Aprile 1st, 2014 Riccardo Fucile
SECONDO IL GOVERNO 43.000 PERSONE SONO TORNATE NELLE LORO CASE, MA DOPO 5 ANNI ALL’AQUILA REGNA RASSEGNAZIONE E RABBIA… IL COMUNE PRESENTA IL CONTO AI 19.000 INQUILINI DELLE C.A.S.E. CHE SI RIFIUTANO DI PAGARE
C’è un buco di undici milioni di euro nei conti del progetto C.a.s.e.
Le 185 palazzine antisismiche costruite dall’allora Governo Berlusconi per consentire un alloggio immediato agli sfollati pochi mesi dopo il sisma del 6 aprile 2009 hanno i conti in rosso.
Il buco riguarda le spese di gestione (manutenzione, riscaldamento, luce, pulizia) e pesa come un macigno sulle casse del Comune dell’Aquila.
L’esposizione aumenta giorno dopo giorno, tanto che anche la Corte dei Conti ha aperto un’inchiesta per danno erariale e il sindaco Massimo Cialente rischia di essere chiamato a risponderne.
Da più di un anno e mezzo l’amministrazione comunale ha iniziato a chiedere il conto agli inquilini terremotati (sia per quanto riguarda il canone di locazione che per i consumi) ma si è trovata di fronte al caos, sia per il sistema di calcolo adottato, sia per le polemiche che ne sono seguite.
E se le bollette ai 19 mila inquilini delle case del “miracolo aquilano” sono arrivate ai destinatari, il numero di morosi è molto alto e in centinaia annunciano ricorso.
Gli inquilini denunciano errori di calcolo, ritardi e mancata trasparenza.
“Ogni quartiere della new town e dei Map è stato costruito da imprese diverse, con differenti capitolati, avendo ognuna realizzato gli impianti con criteri propri. Difficile quantificare i consumi e rendere omogenei i costi delle utenze. Impossibile stabilire la classe energetica degli alloggi. Nel calcolo viene addebitata ai cittadini aquilani anche una presunta e ipotetica “acqua condominiale” per il periodo in cui invece l’acqua è passata a carico dei singoli nuclei, con un aggravio immotivato di 1.400.000 euro” spiegano i rappresentanti del comitato cittadino Inter-C.a.s.e. “e questo è solo una delle tante incongruenze di queste bollette pazze”.
E la vicenda si complica sempre di più al punto che da alcune settimane hanno bussato alle porte del Comune due società di recupero crediti (la Sace e la Hera Comm.) per conto di una delle aziende che fornisce l’energia.
“Alla Sace – ha spiegato l’assessore comunale al Bilancio, Lelio De Santis – dobbiamo versare 3 milioni in rate da 130 mila euro al mese. All’Enel, invece il piano prevede rate da 350 mila euro mensili. Purtroppo però non siamo in grado di onorare il debito e dunque osservare il piano perchè purtroppo gli assegnatari non si mettono ancora in regola con i fitti pregressi”.
Il debito del Comune cresce sempre di più fra interessi passivi e quelli per ritardato pagamento: “Ora saremo costretti a rinegoziare il piano di rientro chiedendo di poter spalmare le rate che sono a 12 mesi fino a 18. Ciò con un ulteriore aggravio di spesa”.
Secondo De Santis , gli assegnatari del Case stanno lentamente acquisendo la consapevolezza della necessità di pagare il canone.
“Proprio in questi giorni attraverso il nostro messo comunale stiamo notificando le diffide ai morosi. Si tratta di circa mille assegnatari che non hanno mai pagato il canone di locazione. Decorsi 30 giorni, attueremo gli sfratti”.
Il Comune – tra canoni di locazioni e bollette per consumi e manutenzione – ha un debito che può pagare soltanto “se i cittadini pagano”.
L’assessore al Bilancio ha anche lanciato un appello ai cittadini: “Pagate le bollette, in attesa di controlli sulle disfunzioni che il Comune sta portando a termine. Altrimenti qui ci andiamo di mezzo tutti”.
(da “La Repubblica”)
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Aprile 1st, 2014 Riccardo Fucile
NEL BAULE DEI RICORDI, LA CITTA’ E I SOCIALNETWORK
Sarà perchè nessuno dice più “Ci vediamo sotto i portici”, o forse perchè per prendere un caffè nel bar della Villa Comunale c’è bisogno di fissare un appuntamento in anticipo.
O più semplicemente sarà perchè il cuore della città , quello che da sempre è stato il centro per gli aquilani, è fermo e silenzioso da cinque anni.
Qualsiasi sia il motivo, il risultato è sorprendente: il gruppo Facebook ‘Sei aquilano se…’, nato alla fine di gennaio 2014, in meno di due mesi ha raccolto più di 15mila iscrizioni.
Un successo che ha colto di sorpresa soprattutto le ideatrici della pagina, nata come ‘iniziativa spiritosa’ e diventata, a tempo record, il luogo (non solo virtuale) dove condividere i ricordi di una città che era e non è più, di una tradizione che non vuole scomparire e di una società che non ci sta a rimanere divisa e disgregata nelle periferie e nelle new town.
La piazza virtuale si popola
“All’inizio l’idea era quella di attivare un gruppo che fosse una sorta di baule di ricordi: costretta a casa da un periodo di malattia, ho pensato di ingannare il tempo raccogliendo sul web esperienze, pensieri e memorie, invitando le persone della mia generazione, quelle tra i 50 e 60 anni, che come me avevano perso nel terremoto la loro città . Ma la risposta della Rete è stata eccezionale: le richieste di adesione ci hanno sommerso, tanto che quasi non riuscivamo a smaltirle”.
Angela Schiavone, che insieme a Francesca Romana Cerqua gestisce il gruppo ‘Sei aquilano se…’, ancora stenta a credere a tanto successo.
Facebook, che dopo il sisma del 2009, è diventato il luogo dove gli aquilani possono incontrarsi, ritrovarsi, tenersi in contatto, non potendolo fare più di persona, è diventato il ‘corso virtuale’.
“Abbiamo iniziato a postare antiche foto dei luoghi dell’infanzia, a ricordare i personaggi che caratterizzavano la città , a rivangare le vecchie abitudini che ci accomunavano — la spesa al mercato, il tramezzino a ricreazione al bar Eden, la pizza calda con la mortadella a Trippitelli quando nevicava -, a scrivere aneddoti e modi di dire, soprattutto in dialetto.
Presto — racconta Schiamone — si sono creati sottogruppi: c’è quello che si scambia poesie, quello più impegnato sui temi che affliggono la popolazione e quello che, invece, usa il gruppo per scherzare e per allontanarsi un po’ dal dolore che lo ha segnato”.
Sorprendentemente, sottolinea Angela, le persone che partecipano alle discussioni più leggere sono proprio quelle che nel terremoto hanno subito le perdite più gravi. “Come se — spiega — il gruppo di Facebook fosse un mezzo per alleviare la loro tristezza”.
Visite guidate e merende. Da scrigno di parole e immagini,
‘Sei aquilano se…’ si è trasformato presto in fucina di progetti ma, soprattutto, ha allargato il bacino di ‘amici’.
“Ai ricordi più lontani nel tempo — dice l’ideatrice — si sono aggiunti quelli più recenti di ragazzi e adolescenti, che, purtroppo, il centro dell’Aquila lo hanno vissuto meno di tutti”.
Per dare ai giovani la possibilità di conoscere quello che era la loro città e per rinfrescare la memoria degli altri, le curatrici del gruppo hanno dato appuntamento a tutti in piazza Duomo, organizzando una serie di ‘visite guidate’ tra i vicoli feriti. “L’Aquila è divisa in quattro quarti — spiega Schiamone -: abbiamo pensato di mantenere la divisione e, con tre guide, siamo andati alla ‘ri-scoperta’ del nostro passato”.
Il tam-tam, naturalmente, è scattato in Rete e, per tre domeniche, centinaia di persone si sono trovate nella piazza principale e da lì sono partite per una passeggiata in compagnia.
“Nonostante il tempo, che finora non ci ha aiutato, hanno partecipato in tanti. Persone che si conoscono da tempo, ma che in questi cinque anni si sono perse di vista, vicini di casa di una volta, che prima si incontravano tutti i giorni e che ora si ritrovano solo al centro commerciale, ma anche persone che ora vivono in altre città e che hanno colto l’occasione per respirare di nuovo aria di casa”.
E, per rendere ancora più gioiosi gli appuntamenti, alcuni membri del gruppo hanno pensato di chiudere ogni visita guidata con aperitivi (che data la quantità di cibo offerto da ognuno, sarebbe meglio definire pranzi) e merende in piazza Duomo.
Amicizie, amori e…
“Chi non si conosceva prima, fa nuove amicizie ora. Per esempio, ho scoperto che la signora dell’edicola che si trova dove abito adesso, in periferia, ha aderito al gruppo. Ci siamo conosciute su Facebook, poi ci siamo riconosciute per strada. È nato anche un grande amore, così come ci sono discussioni e qualche litigio, proprio come succede tra amici”, dice ancora Angela, che già sta pensando ai prossimi progetti.
Il primo è una ‘mappatura’ delle attività delle persone del gruppo: “I negozi non sono più dove erano, ma alcuni sono stati riaperti: questa mappa ci aiuterà a ritrovarci”.
Ma non finisce qui: “Dato che abbiamo notato che i post che piacciono di più sono quelli in cui ci diamo da fare per radunarci, stiamo pensando di dare una mano anche ai più anziani che, magari, non riescono a raggiungerci in centro. Presto organizzeremo feste all’aperto nelle aree delle new town”.
Un’iniziativa che non guarda avanti e che non vuole restare solo in Rete: “Presto — promette Angela — pubblicheremo una raccolta con i contributi migliori della nostra pagina Facebook”.
Piera Matteucci
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Aprile 1st, 2014 Riccardo Fucile
E PER FINIRE UNA CENETTA CON BLAIR PER PARLARE DI TAGLI E FLESSIBILITA’
Sistemato Pietro Grasso e gli ‘oppositori’ alla sua riforma costituzionale, i cosiddetti “benaltristi” come li ha chiamati in conferenza stampa a Palazzo Chigi, Matteo Renzi è volato a Londra e da lì ha lanciato il suo secondo dictat: sul decreto del lavoro preparato dal ministro Giuliano Poletti, varato dal consiglio dei ministri e ora in discussione in commissione alla Camera.
Non poteva scegliere palcoscenico migliore per il guanto di sfida su un terreno che vede già schierata la variegata minoranza del Pd, pronta a dar battaglia proprio a Poletti domani sera in un incontro di tutti i deputati col ministro.
Renzi parla da Downing Street, stabilisce che “serve più flessibilità ”, lo fa di fianco al premier conservatore David Cameron, ‘padre’ di una riforma del welfare molto discussa dai laburisti, entrata in vigore — manco a farlo apposta — proprio oggi, e convinto sostenitore della necessità di allentare le politiche di austerity europee.
Ma soprattutto Renzi lancia il suo messaggio, che come sempre non ammette tentennamenti, dalla patria del suo primo ispiratore: Tony Blair, ex premier, ma soprattutto ex leader del Labour della Terza Via, quello che costruì sulle fondamenta liberiste gettate da Margaret Thatcher.
Proprio con Blair, ora consulente della banca di investimenti Jp Morgan, il premier italiano ha in programma il suo ultimo incontro della prima giornata a Londra: stasera a cena all’ambasciata italiana.
Un po’ come Mario Monti che a febbraio 2012 annunciò i suoi piani di liberalizzazione e riforma del lavoro da Washington dopo l’incontro con Barack Obama, così Renzi approfitta della scena londinese per confermare i suoi propositi in materia di flessibilità e revisione delle norme sul lavoro.
Del resto, l’argomento non capita a caso, ma emerge in maniera abbastanza naturale dal giro di incontri del premier italiano nella capitale britannica, oltre a quelli ufficiali con il suo omologo inglese Cameron e con il leader del Labour Ed Miliband.
Oggi Renzi si è intrattenuto per tre quarti d’ora con i rappresentanti della comunità italiana che lavora nelle grandi realtà finanziarie della City: Morgan Stanley, Jp Morgan, Merrill Lynch, Goldman Sachs, Vodafone, ma anche manager di Finmeccanica ed Eni, il numero uno di Cable & Wireless, Francesco Caio.
A loro Renzi ha chiesto suggerimenti, consigli per risollevare le sorti dell’economia italiana, sapendo di parlare anche a esponenti dei fondi sovrani che detengono parte del nostro debito pubblico, nonchè a banche di investimento che se lo rivendono e a banchieri che ne gestiscono il rischio.
Domattina il premier vedrà la parte inglese delle stesse realtà finanziarie.
Sarà un incontro informale ma molto significativo dato l’interesse degli stranieri verso i mercati italiani, soprattutto in vista dei piani di privatizzazione del governo Renzi, filone – anche questo — che lo accomuna al conservatore Cameron, il quale ha appena privatizzato la storica ‘Royal mail’, il servizio di posta inglese, attirandosi critiche da sinistra.
La visita a Londra è stata anche l’occasione per ricucire con l’Economist, che, dopo l’infatuazione iniziale, ha descritto Renzi come un ‘Gambler in a rush’, un ‘Giocatore d’azzardo che va di fretta’.
E poi l’inaugurazione della mostra ‘The glamour of Italian Fashion 1945-2014’ al Victoria & Albert Museum, con piccole contestazioni e l’accusa di Valentino: “Perchè questa cosa deve essere a Londra e non in Italia? Io sono un pilastro della moda italiana e in Italia non la fanno. Questa è una cosa non bella per l’Italia. La moda è una cosa bella e dà tanti soldi. Mi sono già incavolato”.
Ma il boccone più ghiotto per il segretario del Pd è la cena con Blair. Renzi lo ha incontrato due anni fa a Firenze, nell’ormai noto pranzo sulla terrazza del lussuoso St. Regis Hotel di Firenze.
Stavolta la scena sarà più parca, istituzionale, l’ambasciata italiana appunto, perchè stavolta Blair incontra Renzi da premier.
Il ‘Tony Blair italiano’, come lui stesso si definisce e come lo definiscono anche gli avversari politici, incontra ancora ‘the original Tony Blair’.
Per Renzi è più dell’incontro con Cameron o Merkel, dal punto di vista del ‘feeling’, forse anche più del colloquio con Obama, la scorsa settimana a Roma. Blair è colui che ha sdoganato a livello mondiale il liberismo nella cultura socialista, tra sana concorrenza e meritocrazia, finanziarizzazione dell’economia e welfare meno assistenzialista.
Una scena perfetta per lanciare la riforma del lavoro di stampo renziano, quel decreto Poletti che sarà seguito da una legge delega ma che intanto, domani sera, quando il premier sarà tornato in Italia, finirà sul tavolo della discussione tra i deputati Pd e il ministro del Lavoro.
Il “drive”, dicono dall’entourage del premier da Londra, è di “andare avanti” sulle nuove norme per contratti a termine e apprendistato.
Del resto, anche lo stesso ministro Poletti lo ha fatto ben capire oggi in audizione in Senato: “Siamo profondamente convinti della bontà di questo decreto e pensiamo che, nella sostanza, vada approvato così come lo abbiamo presentato”.
Stessa tattica usata per le riforme costituzionali.
(da “Huffingtonpost”)
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Aprile 1st, 2014 Riccardo Fucile
IL GOVERNATORE DELLA BANCA D’ITALIA DA ATENE SMENTISCE RENZI: “LA FLESSIBILITA’ C’E’ GIA’ STATA, MA E’ STATA UTILIZZATA DALLE IMPRESE SOLO A PROPRIO VANTAGGIO, SENZA INNOVARE. I RAPPORTI DI LAVORO DOVREBBERO ESSERE A LUNGO TERMINE”
Due visioni opposte sulla flessibilità dei contratti.
La prima è quella del premier Matteo Renzi, oggi a Londra per incontrare David Cameron, convinto che la crisi occupazionale in Italia sia stata causata anche da una mancanza di flessibilità nel mercato del lavoro.
La seconda opinione, completamente differente, è quella del governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, ad Atene per un vertice informale Ecofin.
Per Visco, infatti, finora la flessibilità è esistita, eccome. Ma è stata utilizzata dalle imprese in maniera “non utile”.
Non solo: i rapporti di lavoro dovrebbero essere a lungo termine.
Ecco le due dichiarazioni:
Matteo Renzi:
“I dati sulla disoccupazione lo dimostrano: nel 2011 l’Uk era all’11% e l’Italia all’8,4%, ora loro sono al 7%” e noi al 12,3%: in questi anni abbiamo perso troppa strada, noi abbiamo un sistema che manca di flessibilità . In Italia abbiamo 2100 articoli nel codice del lavoro. Noi pensiamo di scendere a 50-60 articoli, traducibili anche in inglese, che assicurino tempi certi”.
Ignazio Visco:
“Sul fronte del lavoro abbiamo osservato una flessibilità non utile, utilizzata da imprese che non hanno innovato, ora stanno innovando, ma per lungo tempo hanno rinviato riducendo il costo del lavoro sfruttando la flessibilità . Bisogna perseguire una flessibilità diversa”.
Le imprese che assumono, così come i lavoratori, hanno entrambi interesse a creare dei rapporti di lavoro a lungo termine.
Spiegando che preferisce parlare “di rapporti, non di contratti”, Visco ha detto che “è più facile che entrambi, chi dà lavoro e chi lo prende, accettino di investire se il rapporto è stabile”
Proprio ieri la Commissione europea ha pubblicato il rapporto trimestrale sulla condizione lavorativa e sociale, precisando che il ricorso ai contratti a termine è aumentato per sostituire il posto fisso.
(da “Huffingtonpost“)
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Aprile 1st, 2014 Riccardo Fucile
LA FRANGETTA AL POSTO DEI BAFFETTI, ECCO I NUOVI ANZIANI RENZIANI
La frangetta invece dei baffetti. Sono questi i nuovi del Pd di Renzi?
Prendete Debora Serracchiani. Accendi la tv al mattino e te la trovi davanti. Al tg rieccola. Ti accompagna fino a sera con il suo sorriso che non capisci se in fondo ti derida.
Se ti voglia quasi mordere, come ha fatto con il presidente del Senato, Pietro Grasso, liquidato come uno scolaretto che non rispetta la disciplina di partito.
È sempre lì, tanto che ti chiedi se abbia trasferito l’ufficio di governatore del Friuli Venezia Giulia a Roma, Saxa Rubra
Tutti se la ricordano catapultata sulla ribalta nazionale nel 2009 con un discorso da rottamatrice ante-litteram all’assemblea Pd.
Era il 21 marzo, bastarono 13 minuti per segnare la primavera di Debora.
Per farla diventare leader nazionale e cucirle addosso l’etichetta di nuovo.
Ma a leggere il curriculum di Serracchiani — se sfugge la data di nascita, 1970 — viene il dubbio di trovarsi davanti un’ottantenne, tante sono le poltrone accumulate.
Nel 2006 viene eletta al consiglio provinciale di Udine. Carica riconfermata nel 2008 (con l’aggiunta di segretario cittadino Pd).
Ma in un anno Serracchiani cambia già orizzonte: Bruxelles. Il Friuli le sta stretto.
Grazie a quei 13 minuti di gloria viene candidata alle Europee. E l’elettorato Pd la premia con 144.558 voti. Parlamentare europeo a 39 anni. Giovani come Debora, spera qualcuno, manderanno in pensione le vecchie cariatidi della politica che vedono Bruxelles come un parcheggio. Dove si fa poco e si guadagna molto.
Ma a lei nemmeno l’Europa basta: il 21 ottobre 2009 viene eletta segretario Pd del Friuli Venezia-Giulia. Bruxelles, Udine e Roma.
È questo il nuovo? Debora mantiene la frangetta, ma comincia una metamorfosi dei modi. L’entusiasmo degli esordi lascia spazio a un piglio deciso che zittisce chi osa contraddire. Come certi politici vecchia maniera. Serracchiani è un rullo compressore. E presto anche l’Europa le sta stretta.
Prima ventila una candidatura alle primarie per la segreteria Pd. Poi nel 2013, lasciando a metà il mandato europeo per il quale si era impegnata con gli elettori, si candida alle Regionali del Friuli. Presidente di Regione, un impegno a tempo pienissimo.
Ma Serracchiani riprende la spola tra Udine e Roma, un presenzialismo che non si capisce se serva a promuovere la Regione o la carriera personale.
Dopo un mese è nominata responsabile nazionale Pd per i Trasporti e le Infrastrutture. Regnava Guglielmo Epifani.
A dicembre Matteo Renzi la conferma. Impossibile metterla in discussione, Serracchiani è il nuovo. Fino all’ultimo capitolo: dal 28 marzo ha la poltrona di vice-segretario Pd.
Altro impegno full time. Serracchiani esordisce con piglio energico.
Prende per l’orecchio il presidente Grasso che osa mettere in discussione la riforma Renzi del Senato: deve rispettare le decisioni del Pd. Punto
Una frase che ti fa pensare ai baffetti di Massimo D’Alema. Ma adesso è tempo di frangette.
E allora ti chiedi in che cosa siano diversi i Renzi-boys (o girls).
Gente che, come i predecessori, ha lavorato una manciata di anni (molti nemmeno quelli, leggete i curricula dei ministri) prima di diventare politici di professione.
Nuovi potenti che fanno collezione di poltrone, ma spesso hanno gli stessi titoli dei loro coetanei laureati che fanno la coda per i concorsi di vigile.
Sembra più giovane l’ottantenne senatore a vita Carlo Rubbia che in un’intervista a Repubblica dice: “Non mi preoccupa la mia morte. Le cose sono e continueranno a essere, resterà ciò che abbiamo costruito, l’amore che abbiamo saputo offrire, l’amore che abbiamo meritato. Vado avanti come se niente fosse, imparerò quello che ancora riuscirò a imparare”.
Questo è un giovane.
Ferruccio Sansa
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Aprile 1st, 2014 Riccardo Fucile
INTERVISTA A PAOLO ROMANI, CAPOGRUPPO A PALAZZO MADAMA
Presidente Romani, Renzi, leggendo le sue dichiarazioni ha affermato: “Non so quali film veda Romani”.
Risposta: “Adoro i film di guerra, soprattutto quelli sul Vietnam, da Hamburger hill a Platoon. E poi Full metal jacket… Straordinario”.
Paolo Romani è uomo di spirito, sorride sornione mentre gioca sulla metafora (dei film e soprattutto del Vietnam) per spiegare all’HuffPost quale accoglienza troverà in Senato la bozza di riforma illustrata da Renzi: “Il Senato? Cosa succede in Senato si vedrà . So quello che succedeva in Vietnam, quando i vietcong facevano le gallerie sotto il terreno calpestato dai soldati americani e il 29 aprile del ’75 entrarono vittoriosi nell’ambasciata americana di Saigon”.
Della battaglia di palazzo Madama il capogruppo di Forza Italia ne ha parlato lunedì sera ad Arcore con Berlusconi: “Il Vietnam era una guerra dove nessuno sapeva dove fosse il nemico. Ora non è obbligatorio essere vestiti col pigiama nero dei Vietcong, ma Renzi ha lo stesso problema”.
Fuor di metafora: Forza Italia voterà la proposta di riforma del Senato presentata da Renzi così come è?
Assolutamente no. Al di là della questione dell’elezione diretta o no dei Senatori, è inaccettabile che, ad esempio, la Lombardia sia rappresentata da due senatori eletti dai consigli regionali e da due senatori eletti dai sindaci. Per un totale di quattro, esattamente come la Valle D’Aosta. Ed è inaccettabile che quello che viene proposto come un Senato di garanzia rispetto alle autonomie sia composto dai medesimi membri delle autonomie.
Sta dicendo che il controllore è al tempo stesso il controllato?
Esatto, questo non funziona.
Cosa proponete voi?
Più semplicemente che gli elettori delle regioni eleggano i loro rappresentanti al Senato nello stesso giorno in cui eleggono i consigli regionali. Rappresentanti che non godrebbero di alcuna indennità . Il che evidentemente non comporta nessun costo aggiuntivo, se non una scheda elettorale in più. Questo consentirebbe di avere un Senato di garanzia.
Se ho capito bene, per voi il Senato deve essere tutto elettivo.
Certo, e il sistema che le ho sinteticamente spiegato è figlio di un sistema monocamerale. Veda, in un sistema monocamerale, la Camera politica è una, l’altra è di garanzia. Sulla base di queste considerazioni c’è un terzo elemento della proposta Renzi su cui siamo contrari. E riguarda l’elezione del presidente della Repubblica.
Prego.
Non ci giro attorno: noi siamo contrari che il Senato elegga il capo dello Stato. Per come è congegnato il meccanismo fa sì che col 30 per cento riesci ad eleggere un presidente della Repubblica del tuo colore. Mi spiego: alla Camera l’Italicum ha il premio di maggioranza, al Senato, per come lo vuole Renzi, entrano sindaci e amministratori che in questo momento sono per la maggior parte del Pd e il gioco è fatto.
Quale è la vostra di proposta?
Un capo dello Stato eletto dai cittadini e comunque non eletto dal Senato. Guardi, non si tratta di posizioni improvvisate. L’impianto con cui ci confronteremo con Renzi è praticamente lo stesso della riforma che varammo nel 2006: riduzione dei parlamentari, elezione diretta del capo dello Stato, rafforzamento dei poteri dell’esecutivo con possibilità di revocare i ministri. Anzi, su questo siamo rimasti colpiti del fatto che Renzi non abbia detto nulla, dopo alcune anticipazioni giornalistiche non smentite che annunciavano la sua volontà di rafforzare i poteri del governo.
Presidente Romani, ricapitoliamo che la materia è ostica. Provo a fare una sintesi: se Renzi vi dice “prendere o lasciare”, voi votate contro. Siete invece pronti a un confronto sulla base delle cose che mi ha detto: un altro tipo di Senato e una nuova forma di governo.
Promosso. E questo ragionamento che abbiamo fatto riguarda il merito della riforma. Poi però, anzi prima, facciamo una obiezione di metodo: secondo l’accordo che Berlusconi e Renzi hanno sottoscritto al Nazareno era stabilito che prima si chiudesse la legge elettorale e poi si sarebbe dovuto discutere di riforme.
Che cambia?
Cambia, eccome. Non vorremmo che un governo per la terza volta non votato dai cittadini possa prolungare la propria permanenza a palazzo Chigi per mancanza di una legge elettorale.
Cioè lei dice: quando voleva tirare giù Letta, Renzi sentiva l’esigenza di fare la legge elettorale, ora che a palazzo Chigi c’è lui…
Esatto. E dico: noi stiamo tenendo fede al patto sottoscritto. È Renzi che lo ha cambiato. Le racconto come andò quell’incontro: si parlò a lungo di legge elettorale e proprio quel pomeriggio accettammo il ballottaggio che per noi è sempre stato indigesto, parlammo del 117 e accennammo alla riforma del Senato. Ma sul tema Berlusconi e Renzi si riproposero un approfondimento. Quindi ci fu un’istruttoria, c’è stato un approfondimento, ora serve un nuovo incontro tra Berlusconi e Renzi.
Renzi però ha tirato dritto mostrando di aver intenzione di ascoltare le vostre richieste.
Insistiamo. Sa bene che in quell’incontro si stabilì che, in caso di rinegoziazione, sarebbe servito un nuovo incontro.
Mi perdoni Romani, ma a me pare che Renzi da quell’orecchio non senta.
Guardi, noi siamo stati molto responsabili: abbiamo accettato l’Italicum, abbiamo approvato la legge elettorale a doppio regime proprio perchè il Pd aveva problemi ai tempi del cosiddetto emendamento Lauricella. Ora, apprezziamo la determinazione di Renzi nel processo riformatore, ma ricordo al premier, che sindaco lo è stato e sindaco d’Italia lo vuole diventare, che le possibilità di pressione di un sindaco sono superiori a quelle di un premier…
Tradotto: Renzi non ha numeri.
Beh, visti i numeri… Ma comunque sono fiducioso. Guardi, le faccio vedere una cosa, così le regalo un retroscena. Durante la conferenza stampa ho mandato questo sms a Delrio, che era seduto vicino a Renzi: “Caro Graziano, spero solo di non vedere un film sbagliato, siamo anche noi per le riforme, ma sul Senato c’è bisogno di un approfondimento”.
A questo punto, le chiedo la risposta.
(Romani mostra il telefonino). Eccola: “Ok bene”.
(da “Huffingtonpost”)
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Aprile 1st, 2014 Riccardo Fucile
INTERVISTA AL SEN. ESPOSITO, UNO DEI 25 PD CHE SI OPPONGONO
«Noi siamo tacchini felici di correre verso il forno il giorno del Ringraziamento»
Allora senatore Stefano Esposito perchè avete scritto in 25 una lettera al premier sulla riforma del Senato?
«Perchè vogliamo poter discutere di alcuni punti. Vogliamo essere protagonisti quanto il governo di questa epocale riforma».
Quali punti? Volete il Senato elettivo?
«No, nessuno pensa al Senato elettivo nè all’indennità . Il problema sono la composizione e le competenze»
Cioè?
«Io penso al Bundesrat tedesco. Metterci dentro i sindaci non credo sia una buona idea. E credo che tutto quello che riguarda l’Europa debba essere tra le sue competenze»
Non sarete mica tra i nemici del cambiamento evocati da Renzi?
«Questa sua reazione scomposta dinanzi a qualunque voce non sia un coro di applausi la trovo inaccettabile. Vogliamo solo discutere, non possiamo essere derubricati a conservatori o boicottatori. Gli do un consiglio da fratello maggiore: noi siamo tacchini felici, ma ce ne sono anche di meno felici. Se prima di mandarli in forno li prendi a calci, magari potrebbero anche pensare di fartela pagare…»
Cosa intende dire? Non ci saranno i numeri secondo lei?
«Questo dipenderà da cosa succede negli altri partiti. Noi siamo i migliori alleati di Renzi, perchè discutiamo in campo aperto. Ma non ci può dire “o è così o me ne vado”: come quando all’oratorio c’era il ragazzino che diceva “o si fa così o porto via il pallone”…».
Lei ha votato Cuperlo: non è che parla così solo per fare opposizione al premier?
«Tra noi 25 c’è chi ha votato Renzi. La nostra è una posizione nel merito, non c’è nessun senso di rivalsa. E non mi metto a fare imboscate: non è nel costume di nessuno di quelli che hanno firmato».
Se il testo non cambiasse, lei non lo voterebbe?
«Io chiedo di discuterne: poi, come sempre, mi adeguerò alla maggioranza».
Francesca Schianchi
(da “La Stampa”)
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Aprile 1st, 2014 Riccardo Fucile
DURO AFFONDO DEL SINDACO DI PARMA: “ABBIAMO CANDIDATO GENTE CHE NON ABBIAMO MAI VISTO”… “E’ CADUTO L’ATTIVISMO CHE ERA ALLA BASE DEL MOVIMENTO””
Le modalità di selezione dei candidati alle europee decise da Beppe Grillo e da Gianroberto Casaleggio hanno fatto storcere il naso a tanti, anche all’interno del Movimento 5 stelle.
Uno su tutti, il sindaco di Parma, Federico Pizzarotti. “Abbiamo candidato gente che noi non abbiamo mai visto. Con la prima selezione dei candidati fatta ieri tramite il blog di Beppe Grillo viene fatto cadere l’attivismo che è una delle basi del movimento”, ha tuonato il primo cittadino.
“È un dato di fatto che in tutti i territori sia candidata gente che noi non abbiamo mai visto” ha spiegato Pizzarotti, a margine di una conferenza stampa a Bologna.
Questo “non è un valore aggiunto o un valore negativo”, ma è un dato di fatto: i candidati “non si sono spesi per il territorio” e non si può sapere “quali competenze possano esprimere rispetto ai temi che si vogliono portare avanti” in vista delle europee.
Posizioni che, dopo le parole dello stesso Pizzarotti lo scorso weekend (“Grillo capo politico? Serve una linea, come la si costruisce è un’altra cosa), hanno fatto breccia anche tra i suoi consiglieri comunali.
“Chiunque può essere iscritto al blog da anni e non aver mai alzato il sedere dal divano in questi anni, potrebbe non aver mai partecipato a nessuna iniziativa e noi lo mandiamo in Europa?”, è sbottato su Facebook Alex Mallozzi.
Il suo collega Marco Bosi gli ha fatto eco dal suo blog personale: “Quando ho avuto accesso al portale per valutare i candidati sono rimasto sbalordito: 33 solo nella provincia di Parma, molti dei quali non hanno mai partecipato alle attività del MU di Parma o di quelli della provincia. È questo il Movimento 5 Stelle che vogliamo?”.
Fabrizio Savani, un altro dei Pizzarotti boys, ha rilanciato le sue parole su Facebook e su Twitter.
Più sfumata ma altrettanto eloquente la posizione di Chiara Gianferrari: “Il mio consiglio per un candidato con preparazione di spessore, e radicale fedeltà ai valori M5S? Peppe Carpentieri”.
Endorsement pesante, visto che proprio Carpetieri è l’autore di un post divenuto molto popolare tra gli attivisti, con il quale critica ‘dall’interno’ il modus operandi di Grillo e Casaleggio, concludendo: “Caro Beppe quando deciderai di rinunciare a certi atteggiamenti e faremo nascere il movimento di cui abbiamo bisogno, fammelo sapere, e andremo tutti insieme, da pari, a mostrare la straordinaria opportunità di una nuova società , più equa, più giusta, più bella, più sostenibile e mostrare come noi nel M5S siamo coerenti con quello che promettiamo”.
Da Roma si associa il deputato Cristian Iannuzzi. Che sferra un attacco frontale alla gestione delle parlamentarie europee: “In queste condizioni, io personalmente non me la sento di partecipare al voto. Sarebbe come giocare alla lotteria, e io mi sono sempre schierato convintamente contro il gioco d’azzardo”.
(da “Huffingtonpost“)
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Aprile 1st, 2014 Riccardo Fucile
LA CUGINA STA CON “FORZA CAMPANIA” DI COSENTINO, L’EX MINISTRO CON FORZA ITALIA
Mara contro Mara.
Lo scontro interno a Forza Italia, in casa Carfagna, diventa una questione di famiglia. Accade infatti che alla presentazione del simbolo di Forza Campania formato da sette consiglieri “cosentiniani” in rotta con il Governatore Stefano Caldoro, c’era anche Maria Rosaria Carfagna, detta Mara, cugina dell’ex ministro delle Pari opportunità . Maria Rosaria Carfagna spiega la sua scelta: “Io sono stata nel Pdl e di quel partito non ho condiviso questo tipo di metodo. Che continua anche in Forza Italia”.
Quando il giornalista le chiede se ne ha parlato con la cugina, lei risponde: “Non abbiamo parlato ultimamente. Non abbiamo litigato, ma dal punto di vista politico non abbiamo la stessa condivisione di percorso. E poi — aggiunge — non ci sarebbe neppure occasione di parlarne. Lei ormai non vive più a Salerno”.
Il battesimo ufficiale di Forza Campania si è tenuto ieri, 31 marzo all’hotel Romeo di Napoli.
Il partito di Berlusconi resta la casa madre dalla quale i sette consiglieri, sottolineano più volte, non si sono separati.
La distanza è con i vertici del partito regionale, guidato dal coordinatore regionale Domenico De Siano.
Era presente Cosentino, già sottosegretario all’Economia nel Governo Berlusconi, rimasto in platea ad ascoltare gli interventi dei membri del gruppo consiliare che al presidente della Regione Campania, Stefano Caldoro, chiedono un “coinvolgimento necessario” e un patto di fine legislatura sulle scelte di governo dell’ultimo anno di presidenza.
Chissà come reagirà Mara Carfagna….
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