Destra di Popolo.net

PARANOIE A 5 STELLE, GRILLO DENUNCIA IL SABOTAGGIO AL SUO SPETTACOLO, FORSE PERCHE’ IL PUBBLICO SCARSEGGIA?

Aprile 3rd, 2014 Riccardo Fucile

E CASALEGGIO METTE LE MANO AVANTI: “DOSSIERAGGIO NEI MIEI CONFRONTI”

Paranoia,, timori di fughe di notizie e dossier.
Il Movimento 5 stelle comincia la campagna elettorale per le Europee in preda a una sorte di sindrome da accerchiamento, denunciando complotti e temendo ritorsioni.
A sostenerlo sono prima di tutto i due leader, Casaleggio e Grillo che a distanza di poche ore rendono pubbliche le loro preoccupazioni.
Il primo in ordine di tempo è stato il guru pentastellato, che ieri ha affidato al blog dell’amico Grillo il suo sfogo: “In questo periodo – scrive Casaleggio – giustappunto prima delle elezioni, so di dossier in preparazione su di me, sulla mia famiglia e sulla mia società , come già  accadde l’anno scorso”.
Aggiungendo la sua intenzione di voler rilasciare interviste mirate per fugare ogni possibile dubbio: “Voglio anticiparli — dice — nelle prossime settimane rilascerò alcune interviste a giornalisti indipendenti (sì, esistono anche se sono una percentuale infinitesimale) e non risponderò a nessuna domanda pubblica tesa a screditarmi. Invito i professionisti del fango a non perdere il loro tempo e di non farlo perdere a me con delle querele. Alla Camera di commercio di Milano sono acquisibili i bilanci pubblici della mia società ”,
Ieri Casaleggio oggi Beppe Grillo: anche il leader M5s usa il blog per denunciare. Questa volta il nodo è, secondo il comico, un tentativo di sabotaggio del suo tour ‘Te la do io l’Europa’: “In alcune località  del centro Italia – spiega direttamente Grillo sul blog – hanno appiccicato un adesivo falso sopra i manifesti del tour di Beppe Grillo “Te la do io l’Europa” in cui si dichiara che la data ad Ancona il 5 aprile è stata annullata in sostegno di una fantomatica “mobilitazione anticarceraria”.
Notizia falsa visto che la data – conferma Grillo – non ha subito alcun annullamento: “Nonostante i tentativi di sabotaggio lo spettacolo del 5 aprile ad Ancona al Pala Rossini si farà . Vi aspetto”.

(da “Huffingtonpost“)

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GRILLO: “PIZZAROTTI? UNO CHE CERCA SOLO VISIBILITA'”

Aprile 3rd, 2014 Riccardo Fucile

“SE PERDIAMO LE EUROPEE VADO A CASA”: BRAVO, MA PRIMA CHIEDI IL PERMESSO ALL’AMBASCIATA AMERICANA

Giura che se non vincerà  le Europee si farà  da parte, si dice ottimista sul risultato, cerca il voto dei delusi e delle potenziali schede bianche, punzecchia il ribelle Pizzarotti.
Così Beppe Grillo intervistato da Repubblica dopo la prima tappa del suo tour teatrale a Catania: “Stavolta – dice – bisogna che la gente capisca che dobbiamo fare un culo cosi’ a tutti. Perchè su una cosa non ho dubbi: o vinciamo, o stavolta davvero me ne vado a casa. E non scherzo”.
Grillo dice di avere la ricetta per vincere: “Noi dobbiamo mobilitare anche quella gente che va ai seggi solo per votare bianca o annullare il voto. Lo sapete quanti sono? Pare che siano due milioni! Ma capite che ci sono due milioni di persone che escono di casa non per votare qualcuno, ma per scegliere bianca o nulla?”.
Il leader M5s è ‘ottimista’ sui risultati che i Cinque Stelle otterranno a maggio; “è come l’ultima volta”, afferma riferendosi al successo registrato alle scorse politiche “Naturalmente il tipo di elezione è diversa, ma l’aria è quella”.
“Dobbiamo mandarli via davvero, stavolta. E possiamo farcela. Ma bisogna che la gente capisca che lo facciamo per loro. Che è là  – in Europa – che si decide tutto”.
E sulle tensioni con il sindaco di Parma Federico Pizzarotti dice: “è uno che ha bisogno di visibilità “.
“Pizzarotti può dire quello che vuole, non è che la mia parola vale qualcosa. Io esprimo un parere, sono solo una voce”.
Sembra vero…

(da “Huffingtonpost”)

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SINDACI E SENATORI? I PRIMI CITTADINI FANNO GIA’ FESTA

Aprile 3rd, 2014 Riccardo Fucile

DA TORINO A BARI, GIUBILO PER LE RIFORME…. PIÙ CAUTI DORIA E DE MAGISTRIS: “A NOI BASTANO LE CITTà€ METROPOLITANE”

La Trinità  della Terza Repubblica.
Il sindaco uno e trino. Senatore, poi a capo della città  metropolitana ex provincia e sindaco, ovviamente. Più che super, mega. Il megasindaco di Torino o Bari o Napoli a Genova o Milano e così via.
Michele Emiliano, possente sindaco-sceriffo di Bari, non vede l’ora di triplicare il suo impegno: “Questa riforma del Senato, se passa, è una bomba atomica”. Il termine bomba è declinato positivamente. Emiliano, che è renziano, esplode di gioia: “Oggi il sindaco se rileva un problema nella legislazione o ha bisogno di un chiarimento finanziario a Roma deve armarsi di pazienza e chiamare il segretario regionale del suo partito. Questi a sua volta si rivolge agli uffici nazionali che poi devono interpellare il capogruppo parlamentare”.
Una catena infernale. Continua il sindaco di Bari: “Vuol sapere come finisce?
Che 99 volte su cento nessuno ti si fila anche perchè esiste una forte contrapposizione tra sindaci e parlamentari. I primi però sono eletti sul territorio, i secondi nominati dalle segreterie di partito”.
Viva il superlavoro, allora: “Mi creda questa riforma è una vera bomba. I sindaci invece di fare i lobbisti a Roma strisciando ai piedi dei nominati, s’impegneranno direttamente nella nuova assemblea, muovendo rilievi e obiezioni, perchè se una legge non va bene la puoi richiamare a Palazzo Madama”.
Ma il tempo? Il tempo non è mai relativo.
Emiliano ha una risposta per tutto: “Attualmente, proprio per i problemi che le dicevo prima, io trascorro due giorni a settimana a Roma e non credo, in tutta sincerità , che bisognerà  riunirsi sempre, dal lunedì al venerdì”.
Nulla scalfisce l’ottimismo del sindaco barese: “Mi scusi, ma non è meglio mandare me da sindaco che non un tizio qualunque al Senato? Faccio il lavoro più bello del mondo e sono felice di farlo”.
Anche Piero Fassino, storico uomo-macchina di sinistra, non è spaventato. Anzi sì. Sostiene il sindaco di Torino, oggi renzianissimo: “Questa sfida mi spaventa e mi affascina, sempre che vada in porto, intendiamoci. Io lavoro 16 ore al giorno da quando avevo 19 anni e non temo la fatica”.
Il problema è la durata della giornata. Appena 24 ore per occuparsi di comune, provincia e Senato.
Fassino non si tira indietro: “Questa può anche essere una buona occasione per riorganizzare il lavoro delle Camere. Per quanto ci riguarda non è detto che bisogna vedersi quattro volte le settimane. Si può adottare il metodo delle sessioni come fa il Parlamento europeo oppure come fanno in Francia e Germania, qualora, ripeto, dovesse farsi la riforma”.
La prudenza è d’obbligo. Al momento il sindaco certamente diventerà  il presidente dell’area metropolitana, al posto della provincia. La carica di senatore è più distante, disegnata solo sulla carta.
Marco Doria, sindaco di Genova, di un centrosinistra non d’apparato, ha una cifra sobria per natura: “La preoccupazione per il carico di responsabilità  e di lavoro indubbiamente esiste. Fare il sindaco di una grande città  significa già  confrontarsi in prima linea con i molti problemi che la società  attraversa. Per contro, la futura città  metropolitana consentirà  a me in collaborazione con gli altri sindaci del territorio di governare e pianificare direttamente, senza più il filtro di altre istituzioni, le grandi reti e i servizi di area vasta. Però, mentre la prospettiva della città  metropolitana mi pare ravvicinata e anzi auspico che lo sia, la prospettiva per il nuovo Senato mi pare comunque più lontana”.
Stesso concetto per Luigi de Magistris, il sindaco della rivoluzione arancione a Napoli: “Sulla città  metropolitana il giudizio è positivo e la nostra amministrazione si sta preparando ad affrontare questa sfida, tanto che come sindaco ho mantenuto la delega. Tutti i sindaci che ricadono nei confini della città  metropolitana vanno coinvolti e, con loro, anche i cittadini, all’interno di un modello di partecipazione democratica. Questa riforma deve servire a superare la sovrapposizione odierna di competenze tra enti, a semplificare e rendere più efficiente l’azione amministrativa, particolare su trasporti e rifiuti. È essenziale però, affinchè la riforma sia una vera opportunità  per tutti, che sia riconosciuta l’autonomia economico-finanziaria della città  metropolitana, ponendo fine alla logica dei tagli pesanti orizzontali imposti ai comuni dai governi, in questo senso l’impostazione di Renzi mi fa ben sperare in un cambiamento. Sul ddl di riforma del senato non voglio esprimermi perchè aspetto di leggere il testo definitivo: certo, per noi si tratterebbe di un ulteriore impegno in una attività , quella di sindaco, già  altamente impegnativa”.

Fabrizio d’Esposito
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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COSENTINO ARRESTATO CON I DUE FRATELLI: L’ACCUSA E’ ESTORSIONE CON METODO MAFIOSO

Aprile 3rd, 2014 Riccardo Fucile

L’EX SOTTOSEGRETARIO ANCHE DAI DOMICILIARI “CONTINUAVA A FARE POLITICA”… NEL MIRINO IL SETTORE DEI CARBURANTI IN PROVINCIA DI CASERTA… COINVOLTO L’EX PREFETTO STASI

Torna in carcere l’ex sottosegretario all’Economia Nicola Cosentino.
L’ex esponente di Forza Italia, oggi leader della formazione Forza Campania, è stato arrestato insieme ai fratelli Giovanni e Antonio.
La Procura ipotizza i reati di estorsione e concorrenza sleale con metodo mafioso nel settore dei distributori di carburanti in provincia di Caserta.
I Cosentino sono imprenditori nel settore. Le indagini sono coordinate dai pm Antonello Ardituro, Fabrizio Vanorio e Francesco Curcio con i carabinieri del Roni di Caserta.
L’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di Cosentino fa parte di un insieme di 13 misure cautelari nei confronti di altrettante persone, tra cui Pasquale e Antonio Zagaria, fratelli di Michele, boss del clan dei Casalesi. La famiglia Cosentino, proprietaria di vari distributori di carburante, avrebbe agito con pratiche commerciali lesive della concorrenza.
Secondo la Procura i fratelli Cosentino, in concorso con dirigenti pubblici, funzionari della Regione e del Comune di Casal di Principe, e complicità  di funzionari della Q8, hanno ottenuto rapidamente il rilascio di permessi e licenze per costruire impianti, anche quando c’erano cause ostative.
Inoltre avrebbero costretto amministratori e funzionari pubblici locali a impedire o rallentare la costruzione di impianti di aziende concorrenti anche con atti amministrativi illegittimi.
All’inchiesta dei magistrati napoletani ha contribuito il titolare di una stazione di servizio in corso di costruzione a Villa Briano, Luigi Gallo, il cui racconto ha trovato riscontri nelle indagini.
Determinanti anche le dichiarazioni di collaboratori di giustizia e l’acquisizione di documentazione sull’apertura di due impianti di distribuzione di idrocarburi nel Comune di Casal di Principe e in quello di Villa di Briano.
IL COMUNICATO DELLA PROCURA
Cosentino è ricomparso appena pochi giorni fa ad una manifestazione pubblica in un albergo di Napoli, alla presentazione di Forza Campania, il gruppo di consiglieri regionali “dissidenti” di Forza Italia, che riconoscono la leadership di Cosentino. In numerose interviste ha sempre negato di volersi candidare alle elezioni Europee e di voler fare politica in prima persona.
Ma questo non risulta dalle intercettazioni.
Decisivo un passaggio dell’inchiesta sulle esigenze cautelari. Il giudice delle indagini preliminari, nel valutare la necessità  dell’arresto, ha ritenuto significativo il fatto che – si legge nel comunicato della Procura – “Nicola Cosentino si sia attivamente interessato per l’andamento degli affari delle imprese di famiglia, circostanza finora sempre negata dallo stesso indagato e l’ulteriore circostanza costituita dalle risultanze dell’analisi di alcuni recenti tabulati telefonici che danno atto dei frequenti contatti del Cosentino, anche nel periodo in cui era agli arresti domiciliari, con importanti esponenti della politica e delle istituzioni locali e nazionali, comprovandosi in tal modo il persistente svolgimento, da parte dello stesso, di attività  politica”.
Colpisce in particolare un episodio.
Cosentino e l’ex prefetto di Caserta Maria Elena Stasi convocarono l’allora sindaco di Villa di Briano (Caserta) nell’ufficio della prefettura di Caserta intimandogli di provvedere alla rimozione dell’incarico del tecnico comunale che aveva rilasciato l’autorizzazione all’imprenditore Luigi Gallo, per la realizzazione della stazione di servizio che impediva di fatto ai fratelli Cosentino la realizzazione di un impianto analogo a Casal di Principe.
Il tecnico comunale Nicola Magliulo era “colpevole” anche di “aver resistito alle incessanti pressioni esercitate dai Cosentino e da Luigi Letizia” per revocare l’autorizzazione, scrive il procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli.
In caso di mancata rimozione dall’incarico di tecnico comunale, Cosentino e Stasi avrebbero minacciato “azioni ritorsive” da parte dello stesso Cosentino e della prefettura di Caserta contro l’amministrazione comunale di Villa di Briano.
“Indebite e illecite pressioni” sarebbero state esercitate in modo coordinato da Antonio e Giovanni Cosentino e da Luigi Letizia sia sul sindaco che su tutti gli addetti dell’Utc di Villa di Briano.

Dario Del Porto e Conchita Sannino
(da “La Repubblica”)

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VENETO, IL DRAMMA E LA COMMEDIA

Aprile 3rd, 2014 Riccardo Fucile

UNA REGIONE DOVE HANNO CHIUSO 20.000 IMPRESE NEGLI ULTIMI 5 ANNI

Per raccontare davvero cosa sta accadendo in Veneto non servono le trascrizioni delle intercettazioni, la contabilità  degli arresti o i dati, verosimilmente gonfiati, sull’affluenza al referendum on line per l’indipendenza della regione.
Se si vuole essere seri e non fermarsi alle foto del “Tanko” o alle prevedibili discussioni sui colloqui telefonici degli arrestati, spesso sospesi tra le rodomontate fantozziane e l’eversione vera e propria (“Bisogna far saltare le banche… ci sarà  una piccola parte dei Carabinieri che starà  dalla parte degli insorti), è meglio invece salire in auto e percorrere la Pontebbana a Treviso o la Strada del Santo a Padova.
Lì la lunga teoria di capannoni sfitti o in vendita, fotografa meglio di ogni statistica un territorio che nel giro di sette anni ha perso 10,5 punti di Pil ed è tornato sotto i livelli del 2000.
In Veneto più di 20 mila imprese hanno chiuso nell’ultimo lustro, i disoccupati sono ormai 195 mila e il reddito medio nel 2013 è sceso di 600 euro.
Il tutto mentre la regione ha continuato a versare 70 miliardi di tasse all’anno allo Stato, ricevendone indietro meno di 50.
Per questo è facile immaginare che, al di là  di ogni evidenza (progettare la secessione armata è un reato grave), i 24 arrestati saranno visti da molti corregionali come dei martiri.
Col rischio che presto altri indipendentisti ci riprovino.
L’anarchico russo Michail Bakunin, che di insurrezioni se ne intendeva, spiegava: “La rivoluzione è più un istinto che un pensiero: come istinto agisce e si propaga, e come istinto darà  le sue prime battaglie”.
E in Veneto, ma non solo, l’istinto di rivolta c’è. Non per nulla l’istituto di sondaggi Demos, molto più credibilmente dei referendum on line, il 24 marzo ha scoperto che il 55% dei veneti è favorevole all’idea dell’indipendenza, anche se molti si accontenterebbero di “parlamentari migliori” (30%) e di un “federalismo vero” (20%). I cittadini, dopo essere stati ingannati dalla Lega, non chiedono solo più lavoro e meno tasse.
Pretendono pure politici onesti legati al territorio.
A Roma, dove si riforma la legge elettorale per garantire ai partiti un altro Parlamento di nominati, è forse il caso che qualcuno se ne accorga. Prima che sia troppo tardi.

Peter Gomez
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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COPERTURE INCERTE PER GLI SCONTI FISCALI: DEFICIT AL 3% A RISCHIO

Aprile 3rd, 2014 Riccardo Fucile

QUASI DUE TERZI DELLE ENTRATE SONO UNA TANTUM O DUBBIE.. MANCA LA SICUREZZA DEI 18 MILIARDI DA TROVARE

Perchè da ciò che è dato sapere dalle slide di Matteo Renzi, i conti faticano a tornare. In totale le misure che sono state promesse aprono un buco per 18 miliardi di euro, ma molte delle coperture si presentano incerte: le una tantum o le misure friabili pesano per più di 10 dei 18 miliardi da trovare.
Quasi due terzi della manovra
Da Palazzo Chigi al ministero dell’Economia, tutti hanno presenti i problemi. Che per ora non presentano sintomi, è vero.
L’onda lunga dei capitali internazionali a caccia di rendimenti è arrivata anche in Italia, in uno degli ultimi party prima che la Federal Reserve fra un anno chiuda il bar del denaro facile.
Ma nel frattempo il deficit e il debito minacciano di salire: mentre si lavora al Def, nel governo cresce la convinzione che, a un certo punto, andranno prese decisioni per garantire la rotta.
Renzi vuole risollevare il morale depresso degli italiani e mettere in cassaforte il consenso, ma capisce che operazioni del genere presentano un costo.
In primo luogo, c’è quello degli impegni che avranno effetti permanenti sul bilancio. Gli sgravi ai redditi bassi per esempio costeranno 6,6 miliardi di euro quest’anno e dieci miliardi in ciascuno dei prossimi.
Il taglio del 10% dell’Irap, la tassa regionale sulle imprese, costerà  due miliardi.
E la riduzione della bolletta energetica per le piccole imprese sottrarrà  alle entrate 1,4 miliardi.
Insomma, dalle slide di Renzi si evincono minori entrate in pianta stabile per 10 miliardi quest’anno e 13,4 dal 2015. Già  così, senza contromisure, il deficit si avvicinerebbe al 4% del Pil.
Ci sono poi spese non ricorrenti: 3,5 miliardi per rimettere a posto le sedi delle scuole — ormai un’urgenza — e 1,5 miliardi per la tutela del territorio da frane, smottamenti, alluvioni. Infine, se saranno liquidati gli arretrati dello Stato alle imprese, il deficit salirà  di altri 3-5 miliardi a causa delle uscite legate a spese per investimenti.
Semplicemente sulla base di ciò che ha detto Renzi, una stima cauta mostra che servono 18 miliardi di coperture.
Ma tre mesi dell’anno sono già  trascorsi, ne restano solo 9 per farle funzionare e il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan a Repubblica ha osservato: «È mia convinzione che tagli fiscali permanenti debbano essere finanziati da coperture permanenti, cioè da tagli di spesa». Non è chiaro se si tratti di un’opinione o di un impegno; ma ancora meno chiaro è se — e quando — sia possibile trovare 10 miliardi di tagli permanenti alla spesa e 18 di coperture in tempi brevi. Dal governo su questo sono uscite indiscrezioni ma anche indicazioni che sollevano altre domande.
Certo per esempio è che gli sgravi all’Irap avranno come controparte un aumento del prelievo sui guadagni da capitale investito. È una scelta che contiene un messaggio di programma perchè si detassano le attività  che creano lavoro e si tassano le rendite, il contrario di ciò che l’Italia ha fatto per decenni. Se però si guarda solo ai numeri, l’impianto del governo vacilla perchè con tassi bassi come oggi è difficile che i redditi da capitale generino due miliardi di gettito solo alzando l’aliquota di uno 0,6%.
C’è poi il piatto forte delle coperture, la spending review del commissario Carlo Cottarelli.
Anche qui non sarà  possibile fare molto nel 2014: forse fino a cinque o, secondo lo stesso Cottarelli, tre miliardi di risparmi.
Mezzo miliardo arriverebbe tagliando i compensi ai grand commis pubblici e molto di ciò che resta da una sforbiciata sugli acquisti di forniture dello Stato.
È un’area in cui c’è spazio per intervenire, anche se la vendita di beni e servizi alle amministrazioni è un’attività  vitale per decine di migliaia di imprese: la crescita ne risentirà .
Le coperture solide per ora finiscono qua, a quota 5-7 miliardi su 18.
Il resto ha caratteri diversi: il rientro dei capitali nascosti al Fisco in Svizzera resta arduo da misurare e dal 2015 non si ripeterà ; il maggior gettito Iva prodotto dai pagamenti degli arretrati alle imprese è stimato in 5 miliardi, ma non è una risorsa in più: è un’entrata anticipata a questo dai prossimi anni, quando si aprirà  un buco corrispondente; e il risparmio da minori interessi sul debito sarà  valutabile solo tra un anno: nessuno fonda una manovra su una voce del genere, anche perchè l’anno prossimo probabilmente i rendimenti dei titoli di Stato torneranno a salire con l’aumento previsto dei tassi internazionali.
Insomma l’operazione per riportare ottimismo in Italia costa, ma coperture da 18 miliardi si trovano solo compiendo lo sforzo eroico di crederci.
Beato quel bilancio pubblico che non ne ha bisogno.

Federico Fubini
(da “La Repubblica”)

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CHE FAI, LI CACCI?

Aprile 3rd, 2014 Riccardo Fucile

RENZI PRESUNTO “MORALIZZATORE” DELLE REGIONI, SALVO METTERE LA POLVERE SOTTO IL TAPPETO DI CASA SUA

Non tutta la riforma costituzionale targata Renzi è da buttare.
Oltre ai pericoli autoritari e funzionali insiti nel combinato disposto fra Italicum e Senato di serie B, c’è anche qualcosa di buono: la riforma del Titolo V della Costituzione per eliminare le follie della Bassanini del 2001 che — per compiacere la Lega — regalava troppe competenze alle Regioni e creava un’infinità  di conflitti con lo Stato; e soprattutto l’abolizione dei rimborsi ai gruppi consiliari (rubati a man bassa da quasi tutti i partiti, come dimostrano le “Rimborsopoli” che vedono 18 consigli regionali su 20 indagati, perlopiù in blocco, per le varie Rimborsopoli) e la riduzione delle indennità  sotto quella del sindaco del capoluogo.
Il sospetto, però, è che si tratti del solito pacco dono rutilante e infiocchettato per occultare la sorpresa nascosta all’interno.
Un po’ come la riduzione del numero dei parlamentari, usata da Lega e centrodestra nel 2006 per coprire i guasti della Devolution (poi fortunatamente bocciata nel referendum confermativo).
In ogni caso Renzi ha ragione quando dice che abolire i rimborsi ai gruppi regionali significa “mai più Rimborsopoli”: col suo fiuto da cane da trifola, ha colto l’impatto devastante dello spettacolo di quelle orde di cavallette intente ad arraffare a spese dei contribuenti mutande verdi, libri porno, tinture per capelli (per un consigliere pelato), chewingum, pecore, Redbull, Suv, salsicce, mazze da golf, caldaie, caramelle, frigoriferi, gelati, tergicristalli, campanacci per bovini, corni d’avorio, feste di nozze, gorgonzola, saune, night club, cenoni di Capodanno, aeroplani di carta, camere d’albergo per amanti, spazzolini da denti personalizzati con le iniziali, cravatte, salatini, finimenti per carrozze.
Ma questo rende incomprensibile la sua indifferenza ai sottosegretari inquisiti del suo governo.
Lasciamo pure da parte i casi del ministro Lupi e del sottosegretario Bubbico, l’uno indagato l’altro imputato per nomine fuorilegge (abuso d’ufficio): fermo restando che nelle altre democrazie ci si dimette per molto meno, si tratta di atti amministrativi sulla cui legittimità  decideranno i giudici.
Ma gli altri tre sottosegretari inquisiti, Vito De Filippo, Francesca Barracciu e Umberto Del Basso De Caro, sono accusati di peculato per le Rimborsopoli di Basilicata, Sardegna e Campania.
De Filippo per 3 mila euro (che dice di aver speso in francobolli), Barracciu per 33-45 mila (a suo dire per la benzina di viaggi istituzionali da giro del mondo), De Caro per 11 mila (“attività  politiche” mai documentate).
Qui i processi servono a stabilire se la vecchia legge sui rimborsi regionali, ora modificata, coprisse anche le spese non giustificate, o se invece sia stata violata e giustifichi le accuse di peculato e in certi casi di truffa alle Regioni.
Ma i fatti sono certi, tant’è che gli indagati non contestano di aver speso quelle somme: dicono solo che la legge lo consentiva.
Ce n’è abbastanza per affermare che hanno dilapidato denaro pubblico.
Il che, reato o meno, li rende indegni di stare al governo con “disciplina e onore”. Renzi può farsi raccontare dal suo neoamico Cameron che ne è stato dei deputati inglesi sorpresi a fare la cresta sulle note spese: tutti fuori dal Parlamento, qualcuno in galera.
Del resto fu lui stesso a stabilire che la Barracciu non poteva candidarsi a governatore di Sardegna pur avendo appena vinto le primarie.
Salvo poi promuoverla sottosegretario ai Beni culturali.
E che dire di De Caro, sottosegretario alle Infrastrutture, che sarà  presto imputato dopo l’avviso di chiusura indagini?
Un premier serio lo caccerebbe solo per quel che ha detto: “Non rendicontavo le spese perchè la legge non lo prevedeva”.
Ma nemmeno una bocciofila rimborsa le spese ai dipendenti senza scontrini.
Poi il sottosegretario lancia un avvertimento: “Sono il parlamentare più votato alle primarie del Pd”.
L’altro è Francantonio Genovese, quello col mandato di cattura. A questo punto Renzi dovrebbe decidere una buona volta che cos’è e che cosa dev’essere il Pd.

Marco Travaglio
(da “il Fatto Quotidiano“)

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