Aprile 12th, 2014 Riccardo Fucile
LA NORMA GENERALE PREVEDE IL PRINCIPIO DELLA DOPPIA INCRIMINAZIONE: “NESSUNO PUO’ ESSERE ESTRADATO PER UN REATO CHE NON ESISTE NEL PAESE DOVE HA TROVATO RIFUGIO”…E IN LIBANO IL REATO DI CUI E’ IMPUTATO DELL’UTRI NON E’ CONTEMPLATO
Il reato di concorso esterno in associazione mafiosa non esiste nel codice penale del Libano, e per questo l’avvocato di Marcello Dell’Utri, Giuseppe De Peri, nei minuti seguenti la cattura aveva lanciato il dubbio che l’ex senatore potesse essere realmente estradato in Italia: “Non so se ci siano trattati di estradizione tra il Libano e l’Italia e se esista in quel Paese una normativa che consente l’estradizione relativamente alla fattispecie di reato”
Parole che hanno avuto effetto anche al ministero della Giustizia, dove immediatamente i tecnici hanno rispolverato e riletto il Trattato di collaborazione giudiziaria firmato con il Libano nel 1970, entrato in vigore nel 1975, che contiene le norme sull’estradizione in vigore tra Roma e Beirut.
E se avesse ragione l’avvocato di Dell’Utri?
E se davvero il cofondatore di Forza Italia, in attesa della sentenza della Cassazione che martedì potrebbe condannarlo in via definitiva a sette anni per mafia, avesse scelto proprio il Libano perchè in quel luogo non può arrivare la longa manus delle autorità italiane?
“Un dubbio niente affatto peregrino”, confermano fonti ministeriali.
Soprattutto perchè la norma generale sull’estradizione prevede il principio della doppia incriminazione: nessuno può essere estradato per un reato che non esiste nel Paese dove ha trovato rifugio.
E il concorso esterno in associazione mafiosa nel Paese dei cedri sicuramente non trova spazio nella legislazione.
Mentre il ministro Andrea Orlando viaggiava da Torino a Roma per firmare la richiesta di estradizione, i tecnici hanno tentato di risolvere il piccolo giallo, arrivando infine a una presunta “certezza”: a parere del ministeroi trattati bilaterali prevalgono sulla norma generale, perciò non importa se il reato del quale è accusato Dell’Utri sia previsto o meno dalla normativa libanese, l’estradizione può essere comunque richiesta.
Altra cosa che venga concessa.
Perchè in verità ‘accordo è molto generico: Italia e Libano promettono di estradare reciprocamente le persone accusate o condannate per crimini che prevedono almeno dai sei mesi a un anno di carcere, a meno che l’estradizione non sia richiesta per motivi di persecuzione politica.
Se proprio Dell’Utri volesse trovare una scappatoia, lo staff di Orlando è pronto alla replica: il reato di mafia in Libano non è previsto, ma esiste l’associazione a delinquere di stampo terrorista.
Che però non è la stessa cosa ed è tutta da dimostrare
In ogni caso non sarà questione di giorni, spiegano al dicastero.
La procedura è complessa e richiede il via libera anche del ministero degli Esteri. L’ultima volta che è partita la richiesta di estradizione dal Libano, ricordano negli uffici, ci vollero due mesi perchè la persona incriminata arrivasse materialmente in Italia.
E la questione ora è complicata dal fermo che con molta probabilità verrà convalidato lunedì: bisognerà anche attendere che venga sbrogliata tutta la procedura attivata con un mandato di cattura internazionale spiccato prima ancora che Marcello Dell’Utri fosse effettivamente dichiarato colpevole dalla Cassazione — la sentenza è attesa per martedì.
Ma a complicare ulteriormente la faccenda, e questo potrebbe diventare un punto utilizzato dalla difesa, si aggiunge il fatto che Dell’Utri potrebbe evitare l’onta dell’estradizione collaborando attivamente con la giustizia italiana e fare quello che ha promesso nelle scorse ore, ovvero prendere un aereo per l’Italia senza attendere le procedure.
Ma, essendo in stato di fermo, non lo può certamente fare.
Sono tutte ipotesi che con molta probabilità potranno essere utilizzate in maniera capziosa dallo stesso Dell’Utri per dimostrare la presunta persecuzione giudiziaria nei suoi confronti.
(da “Huffingtonpost“)
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Aprile 12th, 2014 Riccardo Fucile
IL LEADER STORICO: “IL PARTITO E’ UNA RISORSA, NON UN PESO”… E SPRONA LA MINORANZA: “DOBBIAMO DIVENTARE LA PROSSIMA MAGGIORANZA”
“Meno male che ci sono tanti oratori giovani, perchè il percorso per salire sul palco è un po’ difficile…”.
È l’una del pomeriggio quando Massimo D’Alema fa il suo intervento al Teatro Ghione di Roma, lì dove Gianni Cuperlo ha tentato di riunire tutta la minoranza del Pd.
In prima fila ci sono gli ex segretari Bersani ed Epifani, c’è il grande vecchio Alfredo Reichlin, l’ex viceministro Stefano Fassina, l’ex ministro Barbara Pollastrini, il candidato alle Europee Goffredo Bettini.
E c’è l’ex premier D’Alema: perchè fare proprio oggi una convention, oggi che a Torino il segretario apre la campagna elettorale?
Sorride accanto a lui il lettiano Francesco Boccia, mostrando la mail di invito datata 22 marzo, “questa manifestazione è stata organizzata molto prima che venisse scelta la stessa data, alla stessa ora, per aprire la campagna elettorale”, risponde D’Alema. Forse allora sarebbe stato opportuno che Renzi scegliesse un’altra data? “Certo”.
Ma le parole più critiche verso il segretario-premier le pronuncia poco dopo, dal palco, sulla gestione del partito.
Perchè il “punto debole della visione dell’attuale maggioranza del Pd è considerare il partito più un peso, un ostacolo, che non una straordinaria risorsa”, è “l’idea di partito-comitato elettorale del leader, di partito servente”.
Tanto che, denuncia, “c’è oggi in atto un processo di impoverimento che può prendere una piega drammatica”.
E allora, sprona la minoranza che lo ascolta con attenzione, “questo partito noi non lo possiamo lasciare morire e spegnere, non possiamo accettare che diventi altra cosa”, usa parole che provocheranno reazioni piccate di qualche renziano, per cui la sfida della minoranza è “lanciare una sfida alla maggioranza”.
Apriamo le sedi, stampiamo le tessere del Pd, invoca. “Noi ci siamo, speriamo ci siano anche loro”.
Una minoranza che, corregge bonariamente Cuperlo, deve aspirare a diventare maggioranza: (“Dobbiamo essere non una minoranza, ma un pensiero su questo Paese”, aveva detto lo sfidante alle primarie di Renzi) “siamo minoranza che deve aspirare a diventare maggioranza — ricorda D’Alema – Un fine dal quale non ci si deve fare assillare, considero essere minoranza un accidente e non sostanza”.
A lui, ricorda, “non è capitato spesso”, ma certo, lancia una stilettata a chi è salito sul carro del vincitore a costo di rivedere le proprie convinzioni, “è troppo facile diventare maggioranza col pensiero degli altri: qualcuno lo ha fatto”.
Ora, questa minoranza riunita, che, ricorda, ha avuto il 18% al congresso ma molto di più, “circa la metà ” nel voto tra gli iscritti, non deve tenere “un atteggiamento rancoroso”, nè “un atteggiamento ‘sì, ma’, di resistenza: non dobbiamo dare la sensazione che siamo un segmento del mondo della conservazione come piace a Renzi descrivere tutti quelli che non sono d’accordo con lui”.
La posizione non deve essere contro le riforme, anzi: “Di più e meglio”.
Meglio sulla legge elettorale, “il Parlamento ha diritto di discutere, anche perchè il testo da cui siamo partiti porta una forte impronta di Berlusconi, l’ha scritta Verdini, non un circolo di riformisti illuminati”, scatena applausi e risate, così come “l’accanimento contro i redditi dei manager pubblici è solo una piccola parte del riequilibrio sociale: perchè non si interviene sui super redditi di tutti?”.
Lunghi applausi, militanti che chiedono una foto.
A qualche centinaia di chilometri di distanza, da Torino qualcuno si stizzisce per le sue parole ruvide.
(da “La Stampa“)
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Aprile 12th, 2014 Riccardo Fucile
REGIONE PIEMONTE: CENTRODESTRA ALLA DISPERATA RICERCA DI RICUCIRE GLI STRAPPI… TRATTATIVE TRA FORZA ITALIA E FRATELLI D’ITALIA
Centrodestra senza pace, tra ristagni, qualche passo in avanti e diversi passi indietro. Tra questi ultimi, la rinuncia della candidatura di Roberto Cota alle europee: più o meno spontanea, a seconda delle voci che si rincorrono in queste ore.
Ma tant’è. Ieri, al termine del Consiglio federale, Matteo Salvini, capolista in tutte e cinque le circoscrizioni, è andato dritto al punto: «Roberto ha detto “no, grazie” e per questo ha il mio apprezzamento, perchè in Piemonte è stato vittima di un linciaggio». «Come avevo già detto, la candidatura alle europee non è nei miei programmi – ha chiosato l’interessato -. Sono il segretario nazionale della Lega Nord Piemont, non ho bisogno di candidature di ripiego. Nei prossimi mesi mi dedicherò al territorio».
In lista nella circoscrizione Nord Ovest ci sarà Claudio Borghi, l’economista che sta curando il «Basta euro tour»: ovvero la richiesta di uscita dalla moneta unica tema della campagna elettorale, il cavallo di battaglia che cavalca la Lega formato-Salvini. Nella Lega si dibatte anche sulla ricandidatura di Mario Borghezio.
Tra le opzioni, prende piede quella di Gianluca Buonanno.
Il caso Sacchetto
Confermata, salvo ripensamenti, la decisione di non ricandidare i consiglieri regionali uscenti.
Compreso il cuneese Claudio Sacchetto, assessore all’Agricoltura nella giunta-Cota e, non ultimo, mai sfiorato da «Rimborsopoli», l’inchiesta della Procura di Torino sulle spese indebite dei consiglieri.
Va da sè che Sacchetto non l’ha presa bene, per usare un eufemismo.
E Forza Italia, allettata dalla sua dote di voti, ci ha già fatto un pensierino.
L’ipotesi non sarebbe quella di candidare Sacchetto nella lista del partito del Cavaliere, come si vociferava ieri, ma di fargli guidare la lista civica di appoggio a sostegno di Gilberto Pichetto.
Per intenderci, quella alla quale ha lavorato Claudia Porchietto, dall’Ncd, prima di traslocare sotto la bandiera di Forza Italia.
L’occasione, tra l’altro, per fare un buon bottino di consensi nella Provincia granda a discapito di Enrico Costa; Ncd, e Guido Crosetto, FdI.
Stando ai «rumors», Sacchetto sarebbe tentato. Con buona pace di dell’assessore provinciale Roberto Russo, già in campagna elettorale, e della stessa Gianna Gancia: la presidente della Provincia di Cuneo, che correrà in ticket con Pichetto alle regionali, non avrebbe apprezzato l’intraprendenza dell’alleato berlusconiano.
C’è persino chi ha motivato l’improvviso annullamento della conferenza stampa convocata ieri da Pichetto e da Gancia con il brusco abbassamento della temperatura nei rapporti tra i due partiti.
FI tratta con i «Fratelli»
Situazione in «stand by», almeno per ora, sugli altri fronti. Pare che Forza Italia, sulla base di sondaggi promettenti, le stia provando tutte, a livello nazionale e territoriale, per riportare all’ovile Fratelli d’Italia-An e giocarsi la partita delle regionali.
L’Ncd sonda Ghigo
Tra oggi e domani potrebbe sciogliersi anche il rebus della candidatura per l’asse Ncd-Udc. Continua il «pressing» su Costa, il coordinatore regionale, per una candidatura di servizio.
Restano in pista i nomi di Roberto Rosso e Giampiero Leo. Contatti informali anche con Enzo Ghigo, che però avrebbe declinato l’offerta.
Ne vedremo ancora delle belle.
(da “La Stampa“)
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Aprile 12th, 2014 Riccardo Fucile
IL TORMENTO DI BONAIUTI VERSO IL NCD E IL NO DELLA CARFAGNA
Quando dopo 18 anni il tuo viso si è sovrapposto a quello del tuo leader, quando gli sei stato accanto e dietro e davanti in tutti i luoghi e tutte le inquadrature, e ne hai frenato le ire ed edulcorato gli eccessi e sdrammatizzato le uscite e smussato le gaffes condividendone vittorie e sconfitte, e poi un giorno ti vedi recapitati a casa sei scatoloni con tutte le tue cose, perchè quello che è stato il tuo studio a palazzo Grazioli serve ad altri e devi fare posto, non hai molte strade davanti.
E Paolo Bonaiuti, portavoce storico di Silvio Berlusconi, sta per imboccare l’unica che alla fine gli appare dignitosa. Andarsene da Forza Italia.
Sono ore convulse e di travaglio, e certamente mai dire mai, va lasciata una estrema possibilità di ripensamento che la notte porta prima di ogni decisione cruciale.
Ma i giochi sono quasi fatti, a sera una ricucitura veniva considerata «molto difficile», mentre l’approdo del senatore – che dopo una lunga carriera giornalistica venne eletto in Forza Italia nel ’96 e divenne da subito uomo della comunicazione di Berlusconi – dovrebbe essere in tempi brevi nel Nuovo centrodestra di Alfano.
Che lo ha cercato, corteggiato, atteso e che adesso può spendersi una vittoria simbolica, politica e di immagine sul Cavaliere che turba una Forza Italia in grave difficoltà .
La rottura umana e politica di Bonaiuti con il partito del quale è stato uno dei volti più noti e presenti è la punta dell’iceberg di un disagio che minaccia di allargarsi a macchia d’olio provocando nuove scissioni e addii pesanti.
E può fare molto male a un Berlusconi (che lo sa e ha tentato di recuperare «Paolino») e che, il giorno dopo la buona notizia sul probabile affidamento ai servizi sociali, deve affrontare questo colpo, quello mediaticamente tremendo della cattua del suo ex braccio destro Marcello Dell’Utri, sondaggi ancora negativi e la grana delle liste per le Europee che vedono non solo pochissimi volti nuovi noti e attrattivi (tra gli imprenditori, presenti solo Mattia Malgara e Giampiero Samorì), ma anche le defezioni di big che potrebbero portare voti.
Ha detto no la Carfagna, è incerto Miccichè, pure Galan non è sicuro di capeggiare il Nordest (potrebbe esserci la Gardini).
Resistono ai loro posti Toti, Tajani, Fitto, ma il leader è prostrato, scuote la testa: «Dove andiamo così? Che liste sono?».
Il tutto condito dalla rottura con Forza Campania e dalla perdita di molti esponenti locali che, dicono, stanno passando con Alfano.
Giornata nera insomma ieri ad Arcore per l’ex premier, in compagnia di Toti e atteso oggi o domani al vertice decisivo sulle candidature.
Ma la valanga non arriva inattesa. Il disagio di Bonaiuti non era un mistero per nessuno, nel partito e nel Palazzo.
Lui che per anni ha fatto da calmo e sereno parafulmine in situazioni esplosive – infinite le pezze messe con i giornalisti, dalla gaffe di Berlino sulla superiorità dell’Occidente all’editto di Sofia (celebri i suoi calci sotto il tavolo per tentare di frenare il Cavaliere), dal kapò dato al tedesco Schulz ai sorrisini sprezzanti di Merkel e Sarkozy, da Obama abbronzato alle corna a Caceres – lui che arrivava a smentire sorridendo il non smentibile, lui che nel tour della nave della Libertà nel 2000 rimase accanto al leader per tutta la crociera nonostante una rovinosa caduta gli avesse procurato una frattura alla spalla e una al polso, lui negli ultimi mesi è stato prima lentamente poi totalmente messo da parte senza che se ne capisse davvero il perchè.
Certo la sua linea contraria alla rottura con Alfano e all’uscita dal governo e anche, in estate, l’assenza per malattia dovuta a un brutto virus, lo hanno allontanato da un leader che ha preferito scegliere come fedelissimi quello che adesso, semplificando, definiscono il suo cerchio magico.
Al suo posto sono in tanti oggi a gestire il ruolo pubblico e privato di Berlusconi: da Toti alla Bergamini alla Rossi, con la presentissima Pascale.
E Bonaiuti ha subito anche lo sgarbo di non essere inserito, nell’Ufficio di presidenza, tra i membri con diritto di voto.
L’ultima volta che ha parlato con il Cavaliere è stato prima di Natale, per capire. Berlusconi lo ha riempito di belle parole, come sa fare. Ma poi silenzio. Suo e dei vertici del partito.
Silenzio rotto ieri, quando lette le anticipazioni del Fatto sul suo possibile addio Berlusconi è tornato a cercare il vecchio amico: «Ma Paolo, ma come puoi pensare che io non ti consideri importante, ma tu lo sai quanto conti per me, ti voglio bene, ragiona, aspetta».
Una, due, tre, tante telefonate in una giornata frenetica in cui si sono attivati anche i grandi mediatori – primo Gianni Letta -, ma ancora senza arrivare a risolvere una situazione che non si può sanare con la restituzione di un peso o di un ruolo, perchè quel vuoto – che peserà – è occupato ormai da altri.
Paola Di Caro
(da “il Corriere della Sera”)
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Aprile 12th, 2014 Riccardo Fucile
A MILANO AVVIO DELLA CAMPAGNA EUROPEA… GUY VERHOFSTADT: “UNIONE BANCARIA EUROPEA E MERCATO UNICO FINANZIARIO, ENERGETICO E DEI SERVIZI”
L’obiettivo è chiaro e semplice: superare la soglia del 4% ed entrare nell’europarlamento.
Parte da Milano la campagna elettorale di Scelta civica per le elezioni europee. Ma per la lista di coalizione Scelta europea (partecipano anche Centro democratico e Fare per fermare il declino) è un obiettivo difficile, visti i sondaggi che danno al movimento meno del 3%.
E per l’occasione, all’appuntamento di Milano è arrivato anche Guy Verhofstadt, il candidato alla guida della commissione europea per Alde, il gruppo dei liberali all’europarlamento, con cui Scelta europea è apparentata.
Proprio Verhofstadt va dritto al punto della campagna convintamente europeista del movimento fondato da Mario Monti: “Per noi di scelta europea – spiega nel suo intervento – uscendo dall’euro non si sconfiggono crisi e disoccupazione”.
Al contrario, ci sono “quattro cose da fare: unione bancaria europea e mercati finanziario, energetico e dei servizi unici”.
Non solo: Scelta europea “si batterà ” a Bruxelles e Strasburgo “anche per garantire libertà fondamentali e diritti civili”.
L’obiettivo di medio periodo è “un’Europa federale”: solo così “gli Stati membri potranno ritrovare la propria sovranità “. E le “elezioni del 25 maggio saranno decisive per plasmare il futuro dell’Europa e dell’Italia”.
Un concetto ripreso da Stefania Giannini, che spiega come “le prossime elezioni europee, per essere davvero tali, dovranno avere liste transnazionali”.
E “chi farà non una scelta, ma la scelta europea liberale e democratica si metterà in posizione di vantaggio rispetto al futuro”.
Perchè “chi vota Scelta europea – rivendica – sceglie di guardare al futuro e non di ritornare al passato. Noi ci mettiamo la faccia”.
La Giannini continua: “Da giovane – racconta – andai in Europa sentendomi straniera. Oggi i nostri giovani vanno in Europa da cittadini europei”.
Per il segretario di Sc “le prossime elezioni europee, per essere davvero tali, dovranno avere liste transnazionali”. E “chi farà non una scelta, ma la scelta europea liberale e democratica si metterà in posizione di vantaggio rispetto al futuro”.
(da “il Corriere della Sera“)
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Aprile 12th, 2014 Riccardo Fucile
L’ACCORDO ENTRATO IN VIGORE IL 5 APRILE 1975 IMPEGNA ITALIA E LIBANO A CONSEGNARSI RECIPROCAMENTE I SOGGETTI CONDANNATI A UNA PENA SUPERIORE A UN ANNO… MA NON E’ CONCESSA SE VIENE RITENUTA “CONNESSA A MATERIA POLITICA”
Sulla base di un accordo bilaterale firmato a Beirut nel 1970 ed entrato in vigore il 5 aprile 1975, Italia e Libano di sono impegnate a “consegnarsi reciprocamente” “gli individui che, trovandosi nel territorio di uno dei due stati, sono perseguiti e condannati dalla autorità giudiziarie dell’altro stato”.
La convenzione sulla reciproca assistenza giudiziaria — il cui testo è disponibile sul sito del ministero della Giustizia — si compone di 47 articoli.
Il capitolo I del titolo III tratta — dall’art. 14 all’art. 32 — le procedure di estradizione.
Ferma restando la protezione che ciascuno dei due stati garantisce ai propri cittadini, la Convenzione prevede che siano sottoposti a estradizione “gli individui che sono perseguiti per crimini o delitti puniti dalle leggi delle parti contraenti con una pena restrittiva delle libertà di almeno un anno” e “gli individui che sono condannati, in contraddittorio o in contumacia dai tribunali dello stato richiedente per crimini o delitti puniti dalla legge dello stato richiesto con pena restrittiva della libertà di almeno di almeno sei mesi“.
Dell’Utri, arrestato a Beirut sabato mattina, ha una condanna a 7 anni nel processo di appello bis per concorso esterno in associazione mafiosa e il 15 aprile è previsto il pronunciamento della Cassazione
Il trattato prevede inoltre che in caso di urgenza, segnalata dalle autorità richiedenti, si proceda all’arresto provvisorio, sulla base di una domanda trasmessa anche via Interpol, in attesa che arrivi l’istanza di estradizione corredata dei documenti necessari.
Riguardo invece ai casi di diniego, la Convenzione stabilisce che “l’estradizione non sarà concessa se l’infrazione per la quale è domandata è considerata dalla parte richiesta di materia politica o connessa a tale infrazione”.
“Si potrà porre fine all’arresto provvisorio se, nel termine di trenta (30) giorni dall’arresto, il governo richiesto non avrà ricevuto uno dei documenti menzionati al secondo comma dello articolo 21 (i documenti relativi alla condanna, ndr).
La liberazione esclude l’arresto e l’estradizione se la domanda di estradizione perviene successivamente”.
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Aprile 12th, 2014 Riccardo Fucile
UOVA, BOTTIGLIE E PETARDI CONTRO LE FORZE DELL’ORDINE, LA POLIZIA CARICA… MANIFESTANTE FERITO MENTRE CERCA DI LANCIARE UNA BOMBA CARTA
Lanci di oggetti, tensione, poi gli scontri, le cariche della polizia e i lacrimogeni. I movimenti sociali contro la precarietà e l’austerity tornano in piazza in una mobilitazione nazionale per il diritto all’abitare, contro il governo Renzi, il jobs act e il piano casa del ministro Lupi.
E in via Veneto, davanti al ministero del Lavoro, dopo un lungo stallo, le forze dell’ordine hanno reagito al lancio di petardi e “bomboni” da parte di una delle teste del corteo composto soprattutto da manifestanti con i caschi calzati e il volto coperto, caricando il gruppo fino a piazza Barberini.
Feriti alcuni attivisti, di cui uno, straniero di 47 anni, in maniera grave: ha perso alcune dita della mano, probabilmente per l’esplosione di un petardo ed è stato soccorso dagli altri manifestanti prima dell’arrivo dell’ambulanza che lo trasportato all’Umberto I.
Colpiti anche due agenti delle forze dell’ordine medicati al San Giovanni, alcuni poliziotti e un funzionario.
Gli scontri sono proseguiti fino a piazza Barberini e l’inizio del via del Tritone tra fughe, scoppi di petardi e fumo dei lacrimogeni. Alcuni manifestanti sono stati bloccati a terra dagli agenti e poi portati nelle retrovie per il fermo.
La manifestazione era partita da Porta Pia, punto di inizio e d’arrivo, intorno alle 15 con in testa lo striscione “Ribaltiamo il governo Renzi. Cancelliamo il decreto Lupi”, seguito da un camion per musica e interventi su cui campeggia la scritta: “Casa, reddito e dignità “. Direzione ministero del Lavoro: “Siamo 15mila. Assaltiamo i palazzi del potere in maniera colorata e rumorosa con la giusta rabbia” dice il leader dei Blocchi precari metropolitani Paolo Di Vetta.
Poi, nei pressi del ministero un gruppetto di circa 70 manifestanti ha calzato i caschi coprendosi il volto con fazzoletti o maschere di Guy Fawkes salendo in via Veneto verso le camionette di carabinieri e polizia che chiudono la strada in direzione di Porta Pinciana. Sono stati esplodi alcuni petardi e lanciati uova, ortaggi e un paio di bottiglie contro le forze dell’ordine schierate in assetto antisommossa. Il “servizio d’ordine” della manifestazione li ha però invitati a restare calmi. Altri manifestanti hanno invece indossato impermeabili azzurri: “Siamo i blu-bloc”. Poi è esplosa la tensione.
(da “La Repubblica“)
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Aprile 12th, 2014 Riccardo Fucile
IL REATO DI ASSOCIAZIONE MAFIOSA NON E’ RICONOSCIUTO IN LIBANO
“Chi parte per Beirut, e ha in tasca un miliardo. Na-na-na-na-na-na-na. E il cielo è sempre più bluuu-u-u…”. Parole di Rino Gaetano.
Citazione dedicata a Felice “Felicino” Riva, presidente del Milan nel 1965 e bancarottiere da 46 miliardi di lire nel 1969 (15mila lavoratori del Cotonificio Vallesusa mandati a casa).
Ma soprattutto latitante a Beirut fino al 1982. Quando la guerra sconsigliò a tutti di esibirsi nello sci d’acqua davanti ai lettini dell’hotel St. Georges. E anche a lui.
Beh, a quanto pare la storia si ripete.
E “Felicino” lascia il posto a Marcello “Marcellino” Dell’Utri. Che non ama lo sci d’acqua ma, dicono, il “fermento culturale” della Parigi del Medio Oriente.
Dove è vero che ogni tanto qualcuno salta in aria, però il martini cocktail è ancora un martini cocktail, accidenti, i tramonti ispirano affari e la primavera, più che d’arabia, sa di quell’odore acre ma eccitante che solo il carburatore di una Ferrari è capace di spandere nell’aria.
Ora, noi tutti ci auguriamo che “Marcellino” sia finito lì (questo direbbero le intercettazioni) per curarsi e non per sfuggire a una possibile conferma della condanna a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa da parte della Cassazione.
E prendiamo le parole che ha dettato ieri al suo difensore, non sappiamo se da una clinica o da una villa nel lussuoso quartiere di Ashrafieh, come oro colato: “Non intendo sottrarmi al risultato processuale”.
Ma questa sua, diciamo così, lontananza un po’ sospetta lo è. Per modi e per tempistica.
C’è una linea di confine etica, non solo politica, che nessun uomo delle istituzioni, per quanto ex (onorevole, senatore, parlamentare europeo), dovrebbe varcare: quella dell’assunzione di responsabilità di fronte alla legge. Piaccia o non piaccia.
Ma da questo punto di vista Beirut è sempre stata elastica. Di linee ne ha viste tante. Quella “verde” che segnava il confine tra Est e Ovest, ai tempi della guerra che rovinò la latitanza di “Felicino”, era l’incubo dei conducenti di taxi perchè negli scheletri dei palazzi che la segnavano s’annidavano i cecchini.
Tanto che, per attraversarla, contavano i colpi dei caricatori dei kalashnikov.
E, appena si convincevano che fossero esauriti, avevano sette secondi per passare. A volte.
Oggi ritrovarla è un po’ come andare a caccia del Muro a Berlino. Cancellata da una sontuosa ricostruzione. Sono rimasti i kalashnikov, ma quelli pure in Sicilia.
Dove Cosa Nostra non è mai stata schizzinosa tra chi l’appoggiava dall’interno o dall’esterno.
Fattispecie di reato, quest’ultima, che difficilmente verrebbe accolta dalla magistratura libanese in una eventuale richiesta di estradizione.
Ecco perchè Dell’Utri potrebbe rimanere libero
Martedì è attesa la sentenza della corte di Cassazione: se venisse confermata la condanna a 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa, le carte passerebbero agli uffici competenti libanesi i quali, non esistendo nel paese il reato in questione, potrebbero non avallare l’estradizione.
Dunque l’ex senatore potrebbe restare in libertà a Beirut.
(da “Huffingtonpost“)
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Aprile 12th, 2014 Riccardo Fucile
“AVEVA CON SE’ DECINE DI MIGLIAIA DI EURO”…. PER L’AVVOCATO “E’ LA DIMOSTRAZIONE CHE NON INTENDEVA SOTTRARSI ALLA GIUSTIZIA ITALIANA”
È già finita la grande e imbarazzante fuga di Marcello Dell’Utri.
L’ex senatore di Forza Italia è stato fermato a Beirut, questa mattina alle 9.30 (10.30 in Libano). L’annuncio è venuto direttamente dall’ex compagno di partito il ministro dell’Interno Angelino Alfano al congresso del Nuovo Centrodestra: “Sarà estradato”. Sull’ex numero di Publitalia, amico personale di Silvio Berlusconi, nonchè cofondatore di Fi, pendeva un ordine di cattura emesso dai giudici di Palermo per la condanna a 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa.
Dell’Utri era in un lussuoso albergo l’Intercontinental Phoenicia.
L’ex senatore, che aveva con sè “alcune decine di migliaia di euro” al momento dell’arresto ed era in possesso di un passaporto italiano, si trova ora negli uffici della polizia libanese.
Quando i poliziotti hanno bussato alla porta della sua camera era a letto e non ha detto una parola. La sua individuazione è stata stata possibile grazie a una segnalazione dell’Interpol.
I pagamenti effettuati da Dell’Utri sono avvenuti con le sue carte di credito.
Il ministro della Giustizia Andrea Orlando firmerà a breve la richiesta di estradizione. Il Guardasigilli sta rientrando a Roma (era a Torino per l’apertura della campagna elettorale del Pd) per dare il suo via libera.
Dall’ambasciata in Libano fanno sapere che a Dell’Utri è stata data “assistenza consolare come in tutti casi di connazionali arrestati” anche se allo stato non è il personale diplomatico non ha avuto ancora modo di potergli parlare.
Gli inquirenti del Dipartimento di intelligence della polizia libanese lo non stanno interrogando.
Il primo commento arriva da Palermo, il pg Luigi Patronaggio, che aveva chiesto l’arresto, dice: “Nonostante la forte pressione mediatica che talvolta rischia di vanificare il nostro lavoro e quello delle forze di polizia che ci collaborano, ritengo che, in sinergia con la Dia e l’Interpol, con l’arresto di Dell’Utri abbiamo ottenuto un ottimo successo operativo. Attendiamo adesso con serenità l’esito del processo in Cassazione”.
Il 15 aprile è prevista infatti l’udienza che dovrà confermare o annullare quel verdetto. Per questo gli inquirenti di Palermo avevano chiesto e ottenuto, dopo aver ottenuto in passato due no, il mandato di arresto.
L’8 aprile l’ex parlamentare però non era stato rintracciato dagli investigatori che erano andati in carcere a cercarlo e il 10 per lo Stato italiano l’ex parlamentare è diventato formalmente latitante.
Ieri, dopo la diffusione della notizia della sua scomparsa, era stato emesso il mandato di arresto internazionale eseguito dalla polizia libanese. È il Dipartimento di intelligence della polizia libanese, che ha competenze anche su questioni di criminalità organizzata e terrorismo, che al momento tiene in custodia Dell’Utri.
Ieri Dell’Utri tramite una nota aveva fatto sapere: “Mi sto curando. È aberrante la richiesta“.
“Tengo a precisare che non intendo sottrarmi al risultato processuale della prossima sentenza della Corte di Cassazione; e che trovandomi in condizioni di salute precaria — per cui tra l’altro ho subito qualche settimana fa un intervento di angioplastica — sto effettuando ulteriori esami e controlli”, senza però dire dove. Un indizio che Dell’Utri potesse essere in Libano era stato captato dagli investigatori nei mesi scorsi, quando il fratello Alberto al telefono disse: “In Libano Marcello starebbe bene”.
“Ora è trattenuto dagli agenti e spero possa essere liberato in attesa della procedura di estradizione — dice l’avvocato Giuseppe di Peri che non ha ancora sentito Dell’Utri. ”Spero che la polizia locale gli abbia fatto contattare un avvocato del posto. Le procedure per l’estradizione — spiega il legale — sono partite ma passerà almeno qualche settimana”.
Intanto, spiega l’avvocato, Dell’Utri potrebbe essere considerato in stato d’arresto o rilasciato in attesa dell’esito delle procedure di estradizione: “Dipende dalle leggi del posto”.
Le ultime tracce che Dell’Utri aveva lasciato erano in Libano.
Il 3 aprile l’ex senatore era nel paese mediorientale perchè uno dei suoi telefoni è stato intercettato “nei dintorni della città libanese di Beirut”. L’ex parlamentare era stato visto inoltre sul volo Parigi-Beirut il 24 marzo. Il testimone aveva visto l’ex senatore viaggiare “in business” e aveva assicurato di averlo visto ritirare il bagaglio una volta atterrato e uscire dall’aeroporto. L’intercettazione che aveva fatto scattare l’ordine di cattura risale a novembre.
Nella conversazione il fratello Alberto parlando col proprietario del ristorante Assunta Madre di Roma Vincenzo Mancuso, diceva di “accelerare i tempi” e faceva riferimento alla Guinea che “concede facilmente i passaporti diplomatici”.
Mentre in un’altra intercettazione il fratello Alberto, sempre con Mancuso, affermava: “Il programma è quello di andarsene in Libano perchè lì è una città dove Marcello ci starebbe bene perchè lui c’è già stato la conosce, c’è un grande fermento culturale… per lui andrebbe bene”.
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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