Aprile 23rd, 2014 Riccardo Fucile
PREOCCUPAZIONE PER LA TENUTA PSICOLOGICA DELL’EX PREMIER
La frase che sussurrano nell’inner circle di Berlusconi pare mutuata dal linguaggio clinico: “Le prossime 48 ore sono decisive. Da come reagisce, si capisce come imposterà la campagna elettorale e cosa farà nelle prossime quattro settimane”.
È la “tenuta psicologica” l’elemento che lo stesso Berlusconi sta tenendo sotto osservazione prima di stabilire il “come” farà campagna elettorale.
Dopo la partecipazione da Vespa (giovedì) si vedrà se lo stress test è superato e se “regge” una maratona tv.
Perchè per l’ex premier la firma posta in calce al “decreto prescrizioni”, ovvero alla lista degli obblighi cui dovrà attenersi durante l’affidamento in prova ai servizi sociali, ha l’effetto di un trauma.
“Sto bene” mormora il Cavaliere, mentre varca il portone dell’Uepe (Ufficio esecuzione penale esterna) di via Numa Pompilio a Milano, a cento metri da San Vittore.
Ma è solo un modo quasi per esorcizzare il male profondo condiviso con chi lo ha sentito nell’ultimo giorno di libertà .
L’umore è nero. I nervi sono elettrici. E ora iniziano i dieci mesi di orari da rispettare, prescrizioni, limitazioni negli spostamenti.
Attorno al Capo un intero apparato è impegnato a tener viva l’immagine del solito Berlusconi, pronto a reagire come un leone e a inondare le tv come ai bei tempi, anzi ansioso di gettarsi nella pugna.
Chi ne ha raccolto gli sfoghi privati però racconta che mai come in queste ore lo iato tra lo stato d’animo autentico e gli spifferi ad arte è stato così accentuato.
Nel giorno della firma che non avrebbe mai voluto mettere Berlusconi ha continuato a definirsi coi suoi innocente, sottoposto a scontare una pena ingiusta.
Pesa l’umiliazione delle telecamere a pochi passi da San Vittore, arrivate da tutta Italia per riprendere il volto all’ingresso e all’uscita.
E pesa il pensiero dei servizi sociali, che inizieranno il prossimo 2 maggio alla Fondazione Casa Famiglia di Cesano Boscone, luogo di sofferenza e dolore, tutt’altro che ameno.
Ed è legato proprio al modo in cui dovrà organizzare il suo periodo di espiazione l’umore plumbeo del Capo. Perchè se c’è una certezza acquisita nei contatti di queste settimane è che sarà praticamente impossibile trasformare la Fondazione dove alloggiano anziani disabili in una specie di set da campagna elettorale.
Non c’è niente di più lontana dalla realtà dell’immagine di Berlusconi che, seguito passo passo dalle telecamere, può farsi riprendere mentre racconta barzellette ai vecchietti o mente si improvvisa direttore di orchestre ricreative, o mentre bacia e abbraccia tutti distribuendo regali.
Non potrà fare nulla di tutto questo, in un luogo descritto da chi lo conosce bene come “di autentica sofferenza”.
E dove, pertanto, è necessaria discrezione, rispetto delle regole. Il progetto di servizi sociali sarà reso noto la prossima settimana. Ma al Cavaliere è apparso chiaro, nel corso dell’ora e mezza di colloquio all’Uepe, che non sarà una passeggiata.
(da “Huffingtonpost”)
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Aprile 23rd, 2014 Riccardo Fucile
COERENZA RENZIANA: IN PUBBLICO SI SPENDE PER LA SCUOLA, SALVO POI TAGLIARE DI 45 MILIONI I FONDI PER GLI ATENEI
Ma come? Di fronte alla crisi economica parti dalle scuole?
“Sì: di fronte alla crisi economica non puoi non partire dalle scuole”.
Matteo Renzi lo disse durante il suo primo discorso in Parlamento, quello per la fiducia. Al congresso del Pse a Roma la mise ancora meglio: “La sfida è avere attenzione per scuola, università e ricerca”.
E infatti l’attenzione non è mancata: quella mediatica con la visita in vari istituti della penisola e l’annuncio (solo questo per ora) di un nuovo piano per l’edilizia scolastica; e quella contabile che si è espressa in un taglio da 30 milioni quest’anno e 45 a partire dal prossimo al Fondo di finanziamento ordinario dell’università (una sforbiciata, di cui ancora non si conosce l’entità , dovrebbe toccare pure al Fondo per gli enti di ricerca) per pagare il bonus fiscale da 80 euro per chi guadagna tra ottomila e 24 mila euro l’anno.
Il ministro per così dire, competente, Stefania Giannini, prima ha gioito perchè non c’erano i soliti tagli all’università , poi in un’intervista a Repubblica ha negato che si tratti di tagli (“sono accantonamenti necessari per motivi di contabilità ”) per poi ammettere che “a tutti i ministeri sono stati chiesti sacrifici” e quindi “abbiamo dovuto mettere quella voce a bilancio”.
C’è chi dice, persino tra i vecchi vertici della Conferenza dei rettori, che non si tratta poi di una cifra eccessiva per un Fondo che vale quest’anno 6,8 miliardi di euro: sarebbe però il caso di ricordare che nel 2008 lo stesso Fondo superava i nove miliardi ed è stato in questi anni una delle vittime preferite di tutti i ministri dell’Economia, Giulio Tremonti su tutti.
Ammettendo pure che si tratti di spiccioli, “il segnale di attenzione” del premier è arrivato forte e chiaro: l’università è ancora terreno di caccia per i tagliatori della spesa pubblica.
Eppure con toni aulici — sempre al congresso del Pse di inizio marzo — s’era sdilinquito sul Rinascimento e quei furbacchioni dei banchieri fiorentini che “capirono che investire in operazioni culturali era la chiave per il successo” e che “bisognava garantire l’accesso al sapere a tutti, anche e soprattutto ai figli dei piu’ poveri”, così da favorire quella mobilità sociale che è “motore della crescita”.
Insomma, Matteo la teoria la sa, speriamo passi alla pratica.
Marco Palombi
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Aprile 23rd, 2014 Riccardo Fucile
INTERVISTA A CLAUDIO BUCCI, PRODUTTORE CINEMATOGRAFICO: SI CANDIDA ALLE EUROPEE CON IL PD
Ma lei è lo stesso Bucci che stava in Forza Italia?
“Sì, però sono uscito nel 2006. Ho avuto uno scontro duro con Tajani. Roba pesante, eh. Pensi che siamo finiti persino sui giornali locali».
Adesso la accusano di trasformismo.
«Il contrario: la coerenza è una mia dote, chi mi conosce lo sa benissimo.Pensi che ho iniziato la mia attività nel sindacato, ero nella Cgil».
E che c’entra la Cgil con Berlusconi?
«Sono da sempre un socialista ed eravamo in molti a credere nel suo sogno. Brunetta, Sacconi, io… Poi però è rimasto solo un partito padronale. E io sono passato alla Rosa nel Pugno di Boselli».
Ma nel 2010 si è candidato con l’Idv di Di Pietro, uno che ai socialisti ha fatto fare una brutta fine…
«Vero, ma non sono salito su quel carro solo per vincere, anche perchè l’Idv era ai minimi storici. Però ho preso tanti voti e sono stato eletto».
Con lo stesso manifesto usato per Forza Italia.
«Quelli che facevano la campagna mi chiesero una foto e io dissi: prendete la prima che trovate. E loro hanno preso proprio quella…».
La riutilizzerà anche quest’anno col simbolo Pd?
«Ci ho pensato, magari funziona. Non trova?».
Bisogna chiederlo a Renzi, il suo nuovo leader…
«Ma quale leader! Io non sono del Pd e di entrare in quel partito non ci penso nemmeno».
Ma scusi, allora perchè si candida col Pd?
«Solo perchè sono stato inserito in lista in quota Psi. Io sono un socialista coerente, da sempre».
Marco Bresolin
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Aprile 23rd, 2014 Riccardo Fucile
D’ALFONSO, IL GIUDICE E LA LISTA DEI TEMPLARI
“Non ho mai conosciuto Luciano D’Alfonso. Non ho mai aderito a nessuna associazione. Neanche alla bocciofila. È una bufala da campagna elettorale e sono pronto a querelare chiunque sostenga il contrario”. Il giudice Italo Radoccia, rintracciato nega categoricamente di aver mai aderito alla Suprema Militia Equitum Templi.
A verificare se dice il vero, oppure no, ci sta pensando la polizia giudiziaria che ha acquisito alcuni atti d’un vecchio procedimento della Procura di Pescara.
Un’inchiesta del 2008 avviata dal pm pescarese Gennaro Varone che, durante alcune perquisizioni, trovò un “elenco di nominativi” della congregazione.
La polizia postale segnalò d’aver trovato “16 nominativi, tra cui quello di Guido Dezio indicato come politico e Luciano D’Alfonso, scritto a penna e fuori elenco”.
In un secondo documento si ritrovarono invece 23 nominativi tra i quali “al numero 18 Luciano D’Alfonso”.
Il Fatto Quotidiano è in grado di rivelare che il numero 6 dell’elenco è occupato dal nominativo di tale “Angelo Radoccia – magistrato”.
Il punto è che l’unico Radoccia magistrato in Abruzzo si chiama Italo e, soprattutto, è il giudice che pochi mesi fa ha assolto Luciano D’Alfonso dall’accusa di corruzione nel processo Ecosfera.
Un’assoluzione che ha consentito a D’Alfonso di candidarsi con il Pd per la poltrona di presidente della Regione Abruzzo.
Sulla vicenda è stata anche presentata un’interrogazione parlamentare firmata dal M5S e presentata dal deputato Andrea Colletti.
“In uno degli elenchi — scrive Colletti si trovano nominativi di imprenditori, politici, militari, giudici e professionisti, fra cui l’ex sindaco di Pescara, Luciano D’Alfonso, il suo braccio destro, Guido Dezio” e chiede ai ministri dell’Interno e della Giustizia, se siano a conoscenza “di tale associazione e le sue attività , in particolare al fine di sapere se tali azioni siano o possano essere confliggenti con la pubblica sicurezza e con il buon andamento della pubblica amministrazione”.
Il dettaglio in più, che Il Fatto è in grado di rivelare, è la presenza, nell’elenco in questione, della dicitura “Angelo Radoccia — magistrato”.
Il nome non corrisponde a quello del giudice che ha assolto D’Alfonso e, come abbiamo già scritto, Radoccia nega categoricamente.
Il punto è che la vicenda è oggetto di un approfondimento giudiziario e, se il giudice in questione fosse davvero Italo Radoccia, e se fosse davvero iscritto alla Suprema Militia Equitum Templi, sull’assoluzione di D’Alfonso, menzionato nello stesso elenco, s’addenserebbero parecchi dubbi.
Il Fatto ha provato inutilmente a rintracciare D’Alfonso: intendevamo chiedergli se ha mai aderito alla congregazione di templari e se conosceva Radoccia prima del giudizio.
Nessuna risposta nè al telefono ai nostri sms. La polizia giudiziaria ha acquisito nei giorni scorsi gli elenchi dei presunti adepti alla Suprema Militia Equitum Templi per verificare se si tratti di millanterie o di fatti certi.
Fu nel febbraio 2008 che due agenti della polizia postale, perquisendo la sede della società Aquila srl, notarono su un mobile, nell’ufficio dell’imprenditore Tommaso Di Nardo, un intero faldone con la documentazione sulla “Suprema Militia Equitum Templi — Gran Priorato di Toscana”.
In un’agenda, invece, fu trovata una lettera in cui Di Nardo veniva nominato “commandeur” per la regione Abruzzo.
E sempre nell’agenda gli agenti rinvennero i fogli con l’elenco di “16 nominativi di politici, imprenditori, militari e professionisti”.
La Suprema Militia Equitum Templi non si definisce una loggia massonica, ma una Onlus, che si ispira agli antichi templari.
Le cerimonie prevedono abito nero, camicia bianca e papillon per i “fratelli” e “abito scuro, Rosa e Mantiglia” per le dame.
Il Guido Dezio nominato insieme ad Angelo Radoccia e D’Alfonso, invece, è il braccio destro di quest’ultimo, soprattutto per la battaglia elettorale in corso.
L’indagine sulla veridicità dell’elenco, affidata in questi giorni alla polizia giudiziaria, è tanto più necessaria per dissipare qualsiasi tipo di dubbio sia sulla posizione di Radoccia, sia su quella, tutta politica, di D’Alfonso che, in queste settimane, sembra sempre più lanciato verso la poltrona di presidente.
Se le verifiche porteranno a confermare l’adesione di Radoccia e D’Alfonso alla Suprema Militia Equitum Templi, il passo successivo sarà il trasferimento del fascicolo alla Procura di Campobasso, competente per i magistrati abruzzesi, o una segnalazione alla commissione disciplinare del Csm.
Antonio Massari
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Aprile 23rd, 2014 Riccardo Fucile
“SE DE GASPERI AVESSE POSTO PALETTI, LA COSTITUZIONE ITALIANA NON SAREBBE MAI NATA”
Vannino Chiti tiene il punto, non torna indietro e insiste sulla necessità di un «confronto di merito che allarghi il consenso»
L’esempio da seguire spiega è quello «dei padri costituenti che votarono quasi all’unanimità la Carta fondamentale».
Senatore, il ministro Boschi torna a chiederle di ritirare il suo disegno di legge sulla riforma del Senato…
«Non posso ritirarlo. Sono convinto che quella proposta presenti coerenze complessive che portano al superamento del bicameralismo paritario in modo preferibile rispetto alla via indicata dal governo. Io, poi, ho firmato assieme ad altri 36 colleghi. Quel testo quindi non è di mia proprietà . C’è da ricordare, infine, che le riforme vanno fatte con rapidità ma vanno fatte bene. Le obiezioni di fondo esistevano a prescindere. Il mio ddl ha fatto sì che non ci fosse una bandiera alternativa affidata ad altre forze che potevano essere prevalentemente d’opposizione…»
Settori dell’opposizione condividono il suo testo, la maggioranza meno…
«Il fatto che su certe impostazioni convergano chi è uscito dalM5S,Sel, i Popolari e altri, dovrebbe essere visto come una potenzialità . Le riforme si fanno con la massima convergenza»
Il gruppo Pd al Senato ha approvato il testo del governo..
«È la verità . La maggioranza ha votato legittimamente perchè il testo base per le riforme sia quello del governo. A partire da questa impostazione però in molti nel gruppo hanno posto questioni simili alle mie. Rischiamo di passare da un bicameralismo paritario assoluto a un Senato che diventa una specie di Cnel istituzionale, un’istituzione congegnata solo per dare pareri…».
Torneremo al merito, ma il ministro Boschi la richiama alla scelta della direzione e del gruppo Pd
«Sui temi che riguardano la Costituzione c’è sempre stata piena autonomia e responsabilità non solo dei gruppi ma anche dei singoli parlamentari. La Costituzione non è nè dei governi nè dei gruppi. È dei cittadini italiani. Non pretendo di avere la verità rivelata in tasca, ma chiedo di poter seguire i miei convincimenti. Il diritto all’obiezione di coscienza dobbiamo riservarlo solo alle questioni bioetiche? Non deve avere un senso quando parliamo di temi costituzionali che quegli aspetti in qualche modo contengono e fondano?»
Cosa rimprovera al ddl del governo?
«Io penso che non si possa fare una riforma a pezzi, occorre uno sguardo d’insieme. La Costituzione è fatta di equilibri tra poteri e istituzioni. Partiamo dall’Italicum allora, una legge iper maggioritaria: conil37%dei consensi, e con l’aiuto di chi non raggiunge il 4,5% per accedere ai seggi, si può fare l’en plein. Il nuovo Titolo V non rappresenta quella razionalizzazione attesa da tempo, ma una ricentralizzazione di competenze allo Stato in controtendenza con l’Europa».
Ma è vero o no che la proposta del governo sul Senato ricalca quella dell’Ulivo?
«Ricordiamo le cose in modo corretto. Una strada da seguire può essere quella della Germania federale dove i Là¤nder hanno poteri veri. La loro legge elettorale per la Camera è simile a quella che avevamo costruito tra il 2006 e il 2008, durante il secondo governo Prodi, e che fu spazzata via dalle elezioni anticipate: proporzionale con sbarramento al 5%. Il Bundesrat, il Senato tedesco, è fatto solo dai delegati dei governi regionali. Da noi si va in quella direzione? Verso una Repubblica federale alla tedesca? Evidente che no»
Nemmeno il suo ddl guarda a Berlino…
«Propone l’alternativa di un Senato di garanzia e di rappresentanza dei territori. Di garanzia perchè la Camera ha una legge elettorale che serve per formare i governi; di garanzia perchè la Camera ha l’ultima parola sull’insieme delle leggi e dà la fiducia all’esecutivo. Per questi motivi servono equilibrio e, appunto, funzioni di garanzia. E perchè il Senato possa svolgerle pienamente bisogna che su alcune materie modifiche alla Costituzione, ordinamenti Ue, leggi elettorali, ratifica dei trattati internazionali, diritti dei cittadini Palazzo Madama mantenga un rapporto paritario con la Camera».
Lei chiede anche il Senato elettivo…
«Il bicameralismo paritario va superato. Ma per svolgere a pieno le loro funzioni di garanzia i senatori devono essere eletti. Nella mia proposta le elezioni dei senatori coincidono con quelle dei consiglieri regionali, in modo che gli eletti risultino legati ai territori».
Un modello simile a quello spagnolo….
«Sì. Il Senato spagnolo è eletto per 4/5 dai cittadini e per 1/5 è designato dalle comunità autonome. Può intervenire per emendare o anche per respingere le leggi che ha approvato la Camera. Questa però ha l’ultima parola. Su diritti dei cittadini e autonomie locali tuttavia esiste un bicameralismo paritario ed è prevista la maggioranza assoluta nelle due assemblee. Per le leggi costituzionali poi ci vogliono i 3/5 in ogni ramo del Parlamento. Certo che bisogna far funzionare la democrazia, ma servono equilibri altrimenti si rischia di impoverirla».
Nella minoranza Pd c’è chi ritiene più utile la partita per l’Italicum piuttosto che per cambiare il testo del governo sul Senato. Non rischia l’isolamento nel suo partito?
«La partita vera si gioca sulla coerenza tra i tre momenti: Titolo V, Senato e legge elettorale. Io non faccio parte di correnti e muovo dalle mie convinzioni. Non faccio calcoli. Mi ricordo due cose però: la prima è che bisogna fare le battaglie che si ritengono giuste, e farle alla luce del sole e senza trappole; la seconda è che le sconfitte più grandi sono quelle di battaglie giuste che non si è avuto il coraggio di affrontare».
L’idea di un Senato dimezzato anche nei costi ai cittadini piace….
«Nella mia proposta non si riduce soltanto il numero dei senatori, ma anche quello dei deputati. La riduzione delle indennità ? Non può essere prevista con legge costituzionale, ma ho proposto che vengano equiparate subito a quella del sindaco di Roma».
Il testo base arriverà a breve in commissione, lei come si comporterà ?
«Sulla base di ciò che conterrà quel testo valuterò se e quali emendamenti presentare in commissione ed eventualmente in Aula. Chi si è imbattuto in me sa bene che non cerco visibilità e che non è questa la mia caratteristica. Sostengo l’azione e il programma del governo, ma sulla Costituzione non si può scherzare. Mi amareggia molto chi sostiene che difendo i privilegi dei senatori. Difendo il diritto dei cittadini a scegliere i propri rappresentanti. C’è una crisi di fiducia gravissima nelle istituzioni, va allargata la partecipazione».
Il governo punta al 25 maggio, il Senato approverà la riforma entro quella data?
«Sicuramente faremo la riforma e la completeremo nel 2015 con un referendum. Con il confronto e un lavoro positivo entro il2014 potremo completare la prima e la seconda lettura».
Ninno Andiolo
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Aprile 23rd, 2014 Riccardo Fucile
IL RISCHIO DI UN COLOSSALE DEPISTAGGIO
È “la più importante operazione di declassificazione della storia repubblicana”, proclama Marco Minniti, autorità delegata per la sicurezza della Repubblica, subito dopo la firma, da parte del presidente del Consiglio Matteo Renzi, della direttiva che dispone la declassificazione degli atti relativi alle stragi di Gioia Tauro, piazza Fontana, piazza della Loggia, Peteano, Italicus, stazione di Bologna, Ustica, rapido 904.
Gli specialisti di intelligence, ma anche i magistrati che hanno indagato sulle stragi, sono scettici. “Non uscirà nulla di nuovo”.
Le ragioni dello scetticismo sono forti, intanto perchè dire “togliamo il segreto di Stato” non ha senso, poichè il segreto di Stato non c’è, non è opponibile ai fatti di strage e di eversione dell’ordine democratico.
Del resto, non è mai stato opposto ai magistrati su piazza Fontana, su Brescia, su Bologna (solo sull’Italicus), eppure i processi per strage sono tutti pieni di tracce di depistaggi e di carte negate.
E, più vicino nel tempo, i processi sul sequestro di Abu Omar sono stati resi impossibili dal segreto di Stato, per intervento degli ultimi presidenti del Consiglio (Prodi, Berlusconi, Monti, Letta) e della Corte costituzionale.
È dal 2007 che assistiamo a una promessa di trasparenza che non viene mai mantenuta.
Già nella riforma dei servizi segreti varata quell’anno si diceva che il segreto sarebbe stato a tempo.
Invece non sono mai stati completati i regolamenti attuativi, così siamo rimasti al segreto che resta segreto.
Ora ci riprova Renzi, che promette la declassificazione, di fatto già contenuta nella legge del 2007. Vedremo come e quando avverrà .
Non promette bene l’annuncio della diluizione nel tempo dei versamenti agli archivi pubblici: per seguire, come annunciato , l’ordine cronologico, i fascicoli dovranno essere spacchettati, con il risultato che un documento prodotto in un certo anno risulterà incomprensibile, se non addirittura fuorviante, se slegato da tutti gli altri.
Che cosa, poi, diventerà pubblico?
Prevedibilmente, i documenti già acquisiti nei decenni scorsi dalle autorità giudiziarie che hanno indagato sulle stragi, sul golpe Borghese, su Gladio…
Tutte carte che stanno già negli archivi della Casa della memoria o nei libri di studiosi come Giuseppe De Lutiis o Aldo Giannuli.
Chi deciderà che cosa tirar fuori dai cassetti? Chi prenderà la responsabilità di esibire carte nuove e davvero significative, ammesso che siano state conservate, dopo il passaggio negli archivi dei servizi di tanti magistrati (da Rosario Minna a Libero Mancuso, da Leonardo Grassi a Gianpaolo Zorzi, da Carlo Mastelloni a Felice Casson, fino a Guido Salvini)?
Se qualcosa di nuovo dovesse arrivare, qualcuno dovrà spiegare come mai l’ha negato, in passato, ai magistrati che l’avevano chiesto.
E quella spiegazione sarebbe l’ammissione di un reato, benchè forse prescritto.
Ci sono quattro cose che Renzi potrebbe invece utilmente fare (chieste a gran voce da quella strana comunità che si è formata in Italia, composta da investigatori, magistrati, ricercatori, famigliari delle vittime, cittadini a caccia della verità ).
Uno. Completare i regolamenti attuativi della riforma del 2007, che darebbero finalmente alla desecretazione un carattere strutturale e non “eccezionale”, come fa la direttiva di ieri. Magari aggiungendo anche un elenco di tutti gli archivi dove stanno i depositi da declassificare: non c’è, è il vero mistero italiano.
Due. Farsi dire dov’è l’archivio dell’Arma dei carabinieri: nessuno lo sa, nessun magistrato l’ha scoperto e dunque è probabile che resti fuori anche dalla mirabolante declassificazione promessa ieri.
Tre. Chiedere gentilmente se nell’operazione finestre aperte è coinvolto anche l’archivio del Quirinale, che già rispose picche al giudice che chiedeva carte sul progetto del principe Borghese di far arrestare il presidente Saragat da Licio Gelli nel 1970.
Quattro. Che ne sarà dei documenti degli Uffici Sicurezza Patto Atlantico? Sono collegati con i ministeri della Difesa e degli Esteri, ma hanno copertura Nato: sono dunque fuori dalla disponibilità dell’Italia?
“Attenti”, dice un magistrato che indagò su Bologna, “se fatta senza controlli e garanzie di terzietà , questa operazione può diventare una distribuzione di polpette avvelenate, o addirittura un colossale depistaggio. Non più dei processi ormai, andati come sono andati, ma della storia”.
Gianni Barbacetto
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Aprile 23rd, 2014 Riccardo Fucile
DOPO I GRILLINI, ANCHE I BERLUSCONIANI D’ACCORDO CON LA PROPOSTA DELLA SINISTRA PD… RENZI NON CORRE PIU’
Da Paolo Romani a Maurizio Gasparri, da Paola Taverna a Vito Crimi, da Felice Casson a Corradino Mineo.
Sembra un film di fantascienza, ma questi senatori si potrebbero ritrovare a comporre il fronte anti-Renzi sulla riforma del Senato.
Appena il disegno di legge del ministro per le Riforme Maria Elena Boschi ha iniziato il suo iter parlamentare in commissione Affari costituzionali Forza Italia ha fatto sapere di sostenere la proposta di un Senato elettivo.
Ed è questa la base del testo proposto alcune settimane fa dall’ex ministro Vannino Chiti e firmato da altri 21 senatori Pd che — nonostante le ripetute insistenze dei renziani e dello stesso ministro Boschi — non hanno alcuna intenzione di arrendersi.
Il Movimento Cinque Stelle si era subito dimostrato disponibile a sostenere il ddl Chiti e lo stesso Gian Roberto Casaleggio — nell’intervista al Fatto Quotidiano — aveva spiegato che ci sarebbe solo la necessità di un paio di emendamenti migliorativi.
Eccola, dunque, la strana maggioranza trasversale formata dai due principali gruppi d’opposizione e da un piccolo pezzo della maggioranza (cioè del Pd).
Senza contare che la proposta potrebbe raccogliere consensi tra gli altri gruppi di minoranza (Sel e Gal, per esempio) e di maggioranza (i Popolari di Mauro, spesso pronti a protestare nelle ultime settimane).
Sì a un Senato elettivo, ma mantenere il patto sulle riforme tra Berlusconi e Renzi che invece escludeva questa soluzione.
Lo hanno detto in commissione Affari Costituzionali del Senato, durante il dibattito sulle riforme, il presidente dei senatori di Forza Italia, Paolo Romani, e il capogruppo in Commissione, Donato Bruno.
Sia Romani che Bruno hanno osservato che dal dibattito in Commissione emerge una maggioranza trasversale in favore di un Senato elettivo (minoranza Pd con il ddl Chiti, Movimento Cinque Stelle e ora i berlusconiani), mentre il disegno di legge proposto dal governo prevede che esso venga eletto dai consigli regionali.
Forza Italia ha suggerito, come formula concreta, che i senatori di ciascuna regione vengano eletti contestualmente ai consigli regionali direttamente dai cittadini.
Meno di dieci minuti prima il presidente del Consiglio Renzi aveva difeso la sua riforma. “L’abolizione del Cnel è facile, è unente inutile e anche sul titolo V sono tutti d’accordo — ha scritto su Twitter — Il passaggio sul Senato non è del tutto chiarito, si discute come deve essere composto, se una parte deve elettiva ma è una contraddizione con l’impostazione di fondo e qualcuno non vuole le 21 personalità decise da Colle. Togliendo l’indennità ai senatori e facendo sindaci e presidenti di Regione fai una rivoluzione e semplifichi il procedimento legislativo”.
(da “Huffingtonpost”)
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Aprile 23rd, 2014 Riccardo Fucile
IL SINDACO DI PARMA BOCCIA CASALEGGIO: “NON E’ TECNICAMENTE FATTIBILE: NON SI INIZIA AD AMMINISTRARE UNA CITTA’ PER POI LASCIARE LE COSE A META'”
La verifica degli iscritti M5s sull’operato del sindaco “non è tecnicamente fattibile”.
Il primo cittadino di Parma Federico Pizzarotti chiude alla possibilità caldeggiata dal senatore del Movimento Vito Crimi e, indirettamente, da Gianroberto Casaleggio, di una consultazione online per giudicare il suo lavoro di amministratore della città emiliana.
“La verifica? Non è tecnicamente fattibile — ha detto martedì sera a margine della trasmissione di Tv Parma Agorà – E poi cosa facciamo? Cominciamo ad amministrare una città e poi ce ne andiamo e lasciamo le cose a metà ?”.
Il metodo delle verifiche non è proprio percorribile per Pizzarotti perchè “andrebbero normate stabilendo un preciso iter. Non è chiaro chi dovrebbe votare: tutti gli attivisti? Chi partecipa alle assemblee? Chi ha già votato on line? Sino ad oggi poi sono state fatte per coloro che sono all’opposizione e sempre in modo informale”.
“A noi piace essere misurati una volta completato il mandato per quello che abbiamo effettivamente realizzato — ha poi aggiunto — Io so l’impegno che ci siamo assunti e so come lo stiamo assolvendo: non si può certo dire che abbiamo fatto il passo più lungo della gamba”.
Sull’attacco di Casaleggio, che nell’intervista esclusiva a ilfattoquotidiano.it aveva ricordato il fallimento di Pizzarotti sulla questione dell’inceneritore, il primo cittadino ha ripetuto quanto già dichiarato in giornata per poi concludere: “Considerazioni di questo tipo gettano ombra sulla città e questo è ciò che non vogliamo”.
Nei giorni scorsi anche l’assessore all’ambiente del Comune era intervenuto contro le parole del confondatore M5s che, diceva, “pontifica senza sapere”.
E pure col leader Beppe Grillo non è mancato l’attrito. L’ex comico aveva infatti accusato il sindaco di non essere d’accordo con le regole del Movimento, in riferimento a un’intervista rilasciata durante le elezioni online per scegliere i candidati del Movimento.
Attacchi ai quali Pizzarotti ha replicato dedicando a Grillo i versi di una canzone di Leonard Cohen (“C’è una crepa in ogni cosa ed è da lì che entra la luce”)
Pizzarotti sulla Gazzetta di Parma smentisce inoltre le voci di un possibile abbandono del Movimento 5 Stelle.
”Simpatie con Civati? Fantapolitica. Faccio il mio lavoro e non salto su nessun’altra poltrona. Lo stesso Civati — ha proseguito — ha detto di non avere nemmeno il mio numero di telefono”, ha aggiunto il primo cittadino che però, sulle espulsioni volute da Grillo, ha ribattuto: “La questione sono le motivazioni: deve esserci un’evidenza molto chiara del perchè si fanno le espulsioni“.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Aprile 23rd, 2014 Riccardo Fucile
DODICI REGOLE PRECISE CUI ATTENERSI… MA STASERA SARA’ OSPITE DI PORTA A PORTA
Questo pomeriggio inizierà di fatto l’affidamento in prova ai servizi sociali di Silvio Berlusconi che dovrà espiare, dopo la condanna definitiva per il caso Mediaset, un anno di pena perchè altri tre anni sono stati condonati con l’indulto.
È attesa per le 18, salvo imprevisti, la firma da parte dell’ex premier del decreto delle prescrizioni, dodici regole ben precise, stabilite una settimana fa dal Tribunale di sorveglianza di Milano che gli ha concesso la misura alternativa della detenzione domiciliare. E stasera il leader di Forza dovrebbe essere ospite di Porta a Porta.
Con la sottoscrizione del documento in cui i giudici hanno messo nero su bianco i ‘paletti’ entro i quali l’ex premier si dovrà muovere e che comunque gli consentiranno l”agibilità politica’ prenderà il via il percorso di “rieducazione” che comprenderà anche l’assistenza agli anziani del centro di Cesano Boscone dell’Istituto Sacra Famiglia.
Un appuntamento ‘fisso’ per Berlusconi: una volta alla settimana per almeno quatto ore di fila.
Intanto davanti alla sede milanese di piazza Venino dell’Uepe, l’Ufficio esecuzione penale esterna, dove Berlusconi firmerà le prescrizioni davanti al responsabile dell’ente, dottoressa Severina Panarello, ci sono giornalisti, qualche telecamera e anche qualche curioso.
Berlusconi, contestualmente alla firma del verbale con le 12 prescrizioni, dovrà concordare anche un programma operativo.
Si tratta di fissare data e orario del colloquio, si presume con cadenza mensile, il giorno settimanale previsto per l’attività e le modalità con cui l’ex premier assisterà gli anziani ricoverati nella struttura di Cesano Boscone ed eventualmente mettere a punto altri dettagli.
Qualora, invece, per qualsiasi cambio di programma o urgenza inderogabile, l’ex capo del Governo oggi alle 18 non dovesse presentarsi all’Uepe, da quanto si è saputo, avrebbe già concordato un nuovo appuntamento per domani mattina.
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