao e Gordon, mail di cui Lavitola sarebbe venuto in possesso “casualmente”, rinvenendola tra migliaia di documenti di ogni genere raccattati dai suoi spioni sudamericani.
E’ questo è l’unico elemento che giustificherebbe a tutt’oggi la presa di posizione del Ministero della Giustizia di S. Lucia.
Ovvero se la mail fosse un falso, crollerebbe l’intero castello di carte, costruito attraverso una disponibilità di 1 milione di dollari assicurato a Lavitola da parte di qualcuno.
Perchè l’inchiesta del Giornale può solo contare su testimoni che hanno ritrattato, offerte mai pervenute e palesi errori che hanno avuto un effetto boomerang.
La mail è vera o falsa?
Il “clients” si deve intendere come proprietario dell’immobile o semplice affittuario?
Il famoso Walfenzao perchè non ha confermato ai giornalisti che quanto pubblicato è stato scritto di suo pugno?
Per non parlare della tesi opposta, sostenuta dall’avv. Ellero di Vicenza che sostiene invece che la casa sia di proprietà di un suo cliente.
La sua tesi vale come e forse più di quella di Lavitola, essendo senza prove anch’essa, ma almeno sostenuta da una persona qualificata.
Ma arriviamo alle novità : un rapporto della Dea statunitense, arrivata alla Procura di Roma, segnala le pressioni del nostro ministero degli Esteri per far nominare console onorario a St. Martin, altra isola del paradiso fiscale dei Caraibi, Francesco Corallo, il famoso re dei casino e delle slot, socio maggioritario di Atlantis.
Il console italiano a Miami, si oppone due volte e la sua auto finisce in fiamme mentre la moglie si salva per miracolo.
Che servizio aveva reso Corallo al governo per fare queste pressioni sulla sua nomina?
I giudici romani hanno molti dubbi sull’autenticità di quella mail, potrebbe non essere neanche l’originale, oppure essere stata modificata.
E si ipotizza uno scenario diverso: per entrare in possesso della casa, qualcuno “dell’area di An , ma non necessariamente “finiano”, si affida a Corallo che si rivolge a Walfenzao per costituire le due società off shore che acquistano e rivendono l’appartamento.
In cambio, Corallo sarebbe stato nominato Console onorario a St. Martin.
Da qui la costruzione di una mail fasulla per scaricare su Tulliani la proprietà e su Fini la campagna diffamatoria.
Il tempo è galantuomo, dicono, attendiamo che le indagini facciano il loro corso….
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Ottobre 8th, 2010 Riccardo Fucile
NEL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE IL FIDANZATO EROS, IL FIGLIO DI UN AMICO DI SILVIO E GERONIMO LA RUSSA…. I CONFLITTI DI INTERESSI DI ERMOLLI…..COME SI RIESCE A EVITARE LA PRESENZA DI UNA LISTA CONCORRENTE……IL POTENTATO DELLA FAMIGLIA LA RUSSA SI ESTENDE A MILANO
Politica ai limiti di legge quella del Pdl in Lombardia.
Spregiudicata certo. Clientelare a dir poco. Più giusto sarebbe familistica.
Sì perchè quando non c’è da brigare in qualche tornata elettorale, si fa sponda nei consigli d’amministrazione per piazzare i vari rampolli dei notabili azzurri.
Succede spesso.
L’ultimo caso è quello delle nomine del nuovo Consiglio direttivo dell’Automobile club di Milano.
Un presidente e due vice.
Tra questi Geronimo La Russa, figlio del ministro della Difesa, socio in affari con Salvatore Ligresti.
Il dato conferma la linea di una famiglia, quella dei La Russa, ormai vero potentato nel capoluogo lombardo.
Per capire basta spulciare il Cda di Aler (Azienda lombarda per l’edilizia residenziale), oppure i componenti del Comitato scientifico per la sicurezza urbana, dove spicca il nome del consigliere comunale Marco Osnato, sponda azzurra, ovviamente, ma soprattutto genero di Romano La Russa.
Senza contare il comparto sanità .
Dal Pio Albergo Trivulzio fino all’ospedale San Paolo nel cui collegio sindacale compare il nome di Vincenzo La Russa, altro fratello di Ignazio.
Ma torniamo all’Aci .
Scorrendo l’elenco dei nuovi consiglieri, ecco il nome di Massimilano Ermolli, figlio di Bruno, ex uomo Mediaset, fine lobbista, ascoltatissimo da Berlusconi, di cui è ospite fisso ogni lunedì sera ad Arcore.
Poco piu in là , in ordine alfabetico, ecco la emme di Maggioni.
Di nome Eros, Maggioni è noto (soprattutto) per essere il fidanzato del ministro del Turismo Michela Brambilla.
Farebbe l’imprenditore, ma in questa vicenda di nomine in stile cricca conta poco.
La storia inizia nell’inverno del 2009, quando sul tavolo del Cda di Aci atterrano cinque lettere di dimissioni (pilotate) di altrettanti consiglieri.
Cinque su nove significa commissariamento.
A questo punto il pallino finisce in mano al governo e al ministero del Turismo di Michela Brambilla.
È in questo momento che l’ex miss Romagna decide di nominare un commissario.
Scelta difficile che ricade sul nome più probabile: Massimiliano Ermolli.
Il quale prende subito una decisione “scomoda”: elimina dalla corsa al nuovo Cda una delle due cordate, tra le cui fila, guarda caso, stanno i nomi dei consiglieri dimissionari.
Scatta il ricorso al Tar (si attende ancora il giudizio), che ha il merito di squadernare i componenti dell’altra lista.
Tra i nomi quello di Geronimo La Russa, Eros Maggioni e lo stesso Massimiliano Ermolli che si presenta sotto la doppia veste di candidato-commissario.
Un conflitto d’interessi che si allarga.
Sì, perchè Ermolli junior, all’epoca del commissariamento di Aci, è anche consigliere di Sinergetica, la società che si occupa di consulenze e a partire dal 2008 “ha rapporti contrattuali di natura commerciale con l’Aci”.
Due gli incarichi: il primo da 150 mila euro per attività di accertamento nei confronti di Sara Assicurazioni (controllata al 51% da Aci).
Il secondo da 100 mila, iscritto a bilancio sotto la voce promozione istituzionale.
La storia poi, si fa surreale leggendo l’esposto al Tar nel punto in cui si affronta la nomina del fidanzato della Brambilla.
Maggioni — scrivono gli esclusi — si associa alla sezione milanese dell’Aci 48 ore prima dell’indizione delle elezioni, anche se risiede a Lecco”.
Insomma, le ombre non sono poche.
Ma questo non conta.
I diretti interessati si difendono, sostenendo la “legittimità della candidatura”.
A fine luglio, nel silenzio prevacanziero, il pasticcio si compie: le candidature si trasformano in nomine effettive.
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