Aprile 16th, 2014 Riccardo Fucile
L’INFORTUNIO DEL TESORO SULLA LETTERA ALLA UE… PADOAN: “SPEDITA MARTEDI”, MA LA DATA E’ SUCCESSIVA… E BRUNETTA HA BUON GIOCO A INFIERIRE
Il Governo scrive alla Commissione europea e per giustificare lo slittamento al 2016 del pareggio di bilancio invocando le “circostanze eccezionali”.
A partire dall’ulteriore pagamento di 13 miliardi di debiti arretrati della P.A.
Risponde l’Ue: ok, valuteremo il percorso indicato dall’Italia. Anche in vista dell’esame del piano di riforme e del semestre di presidenza.
Dopo una giornata di polemiche e scontri alla Camera con Fi che minaccia anche l’ostruzionismo il Tesoro mette “on line” il carteggio Roma-Bruxelles.
Attorno al documento inviato dal ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan con la notifica informale all’Europa del rinvio di un anno del pareggio di bilancio strutturale programmato nel Def si registra un piccolo mistero.
Il Tesoro, per chiudere la polemica con chi – come il presidente dei deputati di Forza Italia Renato Brunetta – aveva chiesto conto al ministro delle parole di un portavoce di Bruxelles, che in mattinata aveva smentito che la Commissione avesse ricevuto la missiva, in serata ha pensato di chiudere la questione.
Il ministero dell’Economia ha pubblicato integralmente lo scambio “epistolare” con l’Europa: la lettera inviata dall’Italia e la risposta del commissario Siim Kallas.
Insomma, come annunciato martedì sera in audizione alla Camera da Padoan, la comunicazione era effettivamente già partita.
“È stata inviata una lettera, una notifica formale per segnalare il tema alla Commissione”, ha detto martedì il ministro a chi gli chiedeva conto se la comunicazione fosse stata effettivamente spedita.
Ma la lettera ufficiale pubblicata, reca in testa la data del 16 aprile, il giorno successivo alle parole di Padoan. Insomma, la lettera è partita mercoledì, non martedì. Un pasticcio, quello dell’annuncio di un documento non ancora inviato, che avrebbe fatto innervosire anche Palazzo Chigi.
In giornata Brunetta non aveva risparmiato critiche al ministro, proprio in relazione al mancato invio della comunicazione all’Europa.
“La Ue smentisce il ministro Padoan”, aveva attaccato dopo la prima precisazione dell’Europa.
“Renzi e Padoan – aveva aggiunto – messi alle strette dalla nostra lettera inviata al Presidente della Repubblica lunedì 13 aprile, inventano di avere inviato `notifica formale` alla commissione europea per ottenere il rinvio al 2016 del pareggio di bilancio strutturale attualmente previsto per il 2015. Peccato che la commissione europea non abbia ricevuto nulla. La vicenda è grottesca e inquietante”.
Dall’Europa non arriva alcuna valutazione di merito, ma soltanto una mera notifica della corretta ricezione della comunicazione del Tesoro.
“La Commissione – si legge nel testo -prende atto della deviazione temporanea annunciata dagli obiettivi di bilancio e il rinvio fino al 2016 dell’obiettivo a medio termine (il pareggio)”.
La commissione – continua la risposta del commissario Kallas – valuterà il percorso di aggiustamento verso l’obiettivo di medio termine nel contesto della sua valutazione del programma di stabilità e del programma nazionale di riforme” presentati dal governo italiano che “sarà pubblicata il 2 giugno”.
Brunetta ha commentato: “Finalmente capiamo perchè il presidente Renzi e il ministro Padoan hanno temporeggiato tanto: si tratta di una lettera assolutamente confusa e probabilmente sbagliata. Forse si vergognavano a pubblicarla”.
Quanto alla risposta, secondo l’esponente di FI è “pilatesca, oltre che comprensibilmente imbarazzata” e “rinvia al 2 giugno ogni valutazione”.
Le ragioni dello scostamento dell’Italia dall’obiettivo di medio termine “continuano ad essere oscure, data l’inconsistenza di quelle addotte dal governo”, dice Brunetta. I 13 miliardi di pagamenti da parte della pa, infatti, “sono ben al di sotto dell’obiettivo iniziale di 40 miliardi, tra l’altro già autorizzati dalla Commissione ad aprile 2013, affinchè il governo italiano li effettuasse tra il 2013 e il 2014″.
Il carteggio, è la conclusione, “conferma tutte le nostre perplessità sul Def. A pensar male avevamo ragione”.
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Aprile 16th, 2014 Riccardo Fucile
E NELLA COMPRAVENDITA SENATORI IL PM CHIEDE NUOVE INDAGINI SULL’EX CAV
La Corte di Strasburgo ha respinto anche la seconda, nuova richiesta presentata dall’avvocato Ana Palacio in nome di alcuni parlamentari di Forza Italia e di cittadini italiani per far sospendere immediatamente le pene accessorie che impediscono a Silvio Berlusconi di candidarsi alle europee.
Intanto Silvio Berlusconi è tuttora indagato dalla Procura di Napoli per finanziamento illecito dei partiti e per tale vicenda i pm hanno emesso una richiesta di proroga delle indagini.
È quanto emerge dagli atti depositati oggi dal pm Henry John Woodcock al processo, che si sta svolgendo davanti alla prima sezione del Tribunale, per la presunta compravendita dei senatori in cui l’ex premier è imputato di corruzione insieme con l’ex direttore dell’Avanti Valter Lavitola.
Tra i documenti depositati dalla procura, oltre a una serie di informative della Guardia di Finanza, vi è infatti la notifica di una richiesta di proroga delle indagini preliminari nei confronti di Berlusconi per i finanziamenti erogati negli anni scorsi al Movimento Italiani nel Mondo che fa riferimento all’ex senatore Sergio De Gregorio.
Berlusconi, per la vicenda della presunta compravendita dei senatori, era stato già indagato sia per corruzione (vicenda approdata al dibattimento che è ora in corso) sia per finanziamento illecito ma successivamente le ipotesi erano state separate in due diversi procedimenti, uno dei quali, relativo ai fondi a favore di De Gregorio, si trova ancora nella fase delle indagini preliminari secondo quanto si è appreso oggi in aula.
Proprio per esaminare la nuova documentazione depositata dalla procura, è slittata la testimonianza del capitano della Guardia di Finanza Sebastiano Di Giovanni.
Per consentire ai legali di esaminare gli atti in vista dell’interrogatorio del teste, il Tribunale ha rinviato il processo al prossimo 23 aprile, accogliendo la richiesta del collegio di difesa: gli avvocati Michele Cerabona e Niccolò Ghedini, legali di Berlusconi, e gli avvocati Maurizio Paniz e Antonio Cirillo, difensori di Lavitola, nonchè dell’avvocato Bruno Larosa, legale di Forza Italia nella qualità di responsabile civile.
(da “Huffingtonpost”)
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Aprile 16th, 2014 Riccardo Fucile
LA LEGGE DELL’ABOLIZIONE APPENA APPROVATA AVRà€ COME EFFETTO COLLATERALE CHE CI SARANNO PIÙ CONSIGLIERI COMUNALI E ASSESSORI
La grande infornata è pronta.
Il “regalino” del sottosegretario Graziano Delrio sarà scartato il 25 maggio, giorno delle elezioni amministrative che riguardano 4.106 comuni italiani (di cui 3.908 appartenenti a regioni a statuto ordinario).
Da quel giorno, in attesa di svuotare le Province, il governo Renzi comincerà a gonfiare i piccoli Comuni.
Il ddl Delrio prevede l’incremento dei consiglieri e degli assessori eletti in tutte le cittadine e i paesi con meno di 10 mila abitanti.
La prima tranche arriva con il rinnovo dei consigli comunali di fine maggio.
Le poltrone sono così distribuite: 13.488 nuovi seggi per consiglieri comunali, 2.612 per assessori.
L’opera sarà completata mano a mano che anche le altre città torneranno al voto.
Alla fine in Italia ci saranno circa 25mila consiglieri e 5500 assessori comunali in più. La riforma riguarda proprio tutti. Anche i paesi con meno di 1000 abitanti. Figurarsi quelli con meno di 100.
Valerio Maxenti è il sindaco di Pedesina, il comune più piccolo d’Italia: la bellezza di 33 anime, in una manciata di case stipate sulle pendici del Monte Rotondo, in provincia di Sondrio.
Con lo “Svuota province”, il Comune non dovrà più accontentarsi di 6 consiglieri (come stabilito dopo i tagli di Monti) ma potrà eleggerne fino a 10 (con due assessori, prima erano zero).
Il sindaco, artigiano del legno prestato al servizio della sua cittadina, non benedice le nuove poltrone. Dei nuovi consiglieri non sa che farsene: “Ne bastavano sei, non capisco perchè il governo viene a rompere le scatole pure qui”.
Oltretutto, sarà un caso, l’aumento delle poltrone ha portato la competizione politica pure a Pedesina.
Nel 2009 Maxenti era l’unico candidato, ora si parla di due, forse tre liste (una ogni 10 abitanti). “Vengono da fuori — si lamenta il sindaco — e lo fanno per interessi personali”.
La lievitazione dei seggi di Delrio cancella la parsimonia del governo Monti.
Le manovre del professore del 2011 e 2012, in piena ansia da spread e spending review, avevano tagliato i numeri dei rappresentanti dei piccoli comuni: al massimo 6 (e senza assessori) per i centri con meno di 1.000 abitanti, al massimo 10 (e non più di 3 assessori) per quelli con più di 5000 e meno di 10.000 abitanti.
La riforma di Delrio semplifica e moltiplica.
Solo due categorie per i piccoli comuni: meno di 3.000 e meno di 10.000 abitanti.
I primi possono eleggere 10 consiglieri e 3 assessori, i secondi 12 consiglieri e 4 assessori.
Il risultato finale è nei numeri citati sopra. Oltre 30 mila poltrone in più, per una riforma che Renzi aveva presentato con queste parole: “Dobbiamo dare un segnale chiaro, forte e netto, con 3 mila posti per i politici in meno. Tremila persone smetteranno di fare politica e proveranno l’ebbrezza di trovare un lavoro”.
Le Province, come noto, non saranno abolite. Non prima, per lo meno, della riforma del titolo V della Costituzione.
Saranno cancellate le cariche elettive (i tremila posti politici a cui si riferisce Renzi, tralasciando l’aumento degli altri) ma non le strutture di governo, che conserveranno diverse funzioni.
I nuovi consigli provinciali saranno eletti e composti dai sindaci e i consiglieri dei comuni da loro rappresentati.
Gli eletti, quindi, dovranno lavorare sia per il comune che per la relativa provincia, con uno stipendio solo.
La promessa del governo, infatti, è che l’infornata di poltrone nei piccoli comuni non porti un euro di spesa in più: ogni centro dovrà rivedere gli importi di indennità e gettoni.
Difficile, però, immaginare che un consiglio comunale con 6 dipendenti abbia le stesse spese di uno con 10 consiglieri e 2 assessori (non fosse altro che per la dimensione dei nuovi uffici e per l’acquisto di beni e servizi per un numero maggiore di persone).
L’impatto complessivo della riforma, in ogni caso, non dovrebbe essere trascendentale: la Corte dei Conti ha stimato i risparmi in non più di 35 milioni di euro.
Tommaso Rodano
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Aprile 16th, 2014 Riccardo Fucile
SPRECHI E RISORSE: SI TAGLIANO LE PATTUGLIE, MA NON SI UTILIZZANO I SOLDI DEL FONDO UNICO GIUSTIZIA… E IL VIMINALE SPENDE MILUONI DI EURO DI AFFITTI
Quanta benzina si potrebbe acquistare con 2 miliardi di euro?
O quante ‘volanti’ della polizia si potrebbero riparare?
O, ancora meglio, quanti immobili si potrebbero ristrutturare e, magari, smettere di pagare esorbitanti affitti ai privati?
Due miliardi di euro è la cifra, stimata dal neo sindacato di polizia Sed (Sicurezza e diritti), che giace immobile nelle casse di Equitalia, provento di confische alle organizzazioni criminali.
Confische, non sequestri: quindi beni che non potranno tornare nelle mani di mafiosi, camorristi o ‘ndranghetisti.
Si tratta di un miliardo di euro in contanti e di un altro miliardo in titoli.
Equitalia amministra per conto dello Stato il Fug, Fondo unico Giustizia, in cui confluiscono appunto denaro o proventi di sequestri e confische, e ha l’obbligo di versare le risorse nelle casse dello Stato.
Basterebbe, dunque, che il ministero del Tesoro li esigesse, e quei 2 miliardi sarebbero a sua disposizione.
Non è dunque, a differenza di quanto detto ieri dalla presidente della commissione nazionale Antimafia, Rosy Bindi, solo una questione di tempi: “Noi ci siamo resi conto che se i mafiosi riescono a tenere per molto tempo alcuni beni è perchè qualcuno si è girato dall’altra parte, è perchè qualcuno gli ha dato una mano. Adesso noi — ha sostenuto la Bindi — chiediamo a tutti, dopo aver tolto i beni ai mafiosi, di dare una mano alle istituzioni per restituire questi beni alla comunità . Il procedimento di questi anni tra sequestro, confisca e assegnazione dura anche dieci anni, ma ci sono state buone pratiche che ci sono riuscite in cinque. Noi ci auguriamo di dimezzare questi tempi”.
Sì, ma poi? — si chiedono i poliziotti del Sed — Perchè tutto rimane fermo?”.
Al di là del denaro, infatti, c’è un elenco lunghissimo di immobili confiscati, parliamo di undicimila strutture.
La legge imporrebbe al Tesoro di venderli dopo 180 giorni dal provvedimento giudiziario e dopo aver verificato la possibilità che vengano utilizzati dalle Regioni e dallo Stato.
“Il problema è che si tratta di edifici non destinati all’uso pubblico. Ci dicono dunque che non possono essere destinati a ospitare la polizia — commenta il Sed —. Come la mettiamo con il 70 per cento dei commissariati d’Italia, che si trova in immobili privati? Il ministero dell’Interno — cioè lo Stato, cioè noi — paga milioni di euro di affitto ai proprietari degli stabili, quando potrebbe decidere di destinare un bene confiscato a questo utilizzo”.
Qualche esempio? Il commissariato “Libertà ” di Palermo costa ai cittadini 300 mila euro l’anno.
Frascati e Marino, due dei Comuni dei Castelli Romani, hanno un commissariato ciascuno per cui il Viminale paga oltre 450 mila euro ai privati.
A metà strada tra l’uno e l’altro, a Grottaferrata, esiste un ristorante, “La Bazzica”, sottratto all’usura una decina di anni fa e affidato poi al ministero per “finalità sociali”.
In tutti questi anni nessuno ci ha più fatto nulla e la struttura, che è grande circa mille metri quadri, oggi cade a pezzi.
Si continua a parlare di tavoli di confronto e non si è riuscito neanche a sfruttare un finanziamento di 150 mila euro da parte della Regione Lazio
“Ristrutturarlo costerebbe un milione di euro— sostiene ancora il Sed — ma se poi accorpassero i due commissariati in due anni la cifra sarebbe ripagata”.
Un caso ancora più paradossale è quello del commissariato Mondello, la località balneare vicina a Palermo.
I poliziotti sono ospitati all’interno di Villa Elena, una struttura di pregio di proprietà del Fondo edifici di culto
Chi gestisce il Fondo, circa 700 chiese di grande interesse storico-artistico e tutto le opere in esse conservate? Il ministero dell’Interno .
“Il Dipartimento della pubblica sicurezza paga l’affitto al Fondo edifici di culto. Quindi il Viminale paga l’affitto a se stesso — conclude il sindacato di polizia —. Il riutilizzo sociale dei beni confiscati alle mafie indebolisce il consenso nei confronti delle grandi organizzazioni criminali, rafforzando la fiducia nelle istituzioni e instillando nella società civile l’idea che vivere nell’illegalità è una scelta che non paga. Oltre tutto siamo in un periodo in cui la coperta è troppo corta e si chiede al comparto sicurezza di stringere ulteriormente la cinghia, arrivando a ipotizzare tagli lineari alla Polstrada o alla polizia postale. Quei 2 miliardi reinvestiti sarebbero un ottimo segnale da parte del governo Renzi”.
Silvia D’Onghia
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Aprile 16th, 2014 Riccardo Fucile
CANDIDATO DI FRATELLI D’ITALIA ALLE EUROPEE NELLA CIRCOSCRIZIONE SUD ALL’INSEGNA DI “ALZA LA TESTA” GLI E’ FATALE NON SOLLEVARLA ABBASTANZA PER VEDERE L’ERRORE DI STAMPA
Gianni Alemanno scivola sulla doppia “b”.
Già , perchè in uno dei manifesti elettorali preparati per la campagna per le elezioni Europee, lo staff del candidato di Fratelli d’Italia è incappato in una tremenda svista: “Abbruzzo”.
L’ex sindaco di Roma, secondo quanto si può leggere sul cartellone, è candidato nella Circoscrizione Italia Meridionale, che tra le varie regioni, appunto, comprende il fantomatico “Abbruzzo”.
Ovvia l’ironia che si è scatenata sul web: “Dov’è l’Abbruzzo?”, “Si dice Abbruzzo in romanesco?”, si chiedeva il popolo di Twitter.
Lo slogan “in Europa alza la testa” permette di ironizzare sul fatto che il fratello d’Italia non l’abbia in verità sollevata a sufficienza per notare l’errore.
Talvolta la fretta è cattiva consigliera e ad Alemanno che già ha dovuto “emigrare” da Roma alla circoscrizione Sud, il “fatal Abbruzzo” non ha portato fortuna.
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Aprile 16th, 2014 Riccardo Fucile
LA DECISIONE “PER RAGIONI UMANITARIE”… LE AUTORITA’ LIBANESE HANNO RICHIESTO TRADOTTE TUTTI I VERBALI, LE SENTENZE, LE DEPOSIZIONI DEI DUE PROCESSI PRECEDENTI… SOLO L’ULTIMA SENTENZA E’ COMPOSTA DI 500 PAGINE
Marcello Dell’Utri ha lasciato la caserma di polizia di Beirut dove era trattenuto da sabato scorso.
E’ stato trasferito, per motivi di salute e su disposizione del procuratore generale, all’ospedale Al Hayat.
Il trasferimento in ospedale del settantatreenne ex senatore di Forza Italia e Pdl, che in passato è stato sottoposto a diversi interventi chirurgici al cuore, è stato disposto sulla base di un referto stilato da un cardiologo che ha visitato Dell’Utri nel centro di detenzione e ha ritenuto necessario un monitoraggio continuo, anche se le sue condizioni non destano preoccupazioni.
La decisione è stata presa solo per “ragioni umanitarie” che nulla hanno a che vedere con la procedura di estradizione richiesta dall’Italia, precisa l’avvocato libanese dell’ex parlamentare, Nasser Al Khalil, aggiungendo che non vi sono novità sul piano giudiziario. “Che io sappia, la richiesta documentata di estradizione non è ancora arrivata dall’Italia”, aggiunge il legale.
Giuseppe Di Peri, legale palermitano di Dell’Utri, non ha per il momento avuto modo di avere contatti con il suo assistito nè conferme del trasferimento in ospedale.
“Non mi stupirebbe più di tanto – afferma l’avvocato – Anzi, il ricovero confermerebbe quanto da lui dichiarato nel comunicato stampa e rientrerebbe nel quadro clinico di una persona che non sta bene e la cui salute potrebbe subire delle alterazioni in seguito al forte stress a cui è sottoposta”.
Dell’Utri era stato arrestato sabato scorso in un lussuoso albergo della capitale libanese. Era ufficialmente latitante dal giorno prima, a seguito di un ordine di custodia cautelare in carcere per pericolo di fuga emesso in vista dell’udienza di Cassazione che martedì avrebbe dovuto decidere sulla condanna dell’ex senatore a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa.
Udienza che è stata poi rinviata al 9 maggio su richiesta presentata dai legali di Dell’Utri per motivi di salute. Tre giorni dopo scadrà il fermo provvisorio cui l’ex parlamentare è sottoposto in Libano.
Oltre a quella dei tempi, ci sono alcune questioni procedurali che potrebbero rendere più complicato il via libera all’estradizione.
Secondo indiscrezioni, a corredo della richiesta, il ministero della Giustizia dovrebbe allegare tutti gli atti tradotti in arabo del processo per concorso esterno in associazione mafiosa conclusosi con la condanna a sette anni.
Si tratta di un materiale vastissimo: non solo l’ultima sentenza, che comunque è di circa 500 pagine, e tutti i verbali delle udienze e delle deposizioni dei testi sentiti al processo di secondo grado, ma anche, secondo un’interpretazione del trattato di estradizione Italia-Libano, dei due verdetti precedenti (il primo del tribunale e la prima sentenza d’appello poi annullata dalla Cassazione).
Una mole enorme di carte – la vicenda giudiziaria di dell’Utri dura da vent’anni – che verrà trasmessa in via Arenula e poi tradotta.
(da “La Repubblica”)
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Aprile 16th, 2014 Riccardo Fucile
UTILIZZO’ 600.000 EURO DEL GRUPPO PER L’ACQUISTO DI UNA POLIZZA VITA A LUI INTESTATA
Maurizio Gasparri è stato rinviato a giudizio dal gup Cinzia Parasporo per l’uso illecito di 600mila euro, destinati al funzionamento dell’attività del Pdl e investiti, invece, nel marzo del 2012 per l’acquisto di una polizza vita a lui intestata personalmente con l’indicazione dei suoi eredi legittimi quali beneficiari in caso di morte dell’assicurato.
Il processo prenderà il via il prossimo primo ottobre davanti ai giudici della decima sezione penale del tribunale di Roma.
Il senatore di Forza Italia dovrà rispondere di peculato, come contestato dal procuratore capo Giuseppe Pignatone, dagli aggiunti Nello Rossi e Francesco Caporale e dai pm Alberto Pioletti e Giorgio Orano.
Per i magistrati, l’attuale vicepresidente del Senato ha usato in modo illegittimo fondi pubblici destinati al funzionamento delle attività del gruppo parlamentare.
E anche se la somma di 600mila euro, per l’attivazione della polizza “Bnl Private Selection”, è stata poi restituita con due bonifici di 300mila euro ciascuno, rispettivamente il 20 febbraio 2013 e il 12 marzo 2013 a seguito di specifiche richieste della Direzione Amministrativa del Pdl, il peculato è un «reato istantaneo» che si consuma nel momento in cui avviene l’appropriazione del denaro.
Il dibattimento servirà a chiarire, poi, che fine abbiano fatto i 10.697,68 euro, riscattati in anticipo da Gasparri il primo febbraio 2013: la somma sarebbe l’equivalente degli interessi maturati con la sottoscrizione della polizza.
Dal canto suo, la difesa del senatore del Pdl (oggi assente) ha spiegato al giudice che la vicenda ruota attorno a un investimento suggerito dalla banca e fatto nell’interesse del gruppo parlamentare.
(da “La Stampa“)
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Aprile 16th, 2014 Riccardo Fucile
MA BERLUSCONI E’ TORMENTATO DAI COLLOQUI CON L’ASSISTENTE SOCIALE
L’unico vero supplizio che il Tribunale di sorveglianza ha inflitto a Berlusconi non sono le quattro ore di assistenza settimanale agli anziani, come verrebbe da immaginare pensando all’ossessione di Silvio per la bella gioventù.
A tormentarlo è piuttosto l’idea del colloquio mensile con l’assistente sociale, cioè la chiacchierata che servirà a misurare il suo tasso di pentimento, la sua propensione al riscatto morale, insomma a stabilire se l’ex premier sarà degno di tornare in anticipo nel consorzio sociale.
«Ma ve l’immaginate uno come me, che ha messo d’accordo Russia e Stati Uniti, che ha preso la parola al Congresso americano, che ha guidato per quattro volte il governo» (e l’elencazione si arricchisce di sempre nuove medaglie), «ve l’immaginate l’umiliazione di doversi confidare nell’intimo con chi parla un altro linguaggio?».
Se ne dovrà fare una ragione, il Cavaliere.
E per quanto ieri, dopo l’ordinanza dei giudici, abbia continuato privatamente a lamentarsi contro l’«incredibile condanna», si vede lontano un miglio che l’uomo è sbucato fuori dal cono d’ombra della depressione.
«Sta bene, è di nuovo motivato», testimonia Fitto al termine di un’estenuante disamina delle liste per le Europee.
«Il morale di Berlusconi? Decisamente alto», annuncia gaudioso Matteoli. Qualcuno giura di avere udito dalla bocca del leader, per la prima volta dopo mesi, una barzelletta da far arrossire un portuale, segno che il grande terrore è passato: niente carcere a domicilio, agibilità politica garantita.
Il Cav potrà «continuare a rappresentare milioni di italiani», va al nocciolo della questione il consigliere politico Toti.
E non è tutto. Nel circolo sempre più ristretto degli strateghi berlusconiani, c’è chi considera questa nuova sentenza alla stregua di uno straordinario «atout», una carta che se ben giocata potrebbe dare a Forza Italia grandi soddisfazioni.
«Ex malo bonum» teorizza Brunetta che, in quanto professore, sa pure di latino: perfino dal male si può ricavare qualcosa di buono…
Nel caso specifico, Berlusconi ha la chance di presentarsi come il paladino della Terza Età , il servitore degli anziani, per giunta con la ceralacca del Tribunale, in un Paese come l’Italia dove la popolazione imbianca e quasi la metà del corpo elettorale (il 49,11 per cento, secondo gli ultimi dati Istat) è composto da ultra-cinquantenni.
Chi è al corrente dei piani di Berlusconi, ieri mattina quasi non credeva ai suoi occhi: l’obbligo di frequentare il centro sociale di Cesano Boscone calza perfettamente con il target elettorale individuato dai sondaggi.
Neanche a farlo apposta (così si ragiona ai piani alti di Forza Italia) i magistrati avrebbero potuto rendere più credibile una campagna in cui Berlusconi intende proporre dentisti per tutti gli over-60, veterinari per i 10 milioni di cani e gatti che ci tengono compagnia lungo il viale del tramonto, e (ultima trovata di queste ore) check-up gratuiti per i vecchietti nelle farmacie sotto casa.
Insomma: è scommessa dell’entourage che Berlusconi, assistendo gli anziani più bisognosi, saprà calamitare l’attenzione dei media e trasformarsi in uno spot vivente di civiche virtù. L
‘interessato al momento non sembra abbastanza cinico da calarsi in quei panni.
Ma con le elezioni che si avvicinano, potrebbe prenderci gusto. Presentandosi al centro anziani tutti i giorni, dall’alba al tramonto, anzichè le quattro ore a settimana comandate dal Tribunale.
Perlomeno fino al 25 maggio, data delle elezioni.
Ugo Magri
(da “La Stampa”)
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Aprile 16th, 2014 Riccardo Fucile
QUEL CANDIDATO NELLA LISTA CAMBIATO ALL’ULTIMO MOMENTO…E MANCUSO ANDO’ ALL’ENEL
La spiegazione ufficiale dello scambio di persona è quella di un banale errore materiale. Il nome di Salvatore Mancuso sarebbe scivolato nella lista sbagliata, quella dell’Eni, al posto di un altro protetto di Angelino Alfano, Andrea Gemma: difficile da credere.
Infatti non è andata così. Raccontano che all’idea di trovarsi in un consiglio di amministrazione con presidente Emma Marcegaglia, Mancuso abbia piantato una grana notturna colossale.
Finendo per venire accontentato: lui andrà all’Enel, sembra addirittura con l’incarico di vicepresidente, e Gemma all’Eni.
Se il buongiorno si vede dal mattino, questo è il mattino. E non è tutto.
C’è già chi ha sollevato il problema di possibili conflitti d’interessi tanto per la ex presidente di Confindustria quanto per Luisa Todini, esponente di una famiglia di costruttori, designata al vertice delle Poste.
Non bastasse, c’è pure chi ha colto la palla al balzo per tirare fuori una storia di cinque anni fa, quando il fratello di Emma, Antonio Marcegaglia, patteggiò una condanna a 11 mesi per una tangente pagata a un manager di Enipower: patteggiamento al quale aderì anche l’azienda di famiglia, Marcegaglia spa.
Questo solo per dire quanto rischi di risultare ancora indigesta una tornata delle nomine pubbliche che se ha riservato sorprese non è soltanto per le donne arrivate alle presidenze, e neppure per il ricambio totale degli amministratori delegati
Quello che è successo lì sotto, infatti, è assai simile a quanto si è verificato con la scelta dei sottosegretari del governo di Matteo Renzi.
Che i partiti abbiano voluto dire la loro, non c’è alcun dubbio.
La dimostrazione? Dei 14 nomi proposti da uno dei due cacciatori di teste per i consigli di Eni, Enel e Finmeccanica, ne è stato preso in considerazione uno soltanto. Per non parlare della girandola di nomi che ha gettato nello sconcerto il comitato dei saggi di Cesare Mirabelli. Con risultati finali tutti da decifrare
Colpisce, tanto per fare un caso, che nella pattuglia dei consiglieri di amministrazione ci siano ben tre azionisti dell’Alitalia.
Sono il patron del fondo Equinox Mancuso, Emma Marcegaglia e l’aretina Diva Moriani, designata per l’Enel e consigliere di amministrazione di i2 Capital partners sgr.
Una società che fa parte di Kme Intek, l’ex gruppo metallurgico fiorentino Orlando guidato dall’amico e sostenitore di Renzi, Vincenzo Manes.
E meno male che nessuno di loro è stato spedito alle Poste, che dell’Alitalia è l’azionista di riferimento.
Dove l’arrivo di Luisa Todini ha messo fine a una storica regola non scritta: quella per cui i presidenti venivano scelti con l’accordo del sindacato più influente in azienda, la Cisl.
Basta dire che il suo predecessore, Giovanni Ialongo, ne era stato il segretario. Certo, Luisa Todini non viene da Marte: vent’anni fa entrò nel parlamento europeo per Forza Italia e ora è nel consiglio di amministrazione della Rai in quota centrodestra. Ma del resto, come si diceva, certe scelte hanno obbedito a logiche precise.
All’Enel, per esempio, c’è l’ex commissario dell’Efim Alberto Bianchi, pistoiese: che soprattutto è il presidente della renziana Fondazione Open.
Nel consiglio di amministrazione della Finmeccanica è invece arrivato l’ex amministratore della Esaote (azienda un tempo appartenuta a quel gruppo pubblico), il senese Fabrizio Landi.
Fra i finanziatori della Fondazione Open c’è anche lui, con un versamento da 10 mila euro.
E alle Poste non manca, sia pure con una cifra assolutamente simbolica (250 euro), un altro nome contenuto nel lungo elenco dei sostenitori della medesima Fondazione. Ossia, il guru televisivo Antonio Campo Dall’Orto: ex vice direttore di Canale 5, poi a capo di Mtv Italia e de La7, quindi manager di Viacom.
Per non parlare di quell’aroma della politica che non deve mai mancare.
Così sempre nel consiglio di amministrazione delle Poste si è trovato un posto per Roberto Rao.
Già portavoce di Pier Ferdinando Casini quando questi era presidente della Camera, è stato per cinque anni fino al 2013 deputato dell’Udc.
Avrà accanto la fiorentina Elisabetta Fabri, proprietaria della catena Starhotels. La milanese Marta Dassù, invece, potrà mettere la propria esperienza internazionale al servizio della Finmeccanica.
E’ stata consigliere per la politica estera del presidente del Consiglio quando a palazzo Chigi c’era Massimo D’Alema, per assumere l’incarico di viceministro alla Farnesina nel governo di Mario Monti.
Nè potevano restare vuote le caselle alfaniane. Ecco allora Mancuso all’Enel.
Nonchè il giovane avvocato Andrea Gemma all’Eni, posto che inizialmente era destinato come detto a Mancuso.
Avvocato specializzato in liquidazioni, Gemma insegna all’università di Palermo e pochi giorni prima che l’ultimo governo Berlusconi spirasse ha avuto dall’ex ministro dello Sviluppo Paolo Romani l’incarico di commissario straordinario della Valtur. Impresa turistica travolta da un crac finanziario che doveva conoscere già piuttosto bene per via familiare.
Suo padre Sergio Gemma aveva infatti ricoperto fino al 2002 l’incarico di presidente del collegio sindacale della stessa Valtur, che nel 1998 era stata rilevata da Carmelo Patti.
Del quale, due anni fa, la procura antimafia ha chiesto il sequestro di tutti i beni. L’accusa, aver fatto affari con Cosa nostra…
Sergio Rizzo
(da “il Corriere della Sera”)
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