Settembre 28th, 2013 Riccardo Fucile
QUASI SVIENE, IN ROTTA CON LA PASCALE. E COME AL SOLITO ALFANO DA LETTA NON OTTIENE NULLA
La ciotola per doppia portata di Dudù è l’unico oggetto o notizia che fa sorridere il Cavaliere.
Il viso scavato di Angelino Alfano, ambasciatore di segnali funesti, lo rende nervoso. E l’incolpevole Alfano subisce.
E anche l’annoiata Francesca Pascale patisce.
Quando il segretario rincasa dal faccia a faccia con Enrico Letta (“Non muovo un dito per B.”), Silvio Berlusconi, intenzionato a rompere subito, spedisce zio Gianni Letta a palazzo Chigi: tra parenti ci s’intende.
Ma la famiglia provoca soltanto dolori al Cavaliere, che non andrà al battesimo di un nipotino di Francesca (rivela Linkiesta) e ancora non ha smaltito lo spavento per il malore di giovedì pomeriggio, stava quasi per collassare.
Tra una telefonata e una riunione con i ministri indecisi e i senatori riottosi, Berlusconi s’è arreso a se stesso.
Non s’arrende al buon senso di Gianni Letta e Fedele Confalonieri, che vogliono evitare le elezioni anticipate, perchè non riesce a reperire una via di fuga: non si fida di Enrico Letta, non si fida di Giorgio Napolitano e, ingoiata la sceneggiata “dimissioni di massa”, non si fida dei parlamentari che ha inserito in lista e fatto eleggere.
Ripete con lo sguardo perso: “Mi sbattono in prigione e non ne esco più. Perchè dovrei far vivere questo governo che mi è contro?”.
Istruito per benino, in serata, Alfano agiterà i pugni con Enrico Letta: “Senza trattare la giustizia il chiarimento che vuoi è soltanto un’ipocrisia”.
Il vicepremier ha assorbito perfettamente la lezione perchè, adesso, per pressare Palazzo Chigi e Quirinale, Berlusconi s’aspetta un’apertura: “Se mi danno una mano, se non mi mandano a casa, Enrico può andare avanti. Ma se stanno fermi, li caccio io”.
B. procede un passo avanti e un passo indietro, barcolla, di fisico e d’umore: domani non vuole festeggiare il 78esimo compleanno come Francesca (e Daniela Santanchè) avrebbero desiderato.
Ripensa, terrorizzato, a Sergio De Gregorio a Servizio Pubblico: “Questo mi vuole inguaiare. Che disgusto”.
Osserva, stupefatto, le analisi di coscienza dei vari Antonio Razzi e Carlo Giovanardi.
L’ex Italia dei Valori è preoccupato: “Ho firmato, però non saprò come pagare il mutuo”.
B. ha persino scoperto che i cosiddetti senatori siciliani esistono davvero e resistono, non mollano la poltrona nemmeno per finta: si chiamano Giuseppe Castiglione e Salvatore Torrisi. Facce non familiari per il Cavaliere, ma numeri concreti che, se spostati da destra a sinistra, possono creare una nuova maggioranza per un governo di qualche mese, mentre B. s’immagina ai domiciliari o in carcere, vedovo di un partito che possa contare.
Senza dimenticare i dissidenti col rango di ministri: Maurizio Lupi e Gaetano Quagliariello, pronti a seguire il Quirinale.
E così Renato Brunetta e Renato Schifani, ormai due corpi per una sola voce, rassicurano Enrico Letta, non escludono, anzi auspicano il sì per la fiducia in Parlamento, per un tagliando di governo: potrebbe valere un paio di giorni.
Perchè la manifestazione del 4 ottobre “siamo tutti decaduti”, che rientra nella strategia tensione e distruzione di Daniela Santanchè, è ufficialmente in programma, in piazza Farnese a Roma. Dovrà coincidere con l’ultima e pubblica seduta in giunta per le elezioni, che avvierà il conto alla rovescia a Palazzo Madama per Berlusconi.
Il Cavaliere è rinchiuso in villa San Martino ad Arcore mentre Alfano, intorno alle 21, espelle un pezzo di quid. Rimprovera Enrico Letta, difende il Capo perseguitato (e condannato), lascia il governo in sospeso e pretende che l’esecutivo si occupi di giustizia, in senso berlusconiano ovviamente: “La crisi non va scaricata sul Pdl”.
Alfano ha l’espressione incattivita di chi, ben dotato di pazienza, s’è bevuto una predica infinita di Berlusconi: “Angelino, che significa arrivare qui e dirmi ‘Enrico non vuole muovere un dito per te’?”.
Alfano voleva scomparire, nascondersi, anche dietro la ciotola di Dudù.
Il Cavaliere l’ha bocciato per direttissima e s’è affidato al vecchio Gianni Letta, che in questi giorni non ha trattenuto la sua repulsione per le tattiche d’assalto di Santanchè e Brunetta.
Ma la carovana di Forza Italia è variopinta.
Per un Augusto Minzolini che torna in televisione per recitare, cioè va in una trasmissione a leggere la letterina di dimissioni; ecco un Fabrizio Cicchitto che, sempre più rappresentante di se stesso, garantisce che no, credeteci, i ministri non verranno ritirati.
E qualcuno dovrà informare il povero Berlusconi che Dudù soffre i viaggi in aereo.
Carlo Tecce
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Settembre 28th, 2013 Riccardo Fucile
UNO DEI TANTI PARLAMENTARI DISPOSTI A TRADIRE SILVIO AL MOMENTO GIUSTO
È il milite ignoto di Forza Italia.
Deputato di penultima fila, ultracinquantenne e prossimo esodato della politica.
Il suo destino è segnato, è un esubero di Forza Italia e non ha cuore di dirlo a casa, alla moglie.
Ha vergato e sottoscritto le maledettissime dimissioni. “Me le hanno fatte firmare durante la seduta alla Camera. Nemmeno la cortesia di una spiegazione. Scrivi e firma. Vedesse le donne, le amazzoni, come hanno subito conquistato la prima fila. Guerriere dell’esercito di Silvio. Sanno che i voti ce li ha ancora e si impegnano per conquistarsi la rielezione. Io invece, e con me altre decine di nullatenenti, siamo carne da mandare prima in guerra e poi al macello. Non siamo dei loro, non siamo i fidatissimi, abbiamo amicizie oblique. Verdini ha già fatto la croce e deliberato. Neanche ti calcolano, ti salutano.
Anche l’assemblea faceva paura. Altro che Forza Italia, sembra il partito comunista.
Il presidente non è lucido, e quelli se ne approfittano. Gli fanno credere che lo arrestano e lo spingono a essere sempre più duro.
O rompi o finisci dentro. O rompi o ci asfaltano. Finisce male questa storia, lo sento”. Provi a resistere, dichiari la sua opposizione. Tiene alto il suo profilo, dimostra coraggio, i giornali parleranno di lei.
“Se pubblica il mio nome sono finito. Meglio essere vile”.
La paura è un sentimento umanissimo. Si dice che anche Annibale avesse terrore in battaglia.
“Non sono mai stato bravo in storia. Il mio incubo ricorrente è questo: mentre attraverso piazza Montecitorio mi si para un microfono davanti e la ragazza vestita di nero mi chiede: in che anno c’è stata l’unità d’Italia? E io che ne so, figlia mia. Sa quante volte sono andato su Google a cercare la data? La dimentico sempre”.
1861.
“Adesso che lo dice io ricordo. Poi passa e fugge via. Mi confondo con le Olimpiadi”.
Non tutti sono talenti.
“Ho fatto il massimo possibile, sono intraprendente e avevo un lavoro che mi dava soddisfazioni. La politica mi ha rovinato. Se ci dimettiamo adesso io non ritorno più a Roma. E a casa cosa trovo? Ho trascurato lo studio, e dirottato i clienti ad altri colleghi. Non vorrei imitare Razzi ma uno si fa due conti. Al mio secondo mandato mi sono detto: posso farmi il mutuo. È alto, era un passo necessario. Ma se esco di qui prima del previsto i conti si sballano. È la vita di un uomo che ha famiglia e nessuno ha rispetto”.
Berlusconi le ha dato tanto.
“Devo tutto a lui. E se avessi idea di un uomo lucido lo seguirei ovunque. Lei non l’ha visto: è terrorizzato, incupito. Gli danno una dose quotidiana di incubo. I Verdini, le Santanchè, gli avvocati lo stanno trascinando alla guerra, gli fanno vedere manette ovunque. Un Politburo che comanda e silenzia ogni dissenso. Se non sei con loro sei fuori. Mettere Brunetta capogruppo, poi…”.
Brunetta la fucilerà .
“Se scrive il mio nome mi fucilerà ”.
Chi non sottoscrive quel che dice ambisce a falsificare la realtà .
“Facciamo così allora: mi dia altre due settimane, fino al 4 ottobre io sto con loro. Vado in piazza con loro. Se la situazione precipita, come credo, il 5 ci vediamo di nuovo qui, al tavolino di questo bar. E proseguiamo il colloquio interrotto”.
Da qui al 5 ottobre cosa cambierebbe per lei?
“Ho come la sensazione che se le dimissioni saranno poste ai voti, il Pd giocherà come il gatto col topo. Accetterà quelle degli Schifani e terrà di conto invece chi ha idee come le mie più ragionevoli”.
Farà il topo.
“Farò il topo. L’unica possibilità che ho per salvarmi è che non si vada alle elezioni. Farmi almeno questa legislatura per intero. Credo che il presidente Napolitano non voglia crisi cruente e che Enrico Letta, da buon democristiano, sappia scegliere tra noi”.
Sta annunciando la diserzione.
“Mi dica se ho un’altra chance, una diversa via di fuga. Dieci giorni ancora di inabissamento e poi mi dichiaro”.
È politicamente e moralmente riprovevole ciò che sta per fare.
“Io voglio bene a Berlusconi, ma non mi dà una sola possibilità di spiegargli il mio stato d’animo. E’ circondato da pazzi furiosi”.
Chieda udienza.
“Neanche mi fanno entrare. Conto meno di Dudù”.
Antonello Caporale
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Settembre 28th, 2013 Riccardo Fucile
“TRA I PARLAMENTARI CINQUESTELLE MAMME E FIGLIE ELETTE, COMPAGNE DI CONSIGLIERI COMUNALI, SORELLE DI CONSIGLIERI REGIONALI: VADANO A DARE LEZIONI DI MORALE AD ALTRI”
“Nel Movimento 5 Stelle siamo di fronte ad una vera e propria parentopoli e lezioni da chi fa parentopoli non le accettiamo”.
E’ imbufalita il deputato Pd Pina Picierno che, durante la discussione in Aula sul ddl relativo all’abolizione del finanziamento pubblico diretto, risponde duramente al collega del M5S, Carlo Sibilia, e conclude le sue parole con un inequivocabile “vaffa” a microfoni spenti.
Il parlamentare pentastellato nel suo breve intervento ha menzionato l’uso consolidato di promettere posti di lavoro in cambio di voti.
Ma la Picierno non ci sta e ammonisce: “Tra i banchi e nelle file del M5S siedono anche mamme e figlie elette. Parlo della circoscrizione Lazio 2: mamma al Senato e figlia alla Camera, parlo degli onorevoli Ivana Simone e Cristian Iannuzzi. Vorrei ricordare” — continua — “che l’onorevole Giovanna Mangili e Laura Bignami sono compagne di eletti consiglieri comunali del M5S. L’onorevole Cancelleri è la sorella di Giancarlo Cancelleri, capogruppo all’Assemblea regionale siciliana, così come l’onorevole Cristiana Di Pietro è sorella di Stefano, consigliere comunale di Genova” .
Imbarazzo tragico tra le file dei Cinquestelle, beccati con le mani nella marmellata.
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