Aprile 8th, 2014 Riccardo Fucile
DOVEVANO ESSERE 6,7 MILIARDI STRUTTURALI, MA GLI 1,2 DELL’IVA SONO UNA TANTUM… TASSARE DI 1 MILIARDO LE BANCHE E’ RIDICOLO: AUMENTERANNO I COSTI PER I CORRENTISTI, RIDURRANNO IL CREDITO ALLE IMPRESE E LICENZIERANNO … E I TAGLI PER 4,5 MILIARDI AI PRESUNTI SPRECHI FINIRANNO PER LO PIU’ PER GRAVARE SULLO STATO SOCIALE, RIDUCENDO I SERVIZI SANITARI E IL PERSONALE
“Anche nel mondo della Pubblica amministrazione bisogna iniziare a stringere la cinghia. E’ in corso una rivoluzione sistematica in Italia, qui non si tratta di riformare un ente”. Lo ha detto il capocomico Matteo Renzi, nella conferenza stampa di presentazione del Documento di economia e finanza (Def) varato questa sera dal Consiglio dei ministri.
Peccato che nella fretta si sia dimenticato di tagliare i suoi contributi previdenziali da quando fu inquadrato come dirigente dalla azienda di famiglia poco prima di diventare presidente della provincia di Firenze e gia costati 300.000 euro alla collettività .
Renzi ha annunciato che il taglio dell’Irpef per quest’anno sarà di 6,7 miliardi di euro: il risultato sarà un bonus medio di 80 euro al mese ai lavoratori dipendenti e assimilati che guadagnano meno di 25mila euro lordi all’anno.
E qui sta l’altra buffonata demagogica: se vi sono 4 milioni di italiani sotto la soglia di povertà e 7 milioni di pensionati sotto i 1000 euro mensili, era a loro che andavano dati gli 80 euro, non a chi ne guadagna 1.400.
Questa è giustizia sociale, caro ballista.
Passiamo alle coperture: 1,2 miliardi arriveranno dall’Iva incassata pagando i debiti della P.A., entrata scontata ma non strutturale come promesso da Renzi e richiesto dall’Europa.
Ovvero è un’entrata una tantum, l’anno prossimo ci si attacca al tram.
Un miliardo demagogico arriverà dall’aumento della tassazione sulle plusvalenze delle quote della Banca d’Italia. Un ritocco retroattivo, questo, che ha subito suscitato le proteste dell’Abi: ”Ingiusta e illogica” il direttore generale Giovanni Sabatini nel pomeriggio, quando si sono diffuse le prime indiscrezioni.
Perchè demagogica? Perchè è evidente che le banche aumenteranno il costo dei servizi alla clientela, taglieranno il credito alle imprese e un po’ di dipendenti.
Poi ci saranno 4,5 miliardi di “revisione della spesa”, attraverso un mix di interventi che vanno dall’abbattimento delle uscite per beni e servizi (comprese quelle della sanità ) all’annunciato giro di vite sugli stipendi dei dirigenti pubblici.
Quanto ai proventi teorici derivanti dalle privatizzazioni, 12 miliardi previsti solo per quest’anno, il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha detto saranno utilizzati per ridurre il debito pubblico.
Le stime sui conti pubblici — Il Def, che mette nero su bianco gli obiettivi di politica economica e di finanza pubblica da raggiungere nei prossimi tre anni, prende le mosse da una serie di previsioni sull’andamento delle variabili macroeconomiche.
Stime dettate da “estrema prudenza e aderenza alla realtà ”, che “spero saranno smentite in positivo”, ha detto Renzi. In particolare, la crescita del pil prevista per quest’anno è dello 0,8%.
Peccato che proprio oggi, però, il Fondo monetario internazionale ha fatto sapere di prevedere per il pil italiano solo un flebile +0,6% (quanto la Grecia).
I possibili appunti di Bruxelles
Il rinvio al 18 aprile del taglio dell’Irpef è dovuto al fatto che, come è noto, il Def non è una legge. Gli interventi che elenca, per diventare operativi, devono essere recepiti da successivi decreti.
Non solo: il documento dovrà passare al vaglio di Bruxelles, dove verrà inviato entro fine mese. La Ue, come previsto dalle regole del Patto di stabilità e crescita, il 2 giugno renderà note le proprie “pagelle” e le eventuali raccomandazioni aggiuntive per gli Stati membri giudicati troppo lassisti nel programmare il calendario dei “compiti a casa”.
Un passaggio fondamentale, è evidente, per il rapporto tra il governo Renzi e le istituzioni europee.
Ma l’indicazione, come fonte di copertura per il taglio delle tasse, del maggior gettito Iva, potrebbe creare qualche problema: si tratta di un’entrata una tantum e non strutturale, come invece il governo aveva promesso alla vigilia. E le coperture una tantum, di solito, fanno storcere il naso ai burocrati europei.
Le privatizzazioni
La privatizzazione di Poste ed Enav è “in fase avanzata” e il Governo si impegna ad andare avanti “su questa strada”, che stima possa valere 12 miliardi solo per quest’anno.
Secondo le indiscrezioni circolate finora il governo dovrebbe mettere sul mercato il 40% di Poste Italiane (valutato nei mesi scorsi tra i 4 e i 5 miliardi) e il 49% dell’Enav, la società a cui lo Stato ha affidato la gestione e il controllo del traffico aereo civile in Italia, un’operazione che potrebbe valere un altro miliardo di euro. Padoan non ha voluto fornire ulteriori dettagli sui possibili target da dismettere ma di ipotesi sul tavolo ce ne potrebbero essere diverse.
Si va dalla controllata di Ferrovie dello Stato, Grandi Stazioni, alle quote in Eni e Stm, senza dimenticare realtà come Sace, Fincantieri e Cdp Reti.
Insomma ci svendiamo il patrimonio.
A criticare il piano targato Renzi è stato immediatamente il compagno di partito, Stefano Fassina che ha definito “grave e autolesionistica la parte sulle privatizzazioni”.
Il risultato, ha detto, “anche questa volta sarà lo stesso raggiunto dai governi precedenti: meno Pil, meno occupati e più debito pubblico”.
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Aprile 8th, 2014 Riccardo Fucile
TUTTE LE RIFORME VALGONO SOLO UN + 0,3% DI CRESCITA
L’impatto delle riforme annunciate dal presidente del Consiglio Matteo Renzi per quest’anno sarà relativamente modesto, e spingeranno la crescita di 0,3 punti percentuali. Poco di più, lo 0,9%, nel 2014.
È quanto emerge dalle anticipazioni diffuse da Radiocor del Documento di Economia e Finanza che verrà presentato oggi in tarda serata.
“Il quadro che emerge – si legge nel testo – suggerisce come l’effetto espansivo delle riforme si manifesti debolmente nel corso del 2014 per poi risultare via via più pronunciato negli anni successivi”.
Complessivamente, riduzione del cuneo, pagamento dei debiti Pa, taglio Irap, liberalizzazioni e Jobs Act dovrebbe spingere il Pil di 1,3 punti nel 2016, di 1,7 punti nel 2017 e 2,1 nel 2018.
80 euro, nessun effetto sulla crescita fino al 2017.
Ma a colpire è soprattutto l’impatto della misura più attesa, il taglio del cuneo fiscale, che secondo il documento avrebbe persino un effetto negativo sulla crescita, per effetto dei tagli necessari per coprire il provvedimento.
Gli 80 euro in busta paga avrebbero un effetto pressochè neutro nel biennio 2015-2016 per poi sortire i primi effetti sensibili a partire dal 2017.
Pareggio di bilancio strutturale rinviato.
Confermate le aspettative della vigilia su previsioni di crescita e rapporto deficit/pIl. Il primo è stato rivisto al ribasso allo 0,8%, il secondo al rialzo al 2,6% in linea con le stime della Commissione Europea.
Il Documento suggerisce però uno slittamento del pareggio di bilancio strutturale dal 2015, come invece previsto dal testo dello scorso anno, al 2016.
Debito elevato per pagamenti alla Pa e Fondo salva stati.
Quanto all’andamento del debito pubblico, le cui previsioni sono peggiori rispetto allo scorso anno, il Piano nazionale delle riforme che accompagna il Def, il Tesoro spiega che “ha pesato sulla valutazione degli squilibri macroeconomici del paese nell’analisi approfondita della commissione europea” ma il dato elevato “dipende anche dal contributo attivo al Fondo europeo salva-stati, dal pagamento accelerato dei debiti della pa (che ha contribuito a un incremento del debito di circa 5 punti di Pil nel 2013 e di 6 punti di Pil nel 2014) e da fattori non pienamente conseguenti alle politiche del governo, come la forte contrazione della crescita reale degli ultimi due anni”.
(da “Huffingtonpost“)
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Aprile 8th, 2014 Riccardo Fucile
PARLA CATY SCERRI, LA DONNA CHE HA FATTO FERMARE DANIELE BOSIO NELLE FILIPPINE
Ci sono pochissimi margini per la difesa di Daniele Bosio, l’ambasciatore italiano in Turkmenistan che è stato arresto sabato a Manila con l’accusa di pedofilia.
La ricostruzione dei fatti ormai riduce sempre più le speranze di un equivoco, di un errore.
Alla Farnesina non è rimasto che prendere atto del caso: il diplomatico è stato sospeso dal servizio e quindi dalla rappresentanza dell’Italia in Turkmenistan
Tutto inizia con l’osservazione attenta di due attiviste anti-pedofilia, sostenitrici di una Ong che si occupa di proteggere i bimbi che nelle Filippine e in Asia sono vittime delle attenzioni sessuali soprattutto di turisti europei.
«Noi non abbiamo avuto nessun dubbio, dal primo momento, appena abbiamo visto quest’uomo europeo con tre bambini », dice al telefono l’australiana Caty Scerri, una delle due attiviste della “Bahay Tuluyan Foundation” che ha avvertito la polizia.
«Lo abbiamo visto nel resort e ci siamo subito insospettite perchè un uomo straniero con tre bambini filippini, che chiaramente non avevano nessun rapporto con lui, era un segnale di allarme per possibile pedofilia».
Assieme alla sua collega Lily Flordelis, la Scerri era nello Splash Island Resort di Binyan, 40 km a sud di Manila, dove Bosio, 46 anni, girava in compagnia di tre bambini di 9, 10 e 12 anni
«Abbiamo provato a parlare, prima con i bambini e poi con lui stesso, e poco alla volta è venuta una versione dei fatti che ci ha imposto di chiedere alla polizia di intervenire. Tutto inizia con l’italiano che offre delle piccole somme di danaro ai bambini per ingraziarseli ».
La Scerri continua dicendo che sono stati i bambini trovati con Bosio a raccontare a lei e alla Flordelis di «essere stati portati nel suo appartamento nel resort, dove aveva fatto la doccia insieme a loro, e li ha lavati e massaggiati, nudi »
Le due attiviste dicono di aver avvertito la direzione del resort, che però all’inizio non ha voluto chiamare la polizia.
«Poi un paio d’ore più tardi abbiamo visto di nuovo il gruppo, e allora sono riuscita a portare da parte uno dei bimbi. «Che rapporto hai con quest’uomo », gli ho chiesto.
E il bambino mi ha risposto, “è il mio daddy”. Poi il bambino è corso via».
Ma la stessa domanda la Scerri l’ha fatta anche a un altro dei bambini che si trovavano con Bosio. Che rapporto hai con questo signore? «Nessun rapporto», la risposta
A quel punto la Scerri decide di parlare direttamente al diplomatico italiano.
«Che rapporto ha con questi bambini? », gli chiede. «Sono dei bambini di strada di Manila», avrebbe risposto Bosio. «I loro genitori sanno che sono qui?», chiede ancora l’australiana. «No, ci stiamo solo divertendo», risponde Bosio.
La Scerri incalza, «Lo sa che è contro la legge?». «No, non lo sapevo», risponde ancora Bosio. «Farebbe lo stesso con dei bambini in Italia?». «No, naturalmente no», replica il diplomatico.
La versione delle due donne è stata rilanciata ieri ai media filippini dal ministro della Giustizia, Leyla de Lima, al quale la polizia ha confermato la sostanza della versione delle due attiviste di Bahay Tuluyan.
Il rapporto della polizia aggiunge che i bambini sarebbero stati avvicinati in un quartiere povero di Manila.
Lì l’ambasciatore avrebbe offerto soldi, cibo, vestiti e la promessa di un bagno in piscina. Sarebbero state trovate anche foto compromettenti sul cellulare.
Il fratello del diplomatico, Andrea, oggi sarà alla Farnesina per parlare con l’Unità di crisi e capire che tipo di assistenza potrà essere offerta.
Il problema è che ormai pochi sono disposti a testimoniare in suo favore.
Vincenzo Nigro
(da “la Repubblica”)
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Aprile 8th, 2014 Riccardo Fucile
NIENTE NOMI DI CHI PAGAVA LE RAGAZZINE IN CAMBIO DI SESSO…LA PROCURA DI ROMA SMENTISCE I PATTEGGIAMENTI
L’unica cosa certa, nella vicenda delle baby squillo ai Parioli, è che sta per calare definitivamente il sipario sullo scandalo che ha messo a soqquadro famiglie e salotti.
Nell’arco di due o tre giorni il procuratore aggiunto Maria Monteleone e il pm Cristina Macchiusi comunicheranno al gip la chiusura indagine per gli otto indagati coinvolti nel primo filone dell’inchiesta sullo sfruttamento di otto ragazze.
Tra loro le ormai famose Azzurra e Serena (nomi di fantasia), uniche minorenni del giro gestito dal pusher Mirko Ieni e dal socio Nunzio Pizzacalla.
Due sfruttatori, due clienti, un sedicente investigatore privato, un commercialista dedito alla diffusione di filmati pedopornografici, la madre di una delle ragazzine andranno a processo e, per quel che ne sappiamo, il cerchio si chiude qui.
I clienti sono un discorso a sè, a che serve bruciare dignità e carriere, distruggere la quiete di famiglie?
“A noi interessa soltanto accertare e perseguire il reato”, afferma un investigatore che ha subìto quest’inchiesta come un dramma personale.
Così, a parte lo sfortunato Mauro Floriani, il primo a essere bruciato nel falò mediatico in quanto marito di Alessandra Mussolini, e di pochi altri la cui posizione è tutta da vagliare, mettiamoci pure il cuore in pace: nessuno forse conoscerà il nome dei 52 clienti sorpresi nello scantinato dei Parioli.
Nessuno chiederà loro, in un’aula di tribunale: “Quante volte, dottore?”.
Proteggere l’anonimato dei clienti, accomunati da comune reato di prostituzione minorile, che poi vuol dire aver fatto sesso a pagamento con minori dai 14 ai 16 anni (al di sotto di questa fascia scatta l’accusa di violenza sessuale), è considerato al primo piano della Procura di Roma una scelta di civiltà .
Scelta che certamente farà discutere perchè a uscire marchiate per sempre da questa turpe storia ci sono comunque Azzurra e Serena.
Molti ai Parioli sanno chi sono, dove abitavano e che scuola frequentavano le due ragazzine. Con loro nessuno sconto di pena; intercettazioni e interrogatori integralmente pubblicati, sappiamo tutto di loro, anche i tatuaggi più segreti.
Quanto al resto tutti i particolari in cronaca. Due pesi e due misure?
Certamente non si poteva andare avanti in questo modo, dicono in procura, con pagine intere di giornali (quotidiani nazionali e non riviste pornografiche) alle prese con dettagli scabrosi su prestazioni sessuali e relativi costi.
Il tutto accompagnato da foto ammiccanti di ragazze desnude, e quel che peggio da ipocriti commenti moralistici.
E se qualcuno poi si suicidava, e chi si faceva carico di proteggere dal trauma i figli adolescenti? Niente liste di proscrizione dunque.
Anzi per proteggere l’anonimato si è escogitato un sistema macchinoso ma intelligente, reso possibile dal fatto che nessuno dei 52 clienti è stato arrestato
E questa in definitiva è stata la prima scelta.
Per ciascuno di loro, Floriani compreso, sono stati confezionati singoli procedimenti giudiziari, piccole scatole chiuse da un fiocchetto all’interno delle quali troviamo intercettazioni e interrogatori, noti soltanto ai medesimi e ai rispettivi avvocati, che mai in tal modo saranno a conoscenza della posizione dei coimputati.
Ognuno risponde per sè e dio per tutti, per ognuno a seconda delle responsabilità sarà scelta la via da seguire: patteggiamento, rito abbreviato, processo immediato.
Tutto si svolgerà in modo riservato in una fase pregiudiziale, secondo quanto il codice prevede. Inutile dire che la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato quello dell’ingegner Andrea Cividini, alto dirigente di Bankitalia, responsabile informatico di Palazzo Koch, il cui nome è finito sui giornali per una telefonata partita dal suo telefono aziendale accessibile a molte persone.
Dopo aver rischiato il licenziamento Cividini è riuscito fortunatamente, a dimostrare la sua estraneità al circuito di Bacheca incontri.
“Casi del genere non si ripeteranno”, è la linea della procura che smentisce l’avvio di patteggiamenti con un quinto degli imputati. Solo contatti informali con avvocati.
Destituita di fondamento è anche la notizia che possano bastare 40 mila euro per ottenere sanatorie. Notizia che ha fatto saltare su una sedia Sandra Zampa deputata Pd e vicepresidente della commissione Infanzia: “Nessuno sconto di pena per chi sfrutta la prostituzione minorile”, ha tuonato. Ma un cliente non sfrutta, semmai usufruisce, è soltanto un utilizzatore finale, ben lo sappiamo.
Speriamo che nessuno di loro, forte dell’anonimato, decida di riprovarci.
Rita Di Giovacchino
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Aprile 8th, 2014 Riccardo Fucile
PRESENTATA DALL’EX SOTTOSEGRETARIO GIORGETTI UNA RICHIESTA FORMALE DI ACCERTAMENTI SULLE INFILTRAZIONI MAFIOSE AL COMUNE DI VERONA
Dopo la puntata di Report di ieri sera, è stata presentata al prefetto di Verona una richiesta formale di accertamenti sulle infiltrazioni mafiose nel Comune di Verona.
A chiederla è stato un parlamentare veronese di centrodestra, Alberto Giorgetti. Qualora l’indagine dovesse accertare le infiltrazioni, il Comune di Verona potrebbe essere sciolto per mafia.
“Se le cose dette da Report sono vere — ha dichiarato Giorgetti — ci sarebbe un collegamento diretto tra la ‘ndrangheta e assessori o eletti appartenenti alla maggioranza di Flavio Tosi per cui ,secondo l’attuale normativa antimafia, sussisterebbero automaticamente i presupposti per lo scioglimento”.
Nel corso dell’inchiesta di Report è emerso il ruolo di alcune famiglie di costruttori calabresi trapiantanti a Verona e molto vicini a esponenti di primo piano dell’amministrazione Tosi.
In particolare il collaboratore di giustizia Luigi Bonaventura ha per la prima volta rivelato di aver partecipato alcuni anni fa a un summit in cui erano presenti boss della ndrangheta calabrese e rappresentanti di una famiglia di costruttori veronesi.
Sigfrido Ranucci
(da “il Corriere della Sera“)
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Aprile 8th, 2014 Riccardo Fucile
“POSSIBILE UNA MAGGIORANZA ALTERNATIVA CON LA MINORANZA PD”… MINEO CONFERMA LA SPACCATURA: “NON RITIREREMO IL DDL CHITI”… E RENZI RISCHIA IL NAUFRAGIO
I Cinque Stelle aprono al “lodo Mineo”: la possibilità di raggiungere una maggioranza alternativa sulle riforme partendo dal testo del ddl Chiti, sottoscritto da 22 senatori dem già definiti “dissidenti”.
Il punto più dirompente del testo Chiti, rispetto alla riforma del Senato indicata dal premier Matteo Renzi, che non prevede l’elezione dei membri della nuova camera alta, consiste in 106 senatori da eleggere in collegi regionali.
Di fatto, si apre la questione politica interna al Pd.
“Il ddl Chiti presentato al Senato – dice il capogruppo Vincenzo Santangelo – è praticamente la fotocopia del nostro, ad eccezione di una questione che riguarda il taglio delle indennità . Ma su tutto il resto, anche per quanto riguarda l’eleggibilità , se ne può ragionare. Non possiamo non essere d’accordo visto che ricalca la nostra proposta”.
A proposito della possibilità di una convergenza di voti del Movimento 5 stelle sul testo presentato da Vannino Chiti e un’altra ventina di senatori Pd, annunciata dallo stesso Mineo, il presidente dei Cinque Stelle al Senato spiega: “Ci stiamo ragionando, ma sì, credo proprio di sì”.
Nel Pd, intanto, è piena turbolenza.
Durante la riunione dei senatori democratici, il presidente Luigi Zanda ammette interventi sul testo della riforma del Senato ma solo entro i paletti fissati da Renzi: non eleggibilità dei senatori, nessuna indennità , no al voto di bilancio e sulla fiducia.
Con il primo punto che esclude di fatto l’ammissibilità del testo Chiti.
(da “La Repubblica“)
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Aprile 8th, 2014 Riccardo Fucile
IN ONDA TESTIMONIANZE SU APPALTI E FAVORI, SOTTO ACCUSA IL SISTEMA DEL SINDACO
Roba da notte dei Mondiali. Con tanto di visione organizzata. Inviti pre e post prandiali. Schermi centa-pollici lustrati. Gruppi organizzati. Tamtam sui social network. Pizzerie al taglio con le bande svuotate.
Roba da far venire la colina alla bocca degli ascolti, neanche si parlasse dello sbarco sulla luna.
E alle 21,05 una sintonizzazione all’unisono. Una trasmissione e una città lunedì sera, Verona. E mica solo la città . E la provincia… E oltre…
All’ora dell’imbrunire si sono armonizzati su un unico programma i televisori scaligeri.
Quel «Report» di cui ormai da qualche mese a Verona si sente parlare come dell’aumento della benzina. Ogni tre per due.
«Doveva essere un pezzo breve, partito come accade da una segnalazione che segnala appunto appalti anomali e l’ombra di un ricatto – dice la Gabanelli -. Il nostro Sigfrido Ranucci comincia il suo lavoro d’indagine, ma siccome l’ambito non è esattamente quello della foca monaca, ma un terreno un po’ più scivoloso, a metà strada succede questo».
E il servizio parte con l’annuncio di Tosi sulla querela «preventiva» contro Ranucci, «reo» tra l’altro – secondo il sindaco – di aver offerto denaro in cambio di un fantomatico video hard con lui come protagonista.
Peccato che le immagini mandate in onda da Ranucci dimostrino come siano stati quelli che poi si sono rivelati i «sodali» di Tosi, nel trappolone tirato a Report, a chiedere del denaro.
In particolare quel Sergio Borsato che prima gli ventila il video e poi spiega che il depositario «dobbiamo pagarlo… ».
Il depositario del video che poi sarà quello che filmerà Ranucci per consegnare il tutto a Tosi.
Massimo Giacobbo, «un faccendiere – racconta un imprenditore intervistato da Ranucci – che faceva parte di un’organizzazione attraverso la quale venivano gestiti tutti gli appalti pubblici. E lui ha sempre vantato dei grandi appoggi politici… con la Lega Nord e in particolare ha sempre fatto anche il nome di Tosi».
Quel video un anonimo ex dirigente provinciale del Carroccio dice di averlo visto. «C’è sempre ‘sta situazione. Tosi vestito da donna, truccato in maniera incredibile, sempre da donna…».
Come dice la Gabanelli «delle preferenze sessuali non ce ne frega niente».
«Ma – aggiunge – il punto era capire se questo video compromettente, presunto oggetto di ricatto per un amministratore pubblico, esiste o no e chi lo utilizza…».
Il dubbio Report non lo ha dissolto. E del video non c’è neanche un fotogramma.
Così si passa ad altro argomento. Gli eventuali rapporti tra Tosi e alcuni calabresi, indagati e invischiati in indagini sulla ‘ndrangheta e la malavita organizzata.
A partire da quelle cene a Crotone, con Tosi a fianco di Stanislao Zurlo, presidente della locale Provincia per il quale – spiega Ranucci – è stato chiesto il rinvio a giudizio per concorso esterno in associazione mafiosa.
«E’ stato tirato in ballo per accordi elettorali con una delle più potenti cosche calabresi, quella dei Vrenna », continua il giornalista di Report su quella cena organizzata da Katia Forte, consigliera comunale della Lista Tosi.
E a capo di quella tavolata chi c’è? Quel Raffaele Vrenna, presidente del Crotone calcio che era stato condannato in primo grado per concorso esterni alla mafia e poi assolto.
Con il capo della divisione distrettuale antimafia Antonio Lombardo che lo ha definito «un imprenditore border-line».
Dopo la trasmissione, Katia Forte specifica: «La cena di Crotone è stata pagata da me e mio padre, non da un imprenditore border- line».
E Ranucci spiega che di quel Raffaele Vrenna hanno parlato tre collaboratori di giustizia. Uno è Luigi Bonaventura che indica tra i boss «orbitanti al Nord» e in particolare a Verona un componente della famiglia Giardino.
«Numerosa famiglia di costruttori di origini crotonesi – spiega Ranucci – alcuni dei quali con reati alle spalle come riciclaggio, rapina, detenzione di stupefacenti, truffa e ricettazione.
A fianco di Antonio Giardino c’è Francesco Sinopoli. Quel Sinopoli candidato ed eletto nella Lista Tosi.
I Giardino, secondo il racconto di un imprenditore, sono stati presenti nelle cene organizzate per la campagna elettorale di Tosi e del suo assessore di origine calabrese, Marco Giorlo».
Parte l’intervista a un uomo che racconta che a quelle cene si parlava di appalti «con il sindaco Tosi» e al quesito se c’erano anche altri politici dice «c’era Casali, (l’attuale vicensindaco Stefano Casali, ndr) e Marco Giorlo».
Ma Casali precisa che lui in Calabria non c’è mai stato. Nel servizio parte la sequela su quello che è ormai l’ex assessore allo Sport, trombato da Tosi proprio per le sue dichiarazioni «sventate» a Report.
E anche per Giorlo c’è la parentesi a luci rosse con intervista a una donna romena che lo accusa di averle chiesto una prestazione sessuale in cambio di un lavoro e di aver ricevuto, per non denunciare, 5mila euro che – stando a quanto dice Ranucci– arriverebbero da uno dei calabresi presenti alle famose cene pre elettorali.
Si parla poi del caso dei quadri di Barbara Pinna, esposti alla Gran Guardia.
La Pinna moglie del comandante della Guardia di Finanza, Bruno Biagi. Su quell’evento è stato presentato un esposto alla Corte dei Conti.
Poi è la volta degli incarichi alla sorella di Tosi. Quella Barbara assurta da amministratrice condominiale a consigliere di due Casse di Rispammio.
E poi si arriva al nodo Agec.
Intervista a Michele Croce, ex presidente dell’azienda. Di cui non vengono ricordate, però, le spese esorbitanti per l’ufficio, mentre gli viene riconosciuto il merito di «aver fatto interessare la procura e si scopre che i dirigenti dell’Agec avrebbero pilotato l’appalto per le mense scolastiche».
Vicenda ormai nota ai veronesi. «Certamente rifarei le denunce al sistema che per primo ho fatto – ha commentato Croce dopo aver visto il servizio -ma la sensazione oggi è che si sia toccato il fondo. L’abisso, se pensiamo a certi rapporti con appartenenti ad associazioni malavitose».
E Bertucco? «Per i veronesi – dice – il sistema di potere messo in piedi dal sindaco è cosa risaputa. Il problema sta nel fatto che Tosi non ha mai voluto chiarire certi aspetti. E mi chiedo come un uomo della sua esperienza abbia potuto fidarsi di gente come Borsato e Giacobbo».
Due tosiani che preferiscono rimanere anonimi commentanto: «Temevamo peggio».
E Ranucci torna a testa bassa sui crotonesi e altri appalti. Come quello da 3 milioni preso da Roberto Forte, fratello di Katia. E poi sulla graticola ci finisce il tabaccaio ormai più conosciuto di Verona. Quel Maurizio Filippi la cui somma di cariche impressiona anche Ranucci.
A parlare con il giornalista di Report dei legami tra Tosi e Filippi è anche Patrizia Badii, in questi giorni al carcere di Montorio con gli altri indipendentisti veneti accusati di terrorismo. E anche qui viene fuori il discorso del sesso. «Lui (Filippi, ndr) ha una foto, quella l’ho vista, in un night dove gh’è Filippi. Tosi, Culè, Paternoster… E gh’è un trans…». E ti pareva.
«Ora – chiude la Gabanelli – se alla base di decisioni non proprio trasparenti e spiegabili c’è il mistero di video o foto hard, noi non lo sappiamo. Sappiamo che qualche interrogativo la sua amministrazione lo pone. Tosi ha preferito la strada delle querele preventive…».
«Sono delle merde», il commento del sindaco in serata.
(da “il Corriere del Veneto”)
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Aprile 8th, 2014 Riccardo Fucile
SI APRE UN NUOVO SCENARIO PER IL LEADER DI FORZA ITALIA
A pochi giorni dal no dell’Europa a Berlusconi, si apre un nuovo scenario per il leader di Forza Italia.
«Silvio, se vinco, vuoi fare il primo ministro?»: sembra essere questa la proposta formalizzata su carta e indirizzata a Berlusconi da parte di Dan Diaconescu, candidato alle prossime presidenziali in Romania.
Imprenditore televisivo e fondatore del Partito del Popolo (Ppdd), Diaconescu è stato in Italia alla ricerca dei voti dei tre milioni di cittadini romeni che vivono qui.
Lo abbiamo incontrato, ci ha raccontato il governo che sogna per il suo Paese e come è nata l’idea di scrivere a Berlusconi.
Così, mentre l’Italia assiste ai favolosi proclami di Renzi, che ha su di sè la grande responsabilità di non poter fallire in nessun modo, l’appeal di Berlusconi resta invariato.
Oltre alla raccolta firme per opporsi alla decisione dell’Europa di escluderlo dalle elezioni di maggio, ora ci si mette anche Diaconescu, che sogna di averlo con sè come premier alla guida di un altro Paese.
Praticamente un nemico indistruttibile per i detrattori storici della sinistra conservatrice e per i novelli grillini, forse una fenice pronta a risorgere dalle proprie ceneri alla volta di un destino che lo porterà al di là dei confini nazionali?
Nella lettera, che risale a diversi mesi fa, Dan offriva a Silvio anche la possibilità di essere il numero uno dei candidati nella lista della Romania alle Europee.
Parlando, abbiamo scoperto il motivo di tanta stima.
Quando si terranno le elezioni in Romania? Cosa dicono i sondaggi? Si sente ottimista?
«Le elezioni saranno a novembre e io sono il potenziale candidato al ballottaggio».
Qual è la sua idea di governo?
«Speriamo di governare per rinnovare, alle precedenti politiche il mio partito ha ottenuto il 15% dei consensi e il partito vincitore ha oscurato le mie televisioni. C’è una vera dittatura della comunicazione. La mia idea di governo è già nel nome del partito: partito del popolo. Vorrei che i romeni non fossero costretti ad andare all’estero, vorrei che restassero in patria e vorrei creare le condizioni perchè questo si verifichi».
Qual è il significato della sua presenza in Italia?
«Un milione di romeni regolari e circa due milioni di irregolari: i romeni che vivono qui possono cambiare il destino delle elezioni».
Perchè ha scritto a Berlusconi?
«Alle politiche, se vinco, potrei indicarlo come primo ministro. Da noi il primo ministro è espresso dal Presidente e può essere straniero. I sondaggi dicono che l’80% dei romeni sarebbe favorevole a Berlusconi, la gente dice che ha fatto tanto per i romeni in Italia. Se tutto andasse in questa direzione, si verificherebbe un fatto senza precedenti: Berlusconi diventerebbe il primo premier di due Paesi dell’Unione Europea».
Cosa ha risposto Berlusconi?
«Ancora niente».
Poi Diaconescu sorride, sembra voler far intendere che, in realtà , una prima risposta dell’ex premier italiano ci sarebbe già stata.
Vuole aggiungere qualcosa?
Diaconescu distoglie lo sguardo sorridendo da un’altra parte, aggiungendo solo un «no, va bene così».
Iunia Valeria Saggese
(da “il Tempo“)
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Aprile 8th, 2014 Riccardo Fucile
OGGI IL CONSIGLIO DEI MINISTRI APPROVA I CONTI PER LA MANOVRA ELETTORALE ….I SOLDI ARRIVERANNO, MA CON TAGLI PESANTI O ENTRATE FISCALI UNA TANTUM
Conviene mettere in fila alcuni fatti prima che la cortina fumogena di tagli ai manager e alla politica, lotta gli sprechi e quant’altro vorrà comunicare all’Italia Matteo Renzi impedisca di capire cosa accadrà oggi, quando il governo avrà approvato il Documento di economia e finanza (Def) e relativo Piano nazionale di riforme (Pnr).
Riassunto in tre punti: le coperture per tagliare l’Irpef di 80 euro sui redditi più bassi da maggio almeno per il 2014 non sono affatto strutturali (cioè non ci sono tutti i risparmi di spesa necessari); la riduzione del 10 per cento dell’Irap per le imprese grazie all’aumento della tassazione sulle rendite non è del tutto finanziata; il premier e il suo governo chiedono gentilmente alla Ue — che da quest’anno, grazie al Two Pack, pesa assai nella redazione dei bilanci nazionali — di tollerare qualche piccolo spostamento temporaneo dai vincoli (specialmente sul debito) perchè poi, alla fine, la Renzienomics farà il miracolo.
Primo tema: i soldi per il taglio dell’Irpef.
Nelle bozze di Pnr circolate ieri i proventi della spending review per il 2014 sono cifrati tra i 3,5 e i 5 miliardi per poi salire a 17 l’anno prossimo e arrivare a 32 miliardi nel 2016.
Palazzo Chigi in serata ne prometteva, con qualche eccesso di ottimismo, addirittura sei già quest’anno.
In ogni caso, visto che per il 2014 servono 6,6 miliardi per garantire i famosi 80 euro a dieci milioni di italiani alcune coperture del decreto sul tema che arriverà la prossima settimana saranno una tantum: niente di più facile che il taglio strutturale, dunque, arriverà solo con la legge di Stabilita.
La fonte individuata è il pagamento straordinario di circa 40 miliardi di vecchi debiti commerciali della P.A. grazie a Cassa depositi e prestiti (che dovrebbe garantire pure il pagamento dell’esposizione sul 2014 agli enti poco liquidi) comporta maggiori introiti Iva una tantum per almeno 4 miliardi.
Secondo tema: l’Irap. Renzi, nel memorabile giorno delle slide, ha promesso alle imprese una riduzione del 10% della tassa regionale — che in soldi fa circa 2,4 miliardi di euro — grazie ad un aumento dell’aliquota sulle rendite finanziarie (esclusi i titoli di stato) dal 20 al 26%.
Il gettito, secondo Renzi, sarebbe di 2,6 miliardi, mentre per la Ragioneria generale non più di un miliardo e mezzo.
Questo sta comportando qualche imbarazzo al Tesoro: ora l’ipotesi è che l’abolizione sia solo del 5% quest’anno, per poi salire negli anni successivi (anche in questo caso bisognerà tornare sull’argomento nel ddl Stabilità ).
Terzo tema: il rispetto dei vincoli di bilancio Ue.
“Le regole — si legge in una delle bozze di Pnr — saranno rispettate, ma è necessario uno spazio per permettere alle riforme di dispiegare i loro effetti di medio-lungo periodo, attenuando eventuali impatti negativi di breve”.
Tradotto: i nostri conti pubblici potrebbero momentaneamente peggiorare . Il problema più grande è il debito, il cui rapporto rispetto al Pil è previsto in peggioramento quest’anno e pure il prossimo.
Niente paura, ci pensa la Renzienomics: “L’effetto espansivo” delle riforme “si manifesterà debolmente nel corso del 2014 per poi risultare via via più pronunciato nel corso degli anni successivi”. In numeri: +0,3% quest’anno e poi su su fino al “+2,1% rispetto allo scenario di base del 2018”. I numeri per quest’anno, invece, sono quelli annunciati: Pil in crescita dello 0,8 per cento anzichè dell’1, calo che curiosamente non ha alcun effetto sul rapporto tra deficit e Prodotto, stabile al 2,6%.
Corollario: la guerra dei tagli.
I quattro o sei miliardi che verranno dalla spending review hanno innescato una battaglia sotterranea nel governo. Il comparto più a rischio è la salute, su cui sono circolate allarmanti voci di una riduzione da due miliardi di euro quest’anno e una decina nell’arco del quadriennio: “Nel Def non ci saranno tagli, sarebbe un pacco con sorpresa”, mette le mani avanti la ministro Beatrice Lorenzin.
Anche la collega della Difesa, Roberta Pinotti, prova a rassicurare il suo stato maggiore, ma almeno mezzo miliardo nel 2014 dovrà lasciarlo a disposizione del premier.
Tagli (ma in misura minore) saranno in capo anche ad altri ministeri.
Il problema è che questi tagli — oltre a sommarsi a quelli delle manovre degli ultimi tre governi — hanno impatti recessivi (cioè fanno diminuire il Pil) che il governo non ha quantificato.
I classici: dalle privatizzazioni in giù.
Ovviamente pure l’esecutivo Renzi promette — come chiedono a Bruxelles e aveva promesso Enrico Letta — di privatizzare le partecipate del Tesoro: 12 miliardi l’anno fino al 2017, è la sua promessa da 50 miliardi.
Non mancano altri impegni tradizionali: dalla riforma del catasto al fisco amico, dalla lotta all’evasione a quella contro la burocrazia.
Marco Palombi
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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