Marzo 25th, 2014 Riccardo Fucile
LA FOOTBALL LEAGUE INGLESE RESPINGE CELLINO DALLA PRESIDENZA DEL LEEDS PERCHE’ CONDANNATO IN PRIMO GRADO PER EVASIONE FISCALE
Ormai è un complotto planetario.
Ogni notizia dall’estero sembra fatta apposta per renderci ridicoli, ancor più di quanto già non siamo.
Ricordate le geremiadi dei politici italiani e dei giornalisti e commentatori al seguito contro il vizio dei nostri magistrati di intercettarli (peraltro su telefoni di altri, per lo più delinquenti loro amici) e contro il malvezzo dei giornali di pubblicare le loro conversazioni?
“Siamo il paese più intercettato del mondo, l’unico che spia i politici e li sbatte in prima pagina violandone l’immunità e la privacy”.
Anche le recenti cronache politico-giudiziarie francesi si incaricano di smentirli: Nicolas Sarkozy è stato intercettato, prima da un collaboratore poi dai magistrati di cui lui tentava di spiare le mosse, e la stampa francese ha pubblicato tutto.
E, mentre qui ferve il dibattito sulla candidabilità dell’incandidabile B. e sull’ideona di infilare il suo nome in lista o almeno nel logo di Forza Italia, e ancora si discute sulla legge Severino che l’ha fatto decadere da senatore dopo la condanna per frode fiscale, dall’Inghilterra giunge notizia che la Football League (sorella britannica della Federcalcio) respinge al mittente Massimo Cellino, il presidente del Cagliari che voleva acquistare il Leeds.
Motivo: ha una condanna in primo grado per evasione fiscale.
Nulla a che vedere con lo sport: l’imprenditore sardo è stato appena giudicato colpevole — non ancora in via definitiva — del mancato pagamento di 400 mila euro di tasse su uno yacht acquistato negli Usa e portato in Italia, e sanzionato con 600 mila euro di multa e con il sequestro dell’imbarcazione.
Senza contare le vicende giudiziarie per una vecchia truffa tentata ai danni del ministero dell’Agricoltura; i 15 mesi di pena per il falso in bilancio del Cagliari; e i mesi di carcere per peculato e falso nello scandalo dello stadio Is Arenas.
Tutte vicende che, in Italia, fanno curriculum per diventare presidenti di club pallonari (vero Abete, Carraro, Pescante?) e sono ottimi viatici per la carriera imprenditoriale, finanziaria e politica: c’è chi da noi, per molto peggio, è diventato onorevole, ministro, premier.
Tanto basta invece, secondo i parametri etici della Federcalcio inglese, per giudicare Cellino “un disonesto” e tenerlo a debita distanza dallo sport.
A Londra, anche per acquistare più del 30% di una società di calcio bisogna superare il test di idoneità Fit and proper.
Gli stessi parametri hanno indotto il board del Bayern Monaco a chiedere le dimissioni del presidente e campione del mondo Uli Hoeness, che peraltro se n’è andato subito dopo la condanna in primo grado per frode fiscale, rinunciando all’appello e alla presunzione di non colpevolezza.
E stiamo parlando di società private.
Figurarsi quali standard di moralità e di legalità sono richiesti a un cittadino per ascendere a cariche pubbliche o addirittura elettive o governative.
Non è solo una questione di regole: è il comune sentire della stragrande maggioranza della popolazione.
Persino i tifosi del Leeds, letto il curriculum penale di Cellino, hanno manifestato la loro contrarietà ad averlo come presidente: il 4 marzo si sono presentati allo stadio londinese Ellan Road travestiti da mafiosi.
Perciò all’estero ridono di noi, anche se a rappresentarci c’è il giovane Renzi al posto delle vecchie pantegane. E perciò l’establishment italiota non riesce a capacitarsi di quel discredito, attribuendolo a un inesistente sentimento anti-italiano.
Non basta sostituire la faccia del premier, quando poi al governo siedono i soliti indagati e imputati, giustificati con i consueti gargarismi del “garantismo” e della “presunzione di innocenza”.
O ci allineiamo agli standard etici d’Europa, colmando il vero spread che ci separa dai partner e piantandola di fare i furbi, o qualunque rappresentante italiano varchi la cinta daziaria, fosse anche il più virtuoso, sarà accolto dai soliti risolini.
C’è, naturalmente, anche una terza via: andare in Europa e convincere tutti gli altri che abbiamo ragione noi e ha torto il resto del mondo.
Ma — consiglio non richiesto — sarebbe meglio evitare.
Marco Travaglio
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Marzo 25th, 2014 Riccardo Fucile
SERVONO 6,6 MILIARDI QUEST’ANNO, LE COPERTURE STRUTTURALI NEL DDL STABILITà€, PER ORA IL BALLISTA ANNASPA
Gli 80 euro in busta paga da maggio? Ci saranno.
Tra Palazzo Chigi e Tesoro non c’è alcuna voce discordante in materia: la cosa è stata annunciata e verrà portata a termine.
Ma come? Qui c’è la novità che si va delineando nelle ultime ore: se — come ha promesso Matteo Renzi — si vuole che il provvedimento sia operativo da maggio bisognerà procedere per gradi: una tantum sul solo 2014 e il provvedimento strutturale dopo, in autunno per la precisione, con la legge di Stabilità .
Sarà lì che bisognerà mettere nero su bianco i dieci miliardi di risparmi (rectius tagli) che garantiranno lo sgravio fiscale nei secoli dei secoli.
Ecco un breve riassunto della situazione ad oggi.
I tempi per mantenere la solenne promessa del primo ministro sono stretti: prima bisogna approvare il Documento di economia e finanza (Def), che va spedito a Bruxelles entro il 15 aprile (ma si punta ad anticipare di una decina di giorni), e solo dopo si potrà formalizzare il decreto che “regala” 80 euro al mese ai redditi medio-bassi per tutto quest’anno.
Il costo dell’operazione, come si sa, è di dieci miliardi l’anno: il prezzo, però, scende a 6,6 miliardi se si applica solo agli otto mesi rimanenti del 2014 (da maggio a dicembre).
È questa la cifra che Renzi deve trovare subito, in attesa di predisporre le coperture strutturali per l’autunno: quelle — semmai ce la farà a trovarle — dovrà ricavarle dal menù dei tagli alla spesa pubblica che gli sottoporrà il commissario Carlo Cottarelli. Dieci miliardi strutturali dal 2015: vasto programma.
L’operazione sull’anno in corso invece è più semplice, ma non meno pericolosa e si basa in larga parte sul famigerato Def.
Al Tesoro lo stanno scrivendo proprio in questi giorni e quel testo dovrà garantire due cose a Renzi: la possibilità di elevare un po’ il deficit restando sotto il tre per cento in rapporto al Pil e quella di utilizzare un po’ di risparmi da interessi sul debito pubblico. Quest’ultima cosa è più facile visto il buon andamento delle aste dei titoli di Stato negli ultimi mesi, la prima invece rischia di esporre il governo a una discreta figuraccia e di rendere ancor meno amichevoli i rapporti tra Palazzo Chigi da un lato e il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan e il Ragioniere generale dello Stato Daniele Franco dall’altro.
In breve, il punto è questo.
Il governo Letta aveva previsto una crescita del Prodotto per il 2014 dell’1 per cento; la Commissione europea e il Fondo monetario internazionale, invece, hanno messo nero su bianco un +0,6 per cento.
La differenza non è senza effetti pratici: la minor crescita si riflette, ovviamente, sul rapporto tra disavanzo-debito e Pil. Senza ulteriori interventi, insomma, e con una crescita del prodotto dello 0,6 l’Italia potrebbe ritrovarsi con un deficit al 2,9 circa del Pil anzichè al 2,6: in sostanza senza alcuno spazio di manovra (ogni decimale, per capirci, vale una possibile spesa di 1,5 miliardi di euro).
E qui scatta il problema: Padoan ha già dichiarato pubblicamente che il suo Def avvicinerà le previsioni di crescita di Commissione e Fmi.
Se così fosse, le coperture per gli 80 euro al mese di Renzi per il 2014 rischiano di essere complicate da trovare.
La soluzione potrebbe essere quella di scontare fin d’ora, per così dire, l’effetto sul Pil delle misure già annunciate da Renzi: gli investimenti nell’edilizia scolastica e sul dissesto idrogeologico, lo sgravio dell’Irpef e, soprattutto, l’immediato pagamento dei debiti commerciali della P.A. grazie a Cassa depositi e prestiti.
Tenendo conto di tutto questo, la tentazione di Palazzo Chigi è addirittura di far salire la previsione di crescita dall’un per cento secco fino a 1,1-1,2 per cento guadagnando un po’ di fiato nella corsa alla promessa elettorale da 6,6 miliardi di euro.
D’altronde, come ha detto ieri lo stesso Renzi, è la crescita la risposta alla “contestazione e all’antipolitica”.
Intanto si comincia con quella di carta.
Il Tesoro, comunque, è al lavoro sulle simulazioni per portare a casa il taglio Irpef senza effetti distorsivi sulle aliquote marginali: il lavoro è complicato, ma il campo da gioco sono le detrazioni sul lavoro dipendente e basta, spiegano dal ministero smentendo la ricostruzione di Repubblica secondo cui gli 80 euro arriveranno attraverso un “bonus”.
Marco Palombi
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Marzo 25th, 2014 Riccardo Fucile
LA STORIA DI KLEPETAN E MALENA
Ogni anno, ai primi di marzo, Klepetan lascia il Sudafrica e intraprende un viaggio di tredicimila chilometri per incontrare Malena.
La storia va avanti da dodici anni, da quando i due amanti vivevano insieme nel villaggio croato di Brodski Varos.
Un cecchino sparò a Malena e la colpì in una zona vitale, costringendola per sempre su una poltrona.
Klepetan avrebbe voluto restare con lei, ma la vita lo reclamava in Sudafrica e lui non aveva i mezzi per portarla con sè.
Così la condusse dall’unica persona di cui si fidava, un bidello in pensione di nome Stiejepan Vokic, che da allora ospita Malena nella sua piccola mansarda.
Klepetan però non è scappato dall’amore e tantomeno lo ha dimenticato.
Ogni anno, da dodici anni, con il sopraggiungere della primavera si prende una vacanza.
E pur non avendo altro sostegno materiale che il desiderio, attraversa l’Africa e l’Adriatico con le proprie forze, fino a raggiungere il villaggio croato e bussare alla porta della mansarda.
Malena è lì che lo aspetta sulla poltrona, impaziente.
Ogni anno, da dodici anni.
I due si sfiorano e, mentre il bidello si allontana con una scusa qualsiasi, con grande naturalezza fanno l’amore.
Esauriti i giorni dell’estasi, Klepetan ritorna in Sudafrica, dando appuntamento a Malena per l’anno successivo.
Non ha mai tradito la promessa, pur essendo un maschio.
E lei non gli ha mai fatto scenate, pur essendo una femmina.
Si amano, senza complessi nè rimpianti.
Hanno trovato un senso alla parola eternità .
Può darsi che li favorisca il fatto di non essere umani, ma cicogne.
Massimo Gramellini
(da “la Stampa”)
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