Marzo 10th, 2014 Riccardo Fucile
TAGLIO DEL CUNEO FISCALE, SIAMO ANCORA IN ALTO MARE
Intervistato da Fabio Fazio, il premier Matteo Renzi ha detto che sul taglio del cuneo fiscale il governo “ascolta Confindustria, ascolta i sindacati, ascolta tutti” ma sa già “cosa è giusto fare”.
E dopo aver lasciato intendere che la sua preferenza sarebbe per una sforbiciata a vantaggio delle famiglie, e quindi esclusivamente all’Irpef, il presidente del Consiglio dovrà ascoltare anche il viceministro dell’Economia Enrico Morando, che in due interviste – su l’Unità e Il Messaggero – accelera invece sulla direzione opposta: quella del taglio all’Irap.
“30 miliardi in tre anni”.
Al quotidiano romano Morando fa però un passo avanti, spiegando che “l’intervento che vogliamo varare sarà forte e pluriennale”, val e a dire “10 miliardi l’anno che saranno ripetuti, dopo il 2014, nel 2015 e 2016”. 30 miliardi in totale.
Un modo per uscire anche dal vicolo cieco dello scontro tra premier e ministero del Tesoro, che sembra prudente sull’opzione caldeggiata da Renzi.
Il taglio a rotazione.
Il ministro spiega. “Niente mezze misure nel 2014 o tutto sull’Irap o tutto sull’Irpef. L’anno prossimo il contrario”.
Una sorta di taglio delle tasse a rotazione, chi sarà avvantaggiato quest’anno si sacrificherà il prossimo.
In ogni caso Morando ribadisce: ” Io preferirei tagliare l’Irap per l’esattezza eliminerei il costo totale delle buste paga dall’imponibile Irap”.
“Se consideriamo come priorità combattere la disoccupazione giovanile e femminile, il taglio dell’Irap ha certamente effetti migliori. l’Irap è l’imposta più nemica dell’occupazione che ci sia”, dice ancor Morando a L’Unità .
Sul quotidiano democratico Morando però cerca di fare la sintesi, scansando possibili “derby”, spiegando – come ha detto il premier in trasmissione – che sarà Matteo Renzi alla fine a “decidere quale sarà la priorità .
La bilancia penderà versto il taglio dell’Irpef se Renzi individuerà la crisi dei consumi come più grave di quella occupazionale e vorrà dare uno shock positivo alal domanda effettiva interna . Se prevarrà il taglio dell’Irap sarà viceversa”.
(da “”Huffingtonpost”)
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Marzo 10th, 2014 Riccardo Fucile
E SUL TAGLIO DELLE TASSE LA CGIL MINACCIA GIA’ LO SCIOPERO
Tra taglio dell’Irap e taglio dell’Irpef il governo ancora non decide.
E’ vero che mancano ancora diverse ore al consiglio dei ministri di dopodomani ma sul tavolo del premier, in questi ultimi giorni, sono più i problemi che si sono addensati che le soluzioni. Compresa la minaccia di sciopero annunciata ieri dalla Cgil.
Il pacchetto di misure choc per rilanciare l’economia deve ancora prendere forma e, come per le riforme istituzionali, incombe il rischio-pantano.
Troppe richieste, tante posizioni contrapposte, e poche risorse disponibili per poter varare il tanto atteso choc all’economia.
Gli ostacoli che Renzi deve affrontare sono essenzialmente quattro: le risorse necessarie a finanziare le nuove misure, le istanze contrapposte delle parti sociali, le divisioni all’interno del governo, i vincoli dell’Europa.
Il nodo delle risorse
Per ridurre le tasse il governo è da giorni alla ricerca di 10 miliardi di euro per realizzate quel «taglio mai visto delle tasse» evocato ieri da Alfano.
Il programma «Impegno Italia» messo a punto da Letta negli ultimi giorni del suo governo ne assicurava già 9, ma per una ragione o per l’altra questa «copertura» ora non è solidissima: 3 miliardi arrivavano infatti dalla spending review, 3 dal rientro dei capitali e 3 dal risparmio sugli interessi.
Ora Renzi ed il ministro dell’Economia Padoan puntano ad ottenerne 5 «subito» dai risparmi di spesa, ma certamente non potranno disporre di tutte le altre entrate: il decreto sul rientro dei capitali sembra destinato a decadere e ad essere riconvertito in un più lento disegno di legge, mentre per capitalizzare il calo dei tassi – che non è detto continui – occorre aspettare ancora un po’.
Per questa ragione Padoan ha ipotizzato una parte di coperture strutturali, i primi risparmi di spesa che si potranno conseguire, ed una parte di coperture transitorie, compresa la classica riallocazione di fondi già a bilancio.
Il ministro pensava anche all’utilizzare di parte dei fondi europei, ma da Bruxelles è arrivato a stretto giro di posta un secco «no».
La corsa al «tesoretto»
La posta in palio è troppo grossa per non alimentare richieste da tutte le parti sociali.
I sindacati chiedono a gran voce che il taglio vada a privilegiare lavoratori e pensionati e quindi venga fatto sull’Irpef.
«Manovrando sulle detrazioni» sottolinea la Cgil, per evitare di premiare anche gli evasori. Il pressing dei sindacati non accetta sconti: «O taglia le tasse e mantiene le sue promesse — ha dichiarato Angeletti della Uil – o Renzi deve ammettere di aver fallito e dimettersi».
Dura anche la Cgil che ieri ha riunito il suo Direttivo e stabilito che o il governo accoglie le richieste su fisco e lavoro (in primis riduzione della precarietà e riforma degli ammortizzatori) oppure partirà subito la mobilitazione.
Senza escludere la possibilità di scioperi.
Sull’altro fronte, Confindustria si aspetta un secco taglio dell’Irap, per ridare fiato alle imprese, ma segue con interesse anche l’idea del governo di portare a 60 miliardi il totale dei pagamenti degli arretrati della pubblica amministrazione.
Per questo pressa il governo ma senza forzare troppo, pronta forse ad accontentarsi di un fifty-fifty. Soluzione che potrebbe accontentare pure il resto del mondo imprenditoriale. Anche se Rete Imprese, in realtà , punta di più sull’Irpef per rilanciare i consumi.
Il governo diviso
Come la pensa il premier non si è capito ancora bene. Giorni fa aveva annunciato il taglio del 30% dell’Irap, ieri sera in tv ha sostenuto che invece bisogna aiutare le famiglie.
Le imprese si possono accontentare del taglio della burocrazia e di un fisco più amico. E comunque fare 50 e 50 secondo lui «non funziona».
L’ex vicepremier Alfano è per la soluzione 70% Irpef – 30% Irap. Padoan ha fissato un metodo: concentrare tutto su un tipo di intervento, però resta aperto sulle due opzioni. Il suo vice Morando ed il viceministro dello Sviluppo Calenda, invece, dicono «meglio l’Irap».
I vincoli di Bruxelles
A complicare le cose, come al solito, ci si mette Bruxelles, che non solo ha posto il veto all’uso dei fondi Ue per tagliare il cuneo fiscale, ma sempre la scorsa settimana ha puntato il dito contro i nostri «eccessivi» squilibri macroeconomici (debito record, crescita zero e scarsa competitività ).
Per spiegare i piani dell’Italia e cercare possibili vie d’uscita, oggi Padoan fa il suo debutto a Bruxelles in occasione del vertice dell’Eurogruppo dove ci si aspetta che illustri ai 28 il pacchetto di provvedimenti che l’Italia pensa di adottare. Bisogna vedere se questo basterà a farci uscire dall’angolo.
Paolo Baroni
(da “La Stampa“)
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Marzo 10th, 2014 Riccardo Fucile
IL CAVALIERE, CAUTO E DEFILATO, STAREBBE PENSANDO DI COINVOLGERE BARBARA E PIER SILVIO PER LE EUROPEE
Uscite pubbliche sempre più sporadiche, un ostentato basso profilo.
A un mese dalla decisione sul suo destino giudiziario – il 10 aprile il Tribunale di Sorveglianza di Milano stabilirà se dovrà scontare gli otto mesi di pena per la condanna Mediaset ai servizi sociali o ai domiciliari – Silvio Berlusconi sarà pure tornato centrale sulla scena politica, ma è sostanzialmente scomparso da quella mediatica.
Lui che negli anni ha sempre indicato ai suoi la linea, anche rovesciando i tavoli, ora appare cauto, incerto, bloccato sul da farsi. Impaurito, sopra tutto.
«La verità – ha confessato a più di un amico – è che non posso fare attività politica, non posso schierarmi nettamente su nulla, perchè qualunque mossa io facessi, qualsiasi iniziativa prendessi, diventerei il bersaglio da colpire».
Il suo destino, si lamenta il Cavaliere, non è più nelle sue mani ma «in quelle dei giudici», che potrebbero togliergli completamente l’agibilità politica e, teme, distruggerlo.
Il silenzio
È anche per questo, spiega chi gli ha parlato, che in questa fase Berlusconi non vuole forzare la mano su nulla.
Dopo quello che è stato considerato dai suoi «un brutto scivolone che potrebbe costargli caro» – il video ripreso con cellulare da uno dei suoi ospiti a palazzo Grazioli nel quale si lamenta della «mafia dei giudici» che deciderà sulla sua pena -, il Cavaliere sembra essersi ammutolito ancor di più.
Aumentando la preoccupazione di un partito che teme l’imminente assenza del leader e il vuoto di potere che rischia di crearsi.
Nulla infatti è stato ancora deciso su chi prenderà le redini di Forza Italia nei prossimi mesi, anche se la previsione è che «magari il 10 sera, all’ultimo minuto utile», verrà varato un ufficio di presidenza con i fedelissimi tutti dentro e una nutrita presenza, a sua garanzia, di uomini vicini e graditi alla famiglia e all’azienda.
Candidatura eccellente
Nulla è stato stabilito anche in vista delle elezioni Europee, passaggio fondamentale per capire la tenuta del partito che per la prima volta sconterà l’assenza del capo nelle liste e, presumibilmente, anche nella campagna elettorale.
Tanto che comincia a farsi strada nei discorsi degli azzurri di peso anche l’ipotesi di una candidatura eccellente: per non perdere il traino del nome Berlusconi sulla scheda, per dare il senso della continuità , in attesa che alle Politiche sbarchi magari Marina come extrema ratio , si ragiona sull’idea che un altro figlio – forse Barbara, forse Pier Silvio – possa presentarsi in Europa.
Strada molto impervia, ma non del tutto da escludere.
Intanto sul territorio il tentativo di reggere all’urto c’è: ieri si è aperta con la coordinatrice Gelmini e con Giovanni Toti la campagna elettorale lombarda, a Pavia si è celebrata la ricandidatura a sindaco di Alessandro Cattaneo (che ha ricevuto gli auguri telefonici del Cavaliere), mentre a Sud si muove molto Raffaele Fitto.
Ma quella che sembra mancare è una regia complessiva con parole d’ordine chiare.
Non a caso, proprio in vista delle Europee si potrebbe profilare uno «scontro» a distanza tra due uomini forti come Toti e Fitto: il primo sarà certamente candidato come capolista nel Nord-Ovest, il secondo sta pensando di presentarsi al Sud (e anche Brunetta e Rotondi non escludono proprie candidature).
L’obiettivo dichiarato è raccogliere più voti possibili in assenza del Cavaliere, ma il rischio è che alla fine dal conteggio emergano gerarchie problematiche: è possibile infatti che un politico di esperienza e radicamento come Fitto raccolga più voti personali che l’uomo nuovo Toti, che al Nord (dove il voto di preferenza è più l’eccezione che la regola) è atteso a un test difficile.
Deciderà Berlusconi, quando e come si vedrà .
(da “il Corriere della Sera“)
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Marzo 10th, 2014 Riccardo Fucile
LA CRISI, UN NEGOZIO DI GIOCATTOLI USATI E UNA FILA DI MAMME CHE VENDONO I GIOCHI DEI LORO FIGLI
Un governo nato vecchio che trasforma l’inciucio in alleanza di legislatura. Un primo ministro che parla di destini magnifici e progressivi, ma stenta a convincere di non pensare soprattutto ai propri.
Poi sottosegretari indagati. Magistrati coraggiosi che vengono respinti dal governo — come Nicola Gratteri — per far posto ad altri — vedi Cosimo Ferri — molto più affini al potere.
Quindi la mafia, la corruzione, i buchi nei conti pubblici.
Non mancano certo gli spunti per raccontare l’Italia di questo lunedì.
Poi ti ritrovi a Genova, vicino alla stazione Brignole, davanti a un negozio di giocattoli usati dove sei passato senza pensarci centinaia di volte. Sta lì da sempre.
Ma questa mattina sul marciapiedi di fronte alla vetrina ecco una lunga coda di donne con le mani ingombre di oggetti.
Allora per curiosità ti fermi e chiedi: sono mamme che vanno a vendere i giocattoli dei loro figli.
C’è Marina che porta una confezione di Lego, “perchè intanto Mattia non ci gioca più”, dice come per giustificarsi, impaziente di liberarsi di quella scatola che le pesa come una colpa.
Poi Luisa con un sacchetto carico di modellini di automobile che Enrico faceva correre sulle strade del salotto. E Francesca, Claudia.
Sono donne come tante, gente comune, come te e tua moglie. Forse sarà suggestione se negli abiti di alcune di loro — il colletto della giacca consumato, la borsa con una riparazione di fortuna — ti sembra di riconoscere le prime avvisaglie di una difficoltà .
In fondo, ti dici ascoltando le loro storie, non è male che i giocattoli tornino a svolgere il loro compito nelle mani di altri bambini invece di ricoprirsi di polvere.
Pensi che forse non sarebbe sbagliato se la crisi rendesse un poco più frugali le nostre abitudini. Se ci liberasse dell’ingombro, non solo materiale, di tante cose che finiscono per appesantirci.
Intanto, però, osservi gli oggetti nelle mani delle madri, quelli esposti nel negozio.
C’è qualcosa di misterioso e ormai inafferrabile per noi adulti nei giocattoli dei bambini.
Prendi il modellino di aereo di tuo figlio, lo agiti in aria come fa lui, ma non riesci a ripetere la magia dei suoi gesti.
Chissà cosa immagina muovendo il minuscolo jet nel cielo della stanza, forse già vede i suoi viaggi futuri, si raffigura paesi lontani dove le linee di meridiani e paralleli si incontrano con quelle della fantasia.
Accidenti, dovevi parlare del Governo di un Paese, del deficit che ci impedisce di pensare un futuro diverso. Insomma, dei destini dell’Italia.
E sei finito a raccontare di un gruppo di mamme che fa la coda davanti alla vetrina di un negozio.
Di giocattoli usati. Dei sogni venduti dei bambini.
Ma forse è proprio la stessa cosa.
Ferruccio Sansa
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Marzo 10th, 2014 Riccardo Fucile
UNA DESTRA REAZIONARIA SENZA AMBIZIONE, TRA PESCA DELLE OCCASIONI E UFFICIO DI COLLOCAMENTO… SI LAMENTANO DI ESSERE STATI ABBANDONATI DAL PADRE, MA SAREBBE ALMENO ONESTO RICORDARE CHE IL PADRE HA PORTATO A FARE MINISTRI PERSONAGGI CHE SENZA DI LUI PULIREBBERO I CESSI
Il congresso-passerella di Fratelli d’Italia ha chiuso il ciclo degli equivoci: chi voleva rivedere assieme quasi tutti gli artefici dello sfascio della destra italiana, ha potuto conservare la foto ricordo dell’evento.
Non tutti: qualcuno è rimasto direttamente in Forza Italia, senza perdere tempo nel far finta di operare distinguo, altri come Storace lanciano la pannelliana “doppia tessera” per crearsi l’alibi di prossime candidature in Forza Italia, altri stanno alla finestra in attesa del lancio di qualche osso per accorrere festanti e scodinzolanti.
Neanche la disperazione ha indotto i superstiti a salire su una comune scialuppa di salvataggio: troppe le ambizioni più dei rancori tra gli ex An. Che hanno pagato l’operazione “usa e getta” del loro padrone di casa, deciso a diminuire la loro influenza correntizia nell’ex Pdl.
Silvio ha capito a tempo debito che certi maggiordomi avrebbero reso meglio i loro servigi in un partito parallelo che permettesse di raccogliere la componente di destra, liberandosi di petulanti e talvolta arroganti questuanti.
Così è nato il partito “affiliato”, sullo stesso criterio delle squadre satellite dove il Milan parcheggia i giocatori di terza fascia.
Esperimento che alla politiche gli ha permesso, attraverso mini-partiti gregari, di raschiare il fondo del barile dei consensi. E, come sempre, ha distribuito qualche briciola per sfamare gli appetiti più incontenibili, da buon stratega quale è.
La premessa è necessaria perchè Fratelli d’Italia e la successiva aggregazione di Alemanno e di qualche altro sfrattato non sarebbe altrimenti mai nata e tutti ancor oggi starebbero al calduccio nella Casa madre come hanno fatto per anni raccogliendo ministeri, posti da sottosegretari, cariche di sindaco e di governatori.
Hanno votato di tutto, loro che ora si richiamano all’etica in politica, senza battere ciglio, dalle leggi ad personam all’affogamento dei profughi, da leggi liberticide a provvedimenti che hanno massacrato la nostra economia.
Non hanno avuto vergogna, loro che si richiamano ai valori patriottici, a governare insieme a chi usava il tricolore come carta igienica.
Neanche, loro che a parole amano la legalità , a difendere in aula inquisiti per camorra e corruzione.
Nessuno di loro allora voleva uscire dall’euro, al massimo volevano entrare in qualche consiglio di amministrazione.
O magari rappresentavano senza battere ciglio il nostro Paese nei rapporti con la Ue.
Da mesi “senza paura” e senza vergogna cavalcano la liberazione dei nostri due marò fingendo di dimenticare che il responsabile politico del loro arresto è proprio tra le loro fila, avendo voluto far scortare, per il solito bullismo esibizionista, le navi commerciali da nostri militari, contro ogni logica e persino contro il parere degi stessi armatori.
La Meloni, rispondendo alle critiche di Fini che li ha definiti “bambini viziati”, ha sostenuto che “siamo dovuti crescere troppo in fretta e cavarsela da soli, come sempre accade a quei ragazzi che vengono abbandonati dal loro padre, che a un certo punto scappa di casa”…
Dimenticando un dettaglio: che Fini li ha lasciati ministri, in posti di potere, con vitalizio assicurato dopo anni di parlamento, non certo con le pezze al culo.
Sono cresciuti negli agi e Fini ha permesso a molti di loro di raggiungere traguardi impensabili per chi spesso aveva dimostrato al massimo la capacità di pulire i cessi.
Fini ha commesso molti, troppi errori, ma forse il più grave è quello di non aver praticato l’aborto terapeutico verso la gran parte della classe dirigente che ha partorito negli anni.
Quella che lo criticava di nascosto al bar, salvo poi chiedere perdono e genuflettersi ai suoi piedi.
A differenza di altri che l’hanno contrastato a viso aperto pagando di persona e togliendo tanti anni fa il disturbo.
Una classe dirigente si fonda sulla credibilità e sulla coerenza del percorso, non si misura cavalcando penosamente battaglie altrui, oggi leghiste e domani grilline, proponendo strampalate teorie di uscita dell’euro o incentivi all’evasione fiscale, in un confuso pantheon di riferimento dove mancano giusto Wanna Marchi e qualche magliaro che appioppa materassi in Tv.
Tutto per raccattare qualche voto da portare in dote a palazzo Grazioli come da mandato ricevuto e continuare a prendere per il culo gli italiani.
Senza paura, senza pudore e senza vergogna.
La destra del futuro è altra cosa.
Saluto ai reduci.
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