Dicembre 16th, 2012 Riccardo Fucile
LE RISPOSTE SUI PROGRAMMI: CHI DIFENDE L’EURO, CHI RIVUOLE LA LIRA…NE EMERGE UN QUADRO SCONFORTANTE DI MILITANTI DALLE IDEE UN PO’ CONFUSE
Subito gli Stati Uniti d’Europa. Anzi no, meglio l’Italia fuori dall’euro. 
Il debito pubblico? Dobbiamo abbatterlo tagliando la spesa. Oppure possiamo non pagarlo.
L’Imu? Va abolita. Però anche mantenuta.
Eccoli i futuri parlamentari grillini: combattivi e scalpitanti, ma con idee un po’ confuse.
Abbiamo contattato via mail o su Facebook 120 candidati del Movimento 5 Stelle alle politiche.
Si tratta dei vincitori delle Parlamentarie.
Decine di loro, ai primi posti nelle liste delle circoscrizioni, hanno una poltrona prenotata alla Camera o al Senato.
Li abbiamo interrogati sulla ricetta anti-crisi.
Ci hanno risposto in una quarantina. Con posizioni a volte in contraddizione tra loro.
Gli altri hanno preferito declinare, forse intimoriti dai diktat anti-giornalisti.
Assicura Grillo che «nel 2013, tutti gli iscritti potranno partecipare alla stesura online del programma».
Per ora sul blog c’è un abbozzo. Ma su alcuni temi la posizione dei grillini resta un mistero.
E le risposte dei parlamentari «in pectore» non aiutano a fare chiarezza. Daniele Del Grosso, candidato in Abruzzo, rimpiange la lira: «Purtroppo abbiamo perso la sovranità monetaria. Senza un governo Ue non ha più senso rimanere nella morsa letale dell’euro».
Rinaldo Verardo da Thiene frena: «Uscire dalla moneta unica porterebbe più danni che benefici». Paola Nugnes, architetta candidata in Campania, non si fa intimorire dallo spread: «Bisogna ridiscutere il debito, con una richiesta di moratoria della parte “illegittima”».
Il valdostano Stefano Ferrero snocciola la sua formula ultra-liberista: «Riduzione del 10% delle aliquote su persone fisiche e imprese». E i soldi? «Vendiamo parte del patrimonio dello Stato e le riserve auree di Bankitalia».
L’abruzzese Andrea Colletti non vuol sentire parlare di ripresa: «È un concetto sbagliato. Se significa solo aumentare il Pil non è la strada giusta». Sulle pensioni la maggioranza degli interpellati vuole l’abolizione dell’«iniqua» riforma Fornero.
A difendere l’innalzamento dell’età solo un ragazzo, che chiede di restare anonimo.
Tra i grillini ci sono idee contrastanti anche sull’Imu.
Sebastiano Barbanti, numero due in Calabria: «Assolutamente no» all’imposta sulla prima casa, sì per gli altri immobili. Epperò «abolire l’Imu ora è impensabile», avverte un candidato.
Interrogati sulla proposta di legge che sognano di presentare in Parlamento, i candidati 5 Stelle si scatenano: tassazione della prostituzione, imposta del 50% sul gioco d’azzardo, legalizzazione delle droghe leggere, cancellazione della prescrizione penale, divieto di qualsiasi transazione con società che garantiscono l’anonimato societario bancario.
E poi una raffica di idee contro la «casta».
Grillo lo ha ripetuto più volte: «Via questi politici, ma prima dovranno restituire il bottino».
Mario Michele Giarrusso, avvocato catanese, secondo in lista in Sicilia 2, prova a dar forma al proclama: «Se eletto mi piacerebbe presentare una proposta di estensione ai politici ed ai pubblici funzionari della legge La Torre sulla confisca dei beni».
A mettere (quasi) tutti d’accordo è l’epurazione dei dissidenti Favia e Salsi, «egoisti» e «in malafede».
Sostiene il calabrese Francesco Molinari: «Grillo ha fatto bene a cacciarli; lui è il nostro garante, tipo Berlinguer nel Pd».
Silvia Chimienti, numero due in Piemonte, assicura che «nessuno si sente minacciato da Casaleggio».
«Conosco Favia e in Regione sta lavorando bene — ammette il pavese Luis Alberto Orellana -. In questo momento però non c’è spazio per tentennamenti».
Vito Crimi, capolista in Lombardia 2, snobba la domanda: «Dobbiamo raccogliere le firme in fretta e furia. Non ho tempo per il gossip».
L’unico a cantare fuori dal coro è Lorenzo Battista, terzo più votato in Friuli-Venezia Giulia: «Non sono d’accordo con le espulsioni». Forse altri la pensano come lui, ma con l’aria che tira avranno pensato che è meglio non esporsi.
L’impiegato triestino, invece, ci mette la faccia: «Spero che in futuro ci sarà la possibilità di un confronto con Grillo». Rischia di rimanere deluso.
Gabriele Martini
(da “La Stampa“)
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Dicembre 16th, 2012 Riccardo Fucile
QUARANTENNI ALL’ATTACCO: “NEL LISTINO RISERVATO LA SOCIETA’ CIVILE, VIA I DIRIGENTI”
Tutto di corsa.
Stasera la bozza di regole; domani la ratifica in Direzione e le deroghe agli “elefanti” – i leader di lungo corso -; il 29 e il 30, alla vigilia del Capodanno più frenetico dei Democratici, le primarie per i parlamentari.
Dalla Romagna fanno sapere che almeno un candidato a proprio agio in tanta velocità c’è: Josefa Idem, la canoista olimpica, sta pensando di correre alle primarie del Pd a Ravenna. Ma è tutto un rincorrersi di nomi, di polemiche e soprattutto di numeri.
I numeri.
Saranno non più di 6/7 le deroghe agli “elefanti”, a quei dirigenti democratici che, per Statuto, non sono più candidabili perchè hanno oltre 15 anni di legislature.
A chiedere il lasciapassare sulla carta dovevano essere una trentina, ma molti hanno fatto il famoso passo indietro (D’Alema, Veltroni, Castagnetti, Turco, ora anche Anna Serafini).
Le richieste saranno presentate da Rosy Bindi, la presidente del partito; Beppe Fioroni, leader dei Popolari; Gianclaudio Bressa; forse da Franco Marini; da Anna Finocchiaro, la presidente dei senatori (convinta da Bersani).
Tra 80 e 100, i componenti del “listino riservato”, che Bersani sceglierà in base a competenze, società civile e rappresentanza femminile.
Il segretario democratico vorrebbe vi facessero parte personalità come Gustavo Zagrebelsky, Carlo Galli, Massimo D’Antoni, Miguel Gotor, e alcuni politici (Migliavacca, Enrico Letta, Franceschini, Donatella Ferrante) più Alessandra Moretti, Tommaso Giuntella, Roberto Speranza che hanno coordinato le primarie per Bersani candidato premier.
Chi è nel listino non deve gareggiare alle primarie.
E qui, scoppia la polemica; i t/q (trenta/quarantenni) vanno all’attacco.
Matteo Orfini, responsabile Cultura del partito, che si candiderà alle primarie a Roma-città (come Stefano Fassina), chiede che la lista bloccata sia solo per la società civile.
Gli altri – parlamentari ricandidati, dirigenti, derogati – «si misurino con le primarie».
Senza eccezioni.
L’ultima parola spetta alla Direzione di domani. Lì Orfini formalizzerà la sua proposta, appoggiato da Pippo Civati, che apre un altro fronte: «Le primarie si facciano all’Epifania, lo chiedono gli stessi volontari sotto pressione».
Secondo la bozza delle regole, i parlamentari uscenti non hanno bisogno di firme per candidarsi.
Anche se Andrea Orlando, responsabile Giustizia, le sta raccogliendo ugualmente.
Le liste dei candidati saranno su base provinciale; possibile la doppia preferenza ma di genere. Matteo Renzi (che non sarà in Direzione domani) sta lavorando per individuare una rosa di suoi disposti a competere: Reggi (a Piacenza); Richetti (a Bologna); Rosa Di Giorgi
(a Firenze); Scalfarotto.
Poi ci sono i parlamentari renziani in gara: Ichino, Adinolfi, Ceccanti, Recchia, Sarubbi, Vassallo, Giachetti.
Gentiloni forse, ma è candidato sindaco di Roma.
C’è un “caso Lazio”: gli ex consiglieri regionali (non ricandidati alla Regione dopo lo scandalo sui rimborsi elettorali), sono pronti alle primarie.
Fioroni scrive su twitter: «Sto preparando le primarie». Idem Vinicio Peluffo: «Lavoro alle primarie del Pd».
Un’altra partita deroghe riguarda i sindaci: quello di Livorno, Alessandro Cosimi la chiederà . In Emilia, Errani non si candida, nè il segretario regionale Stefano Bonaccini.
Giovanna Casadio
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Dicembre 16th, 2012 Riccardo Fucile
SOCCORSI IN MARE, TRA LORO ANCHE TRENTA DONNE
Riesplode tutto, qui a Lampedusa. 
Riesplode il centro di accoglienza da 250 posti, stipato di quasi ottocento disperati dell’Africa nera, accalcati a terra, distesi all’aperto su coperte e cartoni.
Riesplode la rabbia degli abitanti, memori dell’emergenza dell’anno scorso.
È di nuovo tempo di arrivi massicci di migranti.
Ieri ne sono approdati 457, tutti subsahariani, aggrappati a barconi e soccorsi nella notte dai mezzi della Guardia costiera, delle Fiamme gialle, da una nave della Marina militare e pure da un mercantile.
La prima carretta del mare è giunta sul molo che erano quasi le tre e mezza del mattino, raggiunta quaranta miglia a sud di Lampedusa.
Malcerta, altalenante, ce l’ha fatta comunque a raggiungere il porto.
A bordo 218 profughi, e fra loro sette donne.
Il tempo di tirare un sospiro di sollievo, ed è arrivato l’altro allarme, lanciato con un telefono satellitare e raccolto dal sacerdote eritreo Mosè Zerai. Questa volta, a sessanta miglia, il barcone stava per affondare: i 239 profughi, tra i quali venti donne, sono stati trasbordati sulle motovedette e alle 9 sono sbarcati a Lampedusa.
I boatos dalla sponda africana lo avevano annunciato: «Ne arriveranno quattrocento».
Erano stime in difetto.
Tutti portati nel centro di contrada Imbriacola, che fino al pomeriggio scoppiava di 960 ospiti, prima che la questura disponesse il trasferimento di duecento di loro.
Sono comunque troppi, per una struttura che funziona a metà regime da quando l’anno scorso, al culmine di una rivolta, fu bruciato un padiglione.
La tensione è alta: lunedì scorso è scoppiata una rissa, con dieci contusi e feriti.
L’indomani 104 profughi sono andati a dormire sul sagrato della chiesa, sotto la pioggia.
Il Comune – guidato dal sindaco Giusi Nicolini che non smette di lanciare appelli al governo – ha allestito alcune stanze dell’ufficio anagrafe.
Giacomo Sferlazzo, dell’associazione Askavusa, racconta desolato: «Il problema è che restano troppo a lungo.
Vengono fatti uscire da buchi della recinzione, come cani, facendo finta che nessuno veda. Girano per l’isola come fantasmi, qualcuno solidarizza, i più si allarmano.
Si era detto: a Lampedusa tre giorni al massimo e poi trasferimenti, invece…».
Si è preoccupati che la situazione precipiti.
E che si ripetano le scene della vergogna, rievocate nel film da brivido «Lampedusa 2011 nell’anno della Primavera araba» che ha realizzato il documentarista Mauro Seminara: «La situazione in Nordafrica è tutt’altro che stabile – racconta – soprattutto in Libia. Se questa volta il governo italiano non pensa in tempo utile alle conseguenze, Lampedusa rischia un nuovo drammatico 2011».
Il paradosso è che, mentre gli sbarchi si intensificano, finisce l’emergenza proclamata due anni fa dal governo: entro il 31 dicembre i centri di accoglienza gestiti dalla Protezione civile saranno chiusi, e i profughi che hanno fatto domanda d’asilo usciranno tutti, grazie a un permesso di soggiorno di un anno per motivi umanitari.
Ma molti altri ne stanno arrivando.
Laura Anello
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Dicembre 16th, 2012 Riccardo Fucile
“ABBASSERO’ LE TASSE”, MA NON DICE COME… E RICOMINCIA LA LITANIA SUI COMUNISTI ALLE PORTE E SULLA GIUSTIZIA CHE LO PERSEGUITA
“Mai più tasse sulle case“. Silvio Berlusconi fa irruzione nel pomeriggio televisivo di Canale 5 per tenere un monologo davanti a Barbara D’Urso. Berlusconi annuncia i due primi punti del suo programma di governo: via l’Imu e giù le tasse.
”L’Imu è una patrimoniale sulla prima casa, ed è un’imposta che va assolutamente abolita. Anzi, il secondo punto del nostro programma è l’abolizione dell’Imu. La casa è un qualcosa di sacro e non si tocca. Posso garantire che se vinciamo non ci sarà più nessuna tassa sulla casa. Il primo punto è subito diminuire la pressione fiscale e ottenere un aumento del Pil” ha dichiarato a Domenice Live e ha aggiunto che ha già pronto un disegno di legge che ritroverà per altre strade “la stessa cifra” che l’Imu porta oggi all’erario.
Ha ribadito di essere candidato alla Presidenza del consiglio, salvo poi riproporre Mario Monti per il prossimo governo e dichiarare di essere ancora in attesa di una risposta da lui.
Anzi, con Monti candidato premier “io farei la campagna elettorale del Pdl e dei moderati per lui”.
E sulla crisi: “Siamo in una pericolosa situazione di recessione, è una spirale che non si sa dove può finire. Per questo è indispensabile assolutamente cambiare la politica economica del governo Monti. Al governo non abbiamo fatto mancare la fiducia ma abbiamo segnalato la nostra contrarietà alla politica che applicava”.
Tornando alla politica, Berlusconi ancora una volta sostiene la necessità di riformare la Costituzione e dare più poteri al premier, “altrimenti nessun governo sarà in grado di governare”.
Tra le modifiche, il Cavaliere elenca la possibilità di revocare i ministri e di avere più poteri nella decretazione d’urgenza.
Tanto che ricorda di aver avuto “dure lotte, veri bracci di ferro con i capi di Stato che non volevano darmi l’urgenza per i decreti”.
In particolare, descrivendo il lungo iter delle leggi in Parlamento, Berlusconi cita il ruolo del Quirinale nel firmarle, dichiarando come le “rimandasse in Parlamento dopo le sue operose vacanze del week end, di solito il martedì’”. Dopo questa spiegazione lei lo ha interrotto — dopo sette minuti di monologo — definendo l’iter legislativo “Complicatissimo”.
Ma la maggior parte delle frasi pronunciate da Berlusconi si erano già sentite durante l’intervento di mercoledì scorso alla presentazione romana del libro di Bruno Vespa, quando il Cavaliere fornì — fra l’altro — 5 diverse versioni sulla sua possibile candidatura.
Ancora una volta ha parlato del tema giustizia dicendo di essere stato assolto 33 volte e di aver speso 400 milioni in avvocati.
Insomma, lo hanno perseguitato, “la Corte costituzionale si è trasformata in un organismo politico che abroga le leggi che non piacciono alla sinistra”. Proprio per questo Berlusconi sente il dovere di ridiscendere in campo per combattere il comunismo, “siamo esattamente nella stessa situazione che c’era nel 1994 e cioè con il rischio che vincano le sinistre”.
Non si è fatto nemmeno mancare una delle sue solite battute: “Anch’io sono frutto di un parto naturale. Sofferto da parte di mia madre, avevo il cordone ombelicale attorno al collo. Per fortuna c’era un medico non comunista che l’ha aiutata”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Dicembre 16th, 2012 Riccardo Fucile
IL LEGHISTA STEFANO GALLI HA PAGATO LO SPOSALIZIO DELLA FIGLIA, MA NON HA NULLA DA DIRE
La segretaria, è colpa della segretaria. 
Lo ripetono quasi tutti i consiglieri regionali lombardi indagati per i rimborsi allegri con l’accusa di peculato.
Saranno pure “quasi tutte spese lecite perchè la legge che ci siamo dati le consente”, come dice il capogruppo del Pdl lombardo Paolo Valentini, indagato per 115 mila euro di rimborsi vari chiesti (e ottenuti) negli ultimi cinque anni, ma le ricevute presentate dai consiglieri appaiono grottesche rispetto alle voci per cui sono state chieste: spese di rappresentanza e attività politica.
E grottesche sono le giustificazioni.
Così il libro di Paolo Guzzanti, Mignottocrazia , rimborsato a Nicole Minetti, rientra nella voce “aggiornamenti professionali”, spiega l’ex igienista dentale raggiunta telefonicamente sull’iPhone 5 anch’esso pagato dal Pirellone.
Quel libro “parla anche di me ed era necessario che io lo leggessi, non c’è nulla di illegale”.
E i barattoli di sabbia, l’oggettistica acquistata all’Ikea?
Sono legittimati dalla “necessità di arredare il mio ufficio, cosa dovrei farci altrimenti?”, risponde quasi seccata.
In quest’ottica del tutto è giustificabile perchè la legge ce lo consente, Roberto Formigoni, esperto di ricevute presentate e non (soprattutto), si spinge sfidando la temerarietà ad affermare che “gli usi impropri di denaro sono limitati al 5% del totale del gruppo”.
E poi insomma “anche Pd, Idv e Sel usano gli stessi metodi: li abbiamo definiti e approvati insieme”, ha detto ieri il governatore.
E non gli par vero di poter parlare dei problemi di altri: “L’uso ingiustificato dei rimborsi nel Pdl è minimo, noi abbiamo solo un caso, le cartucce e i matrimonio non ci riguardano”.
SALSICCE NORIMBERGA
Tradotto: la Minetti è roba nostra, per gli altri citofonare Lega Nord.
Risponde Pierluigi Toscani, il consigliere del Carroccio che si è fatto rimborsare cartucce da caccia, merendine, lecca lecca, gratta e vinci, zucchero, semolino e salsicce di Norimberga. “Non lo sapevo, non volevo”, dice sull’orlo della disperazione.
“I giornali mi hanno trattato come un mostro per questa storia delle cartucce da caccia, ma è stato un disguido: la segretaria credeva fossero quelle della stampante. Colpa sua, colpa sua, doveva controllare lei. Io consegno tutte le ricevute poi verificano e mi fanno il bonifico di 1.200 euro al mese, mica controllo, ne spendo almeno tremila”.
In lecca lecca e gratta e vinci quanto spende? “Mica li rimborsano o magari sono scontrini finiti nel mucchio. Capita. Ogni tanto compro qualche caramella insieme al biglietto del treno e così finisce sullo scontrino ma mica mi rimborsano tutto”.
E poi insomma, aggiunge scocciato, “io non bevo il caffè quindi magari mangio un cioccolatino e ripeto: la segretaria mi ha chiamato in lacrime, ma ormai che vuol fare è andata così”.
IL DIABETICO IN PASTICCERIA
Nella Lega i dolci vanno forte.
Cesare Bossetti ha speso 15 mila euro in pasticceria pur essendo diabetico: “Infatti lì ci pranzo, è tutto in regola”, taglia corto.
E ricorda che comunque può spendere fino a 18 mila euro quindi va bene così.
Anche Angelo Ciocca, altro leghista indagato per i rimborsi allegri, non ha nulla da rimproverarsi. Anzi, fa notare che “a fronte dei 70 pranzi che mi vengono contestati dell’anno scorso io in aula ci sono andato ben 400 volte, quindi ho chiesto poco rispetto a quanto avrei dovuto”.
Potere della rappresentanza politica.
Il capogruppo Stefano Galli, che nei rimborsi ha messo anche le spese del matrimonio della figlia Valeriana, ha il telefonino spento e quello di casa suona a vuoto.
L’ammiccante voce femminile con cui Galli ha personalizzato la segreteria telefonica del cellulare comunica, tra sospiri e rumori gutturali, che “al momento il tuo amico è impegnato in una situazione molto toccante”.
Per inciso: l’utenza è pagata dalla Regione.
Risponde invece Luciana Ruffinelli.
La leghista che si è fatta rimborsare anche i Mon Cherì. “Ma si figuri, non mi piacciono neanche, li avrò regalati. Che ci devo dire… Anzi sicuramente li avremo presi alla cassa pagando il pranzo, infatti quel cioccolatino è allegato a due scontrini ben più corposi”.
Appunto. “Ma noi non abbiamo i ticket come tutti gli altri impiegati e possiamo avere mille euro di rimborsi per i pranzi”.
Non proprio una cifra da buoni pasto.
“Ma siamo consiglieri, consiglieri regionali e comunque io sono una donna delle regole: mi attengo alle regole che mi sono state date”.
Il dvd del cartone animato Disney quindi rientra nelle spese politiche? “No, non era mio”.
E la ricevuta di 35 euro della spesa fatta in Francia, quella l’ha fatta lei? “Spesa? Ma va, si figuri: ho comprato dei biglietti di auguri di Natale molto belli, molto”.
LA CENA COL TARTUFO
Tra gli 11 leghisti indagati c’è anche Davide Boni, ex presidente del consiglio. Tra le sue spese anche una “cena di rappresentanza” per 644 euro di cui 180 per 30 grammi di tartufo.
Boni non risponde al cellulare, ma si stupisce su Facebook: “I giornalisti mi inseguono e chiamano per sapere. Vorrei sapere anch’io”.
C’è chi, a quanto pare, mangia a sua insaputa.
E nel silenzio in cui si è chiusa la maggioranza del dimissionario consiglio (che mercoledì si riunisce), torna a parlare Filippo Penati.
“Da vicepresidente non ho presentato neppure una fattura, uno scontrino o una ricevuta fiscale”.
Neanche al Pirellone si può avere tutto.
Davide Vecchi
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Dicembre 16th, 2012 Riccardo Fucile
PAROLE IN LIBERTA’ SUL FUTURO CANDIDATO PREMIER
Il Pdl chiama Mario Monti e intanto si spacca.
A Roma stamattina, alla stessa ora, sono andati in scena due eventi distinti organizzati dal partito.
Al Teatro Olimpico è avvenuto il battesimo di Italia Popolare, la nuova corrente montiana del Pdl.
Presenti il segretario Angelino Alfano, Gianni Alemanno, Roberto Formigoni, Gaetano Quagliariello, Fabrizio Cicchitto e altri esponenti del partito.
Silvio Berlusconi ha fatto leggere un messaggio, in cui conferma l’invito a Mario Monti ad assumere la leadership di una coalizione dei moderati per sconfiggere i centrosinistra.
L’unica certezza è la convergenza sull’ex premier, per il resto regna la confusione.
Formigoni ha invitato Alfano, acclamatissimo dalla platea, ad assumere la guida del partito, mentre Maurizio Lupi ha scandito chiaramente che l’unica alternativa a Monti ha il solito nome e cognome: Silvio Berlusconi.
Intanto, a pochi chilometri di distanza, all’Auditorium di via della Conciliazione, Giorgia Meloni e Guido Crosetto hanno presentato le “Primarie delle idee“, una manifestazione per ricordare l’impegno assunto, e poi rinnegato, di scegliere la leadership del centrodestra attraverso la consultazione popolare.
L’ex ministro non ha escluso l’ipotesi di presentare liste autonome: “Non siamo nè per Monti nè per Berlusconi. Se il partito non dovesse cambiare rotta non smetteremmo di fare politica e troveremmo un altro modo di organizzarci”
Tommaso Rodano
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Dicembre 16th, 2012 Riccardo Fucile
FAVOREVOLE IL 44% TRA I DEMOCRATICI, NO DALL’80% NEL CENTRODESTRA
Tutti – cittadini, forze politiche, osservatori internazionali – attendono (qualcuno anche
con apprensione) di sapere se Monti accetterà di candidarsi alle elezioni.
La sua discesa in un campo più direttamente politico è auspicata da molteplici persone e istituzioni, ma è, al tempo stesso, vista con sfavore da molti altri, a partire dai dirigenti del partito che raccoglie oggi la più ampia quota di consensi, il Pd.
Anche l’insieme dell’elettorato si divide riguardo a una simile prospettiva.
Una quota ampia – circa il 30% – la vede con favore.
Si tratta, in particolare, dei cittadini di età centrale, con titoli di studio relativamente più elevati.
Dal punto di vista politico, si rileva una più accentuata presenza di favorevoli nell’elettorato dell’Udc, ma anche in quello stesso del Pd: quasi metà (44%) dei votanti per il partito di Bersani dichiara di auspicare la candidatura del Professore, nonostante il parere contrario del segretario.
È un altro segno delle differenze di opinione (in certi casi, delle fratture) che caratterizzano già ora il maggiore partito italiano e che potrebbero creare in futuro non pochi problemi a quest’ultimo.
Ma, a fronte dei favorevoli, si contrappone un gruppo, assai più numeroso (61%), di contrari, di varia provenienza politica e sociale.
Vi si trovano, in misura relativamente maggiore, i cittadini di più giovane età , i residenti al Sud (e nei piccoli comuni) e, specialmente, gli elettori del Pdl, ove la contrarietà raggiunge quasi l’80%.
Ma anche la netta maggioranza dei votanti per la Lega e per il Movimento 5 Stelle (in entrambi i casi il 70%) si dichiara contraria a una candidatura di Monti.
Nell’insieme, tuttavia, i fautori di una presenza del Professore alle prossime elezioni risultano, considerando l’intera popolazione, più di quelli che auspicano la candidatura di Silvio Berlusconi.
Al di là del generico favore (o sfavore) per la discesa in campo del Professore, ci si deve però domandare quale sarebbe l’effettivo seguito su cui Monti potrebbe contare nel caso formasse una sua lista e quello che otterrebbe coalizzandosi con le altre forze politiche che già hanno espresso valutazioni positive sulla sua candidatura.
Oggi circa il 3-5% dell’elettorato si dichiara già pronto, senza riserve, a votare alle elezioni una lista capeggiata da Monti.
È meno di quanto alcuni osservatori si aspettano, ma occorre ricordare che, anche in passato, alcuni leader sono riusciti a conquistare una platea vasta, pur partendo inizialmente da un consenso limitato.
E che altri hanno influito fortemente sulla politica italiana disponendo di meno del 10%.
In ogni caso, accanto ai voti «certi», occorre tener conto già oggi del mercato potenziale, composto da chi, pur non avendo già deciso di votarlo, dichiara però di prendere seriamente in considerazione l’opzione per il Professore.
Si tratta di un altro 8-10% di elettori.
Naturalmente, computando anche gli attuali votanti per l’Udc (in questo momento a circa il 5-6%), per Italia Futura (attualmente attorno al 2%) e per Fermare il declino (1%), il mercato potenziale dei consensi per una coalizione che si ispiri a Monti si accrescerebbe ulteriormente.
Sin qui la situazione attuale.
Tuttavia, proprio in queste ore, il quadro delle forze politiche va cambiando rapidamente.
Ad esempio, sembra che una parte significativa degli esponenti del Pdl (ma anche, forse, qualcuno del Pd) stia valutando la possibilità di passare ad una lista Monti, nel caso questa si costituisse.
Ciò che potrebbe ampliare la platea dei sostenitori di quest’ultima.
Ma, sopratutto, occorre ricordare che una presenza diretta di Monti nella competizione elettorale muterebbe completamente – in positivo per alcuni, in negativo per altri – l’atteggiamento (anche emotivo e psicologico) degli elettori nei confronti dell’offerta politica.
Mobilitando ad esempio, in un senso o nell’altro, i molti indecisi (la cui quantità è comunque diminuita negli ultimi giorni).
Da questo punto di vista, una candidatura effettiva potrebbe rendere in qualche misura obsolete diverse delle stime ipotizzate sin qui.
Non resta dunque che attendere la decisione del Professore.
Renato Mannheimer
(da “il Corriere della Sera”)
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Dicembre 16th, 2012 Riccardo Fucile
E POI L’ANNUNCIO: “VIA IL MIO NOME DAL SIMBOLO”
«Via il nome dal simbolo dell’Idv, primarie online per i candidati alle politiche e una nuova linea strategica in vista del voto: soli o ben accompagnati». Antonio Di Pietro sterza a sinistra e avverte Pierluigi Bersani: «Basta corteggiare il conservatore Casini e le misure inaccettabili di Elsa Fornero sul lavoro e sulle pensioni».
È questo il sorpasso proposto dal leader dell’Idv all’assemblea generale del partito, convocata per fare il punto della situazione dopo lo tsunami politico che ha travolto le aspettative di voto dei dipietristi.
«Il vero centro sinistra – dice l’ex pm davanti ad una platea di 2500 persone – siamo noi». Una vera e propria sfida a Bersani, «abbandonato» per scommettere sull’alleanza con Oliviero Diliberto del Pdci, Paolo Ferrero di Prc e soprattutto il movimento arancione di Luigi De Magistris.
Proprio gli ultimi due raccolgono l’offerta dipietrista e si dicono pronti a dare vita ad una lista «rosso-arancione».
Di Pietro, infine, dal palco esprime «solidarietà al pm di Palermo, Antonio Ingroia, per gli attacchi subiti», dando l’impressione di star dando vita al cosiddetto “Quarto polo”.
Vera e sincera scelta politica?
La svolta dell’Idv sembra dettata anche da un’emergenza elettorale. Il partito che si ispira ai «valori» rischia infatti di essere espulso dal Parlamento se non riuscirà a superare la soglia del 4% dei consensi, quota attualmente negata dai sondaggi più accreditati.
Di qui la scelta di una strategia diversa: dare vita ad una lista civica per la quale il Porcellum prevede una soglia al 2% perchè trattasi di partiti coalizzati; il tutto in ossequio al principio della governabilità , messa in discussione dalla frammentazione impazzita dei nuovi partiti.
Tutto questo non significa affatto – sottolinea Di Pietro – che non sia percorribile la scelta della autonoma candidatura dell’Idv in Parlamento.
Ma è anche il momento del regolamento di conti interno. L’ex pm replica a duro muso a chi, come Fabio Evangelisti, gli chiede «un passo indietro»: «Non ci sto a fare lo scalpo da offrire al Pd per entrare nell’alleanza».
È un messaggio rivolto anche all’ex capogruppo Massimo Donadi, ora leader di Diritto e Libertà che, invece, imputa a Di Pietro la responsabilità politica di aver rotto l’alleanza con Pd e Sel.
La linea di Di Pietro riceve l’approvazione dell’assemblea che fischia, impedendogli di parlare, proprio Evangelisti quando sale sul palco.
L’ex pm però annuncia la data per il congresso: il prossimo anno la “Festa di Vasto” lascerà il posto all’assise del partito.
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Dicembre 16th, 2012 Riccardo Fucile
L’EPISODIO EMERGE AL PROCESSO IBLIS: ROSARIO DI DIO, BOSS DI RAMACCA, AVREBBE PARTECIPATO ALLA CONVENTION DEL PARTITO DI CASINI A CHIANCIANO
Un boss di Cosa nostra ha partecipato al congresso nazionale dell’Udc, a
Chianciano Terme. Lo ha raccontato in un processo di mafia in corso a Catania il testimone Francesco Auteri, cognato dell’ex consigliere provinciale Udc condannato per mafia Antonino Sangiorgi.
Il padrino “ospite” della convention del partito di Pier Ferdinando Casini sarebbe Rosario Di Dio, boss di Ramacca.
“Partimmo io, Rosario Di Dio e mio cognato” ha affermato il testimone, che racconta anche di un’appendice conviviale della giornata: “Quella sera andammo a cena: eravamo circa 12 persone, tutti ospiti dell’allora vicepresidente della Provincia di Catania, Nello Catalano”.
La testimonianza, ripresa da Livesicilia Catania, è stata resa nell’aula bunker di Bicocca nel processo Iblis, la maxi-inchiesta che ha portato anche al procedimento penale contro l’ex presidente della Regione Sicilia Raffaele Lombardo e suo fratello Angelo, accusati di concorso esterno in associazione mafiosa e voto di scambio aggravato.
L’inchiesta riguarda anche l’interesse mafioso nella costruzione del centro commerciale “la Tenutella” di Misterbianco.
In rito abbreviato sono già stati condannati diversi esponenti dello storico clan catanese dei Santapaola.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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