Aprile 25th, 2014 Riccardo Fucile
M5S STIMATO AL 25/27%: META’ DEGLI ELETTORI DEL 2013 NON LO RIVOTERANNO, MA ALTRETTANTI NUOVI LI HANNO SOSTITUITI… FORZA ITALIA AL 20% COME BASE DI PARTENZA… CALA LA FIDUCIA IN RENZI
«L’impennata dei Cinque Stelle negli ultimi dieci giorni ha sorpreso anche me». Roberto Weber dirige l’istituto di ricerche Ixè che, nella sua ultima rilevazione sulle intenzioni di voto per le Europee, assegna al movimento di Grillo il 27,4%. Un boom.
Weber è prudente: «Vediamo la prossima settimana, qui le cose cambiano in fretta, certo ci sono alcuni elementi che si tengono»
Gli «elementi» rilevati da Ixè sono tre: oltre al dato dei Cinquestelle, cresce anche la fiducia verso Beppe Grillo (+5%), cala quella in Matteo Renzi e nel governo (-3%).
E cala il Pd (dal 32,8% al 32,1%).
Questi sussulti risultano anche ad altri istituti: «Per noi – risponde Carlo Buttaroni di Tecnè – Grillo è al 27% e ha guadagnato l’1,6% in una settimana, cose che si vedono di rado».
La settimana dello scatto dei Cinquestelle è stata registrata anche da Alessandra Ghisleri di Euromedia Research: «A noi risultano al 25,3%, ma con un balzo del 3% rispetto alla rilevazione precedente».
Nel match tra Renzi e Grillo c’è l’ incognita di Forza Italia: per Tecnè ed Euromedia è poco sopra il 20%, per Ixè è al 17,5%: «È molto bassa, è vero – dice Roberto Weber – ma storicamente Berlusconi poi si mette a fare la campagna elettorale e recupera».
C’è un’altra ragione, secondo l’istituto, per cui gli azzurri faticano nei sondaggi: «Ncd e Udc per ora tengono, la lista è al 5,1%» dice Weber.
Il leader di Forza Italia non sarebbe riuscito, come altre volte, «a fare piazza pulita» di chi compete con lui nello stesso campo del centrodestra.
«Alle Europee è così – dice Alessandra Ghisleri – non ci sono coalizioni, quindi anche chi ti è vicino – Ncd e Fratelli d’Italia – è un tuo “nemico”».
Ghisleri, storica sondaggista di Berlusconi, non è stupita dall’andamento degli azzurri: «Il 20% è la base di partenza, Forza Italia – a differenza di Grillo che è in campagna elettorale permanente – sta definendo adesso le sue linee guida».
Il rischio terzo posto, dopo il Pd e il M5S, per i sondaggi è assai concreto e sarebbe questa la ragione per cui l’Italicum a Berlusconi non piace più.
A proposito di Grillo invece il pensiero corre al gennaio 2013.
Un mese prima delle Politiche la media dei sondaggi di allora lo segnalava al 15,3%, poi, mano a mano che il voto si avvicina, viene rilevato sulla soglia del 20%.
Nelle urne il Movimento 5 Stelle otterrà invece il 25,5%, risultando di gran lunga il partito più sottostimato dai sondaggi pre-elettorali.
«Stavolta – azzarda Roberto Weber – quello che rileviamo adesso potrebbe corrispondere di più a quello che succederà il 25 maggio».
Da un mese e mezzo i Cinquestelle sono segnalati in crescita, sopra il 20%. In più emergono alcuni elementi: «A noi risultano il primo partito tra gli elettori fino a 55 anni – dice il direttore di Ixè – intercettando un elettorato popolare che altre volte ha votato per Berlusconi».
Carlo Buttaroni di Tecnè aggiunge: «I Cinquestelle sono in assoluto il “secondo partito” più forte». Significa questo: nelle ricerche viene sempre chiesto agli intervistati di indicare una seconda opzione oltre al partito scelto. E in questo caso Grillo trionfa, sia a destra che a sinistra: «Vuol dire – argomenta – che se al momento del voto un elettore è arrabbiato con il suo partito, sceglie Grillo: da questo punto di vista non mi stupirei di ritrovare il M5S al 30%, tecnicamente è possibile».
Queste rilevazioni vanno prese con le pinze e sono gli stessi sondaggisti a ribadirlo: «Sono tempi di grande emotività – conclude Buttaroni – di consensi che salgono e scendono in modo repentino: la base elettorale di Grillo, per esempio, rispetto al 2013 è cambiata quasi del 50%: significa che metà di quelli che l’hanno votato alle Politiche dicono che non lo rivoteranno, ma altrettanti, e nuovi, stanno arrivando».
Massimo Rebotti
(da “Il Corriere della Sera”)
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Aprile 25th, 2014 Riccardo Fucile
UN ESERCITO DI VOLONTARI E MAXISCHERMI PER L’EVENTO DA RECORD, CHIESE APERTE NELLA NOTTE E SOCCORSO MEDICO IN METRO’
È tutto pronto. “Al momento pensiamo che gli arrivi varieranno tra gli 800mila e un milione di persone. Quindi un numero considerevole”.
Nonostante le cifre da record, il sindaco di Roma, Ignazio Marino, non sembra preoccupato, così come non si era spaventato davanti alle parole di Papa Francesco che, alla fine della scorsa estate, aveva annunciato al primo cittadino: “Lei ballerà “. Un presagio che, con l’avvicinarsi della data delle canonizzazioni di Papa Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, il 27 aprile, si è trasformato in certezza.
Ma Marino, alla vigilia del grande evento, è convinto che la città abbia tutte le carte in regola per fare bella figura: “Sarà un test importante per Roma e per tutti coloro che si stanno spendendo affinchè sia un giorno di grande gioia e di partecipazione, ma anche di orgoglio romano e italiano”.
Delegazioni da tutto il mondo.
Le delegazioni internazionali presenti alla messa di canonizzazione sono arrivate a un totale di 93.
Molte le personalità di spicco presenti sul sagrato di Piazza San Pietro. L’Unione europea è rappresentata ai massimi livelli dal presidente del Consiglio, Hernan Van Rompuy e dal presidente della Commissione, Manuel Barroso.
La folta delegazione dello Stato italiano sarà , invece, giudata dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano mentre saranno presenti anche i reali del Belgio e della Spagna. Ovviamente anche le autorità polacche saranno presenti in massa e guidate dal presidente della Repubblica, Bronislaw Komorowski.
Maxi-schermi nei punti strategici.
Per un evento come quello delle due canonizzazioni, gli spazi intorno a San Pietro non possono bastare. Per questo il Comune ha predisposto la collocazione di 18 maxischermi: tra questi tre su via dei Fori imperiali, totalmente pedonalizzati dal 18 aprile, uno in piazza Navona, uno in Piazza del Popolo, uno a Castel Sant’Angelo, uno a piazza Santa Maria Maggiore e due al Colosseo.
“Vogliamo evitare che, nel caso si riempisse piazza San Pietro, le persone si ammassino una zona dove non possono partecipare all’evento”, ha detto Marino.
Chiese aperte.
La notte tra il 26 e il 27 aprile le chiese di Roma resteranno aperte per accogliere i pellegrini. In alcune di esse è possibile pregare in diverse lingue e confessarsi.
Si comincia alle 19 nella chiesa di Santa Maria in Montesanto (Chiesa degli Artisti) a piazza del Popolo, con animazione liturgica in lingua italiana.
Dalle 21 gli altri luoghi di culto interessati sono Sant’Agnese in Agone a piazza Navona, con animazione in lingua polacca, San Marco al Campidoglio (piazza omonima), con animazione in italiano e inglese, Sant’Anastasia (piazza omonima), con animazione in lingua portoghese, Santissimo Nome di Gesù all’Argentina, con animazione in italiano e spagnolo, Santa Maria in Vallicella (via del Governo Vecchio, 134) e San Giovanni Battista dei Fiorentini (via Acciaioli, 2), con animazione in lingua italiana, Sant’Andrea della Valle (piazza Vidoni, 6), con animazione in lingua francese, San Bartolomeo all’Isola Tiberina, con animazione in italiano e arabo, Sant’Ignazio di Loyola in Campo Marzio (via del Caravita, 8/a), Chiesa delle Sante Stimmate (largo omonimo), Santi XII Apostoli (piazza omonima), Sacro Cuore di Gesù a via Marsala, Santa Maria in Montesanto (piazza del Popolo), con animazione in lingua italiana. In queste chiese la preghiera è organizzata secondo uno dei tre schemi elaborati per l’occasione dall’Ufficio liturgico del Vicariato.
L’esercito dei volontari.
Per assistere la folla dei pellegrini, la Protezione civile ha messo in campo 26mila volontari, un esercito pronto a distribuire quattro milioni di bottigliette d’acqua. Potenziato anche il servizio sanitario della Croce Rossa: seicento volontari provenienti da tutta Italia, 6 strutture di Posto Medico Avanzato, 23 ambulanze per soccorso avanzato (MSA), 33 ambulanze di soccorso di base (MSB), un punto mobile di rianimazione, 2 automediche, 43 squadre sanitarie a piedi, una tenda per codici bianchi, 4 Punti Mamma e account dedicati sui social network a disposizione dei pellegrini.
Quasi mille bagni chimici.
Sono 990 i bagni chimici che l’azienda dei rifuti di Roma, Ama, posiziona nei punti più affollati per l’evento. 149 sono per disabili, con presidi e interventi di igienizzazione.
Trasporto h24.
Bus e metro attivi per 24 ore. Atac e Polizia Locale di Roma Capitale hanno da tempo iniziato l’attività di informazione attraverso i canali a loro disposizione. Nelle giornate di sabato 26 e domenica 27 aprile, l’attività informativa verrà ulteriormente potenziata con aggiornamenti in tempo reale sull’intera piattaforma e in stretto collegamento con il Centro Operativo Comunale di Porta Metronia. Per i pellegrini inoltre verranno distribuite 200 mila cartine della città .
Potenziato anche il trasporto ferroviario: oltre 1.000 ferrovieri impegnati, 43 collegamenti regionali straordinari, 6 treni charter in arrivo dalla Polonia, servizi informativi e di assistenza nelle stazioni potenziati e centri operativi di Trenitalia e di Rfi, sia nazionali sia territoriali, attivi già dalla mattina di sabato 26 aprile. Così il gruppo Fs Italiane si prepara al forte afflusso di pellegrini.
Voli charter. Oltre a navi e treni, sono circa 60, secondo la Questura di Roma, i voli charter esclusivi per pellegrini attesi negli aeroporti di Fiumicino e Ciampino.
Spese alle stelle.
Era stata di cinque milioni la spesa preventivata per organizzare l’evento, ma il costo finale è stato di tutt’altro genere, tanto che il sindaco di Roma ha scritto al ministro Padoan per segnalare gli extracosti.
“Ho parlato con il sottosegretario Del Rio e con il ministro Alfano. E la scorsa settimana ho scritto una lettera anche al ministro dell’Economia Padoan non perchè Roma vuole chiedere altri soldi, ma mi sembra abbastanza evidente che la canonizzazione non è un evento che riguarda solo Roma e i romani. È un evento planetario che riguarda la nostra nazione e non deve ricadere come costi solo sulle tasse dei cittadini che abitano a Roma”, ha spiegato Marino, che ha ricordato che le spese ulteriori che dovrà sostenere la Capitale ammontano a oltre 7 milioni di euro. D’altronde, ha sottolineato, solo per le forze dell’ordine “ci saranno 12mila ore di straordinario”.
Ancora stanze libere negli alberghi.
Nonostante Roma sia invasa di turisti italiani e stranieri, negli alberghi, soprattutto di fascia media e alta, per questo fine settimana ci sono ancora camere disponibili messe in vendita a prezzi ragionevoli, ovvero tra 100 e 200 euro. Ad assicurarlo è il presidente di Federalberghi Roma, Giuseppe Roscioli, che spiega: “Per questo particolare fine settimana, che prevede la canonizzazione dei due Pontefici, ci sono ancora, negli alberghi, diverse camere disponibili, basta dare un’occhiata su Internet, anche perchè ci sono state numerose cancellazioni. Spesso infatti quando c’è un grande evento, il cliente tradizionale tende a non visitare quel luogo, quella città , per andarci in un momento più tranquillo. C’è quindi una sorta di sostituzione di clientela”.
Roma è comunque, dal primo aprile in un periodo considerato di “alta stagione” per il turismo, e dunque la clientela non manca. Non c’è, quindi, il tutto esaurito che si prevedeva e, soprattutto, alcune strutture non hanno alzato i prezzi oltre misura.
Francobolli speciali e ‘Papa bit’.
Due francobolli autoadesivi da 70 centesimi, uno dedicato a Papa Roncalli e l’altro a Papa Wojtyla: è l’iniziativa di Poste Italiane, che ha reso note le vignette dei due valori postali: sulla destra, rispettivamente Papa Giovanni XXIII e Papa Giovanni Paolo II, nell’atto di benedire; sulla sinistra sono riportati i titoli delle encicliche da loro promulgate che danno forma, graficamente, a una croce. L’emissione per Papa Roncalli è “congiunta” con le Poste Vaticane: nella corposa emissione che le poste papali hanno realizzato per l’evento (che comprende vari francobolli e foglietti) c’è infatti anche un francobollo analogo a quello italiano. Anche Atac ha voluto dedicare all’evento biglietti speciali: si chiamano ‘Special editino Papa bit’ quattro biglietti integrati per il trasporto pubblico, con quattro soggetti diversi legati alle figure di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II.
In bici per i due Papi.
Si chiama “Sappada-Roma. Pedalando con i papi Santi” l’iniziativa promossa dall’assessorato allo sport e al sociale di Sappada, comune bellunese lungo i cui sentieri hanno camminato sia Papa Roncalli che Papa Wojtyla, alla quale parteciperanno anche gli ex campioni di ciclismo Francesco Moser e di sci di fondo Silvio Fauner. Partendo il 23 aprile da Sappada, 25 pellegrini-ciclisti arriveranno il 30 a Roma in bicicletta e incontreranno Papa Francesco. Del gruppo faranno parte ciclisti amatoriali di Veneto, Friuli Venezia Giulia ed Emilia Romagna.
Piera Matteucci
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Aprile 25th, 2014 Riccardo Fucile
DURO SCONTRO IN RAGIONERIA GENERALE: IL VIA LIBERA AL DECRETO A RISCHIO FINO ALL’ULTIMO, POI DANIELE FRANCO FIRMA… ECCO LE CIFRE CHE NON TORNANO
Il decreto ha la sua versione definitiva, che è quella che abbiamo chiuso mercoledì sera”.
Da Palazzo Chigi, prima che Giorgio Napolitano firmasse il decreto, ostentavano sicurezza: le coperture ci sono e sono rigorose tanto che le ha bollinate la Ragioneria generale dello Stato (Rgs), il meccanismo di distribuzione del bonus funziona, è tutto a posto.
Vero fino a un certo punto.
Prima di apporre il suo sigillo al decreto Irpef, infatti, proprio la tecnostruttura della Ragioneria aveva sollevato più di un dubbio sui meccanismi di finanziamento della “quattordicesima” di Renzi: la guerra con Palazzo Chigi è andata avanti per giorni, tanto che una leggenda metropolitana dei palazzi romani vuole che lo stesso premier si sia presentato a via XX Settembre per ricordare ai funzionari che loro lavorano per lui.
Come che sia, a quanto risulta al Fatto Quotidiano, alcuni tecnici della Ragioneria avevano proposto a Daniele Franco – l’ex Bankitalia voluto da Fabrizio Saccomanni alla guida della struttura — di non “bollinare” il decreto: un atto di guerra a Palazzo Chigi che Franco non si è sentito di avallare.
Ne è venuta fuori una relazione tecnica al testo piena di sottolineature di “elementi di criticità ” nelle coperture che ha allarmato il Quirinale non tanto per il 2014, quanto per la tenuta del bilancio negli anni a venire.
Tra gli elementi del decreto meno apprezzati al Tesoro c’è di sicuro il capitolo “risorse recuperate all’evasione fiscale”: il governo ha già messo a bilancio 300 milioni quest’anno, certificati dall’Agenzia delle Entrate, e addirittura tre il prossimo (almeno a stare alle tabelle esibite da Renzi in conferenza stampa): peccato, fanno notare, che lo straordinario risultato di questo inizio 2014 sia dovuto alla cosiddetta “rottamazione delle cartelle”, i cui effetti vanno già scemando.
Altro possibile anello debole dei 6,9 miliardi “trovati” da Renzi è quello che riguarda effetto e sostenibilità dei tagli lineari per quasi tre miliardi (2,1 dagli acquisti di beni e servizi di Stato, regioni e comuni, il resto nel cosiddetto capitolo “sobrietà ), miliardi che diventano addirittura sette nel 2015: a parte il fatto che la Consulta ha già sentenziato che i tagli lineari sono incostituzionali, non è chiaro se gli acquisti 2014 non siano già chiusi e quale sia l’effetto su bilanci in larga parte già scritti (anche se non ancora presentati).
Infine anche la clausola di salvaguardia che scatterebbe in caso di mancato introito dei 650 milioni messi a bilancio dal pagamento immediato di 9,6 miliardi di debiti commerciali della Pubblica amministrazione: aumento delle accise su tabacco, alcol, carburanti e elettricità . Curiosamente la stessa clausola già posta a guardia della fantasiosa abolizione dell’Imu 2013 da Enrico Letta: la stangata su sigarette e benzina, se entrambe dovessero attivarsi, potrebbe anche far diminuire i consumi al punto da non raggiungere l’obiettivo previsto.
Anche la copertura del taglio Irap del 10 per cento non è giudicata congrua: Renzi quantificò il minor gettito in 2,4 miliardi qualche settimana fa e ha messo a bilancio l’aumento dal 20 al 26 per cento su tutte o quasi le rendite finanziarie per oltre tre miliardi l’anno (gli interessi su depositi, conti correnti, libretti postali e certificati di deposito valgono 755 milioni l’anno): obiettivo difficile da raggiungere per intero secondo i tecnici della Ragioneria.
Quel che preoccupa maggiormente il Quirinale, in ogni caso, non è l’una tantum del 2014, ma la tenuta strutturale del bilancio dello Stato: per questo il commissario alla spending review, Carlo Cottarelli, ha promesso di presentare il suo piano definitivo non entro la fine dell’anno, ma il prossimo ottobre, in modo da legare i suoi 32 miliardi di tagli entro il 2016 alla discussione sulla prima legge di Stabilità del governo Renzi.
Marco Palombo
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Aprile 25th, 2014 Riccardo Fucile
LE STIME DELLA CGIA DI MESTRE SULLA NUOVA TASSA RENZIANA PER I CORRENTISTI
E’ polemica sull’aumento della tassazione delle rendite finanziarie dal 20 al 26 per cento che include anche le tasse sui conti correnti bancari.
Da Forza Italia si accusa il presidente del Consiglio Matteo Renzi di essere un “simpatico tassatore”, mentre si punta l’indice su quella che viene definita una “stangata”.
Il decreto Irpef, firmato da Napolitano, prevede infatti per il 2015 un gettito di circa 755 milioni su conti correnti, libretti postali e certificati di deposito (il 92,8 per cento delle famiglie possiede un deposito bancario o postale).
Ma quanto costerà agli italiani l’aumento delle tasse sul conto corrente?
I calcoli li ha fatti per Repubblica la Cgia di Mestre: per un conto corrente medio l’aggravio è di circa 1 euro all’anno.
Il focus della Cgia di Mestre spiega che in Italia ci sono 38 milioni di conti correnti con una consistenza pari a 453,2 miliardi.
Di conseguenza la giacenza media è di circa 12 mila euro. Considerando che il tasso di interesse attivo medio applicato in questa fascia è piuttosto basso, pari allo 0,13 per cento, cioè 15,5 euro l’anno, il rincaro della tassazione passerà da 3,10 (con imposta al 20 per cento) a 4,03 (con imposta al 26 per cento). Ovvero: 93 centesimi.
Il bilancio si aggrava per giacenze medie più alte. Ad esempio per chi ha un deposito tra i 10 mila e i 50 mila euro dovrà sostenere un onere aggiuntivo di 2,3 euro l’anno. Mentre Tra i 50 mila e i 250 mila si sale a 26,1 euro.
Più pesante la tassa per chi possiede oltre i 250 mila euro che si troverà a pagare 169,2 euro in più scatterà dal primo luglio prossimo.
Il rincaro dal 20 al 26 per cento interesserà anche i dividendi staccati successivamente, le plusvalenze di azioni e fondi, nonchè interessi su conti correnti e depositi postali. L’aumento non tocca i titoli di Stato, come Bot e Btp.
Complessivamente il gettito della misura, finalizzato come spiega Palazzo Chigi al taglio dell’Irap, sarà per quest’anno di 588 milioni, il prossimo di circa 3 miliardi e negli anni successivi si manterrà sullo stesso livello.
Come funziona all’estero?
Come al solito in materia di tasse molto spesso all’estero sono più severi, anche se con l’ultimo decreto l’Italia si adegua.
In Francia si paga il 30 per cento su dividendi e capital gain e il 18 sugli interessi, in Germania il 26,3 per cento e in Spagna il 21 per cento.
In tutti i paesi non esiste un’aliquota “ridotta” come in Italia per i titoli di Stato – che da noi restano al 12,5 per cento – che devono rispondere alla stessa tassazione di obbligazioni e azioni.
In Francia, ad esempio, dal 2012 la maggiorazione di tassazione sulle rendite finanziarie (Oats compresi) è utilizzata per coprire i costi delle assicurazioni sanitarie obbligatorie e i contributi pensionistici, in una sinergia tra finanza e Welfare.
Le tasse sul risparmio tuttavia sono in salita, anche per l’azione dei governi che si sono succeduti negli ultimi anni.
Sui conti titoli (che comunque sono agganciati a un conto corrente) grava infatti la mini-patrimoniale, introdotta dal governo Monti per l’1,5 per mille nel 2013 e che il governo Letta ha elevato dal primo gennaio di quest’anno al 2 per mille.
Il gettito nel 2014 sarà di 5 miliardi, anche se i risparmiatori lo scopriranno solo a fine anno.
La tassa è un’imposta di bollo proporzionale che grava sui conti-titoli, di ogni genere, e che viene gravata sull’estratto conto.
Roberto Petrini
(da “La Repubblica“)
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Aprile 25th, 2014 Riccardo Fucile
TROPPE PROMESSE DA PALAZZO CHIGI, IL PRESIDENTE LO SCAVALCA E CHIAMA A RAPPORTO IL SOLO MINISTRO PER DISCUTERE DI COPERTURE E CONTI PUBBLICI
La bomba è esplosa alle 14:01 di ieri, quando l’agenzia Ansa ha battuto la seguente notizia: il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan è stato ricevuto al Quirinale per fornire “ulteriori chiarimenti” sul decreto Irpef, cioè quello che mette 80 euro al mese in più nella busta paga di chi guadagna tra gli otto e i 24 mila euro.
Quel testo, poi, Giorgio Napolitano l’ha firmato come da programma (è già stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale), ma il messaggio che intendeva dare era già arrivato a destinazione: l’interlocutore per le cose serie, il garante dei conti pubblici è il ministro, non il suo premier.
Una umiliazione in piena regola per Matteo Renzi, che infatti non l’ha presa affatto bene.
“Una cosa del genere non s’è mai vista”, ha commentato coi suoi a caldo, quando ancora non era chiaro se il capo dello Stato avrebbe persino firmato il decreto: “Se aveva bisogno di ulteriori chiarimenti, perchè il presidente non ha detto niente nei suoi colloqui di questi giorni con Padoan, Delrio o direttamente con me?”.
A Palazzo Chigi, ieri sera, circolava pure una voce maligna sulle ragioni che avevano spinto Napolitano all’irrituale convocazione del ministro: “Ai suoi amici superburocrati non è piaciuto il tetto degli stipendi a 240 mila euro l’anno”.
Difficile che il capo dello Stato abbia davvero di queste preoccupazioni e infatti di ben altro ha discusso con Pier Carlo Padoan, titolare dell’Economia soprattutto perchè il Quirinale lo ha voluto in quel posto.
È il garante degli accordi — primi fra tutti quelli europei — che i governi italiani hanno firmato in questi anni e, dunque, del rispetto dei vincoli di bilancio.
Il decreto — come sottolinea il governo — non è stato modificato ieri dopo il colloquio Napolitano-Padoan, ma non era certo un intervento diretto quello che voleva il Colle, quanto imbastire uno spettacolo dai sottili rimandi simbolici: il capo dello Stato torna al centro della scena e nomina suo “secondo” il ministro di via XX Settembre.
Le preoccupazioni della Ragioneria generale — è il messaggio — non sono rimaste inascoltate: Padoan s’è impegnato a fugarle, a fare quanto deve per rispettare gli impegni presi in Europa, foss’anche una manovra correttiva che il Quirinale giudica quasi inevitabile.
Non solo i soldi promessi agli italiani per quest’anno preoccupano il Colle, ma anche e soprattutto le tendenze del bilancio dello Stato, messo a rischio dai troppi impegni presi da Renzi in queste settimane.
Come ha spiegato la Banca d’Italia in Parlamento, una difficilissima spending review da 18 miliardi di euro nel 2015 non sarebbe comunque sufficiente per tenere i conti pubblici in ordine rispetto agli obiettivi fissati nel Def.
E ancora: una crescita sovrastimata nel biennio — e qui le perplessità sono quelle della Corte dei conti — rischia, una volta rivelatasi più bassa, di trascinare giù tutto l’impianto macroeconomico disegnato dal governo.
Il ministro Padoan — che martedì, quando il decreto sbarcherà in Senato, sarà a Londra per ingraziarsi gli investitori internazionali — ha provatoa rassicurare il presidente della Repubblica: il Tesoro monitorerà l’impatto delle norme contenute nel testo e il piano Cottarelli sulla spending review verrà presentato già in ottobre, in modo che possa essere analizzato con calma — anche dalla Commissione europea — insieme alla prossima legge di Stabilità .
Se servirà una manovra, insomma, il governo la farà .
La figura di Renzi, così centrale per i media, rimane sullo sfondo: con apposite veline il Quirinale e il Tesoro derubricano l’incontro a una formalità , ma lo schiaffo al golden boy di Palazzo Chigi rimane.
Resta pure la nuova centralità nel dibattito pubblico rivendicata ieri da Napolitano. Questo cambio di passo, dopo mesi di silenzio, ha molto a che fare con quelle “condizioni di maggior sicurezza” per le riforme istituzionali e l’equilibrio del bilancio che gli renderanno possibile un “distacco comprensibile e costruttivo” dalla carica a cui fu rieletto un anno fa.
Il capo dello Stato giudica la sua esperienza quasi conclusa: Padoan gli deve garantire i conti pubblici, il Pd una nuova legge elettorale e istituzioni rinnovate, Renzi di non rovinare tutto.
Marco Palombi e Stefano Feltri
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Aprile 25th, 2014 Riccardo Fucile
DICEVA ABRAMO LINCOLN: “PUOI INGANNARE QUALCUNO PER SEMPRE, PUOI INGANNARE TUTTI PER UN PO’, MA NON PUOI INGANNARE TUTTI PER SEMPRE”
Nel secondo compimese del suo governo, ci permettiamo qualche consiglio non richiesto a Matteo Renzi, sempre più Frenzy nel senso hitchcockiano di “delirio” e “frenesia”.
1. Evitare sceneggiate tipo l’uomo solo al computer che arringa via Twitter i cittadini davanti alle sedie vuote della sala stampa. I giornalisti sono quel che sono, ma un premier dovrebbe almeno fingere di rispettarli. Oltretutto sono inoffensivi.
2. Ricordare sempre da dove viene. Quando scalava il Pd e l’outsider era lui, Renzi non disdegnava programmi tv scomodi, come Servizio Pubblico, forse perchè erano scomodi per chi allora stava al potere. Ora che lo sono per lui, non è una buona idea preferire i salotti comodi. La forza di un leader si misura dalla capacità di contraddire i critici, non di farsi lisciare il pelo dai servi.
3. Non scordare mai l’insegnamento del confessore: “Matteo, Dio esiste ma non sei tu, rilà ssati”. Se il Pd, fino all’altroieri anti-renziano, è diventato tutto renziano, così Forza Italia, la stampa e le tv, non dipende tanto dalla sua bravura, quanto dalla cupidigia di servilismo tipica di una certa Italia. Ma il fenomeno è passeggero: alla prima difficoltà , torneranno tutti anti-renziani.
4. Non fidarsi troppo del feeling con la “gente”. Se oggi milioni di italiani “vogliono” credere in Renzi e gli perdonano tutto, è più per disperazione che per convinzione. Ma gli innamoramenti non portano mai bene ai capi popolar-populisti: dal balcone di palazzo Venezia al distributore di piazzale Loreto il passo è brevissimo.
5. Non esagerare con le promesse impossibili da mantenere. Lo choc iniziale è stato salutare, dopo l’ossario dei Monti e dei Letta. Ma, con questi chiari di luna, più promesse fai, più aspettative crei, più bugie dici, più delusioni prepari. Diceva Abramo Lincoln: “Puoi ingannare qualcuno per sempre, puoi ingannare tutti per un po’, ma non puoi ingannare tutti per sempre”.
6. Non rottamare la rottamazione: oltre alla giovane età , è la principale ragione del successo di Renzi. Che però, appena divenuto segretario e poi premier, è parso virare verso la manutenzione: la pace con D’Alema, il riciclaggio di mezzo governo Letta, le candidature di vecchi ras tipo Chiamparino e D’Alfonso, la melina sull’arresto di Genovese stanno appannando l’immagine del rottamatore. Prima o poi la gente lo noterà .
7. Evitare la sovraesposizione mediatica. Occupare tv, giornali e Rete a ogni ora del giorno e della notte, grazie anche allo stomachevole servilismo dei media, può servire a drogare i sondaggi e forse i risultati delle Europee. Ma Renzi, pur essendo un abile comunicatore, non ha il repertorio da guitto di B. per rendere sopportabile l’overdose di sè. Alla lunga può stancare.
8 . Rispettare le regole. L’insofferenza alla par condicio mostrata nel mini-caso della Partita del Cuore non è un buon segno. Renzi non è più uno scout o un sindaco: la pretesa di sgambettare su un campo di calcio in diretta tv a sei giorni dal voto è vietata dalla legge. Bene ha fatto dunque a rinunciare, ma non a piagnucolare come un bambino capriccioso contro i grandi cattivi che gli han levato il pallone. E la sindrome del risotto di D’Alema da Vespa porta sfiga.
9. Badare più alla sostanza che alla forma. Dire “io riformo la legge elettorale e la Costituzione mentre gli altri chiacchierano” e poi partorire mostri come l’Italicum e il Senato delle Autonomie è insensato. Quando la gente scoprirà cosa c’è dentro le “riforme”, Renzi dovrà cambiarle o darsi alla fuga. Gli italiani chiedono riforme migliorative, non purchessia per dire di averle fatte. Ascoltare gli odiati “professoroni” e circondarsi di collaboratori migliori dell’attuale cerchio tragico potrebbe non essere una cattiva idea.
10. Combattere Grillo rubandogli le idee (a proposito: che ne è della promessa di abolire i “rimborsi elettorali”?), anzichè dandogli del “milionario”. Anche perchè finora Renzi si è retto sul patto d’acciaio con un miliardario, frodatore fiscale e detenuto: l’unico con cui non ha mai polemizzato. E “cambiare verso” anche lì?
Marco Travaglio
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Aprile 25th, 2014 Riccardo Fucile
IL RETROSCENA DI “PORTA A PORTA” PER EVITARE LA ROTTURA CON RENZI… E OGGI CONTATTI TRA I DUE PER RICUCIRE
Per capire gli umori del day after occorre riavvolgere la pellicola del nastro.
E riascoltare quello che dice Silvio Berlusconi a Porta a Porta sulle riforme. Prima della pubblicità quando bolla come “invotabile” questo pacchetto e, dice, quasi quasi sarebbe meglio votare.
E dopo la pubblicità quando sostiene che sarebbe “irresponsabile” votare con il Consultellum e che, sulle riforme, Forza Italia manterrà il famoso patto del Nazareno.
Le cronache (non smentite) raccontano che, nel corso della pubblicità , Berlusconi si è avvicinato ai suoi che erano dietro le quinte.
Racconta Fabrizio Roncone, firma del Corriere: “Ho fatto bene o no? (la domanda di Berlusconi, ndr). Giovanni Toti, Deborah Bergamini e Maria Rosaria Rossi: consiglieri vecchi e nuovi, ma tutti concordi nel dire che, forse, beh sai presidente, magari sarebbe opportuno limare un po’”.
Il fotogramma che manca è però il più importante. E porta a Denis Verdini, il grande artefice del patto con Renzi.
Che non è nel backstage di Vespa, ma è come se ci fosse. Perchè, quando dalla sua stanza vede scorrere in agenzia le prime dichiarazioni di Berlusconi sulle riforme, alza la cornetta e fa sapere a quelli che stanno lì che se Berlusconi va avanti così salta tutto.
Al netto del colorito linguaggio da toscanaccio e al netto dei modi ruvidi, il ragionamento di Denis suona così: evitiamo di fare l’errore (immaginate voi l’originale) di portare la questione a un punto di non ritorno; rompere sarebbe una iattura.
Solo il messaggio dell’unico, vero, ascoltato, titolare del dossier riforme induce il Capo a miti consigli.
Non è dato sapere se, prima dei contatti con lo studio, ci sia stata una telefonata tra Verdini e Renzi. È però possibile che ci sarà nella giornata di oggi, visto che domani il premier salirà al Quirinale per fare un impegnativo punto sulle riforme.
E comunque la linea telefonica tra i due (Verdini e Renzi) non si è mai interrotta. È certo invece che attorno alla questione della campagna elettorale Denis proverà a ricucire e a costruire l’ennesima mediazione sulle riforme.
Per la serie: le riforme le faremo e il patto regge, ma fateci fare un po’ di propaganda e un po’ di campagna elettorale, dal 26 maggio ricominciamo a fare sul serio.
Un ragionamento che fa il paio con quelle “fibrillazioni elettorali” evocate da Renzi per non drammatizzare l’uscita di Berlusconi.
Il problema è se la “tregua” su cui Verdini proverà a mediare con Renzi è conciliabile con le esigenza del premier di incassare qualcosa prima del voto.
(da “Huffingtonpost“)
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Aprile 25th, 2014 Riccardo Fucile
POI ROMPE GLI ACCORDI CON IL PD: “ITALICUM E SENATO COSàŒ NO”. MA DOPO LA PUBBLICITà€ CI RIPENSA
La cadenza è biascicata, come se fosse riemerso da una sbornia.
In una saletta che dà sul cortile degli antichi studi Rai di via Teulada, a Roma, molti giornalisti si guardano, stupiti, in faccia. “Ma è ubriaco?”.
Sono mesi, ormai, che Silvio Berlusconi si presenta in pubblico trascinando le parole. Un mistero, che qualcuno in passato ha tentato di giustificare così: “Ha una caramella in bocca”. Stavolta, però, non mastica nulla. Il custode dell’enigma è al terzo piano della palazzina dove si registra il ritorno di B. a Porta a Porta.
L’ex Cavaliere arriva con mezz’ora di ritardo ed è scortato dal suo medico personale, Alberto Zangrillo. Tutti i dipendenti sono affacciati. Che cosa ha bevuto il Condannato, su consiglio di Zangrillo, prima di entrare nello studio?
La registrazione inizia alle 17,30. Bruno Vespa è protettivo e riverente allo stesso tempo.
La sua liturgia da conduttore buono per tutte le stagioni ha una serie di parole tabù: condanna, servizi sociali, evasione fiscale.
“Lei adesso è un cittadino con diversi doveri, come gestirà questa nuova fase della vita? Si sente umiliato?”. Vespa incoraggia anche: “Qui lei manca da 14 mesi, nel frattempo è successo di tutto, ma stasera comincia la rimonta”.
Berlusconi fa fatica a carburare. E sull’esito delle Europee sembra rassegnato. Per ben tre volte ripete che lui guarda al traguardo delle Politiche, non al voto del 25 maggio per Strasburgo. È un’ammissione preventiva di sconfitta. “Ci sono solo 35 giorni, non pretendo molto”.
Nei manuali di campagna elettorale si chiama effetto underdog. B. fa il “cane bastonato” che deve inseguire i sondaggi in calo e spera così di catturare una fetta di indecisi.
“Il 50 per cento è deluso e disgustato dalla politica”. Così come “il 46 di quelli che hanno votato Grillo sono delusi dal M5S”.
Berlusconi è stretto nel solito doppiopetto blu. Parte un servizio sul centro di Cesano Boscone, dove Silvio svolgerà i servizi sociali. Il direttore specifica che B. non si occuperà dell’igiene personale degli ospiti disabili, la cui età media è 75 anni. Entrano gli ospiti, scaglionati.
Belpietro di Libero, Landò che dirige l’Unità , Polito del Corriere del Mezzogiorno. B. sembra più lucido.
Siamo in campagna elettorale e il patto del Nazareno con Matteo Renzi si frantuma a tappe. Prima tocca all’Italicum, la legge elettorale concordata con il premier: “È incostituzionale”. Poi al Senato: “Così com’è non la votiamo, prima del 25 maggio non passerà ”. Pausa pubblicitaria. Alla ripresa, B. smentisce se stesso: “Confermo tutti gli impegni con Renzi”. Smarrimento generale.
Il caos tocca vette imbarazzanti. B. confonde effetto serra e buco dell’ozono e intesta al Pli di Malagodi un fantomatico 7 per cento dopo il compromesso storico.
In realtà il boom liberale avvenne dopo il centrosinistra di Fanfani.
Landò tenta di parlare della condanna per evasione fiscale ma Vespa, timoroso dei patti con i legali e il cerchio magico di B., lo stoppa subito: “Non scendiamo nel personale, manteniamoci sul generale”. L’imbarazzo è a getto continuo.
Berlusconi s’infila in un pippone terrificante sul fiscal compact (colpa di Polito), sbaglia ancora un paio di parole, rimpiange il “Berlusconi d’antan” (quello dalla “grande capacità comunicativa”) e alla fine, dopo due ore estenuanti, piazza finalmente un colpo da Caimano: “Fini ha fatto quello che ha fatto, un tentativo di colpo di Stato, spinto da Napolitano”.
Stavolta è Vespa a vacillare. “Presidente è sicuro, lei può essere accusato per queste parole, questa è un lesione costituzionale?”.
B., piccato: “Pensa che io parli a vanvera? Ho 12 testimoni. Persone che Fini voleva convincere a passare con lui facendo ascoltare loro, dal telefono, la voce del capo dello Stato”.
Vespa si rassegna: “Lei vuol dire che se lei avesse perso nel dicembre del 2010, Napolitano avrebbe dato l’incarico a Fini?”. “Sì, ne sono certo”.
Lo stesso Fini replica in serata: “I complotti sono solo nella sua mente”.
Il Condannato contro Napolitano appare però più convincente di quello contro Renzi. Sulle invettive che a parole distruggono il patto del Nazareno bisognerà distinguere la fuffa propagandista dalla ciccia degli accordi.
Del resto, anche B. fa una distinzione sul premier: “Umanamente mi è simpatico, anche se adesso è diventato un simpatico tassatore e ha portato a casa la mancia degli 80 euro firmata da Napolitano”.
La diaspora azzurra, da Alfano a Bonaiuti, è derubricata a “situazioni personali”, anche se c’è stato tanto “dolore” e “le porte sono sempre aperte”.
Dolore e malinconia: “Bondi è poeta e spesso si abbandona alla malinconia. Gli voglio bene, sarà sempre vicino a me”. Fin quando dura.
E stavolta, non sarà tanto.
Fabrizio d’Esposito
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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