Aprile 15th, 2014 Riccardo Fucile
L’EX COORDINATORE DEL MOVIMENTO GIOVANI PADANI, POI ASSESSORE A FORNOVO IN UNA LISTA CIVICA, ORA SI PRESENTA CON I GRILLINI
Francesco Rossi, classe 1983 di Fornovo, è il candidato locale del M5s alle Europee del 25 maggio.
La notizia, già nota dopo le primarie on line dei grillini (ha ottenuto 979 voti), viene rilanciata dall’agenzia Dire che rivela il passato da indipendista leghista del giovane candidato.
Rossi ha infatti ricoperto il ruolo di coordinatore del Movimento giovani padani di Parma, passando per un mandato da assessore in una lista civica di centrodestra a Fornovo.
Ai tempi del Carroccio, in un ampio articolo riportato sul quotidiano on line “Indipendenza, perchè, l’autodeterminazione è un diritto naturale”, alla fine del 2006 scriveva che “la Lega deve rappresentare i popoli padano-alpini, le loro richieste, combattere i soprusi, culturali ancor prima che economici, che ogni giorno i cittadini padani devono subire”.
E ancora: “La Lega Nord deve raccogliere i voti di chi condivide ideali di libertà , difesa delle culture e tradizioni locali, rifiuto dell’immigrazione e preservazione dell’ambiente e del territorio”, altrimenti “davvero saremo destinati a morire italiani”,
Per puntare a Bruxelles, aderendo agli stretti dettami imposti dai 5stelle per la partecipazione, Rossi si è dimesso, a fine marzo, giusto qualche giorno prima dell’apertura del voto online, dal suo incarico di assessore a Fornovo, dove nel 2009 era stato eletto con la lista civica vicina al centrodestra “Città futura”.
L’agenzia e il sito on line dell’Unità rimarcano inoltre che nel cv Rossi evidenzia la sua carica di amministratore, a compenso zero, della società pubblica En.For srl che Rossi ha guidato durante il suo mandato.
La società , però, formata con capitale al 100% pubblico e creata per lo sviluppo di progetti legati alle fonti rinnovabili e risparmio energetico, è stata per anni nel mirino delle opposizioni di centrosinistra.
Già nel 2012 il Comune di Fornovo ha dovuto approvare una variazione di bilancio per ripianare 8.000 euro di perdite della società .
Una difficoltà ammessa dallo stesso Rossi che in un’intervista del 2012 parlava di “scelte sbagliate dal punto di vista della pianificazione”, come ad esempio “l’acquisizione dei pannelli fotovoltaici prima di avere le autorizzazioni”.
“La mia idea attuale è di autonomia e federalismo, un’idea che è stata ripresa da Grillo con il discorso delle macro regioni”.
Così il candidato risponde alla domanda se sia ancora favorevole o meno all’indipendenza della Padania. “Senza discorsi di indipendenza della Padania – conclude Rossi, interpellato dalla Dire- ma ritengo fondamentale il trasferimento dei poteri e delle responsabilità agli enti locali in un’ottica veramente federale”.
(da “La Repubblica“)
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Aprile 15th, 2014 Riccardo Fucile
I SOSPETTI SU UNA TASSA FATTA PAGARE PER CHI DOVEVA ESSERE IN LISTA PER LE COMUNALI… IL NUOVO CANDIDATO SINDACO “ESPERTO DI SCIE CHIMICHE”… L’EPURATO: MI HANNO FATTO FUORI COSI’
Dice lui, Vincenzo Madetti, l’epurato: “L’ho saputo con un tweet di Grillo. Nemmeno una telefonata, una comunicazione, niente: mi hanno fatto fuori così “.
Dicono gli attivisti infuriati su Facebook: “Ma che è successo? Perchè non date spiegazioni? Spiegate perchè se non lo fate o siete complici o avete qualcosa da nascondere…”.
I grillini ufficiali invece non dicono: “Non può parlare nessuno se non i due addetti stampa”.
E’ psicodramma nel Movimento 5 stelle di Bari che all’improvviso ha fatto fuori il candidato sindaco, Madetti, e nominato ieri il nuovo, Sabino Mangano: esperto di informatica, “‘convertitore’ di cittadini (non ancora a 5 stelle)”, come si definisce lui stesso, è uno che da tempo segnala il problema delle scie chimiche a Bari: “Cielo a strisciarelle ” scrive su Facebook dopo probabilmente il passaggio di un aereo, “virus a catinelle”.
Ma al di là delle qualità del nuovo candidato portavoce, il giallo gira tutto attorno alla cacciata di Madetti.
Che è successo? La versione ufficiale dice: “L’ex candidato sindaco è stato sfiduciato per i seguenti motivi: comportamenti assolutamente verticistici e personalistici con i suoi stessi candidati dall’inizio della campagna elettorale, scelte arbitrarie che scavalcavano le decisioni dell’assemblea, ripetuti tentativi di voler inserire in lista persone che – a suo dire – gli erano state imposte da terzi con notevoli pressioni”. Nello specifico non è chiaro quali siano questi comportamenti “verticistici e personalistici”.
Alcuni attivisti adombrano addirittura un’ombra di una sorta di “tassa” fatta pagare per chi doveva essere inserito in lista.
“Chiunque dica una cosa del genere – si infuria Madetti – io lo querelo. Nessuna compravendita, siamo impazziti”. Lo stesso Madetti però aveva accusato una persona non meglio identificata di averlo tradito dopo cinque anni.
Non è che la “tassa” la chiedeva questo signore?
“Io rispondo per me e ripeto se qualcuno dice una cosa del genere lo querelo. Se qualcuno ha usato il mio nome a mia insaputa, questo non lo so. Riguardo quella persona, e tutto quello che è accaduto, ecco quello lo comunicherò nei prossimi giorni. Oggi posso dire soltanto che sono amareggiato per il trattamento (ndr, Grillo in persona ha fatto un tweet e poi liquidato la questione Bari con una comunicazione in un post scriptum nel blog) io, che nel movimento ci sono da anni”.
Effettivamente Madetti – che tutti, anche nei partiti “tradizionali” definiscono una persona per bene – è un grillino della prima ora e lo scontro all’interno del Movimento 5 stelle è tutto generazionale, con le nuove leve che hanno accusato i vecchi di aver gestito male le candidature.
“Il Movimento Stelle a Bari è sempre stato aperto a tutti i cittadini: ogni mese sono state effettuate riunioni aperte a tutti, gazebo ogni settimana, gruppi di lavoro per la costruzione del programma, e molti candidati oggi in lista si sono avvicinati nel corso dell’ultimo anno.
La lista e il programma sono stati presentati l’8 febbraio 2014 e, come previsto dalla legge, potevano essere integrati fino al 24 di aprile. Per questi motivi appare molto singolare che adesso Madetti interpreti il ruolo dell’aperto e del democratico. Noi attivisti e candidati non avevamo alcun problema ad allargare la lista a chi ci era stato vicino in questi mesi, ma una cosa è l’apertura, un’altra è trasformare il M5S Bari nel solito vecchio partito che agisce in nome del risultato (supposto) e non dei principi”. Accanto a questo c’è stato un ulteriore scontro con altri attivisti che hanno accusato di “poca trasparenza”, “non spiegate cosa è successo” il Movimento e addirittura avevano organizzato per oggi le Comunarie per scegliere il candidato sindaco.
“Nulla è stato autorizzato”, la risposta.
“Io mi ritiro” fa sapere il candidato consigliere, Mimmo Mongelli primo di una storia che probabilmente è soltanto all’inizio.
Giuliano Foschini
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Aprile 15th, 2014 Riccardo Fucile
L’ISTAT FA I CONTI VERI SUL TAGLIO IRPEF: SI OSCILLA TRA I 58 E I 66 EURO
Si fa presto a dire 80 euro.
Il taglio dell’Irpef annunciato da Matteo Renzi, che il governo si prepara a varare questa settimana, secondo l’Istat, potrebbe avere effetti molto variabili a seconda delle diverse fasce di reddito delle famiglie, e il beneficio potrà arrivare — in media — al massimo a 66 euro al mese.
Lo ha spiegato il presidente dell’Istat Antonio Golini in audizione alla Camera per commentare il Doccumento di Economia e Finanza.
L’istituto di statistica, anzichè considerare i singoli contribuenti, ha provato a considerare l’impatto sulle famiglie.
Nel primo caso ormai è noto, a beneficiare dell’aumento in busta paga da 80 euro dovuto alle detrazioni saranno i contribuenti con un reddito inferiore ai 25 mila euro annui.
Ma considerando il reddito delle famiglie, quale impatto avrà la misura?
Lo spiega con una tabella allegata alla redazione l’Istituto, che ha diviso in cinque parti uguali le famiglie italiane e ha mostrato come nel primo quinto, per semplificare il 20% di famiglie più “povere”, l’impatto medio di beneficio in busta paga sarà di 714 euro su base annua, circa 60 euro.
A spingere al ribasso la presenza in questa prima fascia che dall’aumento della detrazione sono per il momento esclusi come gli incapienti.
Dall’altro lato della classificazione, il 20% più ricco, che include inevitabilmente chi —trovandosi oltre i 25mila euro annui —non beneficia o beneficia soltanto in parte dell’intervento del governo.
In mezzo a questi due estremi il beneficio sale, arrivando al massimo a 796 euro per la seconda fascia, 768 per la terza, 696 per la quarta. Dai 66 ai 58 euro al mese.
Meno degli 80 euro di cui ha parlato Renzi, ma i due dati non sono propriamente confrontabili.
Gli 80 euro di Renzi sono la cifra netta che i contribuenti fino ai 25 mila euro percepiranno in busta paga, i numeri dell’Istat si riferiscono ad un beneficio che in media gli italiani riceveranno a seconda delle diverse fasce di reddito delle famiglie e che tiene conto delle diverse fonti di reddito all’interno di un nucleo.
Ad esempio, una famiglia con un reddito complessivo ipotetico di 40 mila euro, non sarà sempre formata da due redditi dipendenti da 20mila euro, e quindi beneficiari pieni dello sconto Irpef (80€+80€), ma in alcuni casi potrà essere composta da un reddito da 12mila euro, beneficiario dello sconto, e un altro da 28mila euro, beneficiario in parte.
Cifre assolute a parte, la simulazione dell’Istat fornisce anche un dato interessante relativo alla platea dei beneficiari.
Degli 11,3 miliardi di benefici stimati dagli sgravi Irpef (il dato include anche il taglio varato da Enrico Letta), il 19,2% – circa 2 miliardi – sarà impiegato per il quinto delle famiglie più ricco, solo il 9% per quelle più povere.
Conseguenza, quest’ultima, diretta di quanto mostrato prima: le famiglie più povere — in assenza di intervento ad hoc — sono soltanto in piccola parte toccate dall’intervento del governo.
L’Istat mostra infine su quale tipologia di nucleo familiare l’impatto del taglio Irpef avrà maggiormente effetto.
Le coppie con figli adulti, in quanto più probabilmente percettori di reddito ulteriore, arrivano ad un una media di 679 euro, 696 nel caso dei monogenitori.
(da “‘Huffington Post”)
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Aprile 15th, 2014 Riccardo Fucile
IN FERROVIE DAL 1978, ARRIVA IN FINMECCANICA PROPRIO MENTRE IL GRUPPO VENDE IL COMPARTO TRASPORTI
Tre settimane fa Mauro Moretti si era infuriato per l’annuncio renziano di severi tagli agli stipendi dei manager pubblici. E aveva minacciato di andarsene all’estero se i suoi 873 mila euro annui fossero stati ricondotti sotto quota 300 mila, in quella fascia sobria dove staziona l’emolumento del presidente della Repubblica.
Matteo Renzi aveva commentato sibillino: “Moretti capirà ”.
Ieri sera abbiamo capito tutti.
Con la nomina ad amministratore delegato di Finmeccanica andrà a guadagnare più che alle Fs.
Se verrà applicata la riduzione del 25 per cento di cui si parla al ministero del Tesoro, si partirà dal milione e 200 mila euro portato a casa per il 2013 dall’uscente Alessandro Pansa per planare a quota 900 mila.
La brutta fatta da Moretti sulla questione dello stipendio non è però da attribuirsi tanto ad avidità quanto al carattere impulsivo, lo stesso che ha fatto di lui, suo malgrado, l’idolo negativo della città di Viareggio ancora ferita dal tragico incidente che costò cinque anni fa la vita a 33 persone.
Dipendente delle Fs dal 1978, Moretti è diventato nel 2006 il numero uno meno pagato nella storia recente dell’azienda di piazza della Croce Rossa.
Il suo predecessore Elio Catania guadagnava più del doppio, e prima di lui Giancarlo Cimoli ha incassato stipendi e buonuscite milionarie non giustificate dai risultati.
I due presidenti che hanno affiancato Moretti negli otto anni al vertice (prima Innocenzo Cipolletta e poi Lamberto Cardia) guadagnavano pochi euro meno di lui lavorando forse un decimo dell’amministratore delegato.
In Finmeccanica Moretti sarà il manager più low cost degli ultimi anni.
Saranno dunque ben altri i banchi di prova per questo ingegnere elettrotecnico di 60 anni che dopo una vita tra i binari va a guidare un gruppo che ha appena deciso di disfarsi della tecnologia ferroviaria (i treni di Ansaldo Breda e il segnalamento di Ansaldo Sts) per concentrarsi sul settore militare.
Dai treni in semi-monopolio al duro mercato internazionale degli armamenti il passaggio non è dei più semplici.
Dalle liti con i comitati dei pendolari e gli assessori regionali alle trattative con i ministri della guerra dei paesi emergenti il salto potrebbe rivelarsi complicato.
Il principale ostacolo sulla strada di Moretti è la rabbia del popolo Finmeccanica. Alessandro Pansa, salito al vertice un anno fa dopo l’arresto dell’amministratore delegato Giuseppe Orsi (inchiesta per corruzione internazionale sugli elicotteri venduti all’India), nel tentativo di proteggere la sua poltrona dall’onda della rottamazione ha trascurato di lavorare su una soluzione interna.
Così, mentre Eni ed Enel vengono decapitate ma vedono la promozione di due manager cresciuti in casa, Finmeccanica subisce l’onta di una sorta di commissariamento, attraverso un manager esterno che non ha mai guidato un’azienda quotata in Borsa e così complessa.
Finmeccanica è un’azienda in grave crisi. Uno sciame sismico di scandali grandi e piccoli l’ha scossa profondamente negli ultimi quattro anni, provocando instabilità al vertice (da Pier Francesco Guarguaglini a Orsi, da Orsi a Pansa, e sempre dopo lunghe guerre intestine tra il manager declinante e quello emergente) e un peggioramento netto delle performance industriali.
Sono crollati i margini di profitto e il portafoglio ordini, mentre lo scandalo indiano ha profondamente vulnerato le capacità di penetrazione del gruppo italiano nel difficile mercato degli armamenti.
In un contesto così difficile Moretti, con lo smilzo curriculum di 36 anni di lavoro tutti nella stessa azienda, ha due carte pesanti da giocare.
La prima è l’ombrello protettivo della politica. Voluto in quel posto direttamente da Renzi, ma stimatissimo da sempre anche da Giorgio Napolitano, con il quale ha condiviso in tempi non sospetti la militanza migliorista nel Pci, il manager riminese non paga pegno, come tanti manager pubblici del passato, all’essere nominato “in quota” di qualcuno e perciò a dispetto di qualcun altro. Questo gli garantisce ampia libertà di manovra.
La seconda carta vincente è la fama di persona integerrima, sufficiente a tenerlo al riparo da proposte “indecenti”.
La sua storia di uomo di umili origini, che si è mantenuto agli studi facendo l’istruttore di pattinaggio, potrebbe aiutarlo a conquistare il rispetto dei 75 mila uomini che fanno la Finmeccanica.
Il suo carattere poco accomodante potrebbe però rendere tutto più difficile.
Giorgio Meletti
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Aprile 15th, 2014 Riccardo Fucile
SUO FRATELLO ANTONIO HA PATTEGGIATO 11 MESI, ACCUSATO DI AVER PAGATO UN MANAGER DEL GRUPPO ENI PER AVERE UN APPALTO
Come rinnovamento non c’è male. La nomina di Emma Marcegaglia alla presidenza dell’Eni conferma e rafforza uno dei dogmi della Seconda Repubblica: la regola dei sei anni. Ecco come funziona.
Il 22 febbraio 1996 Paolo Scaroni, allora vicepresidente del gruppo privato Techint, patteggiò al Tribunale di Milano la pena di un anno e quattro mesi di reclusione con la condizionale per chiudere un processo per corruzione nell’ambito del quale era stato arrestato due volte dai pm del pool Mani Pulite.
Sei anni dopo, primavera del 2002, il governo Berlusconi lo nominò amministratore delegato dell’Enel, proprio la società pubblica per i cui appalti Scaroni aveva pagato le mazzette.
La volpe a guardia del pollaio è un’ottima strategia anti-corruzione: il prescelto conosce a fondo i meccanismi da contrastare.
Emma Marcegaglia è competente quasi quanto Scaroni. Quasi perchè non lei ma suo fratello Antonio, amministratore delegato dell’azienda di famiglia, ha patteggiato il 28 marzo 2008 11 mesi con la condizionale per corruzione.
L’accusa era di aver pagato a Lorenzo Marzocchi, manager dell’Enipower, gruppo Eni, una mazzetta da un milione e 158 mila euro per agevolare l’assegnazione di un importante appalto, al quale, parole del reo, l’azienda “teneva molto”.
L’imbarazzante vicenda non ostacolò la marcia trionfale di Emma, comproprietaria del gruppo siderurgico, verso la presidenza della Confindustria.
Al contrario, sono scattati anche per casa Marcegaglia i fatidici sei anni, trascorsi i quali ecco la brillante manager al vertice dell’Eni, l’azienda per i cui appalti la società di famiglia pagava tangenti.
Anche qui, come con Scaroni all’Enel, azionisti dell’Eni e contribuenti possono dormire sonni tranquilli: chi pensasse di corrompere qualche dirigente del gruppo petrolifero troverà sulla sua strada l’intransigente e preparatissima ex presidente di Confindustria.
Nel curriculum di Emma Marcegaglia, 48 anni, quello scattato ieri sera è il primo incarico manageriale significativo.
Nell’azienda di famiglia – che produce tubi d’acciaio – si è sempre occupata in prevalenza delle attività collaterali (turismo con la società Albarella, energie rinnovabili etc.).
La sua attività principale è sempre stata quella confindustriale, dove è stata per quattro anni presidente dei Giovani Industriali e poi, nel 2008, la prima presidente donna. Anche negli anni al vertice di viale dell’Astronomia il suo curriculum è segnato da vicende imbarazzanti, come le inchieste sui conti esteri della sua famiglia.
Nel 2011, in una puntata di Report, la giornalista Giovanna Boursier ha riferito a proposito della Marcegaglia Spa: “Tra il ’94 e il 2004, negli acquisti di materie prime, avrebbe interposto società off-shore, creando fondi neri su 17 conti esteri, intestati a Steno Marcegaglia e ai figli Antonio ed Emma. A maggio la parte che riguarda l’evasione fiscale viene archiviata perchè quei capitali sono stati condonati e scudati”. Infine la vicenda della Maddalena.
All’indomani del terremoto de L’Aquila il governo Berlusconi sposta nel capoluogo abruzzese i lavori del G8 e le strutture appositamente realizzate nell’isola sarda restano inutilizzate.
Il capo della Protezione civile Guido Bertolaso le affitta a Emma per 31 milioni di euro in 40 anni, una cifra talmente esigua da provocare un intervento della Corte dei conti che contesta a Bertolaso e al suo staff un danno erariale di 26 milioni di euro. Insomma, la più grande e strategica azienda pubblica italiana è in mani sicure.
Giorgio Meletti
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Aprile 15th, 2014 Riccardo Fucile
“COMMESSE IN ARRIVO DA ENI: E IL CONFLITTO DI INTERESSI?”
I 166 lavoratori del gruppo Marcegaglia di Milano hanno manifestato contro l’ipotesi di chiusura del loro stabilimento e contro il paventato trasferimento delle linee produttive dal capoluogo lombardo alla provincia di Alessandria.
L’iniziativa era in programma il giorno stesso in cui è stata diffusa la notizia che Emma Marcegaglia, sarebbe divenuta Presidente dell’Eni.
Nell’azienda di famiglia l’ex presidente di Confindustria ha ricoperto invece la carica di consigliere e amministratore delegato e i suoi operai ritengono “inopportuna” la sua nomina ai vertici della società a partecipazione statale che si occupa di energia.
“Qui in Marcegaglia — ricorda Massimilano Murgia, Rsu del polo milanese — ci siamo occupati di pannelli fotovoltaici e altre commesse in arrivo dal mondo Eni. Che conflitti di interesse comporterà tutto questo?”
Fabio Abati
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Aprile 15th, 2014 Riccardo Fucile
PER I GIUDICI DEL TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA IN BERLUSCONI “APPAIONO INDICI DI VOLONTA’ DI RECUPERO” MA RESTA “PERSONA SOCIALMENTE PERICOLOSA”
Ancora “socialmente pericoloso“, ma ci sono elementi che fanno sperare che voglia recuperare. Dovrà rispettare “regole e istituzioni” e non dovrà ulteriormente offendere i magistrati.
Con queste motivazioni e con questi avvertimenti il tribunale di Sorveglianza di Milano ha deciso l’affidamento ai servizi sociali dell’ex presidente del Consiglio.
Silvio Berlusconi ”è ancora persona socialmente pericolosa” ma una serie di elementi, come il pagamento del risarcimento danni e delle spese processuali per il caso Mediaset, “evidenziano la scemata pericolosità sociale” del leader di Fi e “appaiono indici di volontà di recupero”.
Per i magistrati, che hanno deciso che il leader di Forza Italia potrà scontare la sua pena assistendo per 4 ore alla settimana gli anziani in una struttura di Cesano Boscone, ci sono “indici del recupero dei valori morali perseguiti dall’ordinamento”.
È stato lo stesso ex Cavaliere a mettersi a disposizione e a proporre all’Uepe (Ufficio esecuzione penale esterna), un’attività di volontariato e rieducativa: anche se avrebbe voluto fare il motivatore dei disabili.
Il pg Antonio Lamanna aveva dato parere favorevole all’affidamento ai servizi sociali avvertendo che Berlusconi non avrebbe dovuto comunque dovuto diffamare ulteriormente i magistrati.
Le frasi ”offensive” delle toghe, secondo il Tribunale di Sorveglianza “dimostrano spregio nei confronti dell’ordine giudiziario, ivi compreso questo Collegio, e contestate in aula” dal sostituto procuratore generale, “ben potrebbero inficiare quegli indici di resipiscenza”, dimostrati dal leader di Fi dopo la condanna definitiva, “se reiterati”.
Gli atteggiamenti di Berlusconi dovranno mantenersi “nell’ambito delle regole della civile convivenza, del decoro e del rispetto delle istituzioni” scrivono i giudici nelle motivazioni.
Il reato di frode fiscale e reiterato nel tempo dimostra “un’insofferenza del colpevole alle regole dello Stato poste a tutela dell’ordinamento e della civile convivenza”.
I magistrati specificano anche anche che il leader di Fi nel corso dell’affidamento in prova ai servizi sociali dovrà avere “concreti comportamenti” che dovranno “mantenersi nell’ambito delle regole della civile convivenza, del decoro e del rispetto delle istituzioni”.
L’affidamento è una misura alternativa alla detenzione che può “sostenere e aiutare il soggetto a portare a maturazione quel processo di revisione critica e di emenda oggi in fieri”.
I giudici hanno raccomandato all’ex premier di “mantenersi nell’ambito delle regole di civile convivenza, del decoro e del rispetto delle istituzioni e ciò sarà richiesto” a maggior ragione stando la condizione sociale, ed economicamente culturalmente privilegiata a cui il condannato appartiene”.
Secondo i giudici, infatti, “la misura alternativa può svolgere funzione rieducativa e di recupero sociale della persona anche qualora questa sia perfettamente inserita socialmente e laddove anzi il condannato sia stato capace di influenzare l’ambiente in direzione incompatibile con le regole del diritto e dell’ordinato vivere civile”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Aprile 15th, 2014 Riccardo Fucile
E’ IL PAESE DELL’ATTENTATORE TARTAGLIA
Tutto come nelle previsioni. Il tribunale di Sorveglianza di Milano ha concesso al leader di Forza Italia Silvio Berlusconi, 77 anni, la pena alternativa dell’affidamento in prova ai servizi sociali per un anno.
L’ex premier, che deve scontare la condanna per il processo Mediaset, al netto del condono lavorerà almeno una volta alla settimana, per 4 ore consecutive, in un centro per anziani a Cesano Boscone (Milano) della Fondazione Sacra Famiglia.
Le prescrizioni diventeranno esecutive entro la fine del mese: Berlusconi ha dieci giorni di tempo per presentarsi alla sede milanese dell’Ufficio per l’esecuzione penale esterna (Uepe) per firmare il provvedimento del Tribunale.
Il centro si occupa di persone con gravi disabilità e anziani non autosufficienti.
«Silvio Berlusconi svolgerà l’attività socialmente utile di volontariato con impegno di una volta a settimana e per un tempo non inferiore a 4 ore consecutive, secondo le modalità che verranno concordate con l’Uepe» si legge nella nota diffusa dal presidente del tribunale di sorveglianza di Milano Pasquale Nobile De Santis.
L’ex premier sconterà così la pena residua di un anno (che potrebbero diventare dieci mesi e mezzo, se dopo sei mesi, Berlusconi otterrà lo sconto di pena previsto di 45 giorni) per la condanna definitiva a quattro anni di reclusione (di cui tre coperti da indulto) per frode fiscale, nel processo sulle irregolarità nella compravendita dei diritti tv da parte del gruppo Mediaset.
Evitati così i domiciliari, il leader di Forza Italia si potrà concentrare sulla prossima campagna elettorale per le Europee.
Berlusconi tuttavia «non potrà (salvo specifiche autorizzazioni) lasciare la Lombardia ma è autorizzato, come da sua richiesta, a recarsi in Roma presso il domicilio da lui indicato, dal martedì al giovedì, con rientro al suo domicilio in Lombardia, entro le ore 23 del giovedì stesso».Berlusconi quindi, per un anno, non potrà farsi trovare fuori di casa dopo le 23 e prima delle 6 del mattino.
L’ex capo del Governo a questo punto dopo avere firmato il verbale con le prescrizioni stabilite dai giudici avrà colloqui, si presume con scadenza mensile, con il responsabile dell’ufficio esecuzione penale di Milano. All’esito della prova il tribunale di sorveglianza valuterà l’estinzione della pena.
Soddisfazione per la sentenza è stata espressa da parte dei legali dell’ex premier, Franco Coppi e Niccolò Ghedini: «La decisione del Tribunale di Sorveglianza di Milano appare equilibrata e soddisfacente anche in relazione alle esigenze dell’attività politica del Presidente Berlusconi».
Vincenzo D’Avanzo, sindaco di Cesano Boscone, dopo aver espresso il suo «stupore» per la «grandezza del personaggio e per il ruolo che ha avuto, si dice «contento dal lato umano», perchè Berlusconi «troverà un ambiente accogliente. La Fondazione è una nostra eccellenza».
Cesano Boscone ha una particolarità : è il paese di origine di Massimo Tartaglia, l’uomo che il 13 dicembre del 2009 colpì con una statuetta del Duomo di Milano proprio l’allora premier Berlusconi dopo una manifestazione.
Tartaglia fu poi assolto perchè totalmente incapace di intendere e volere al momento del fatto, quindi non imputabile.
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Aprile 15th, 2014 Riccardo Fucile
PERQUISITI GLI UFFICI DEL SEGRETARIO GENERALE DEL SINDACATO: L’ACCUSA E’ ASSOCIAZIONE A DELINQUERE FINALIZZATA ALL’APPROPRIAZIONE INDEBITA AGGRAVATA
Quasi mezzo milione di euro sottratti alle casse dell’Ugl e finiti su conti correnti intestati al segretario generale del sindacato o alla moglie Patrizia Lepore.
Entrambi sono indagati dalla procura di Roma per associazione a delinquere finalizzata all’appropriazione indebita aggravata.
La Guardia di finanza ha perquisito questa mattina la sede nazionale dell’Ugl in via Margutta nella capitale, l’abitazione di Centrella e quella della coordinatrice Laura De Rosa.
“Siamo a disposizione della magistratura ma è tutto assolutamente tracciabile. Non abbiamo nulla da nascondere – ha scritto su Twitter il leader del sindacato – Mi recherò immediatamente dai magistrati per dimostrare che tutto è perfettamente in regola. Non ho nessun tipo di preoccupazione”.
L’inchiesta del procuratore aggiunto Nello Rossi e del pm Stefano Pesci sulla gestione illecita di fondi privati (l’Ugl, come gli altri sindacati, è un’associazione non riconosciuta che non ha obblighi di bilancio ma ‘deve’ comunque utilizzare al meglio i soldi degli iscritti) nasce da una segnalazione di operazione sospetta da parte di un istituto di credito all’Uif di Bankitalia.
All’attenzione degli inquirenti ci sono spese anomale che sembrano non trovare valida giustificazione.
Le operazioni sospette partono dal 2012 anche se la condotta illecita attribuita agli indagati inizia dal 2010, l’anno in cui Centrella venne nominato segretario generale Ugl, dopo le dimissioni di Renata Polverini, candidata (vincente) alla presidenza della Regione Lazio.
(da “Repubblica”)
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