Aprile 22nd, 2014 Riccardo Fucile
IL TETTO AI FINANZIAMENTI PRIVATI OLTRE 100.000 EURO LIMITA L’EX PREMIER
«Io torno dopo un anno in televisione, critico il governo, illustro il nostro programma per l’Europa, e l’indomani cosa scrivono i giornali? “Berlusconi contro i giudici”…». Il Cavaliere non riesce a spiegarsi l’arcano.
Inutilmente chi se ne intende un minimo ha tentato di fargli presente ciò che del resto lui già sapeva: certi aggettivi contro la sentenza, definita non solo «ingiusta» ma addirittura «mostruosa», finiscono inevitabilmente per dettare i titoli.
Si aggiunga che le proposte sull’Europa e sul resto non sono esattamente dei colpi da kappaò: in passato Berlusconi aveva fatto di meglio, e lui stesso se ne rende conto se è vero (come è vero) che ha trascorso Pasquetta in casa, ad Arcore, lavorando duro sui programmi oltre che sulla pianificazione dei prossimi appuntamenti tivù.
Ne è testimonianza un tweet della Ronzulli, europarlamentare «azzurra» di cui la Pascale non è gelosa, che ritrae Silvio seduto a un tavolo da pranzo appena sparecchiato, la penna in mano e vicino un telefono con cornetta e filo, come usava nel secolo scorso (un secondo tweet immortala il trio Berlusconi-Ronzulli-Pascale mentre si concede un «selfie», altrimenti detto «autoscatto», dietro a un gigantesco uovo di cioccolato e con un dipinto settecentesco sullo sfondo).
Che cosa abbia in serbo il Cavaliere, lo capiremo meglio tra stasera e domani, dopo la riunione romana che farà il punto sulla campagna elettorale.
Già ieri, summit con tutti gli aiutanti di campo, dal responsabile internet Palmieri al fido Gasparotti, dalla portavoce Bergamini al consigliere politico Toti, il quale è capolista nel Nord-Ovest e guai a chi nel partito gli negherà le preferenze: una nota del leader, diffusa proprio nel giorno di Pasqua, mette in guardia quanti dentro Forza Italia volessero tendere trabocchetti al nuovo «pupillo».
Giovedì Berlusconi farà ritorno da Vespa, e cercherà di migliorare la sua performance rispetto alla prima apparizione sul «Tg5».
Magistrati permettendo, conta di tenere pubblici comizi non solo a Roma e a Milano, ma pure al Sud, in Veneto e nelle Isole.
Altro tema sul tappeto: i denari.
Forza Italia è drammaticamente al verde, tra poco non ne avrà abbastanza per pagare dipendenti e affitti.
Perfino nel caso in cui Berlusconi volesse contribuire, gli sarebbe vietato in quanto la legge sul finanziamento pubblico mette un tetto di 100 mila euro alle contribuzioni private.
Daniela Santanchè, responsabile del «fund raising», ha in cantiere alcune idee innovative per incassare in fretta 2-3 milioni di euro.
Nel frattempo il peso della campagna elettorale ricadrà quasi interamente sui candidati, che a loro volta dovranno contenersi entro la soglia dei 170 mila euro di spesa.
Sembrano tanti, anzi lo sono. Sennonchè la guerra delle preferenze alle Europee si combatte su collegi di dimensioni gigantesche, per cui tutto è in scala, spese comprese.
A rimetterci per prime saranno le tipografie: quasi nessun candidato onesto potrà permettersi di coprire di manifesti le città (a Roma, per essere visti, ne servirebbero circa 10mila al giorno).
Altra categoria in perdita: i ristoratori, dal momento che le cene elettorali a sbafo diventeranno un ricordo.
Ugo Magri
(da “La Stampa”)
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Aprile 22nd, 2014 Riccardo Fucile
MASTELLA: “NON VADO PIU’ A BATTESIMI E COMUNIONI, TROPPE SPESE PER I REGALI”
«Come si fa a dire che non mi sostiene?» Alle 16.03 di sabato scorso, il BlackBerry ha fatto tic tac. Era arrivata una email. Aprire, leggere.
«Cara Amica, Caro Amico, Ti informo che sono candidato alle Elezioni per il Parlamento europeo nelle liste di Forza Italia del centro Italia (Lazio, Umbria, Marche, Toscana). Se voti il mio partito e intendi darmi una mano contatta la mia segreteria allo 06/40801981. Grazie di cuore e buona Pasqua a Te e alla Tua famiglia. Firmato: Luciano Ciocchetti»
Generoso con le maiuscole, garbato, appena un filo invadente, Luciano Ciocchetti scatena la caccia alle preferenze e dichiara ufficialmente aperta la campagna elettorale per le prossime Elezioni europee.
Ciocchetti, 56 anni, nel genere, è il prototipo del piccolo fuoriclasse locale: ex Dc, ex Udc, senza impacci per la forte somiglianza con il comico ciociaro Martufello, ha costruito la sua carriera girando pazientemente tutti gli oratori di Roma e del Lazio, e anche gli ospedali, e i depositi dei tram, e sempre per fare una buona promessa a tutti.
Adesso, però, le promesse le fa anche e soprattutto sul suo sito (meno campi nomadi, meno rifiuti, meno prostitute): perchè Ciocchetti ha capito che la nuova strada da battere, per trovare voti – a Silvio Berlusconi ne avrebbe promessi oltre 30 mila – è quella del web.
Alfredo Vito oggi ha 68 anni e si è ritirato dalla politica: ma fu a lungo un formidabile rastrellatore di preferenze nell’hinterland napoletano, che contendeva al suo avversario, Francesco Patriarca detto «don Ciccio ‘a promessa»; lui, Alfredo Vito, era invece stato soprannominato «Vito ‘a sogliola», per l’eccezionale capacità mimetica di appiattirsi nelle acque della dicì partenopea dell’epoca, dove navigavano due balene come Antonio Gava e Paolo Cirino Pomicino
Nel 1992, lei ottenne 104.532 voti. E senza un manifesto. Senza un’apparizione televisiva.
«Quella stagione è irripetibile. Il fatto che ormai da oltre un decennio i parlamentari vengano eletti con liste rigide ha troncato ogni rapporto con il territorio…».
Lei disse a Gian Antonio Stella: se vedo una faccia, non la scordo.
«Sapevo a memoria i nomi di tutti. Non avevamo Internet. Dovevo fidarmi solo della mia testa. Allo spoglio, per dire, ero capace di sommare a mente i voti di 50 seggi».
Lei non aveva staff.
«In pratica, ero solo. Ma non sbagliavo. Sapevo sempre chi avevo di fronte, chi era quello che mi assicurava voti. Oggi sarebbe impossibile. Un tempo, il mafioso, il camorrista ce l’aveva scritto in faccia che teneva la pistola in tasca: oggi hanno facce pulite e vestono come impiegati. E si infiltrano, e sono pericolosi, e possono rovinarti la carriera»
I rapporti personali erano decisivi. I politici venivano trattati come monarchi. Vito Lattanzio in Puglia, Remo Gaspari in Abruzzo, Ferdinando Scajola (il padre di Claudio) in Liguria, Giulio Andreotti nel Lazio. Andreotti faceva asfaltare strade, apriva caserme, inaugurava fabbriche. Una volta, polemizzando in modo brusco, Craxi gli disse: «Senti, questo però devi andarlo a raccontare ai pecorai amici tuoi…».
Due ore dopo, Franco Evangelisti, braccio destro politico di Andreotti, fece intervenire duramente l’associazione degli allevatori della provincia di Frosinone.
Il braccio destro elettorale di Andreotti era invece un ex picchiatore fascista: Vittorio Sbardella detto «lo squalo»; uno che liquidava i critici citando, compiaciuto, quella che invece era stata una tragica riflessione di Rino Formica, gentiluomo socialista: «La politica è sangue e merda». La politica che, in cambio di un voto, faceva assumere un figlio nell’azienda dei trasporti locali, una figlia all’ospedale, e a te faceva aprire un bar (con una tecnica simile, negli anni Cinquanta, Achille Lauro era finito nella leggenda: candidato sindaco di Napoli, aveva regalato solo la scarpa destra, promettendo la sinistra in caso di elezione)
Regola di ferro: tu mi dà i, io ti do.
Così c’è stato un tempo in cui i politici schedavano – letteralmente – i propri elettori. Se andavi a trovare Totò Cuffaro nel suo ufficio – Cuffaro dal gennaio del 2011 sta scontando una condanna a 7 anni di reclusione per favoreggiamento aggravato a Cosa nostra – subito ti mostrava la preziosa cartella.
Raccontò a Sebastiano Messina: «Anche le suore sono con me. Le “Collegine”, le suore del Collegio di Maria, in Sicilia hanno cinquanta istituti. Ne scelga uno a caso, ci vada e chieda per chi hanno votato. Le diranno: Totò Cuffaro».
Clemente Mastella e sua moglie Sandra Lonardo saranno processati insieme con altri quindici imputati: sono tutti accusati di associazione per delinquere.
Un’associazione che, secondo la tesi sostenuta dalla Procura di Napoli, aveva un nome ben preciso: Udeur
Il partito è comunque stato sciolto da tempo e Mastella, ormai, si candida a titolo personale; anche stavolta Berlusconi l’ha voluto nella lista Sud per le Europee. Perchè la sua forza restano, come scrisse genialmente Gianpaolo Pansa, le «truppe mastellate».
«Eh… I giudici mi attaccano e cercano di distruggermi, ma io ho una risorsa che nessun tribunale potrà mai togliermi…».
Sarebbe?
«Il rapporto umano con i miei elettori»
Ecco, appunto: come riesce a controllarli?
«Ah, no, non ci siamo… perchè io non controllo, io mi metto alla pari. Vede, quasi tutti i miei colleghi disdegnano, snobbano la gente comune. Io, al contrario, tengo la porta di casa, qui a Ceppaloni, sempre aperta. Chiunque può entrare e…».
E quando entrano?
«Certi mi chiedono un consiglio. Clemè, tu che faresti? E io sto lì, ascolto, rifletto e poi, se posso, suggerisco. Però, nel frattempo, sa che faccio? Chiamo Sandra e quella arriva e porta una bella fetta di pastiera…».
Servono pazienza e abilità .
«Più pazienza. Perchè questo è un lavoro che non devi fare l’ultima settimana prima del voto, ma tutto l’anno. Devi esserci sempre, per i tuoi elettori. Devi partecipare ai loro dolori e alle loro gioie… magari non proprio a tutte le gioie, però: per dire, con i battesimi e le comunioni ho chiuso. Un po’ perchè mi cominciavano a costare troppi soldi in regali, un po’ perchè io sono cattolico e non mi piaceva la cosa di utilizzare una cerimonia sacra per prendermi qualche voto»
Comunque, tenere la porta di casa sempre aperta, come sospettano i magistrati di Napoli, è pericoloso…
«Un po’, sì, è rischioso. Ma siccome io sono limpido, metto le mani avanti: alt, no, io i voti della camorra non li voglio!»).
Si possono rifiutare i voti della mafia, ma solo quelli. E così: grande curiosità per capire dove verranno convogliate le preferenze che controllava Franco «Batman» Fiorito, mitico satrapo berlusconiano travolto dalla scandalo alla Regione Lazio, e dubbi non forti ma fortissimi sui principi dei voti del Pd in Puglia e Campania, Michele Emiliano e Vincenzo De Luca – entrambi tagliati fuori dalle liste – che, furibondi e vendicativi, potrebbero non appoggiare la capolista Pina Picierno.
Inutile chiedersi cosa farà del suo pacchetto di preferenze Vladimiro Crisafulli detto Mirello, scomodo signore delle tessere democratiche a Enna. «Le mie non sono clientele. Io dono affetto. Cosa si può volere da uno come me?».
Fabrizio Roncone
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Aprile 22nd, 2014 Riccardo Fucile
LE BALLE DI RENZI: SOLO 3,1 MILIARDI RICAVATI DALLA SPENDING
Non più di 3,1 miliardi. A tanto ammontano gli effettivi tagli alla spesa per il 2014 previsti dal decreto taglia-cuneo fiscale del governo Renzi.
Come dire che è in qualche modo riferibile alla “spending” solo il 47% della copertura messa nero su bianco dall’esecutivo per puntellare quest’anno l’operazione taglia-tasse.
Infatti, i 6,65 miliardi necessari nel 2014 per il bonus Irpef da 80 euro mensili arrivano per 2,41 miliardi dall’aumento dell’imposta sostitutiva a carico delle banche sulla rivalutazione delle quote di Bankitalia e dalla riduzione delle rate per il pagamento dell’imposta sulle plusvalenze dalla rivalutazione degli asset d’impresa.
Altri 650 milioni sono garantiti dalla maggiore Iva per lo sblocco di una nuova tranche di debiti arretrati della Pa nei confronti delle imprese.
Ci sono poi i 500 milioni legati alla potatura delle tax expenditures, a partire dalla stretta sulle agevolazioni fiscali per l’agricoltura, che contabilmente vanno inquadrati nelle riduzioni di spesa ma che in realtà agiscono sul versante delle maggiori entrate. In tutto 3,56 miliardi.
Almeno secondo lo schema tecnico che è stato approntato al ministero dell’Economia. Solo la fetta rimanente, pari a poco più di 3,1 miliardi, è effettivamente catalogabile tra reali tagli di spesa.
E una quota non superiore ai 2,12 miliardi si presenta in una versione “strutturale”
Rimane il taglio dell’Irap, che vale 700 milioni interamente coperti dall’aumento della tassazione sulle rendite finanziarie (titoli di Stato esclusi).
Che fa salire a 3,1 miliardi il pacchetto fiscale complessivo (con gli interventi sulle banche e sulla rivalutazione dei beni d’impresa)
Per quest’anno, dunque, la “spending” non riuscirà ad assicurare neppure la metà della copertura necessaria per l’operazione taglia-cuneo.
Alcuni interventi, del resto, sono stati ridimensionati in corsa, come il tetto sugli stipendi dei dirigenti pubblici dal quale arriveranno non più di 40 milioni.
Anche il giro di vite sulle municipalizzate nel 2014 dovrebbe garantire solo 50 milioni.
E meno di 10 milioni dovrebbero arrivare dalla stretta sulle auto blu, che su Province e Comuni peserà per 2,3 milioni
Ma anche per il 2015 la situazione non migliora molto.
Almeno sulla base delle indicazioni fornite dal Governo in attesa che (in gran parte) si trasformino in misure operative con la prossima legge di stabilità .
Dei 14 miliardi quantificati come dote necessaria a garantire anche nel 2015 il bonus Irpef da 80 euro mensili a 10 milioni di lavoratori, al massimo 9 miliardi sono destinati ad arrivare da tagli di spesa.
Il Governo conta di attingere ancora a misura una tantum: 3 i miliardi utilizzabili dalla lotta all’evasione, secondo lo schema di coperture presentato da Palazzo Chigi.
Un miliardo dovrebbe arrivare poi dalla maggiore Iva delle ultime tranche di pagamento dei debiti arretrati della Pa e un altro miliardo dalle agevolazioni alle imprese anche qui probabilmente sotto forma di maggiori entrate.
Anche se un eventuale taglio secco degli incentivi alle imprese potrebbe far salire la dote dei tagli per il 2015 a quota 10 miliardi
Un dispositivo di coperture su cui grava più di un’incognita. A cominciare dal reale “contributo” della lotta all’evasione.
Nel comunicato ufficiale divulgato da palazzo Chigi dopo il varo del decreto taglia-Irpef si afferma che il Governo intende realizzare «un programma di ulteriori misure ed interventi di prevenzione e di contrasto allo scopo di conseguire nell’anno 2015 un incremento di almeno 2 miliardi di entrate» rispetto al 2013. Un obiettivo minimo inferiore di un miliardo ai 3 miliardi indicati nello schema di coperture per il 2015
Quanto ai tagli alla spesa veri e propri, alla fine per il 2014 il Governo ha fissato lo stesso obiettivo (oltre 3 miliardi) che nelle scorse settimane era stato considerato realisticamente realizzabile per il periodo compreso tra il 1° maggio e la fine di dicembre da Carlo Cottarelli.
Ma, a differenza di quanto proposto dallo stesso Cottarelli che aveva messo nel mirino anche pensioni e sanità , metà della “spending”, dovrà essere garantita dal nuovo giro di vite sugli acquisti di beni e servizi dal quale sono attesi 2,1 miliardi nel 2014 e 5 miliardi nel 2015.
Marco Rogari
(da “Il Sole 24 ore“)
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Aprile 22nd, 2014 Riccardo Fucile
IL FRONTE RADICALE SI COMPATTA SU UN GIOVANE EMERGENTE
A loro Renzi proprio non va a genio. Men che meno Nardella, inviato speciale del premier alla corsa per il Comune di Firenze.
E allora la sinistra nuda e pura, che da queste parti è tradizionalmente radicata, ha scelto il suo sfidante.
Se fosse un calciatore sarebbe nel pieno della sua maturità . Invece è più giovane del Renzi che si candidò dieci anni fa alla presidenza della Provincia: risponde al nome di Tommaso Grassi e compirà 29 anni a settembre.
Negli ultimi cinque anni da consigliere comunale si è contraddistinto per essersi messo di traverso alle politiche dell’amministrazione. Ha una tessera di Sinistra Ecologia e Libertà in tasca, ma nel partito non tutti lo vedono di buon occhio, specie quelli che provano a strizzare un occhio a Renzi.
L’età fa clamore, certo, però l’accordo sul suo nome c’è stato perchè ha lavorato senza risparmiarsi, scoperchiando molte delle anomalie emerse nel rapporto fra le cose pubbliche e quelle private, anche del sindaco rottamatore ora premier.
Nel 2011 si è pure dovuto difendere in tribunale citato per danni da una società di costruzioni: aveva denunciato con alcune interrogazioni la mancanza di tutela ambientale e storico-culturale nella realizzazione di alcuni appartamenti.
E ha vinto.
Grazie alla sua candidatura è riuscita così a lasciare Palazzo Vecchio un po’ più a cuor leggero Ornella De Zordo, fondatrice della lista di cittadinanza “perUnaltracittà ”, che in dieci anni di Consiglio comunale ha fatto vedere i sorci verdi alla maggioranza, con una dura opposizione da sinistra all’ex sindaco Leonardo Domenici prima e a Renzi poi.
Non si ricandida perchè due mandati possono bastare: “Mi pare giusto un ricambio — spiega — la politica dev’essere un servizio e deve prevedere alternanza, non l’occupazione di un posto pubblico a vita. Con Tommaso abbiamo combattuto molte battaglie fianco a fianco e penso che sia la persona adatta a proseguire questo lavoro”.
La sinistra fiorentina prova così a riprendersi un’identità , in parte indebolita dalla forza di Renzi, che durante il periodo a Palazzo Vecchio è stato capace di affascinare molti. E non solo al centro o a destra.
Come Valdo Spini: candidatosi cinque anni fa a sindaco contro l’ex rottamatore, oggi appoggia Nardella con la sua nuova lista “Sostieni Firenze”.
Dinamiche che hanno di riflesso compattato il fronte dei più ostili a quelle che vengono definite le “politiche neoliberiste renziane”: dal progetto Tav alla privatizzazione dell’azienda di trasporto pubblico passando per le scelte su sociale e cultura.
E che sono riuscite nell’impresa di riunire una sinistra tradizionalmente divisa e litigiosa, che oggi si presenta alle urne con un piglio determinato.
Insomma: Renzi lo si ama, o lo si odia.
A puntare dritto su Grassi, dopo molti mesi di assemblee a cui hanno partecipato partiti e movimenti, è stata proprio la sinistra diffusa composta, oltre che da perUnaltracittà , anche da Alba, Azione Civile, sindacati di base e comitati.
Soggetti che non saranno direttamente coinvolti nella partita elettorale perchè l’accordo su una lista unitaria, una sorta di lista Tsipras in salsa fiorentina, non è riuscito.
Così, sosterranno Grassi due partiti: Sel e Rifondazione Comunista. Ma anche una formazione civica che Grassi sta costruendo: “Ci saranno dentro molte anime della sinistra — spiega — amici ambientalisti, della società civile, persino ex militanti delusi dal Pd”. Tommaso ha iniziato a far politica nel 2004 con i Verdi quand’era ancora un ragazzino, dopo essere stato attivo nei comitati contro inceneritore e aeroporto.
Per caso si candidò al Consiglio di Quartiere e fu eletto, beccandosi presto l’etichetta di “guastafeste” del centrosinistra.
“Agli slogan noi vogliamo contrapporre la concretezza degli atti, alle promesse le soluzioni ai problemi della gente — dice — e poi candidiamo tutta gente di sinistra, non come Nardella che nella sua lista ha inserito l’ex olimpionica Fiona May, che è stata dichiaratamente berlusconiana”.
Grassi si tuffa in una partita difficile, che a Firenze appare confusa come non mai.
La parola d’ordine è frammentazione.
Tre candidature fra destra e centrodestra: Marco Stella per Forza Italia (sostenuto anche dalla lista civica dall’ex candidato sindaco del Pdl che sfidò Renzi, Giovanni Galli), la presidente fiorentina di Confartigianato Gianna Scatizzi per il Nuovo Centrodestra e il deputato Achille Totaro per Fratelli d’Italia.
Nel centrosinistra, oltre a Dario Nardella ci prova anche Cristina Scaletti, ex assessore regionale (in quota Idv prima e Centro Democratico poi) silurata da Enrico Rossi nel rimpasto studiato per inserire i renziani in giunta.
Nessun simbolo di partito in appoggio alla sua candidatura, che mira soprattutto a catalizzare gli scontenti del Pd. Un ruolo da guastafeste prova a giocarlo anche a Firenze il Movimento 5 Stelle con Miriam Amato, che come Scaletti punta ad andare al ballottaggio.
La partita per il secondo posto dietro Nardella, insomma, è tutt’altro che scontata.
E se il candidato Pd non vincerà al primo turno la sfida potrebbe farsi sorprendentemente interessante.
Duccio Tronci
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Aprile 22nd, 2014 Riccardo Fucile
IL SEGRETO DI STATO SULLE STRAGI NON E’ MAI ESISTITO E RESTANO OFF LIMITS QUELLI DELLE POTENZE STRANIERE
Squilli di trombe, rulli di tamburo: Renzi cancella il segreto di Stato sulle stragi.
Era ora! Solo che si tratta di chiacchiere perchè:
a- già da una ventina di anni, il segreto di Stato non è opponibile alla magistratura che procede per reati di strage o eversione dell’ordine democratico;
b- di conseguenza, la magistratura, sia direttamente che tramite agenti di pg e periti, ha abbondantemente esaminato gli archivi dei servizi e dei corpi di polizia, acquisendo valanghe di documenti che sono finiti nei fascicoli processuali;
c- anche le commissioni parlamentari che si sono succedute, sul caso Moro, sulle stragi, sul caso Mitrokhin hanno acquisito molta documentazione in merito (anche se poi è finita negli scatoloni di deposito e non in archivi pubblici);
d- una larghissima parte della documentazione finita nei fascicoli processuali e nelle commissioni di inchiesta è stata resa consultabile dalla “Casa della Memoria di Brescia”, dove chiunque può accedere, e …dalla Regione Toscana (strano che Renzi non lo sappia);
e- già a suo tempo, la documentazione acquisita dai magistrati è stata consultata da giornalisti che l’hanno avuta dagli avvocati delle parti ed è finita in migliaia di articoli;
f- diversi consulenti parlamentari e giudiziari (a cominciare dal più importante, Giuseppe De Lutiis a finire al sottoscritto) hanno successivamente utilizzato abbondantemente quella documentazione per i loro libri
Per cui, siamo alla “quinta spremitura” di queste olive: ci esce solo la morga, robaccia.
Viceversa, restano ancora da risolvere i problemi degli archivi inarrivabili e per i quali occorrerebbe far qualcosa per renderli accessibili:
-quello della Presidenza della Repubblica che ha sempre rifiutato ogni accesso, per quanto minimo, alla magistratura in nome dell’immunità Presidenziale;
-quello dell’Arma dei Carabinieri (alludiamo all’archivio informativo, non a quello amministrativo) che non si capisce dove stia;
-quelli delle segreterie di sicurezza dei vari enti e dei relativi uffici Uspa che sono protetti dal segreto Nato.
Per cui, se Renzi vuol davvero fare qualcosa di nuovo sulla strada della fine dei segreti della Repubblica, può:
-invitare il Capo dello Stato a valutare l’opportunità di rendere accessibile il proprio archivio oltre le carte del Protocollo attualmente visibili;
-chiedere all’Arma dei carabinieri un rapporto ufficiale sulla sistemazione dei propri archivi informativi;
-porre in sede Nato la questione del superamento del segreto dopo un congruo periodo di segretazione. Per esempio, poco dopo la “rivoluzione dei garofani” in Portogallo, la Nato avocò a sè tutto il materiale della e sulla Aginter Presse: possiamo vederlo?
Ma soprattutto, se il Presidente del Consiglio vuol fare sul serio è bene che si ricordi che il suo ente è in ritardo di anni su precisi impegni presi. Nel 2007, per far digerire quell’orrore di legge di “riforma” sui servizi, venne inserito un complicato sistema che avrebbe dovuto assicurare la decadenza automatica della classifica di segretezza dopo un certo periodo; premessa necessaria per poter inviare i documenti agli archivi di Stato (non solo quelli sulle stragi ma tutti).
Però occorreva prima fare i regolamenti attuativi: stiamo ancora aspettando questi regolamenti dopo sette anni. Poi il governo Monti promise che entro il 2012 avrebbe comunicato l’elenco dei vari archivi esistenti con le diverse sedi dei depositi (cosa che non è stato mai possibile avere).
E stiamo aspettando ancora anche questo elenco.
Se la sente Renzi di fare sul serio o solo fumo elettorale?
Aldo Giannuli
(da “Micromega”)
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Aprile 22nd, 2014 Riccardo Fucile
IL SINDACO DI PISANO: ANDRO’ A TRENTOLA DUCENTA PER RINGRAZIARLI… IL COMUNE PIEMONTESE NON AVEVA FONDI
Una storia di solidarietà all’incontrario: dal sud al nord.
«Nonostante le difficoltà , i Comuni possono anche aiutarsi tra loro lanciando un messaggio positivo ai ragazzi e sfatando i pregiudizi».
E’ difficile riuscire a spiegare le motivazioni che hanno spinto un sindaco campano, quello di Trentola Ducenta 18 mila abitanti in provincia di Caserta, a trasferire 11 mila e 500 euro dalle casse del suo municipio a quello di Pisano Novarese, piccolo paese di 798 abitanti sul lago Maggiore, per consentirgli di mettere in sicurezza le scuole.
Una storia che ha dell’incredibile. Tutto è nato dall’invito che il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha rivolto ai suoi «colleghi» all’inizio di marzo con una semplice email.
Ogni sindaco avrebbe dovuto comunicare a palazzo Chigi, entro quindici giorni, l’opera di edilizia scolastica più urgente, con costi e tipologia di intervento.
Uno dei primi a rispondere è stato Gianluigi Cristina, eletto sindaco di Pisano con una lista civica: «La materna e le elementari di via Piceni sono state messe in sicurezza negli ultimi dieci anni al 90%. Per concludere l’opera, servono 11.500 euro», spiega al collega Renzi.
Mancano l’uscita con maniglione antipanico del dormitorio, l’adeguamento dell’altezza standard delle finestre, nuove porte antincendio in cucina, ma l’ente non ha le risorse finanziarie necessarie.
L’appello appare su un quotidiano. A leggerlo non è Renzi ma un sindaco ex democristiano alla guida della sua cittadina da vent’anni, eletto l’ultima volta nel 2011.
Si chiama Michele Griffo, si professa di centrodestra: è il primo cittadino di Trentola Ducenta, che sta a sette chilometri dal mare.
Anche lui ha scritto al premier, ma chiedeva 400 mila euro: «I problemi sono uguali dappertutto — racconta Griffo -, quello che sta succedendo deve arrivare come un segnale significativo anche allo Stato centrale. Le nostre casse stanno bene: avanzeremo a consuntivo circa 900 mila euro. Rispettiamo il patto di stabilità , abbiamo una differenziata al 75% e una tassa dei rifiuti tra le più basse d’Italia. Quell’appello mi ha toccato. La cifra è alla nostra portata: quei bambini potranno sentirsi al sicuro».
Detto fatto: il 4 aprile ha inviato un fax scritto a mano di poche parole al municipio novarese per dire che il finanziamento c’era.
E che importa se non arrivava dallo Stato ma da un altro Comune.
I lavori inizieranno in estate
A Pisano non volevano crederci. Poi ha prevalso il senso pratico sabaudo: se ci danno i soldi, li prendiamo.
Anche qui, poche parole: «Ci sono dei passi formali da fare — dice Cristina – , accettare ufficialmente i fondi. Dopodichè, a mie spese, mi recherò a Trentola Ducenta per ringraziare».
La partenza sarà entro il 25 maggio, prima delle elezioni che si terranno anche a Pisano, un Comune non nuovo nel sottolineare, anche polemicamente, le proprie difficoltà economiche, come quando ha di recente rinunciato a spendere 250 euro per figurare in un cartellone autostradale di promozione turistica promosso dalla Provincia e sottoscritto da tutti gli altri Comuni vicini: «Non abbiamo soldi da buttare via. La nostra scuola funziona: il 60% dei 120 iscritti viene dai paesi confinanti perchè ha un’ottima organizzazione didattica e la mensa è interna. I lavori inizieranno subito, con la chiusura estiva».
«Dalla Campania ospiti nei nostri hotel»
Intanto, mentre si fantastica su un gemellaggio con in prima fila proprio gli studenti, la generosità dei casertani ha già scatenato un moto di riconoscenza.
Appresa la notizia, l’hotel «Colli Fioriti» di Fosseno di Nebbiuno (Novara) si è offerto di ospitare gratuitamente gli amministratori campani che vorranno visitare il lago Maggiore e la scuola. A lavori conclusi.
Cinzia Bovio
(da “La Stampa“)
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Aprile 22nd, 2014 Riccardo Fucile
IL REGOLAMENTO SULLA PAR CONDICIO E’ CHIARO: LA RAI DEVE RISPETTARLO, RENZI VUOL SOLO FARE PASSERELLA.. SE GLI STA A CUORE L’INIZIATIVA BENEFICA SI ACCOMODI A BORDO CAMPO
Continuano le polemiche legate alla partecipazione di Matteo Renzi alla partita del cuore organizzata da Emergency che si terrà a Firenze il prossimo 19 maggio, a sei giorni dal voto.
Una diretta Rai con il Premier e il vicesindaco di Firenze Dario Nardella in campo insieme con alcuni grandi calciatori del passato fiorentino. Tre nomi su tutti: Gabriel Omar Batistuta, Roberto Baggio e Giancarlo Antognoni.
Un’altra “marchetta” del premier che vuole apparire anche come il panzer della nazionale.
“Innammissibile l’ipotesi di vederlo in diretta Tv” dice il presidente della Commissione di vigilanza Rai Roberto Fico.
La par condicio in campagna elettorale infatti non permette la presenza, in programmi radiotelevisivi che non siano di informazione politica, di esponenti del governo.
Dichiarazioni che hanno subito scatenato reazioni ‘Il presidente della Vigilanza: “Roberto Fico – dice deputato Pd Michele Anzaldi – pur di alzare una polemica elettorale arriva a boicottare la Partita del Cuore, i cui scopi benefici dovrebbero essere sostenuti da tutti”.
“Se Fico – aggiunge Anzaldi – vuole strumentalizzare un’iniziativa benefica per fare campagna elettorale, se ne assuma la responsabilità , ma non tiri in ballo le leggi che non c’entrano nulla”.
Secondo Fico non è possibile nessuna deroga e ancor meno spiragli possibili: “Assolutamente no, leggi e delibere sono chiarissime”
Il presidente della Commissione di Vigilanza esclude che Presidente e dg Rai possano confermare ugualmente la diretta: “Conoscono alla perfezione la legge – dice Fico – e la applicheranno”.
Il buon senso, se mai esistesse, consiglierebbe semplicemente un passo indietro da parte di Renzi e di Nardella, visto il chiaro intento speculativo della loro apparizione nella veste di improbabili calciatori.
In tal modo la diretta Rai sarebbe garantita e i fini solidali assicurati.
Se a Renzi sta tanto a cuore la solidarietà stacchi un assegno, visto che se lo può permettere.
Oppure partecipi in un ruolo defilato, che a ragion veduta gli si addice molto di più: quello di raccattaballe.
Abituato com’e’ a raccontarne, siamo certi che raccoglierebbe gli applausi dell’intero stadio.
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Aprile 22nd, 2014 Riccardo Fucile
VERTICI DI MAGGIORANZA, ALFANO AVVERTE: “COSI’ NON LO VOTIAMO”
Una drammatizzazione del genere nessuno se l’aspettava.
Già dalla scorsa settimana il governo aveva ipotizzato di porre la questione di fiducia sul decreto Poletti, al voto tra oggi e domani alla Camera.
Ma certo non si immaginava di dover convocare un vertice di maggioranza, con i ministri del Lavoro, Giuliano Poletti, e delle Riforme, Maria Elena Boschi, per ritrovare un’intesa con il Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano, su tutte le furie per le modifiche apportate in commissione al decreto sul lavoro.
Di fatto, prima che entrino nel vivo le riforme costituzionali al Senato, il decreto su contratti a termine e apprendistato diventa la prima causa di tensioni nella maggioranza del governo Renzi. Complice: la campagna elettorale per le europee.
Perchè, nel Pd, il motivo dei malumori del Ncd è stato subito ripescato nella competizione con Forza Italia in vista del voto del 25 maggio.
Così i Dem si sono spiegati i mal di pancia degli alfaniani di fronte alla scelta di modificare in commissione il decreto Poletti, per rispondere alle critiche dell’area del Pd più vicina alla Cgil (il presidente della Commissione Cesare Damiano e tutta la sinistra interna).
Insomma, raggiunta la quadra con la minoranza del partito — tra le modifiche principali, la riduzione da 8 a 5 del numero massimo di rinnovi per i contratti a termine — si è rotto l’equilibrio con il Nuovo Centrodestra, vittima degli attacchi di Fi: “Siete finiti schiacciati dalla sinistra”.
E’ questo difficile equilibrio che il vertice di maggioranza in corso alla Camera sta cercando di ricomporre.
Perchè anche l’eventuale decisione di porre la questione di fiducia a Montecitorio – scelta che resta assolutamente in campo — i problemi si trasferirebbero al Senato, dove gli alfaniani promettono battaglia per introdurre modifiche che riportino il decreto Lavoro alla versione originaria.
E non sfugge che a Palazzo Madama questa discussione capiterebbe proprio nella settimana immediatamente precedente al voto delle europee, visto che il dl Poletti, difeso in queste ore anche dal ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, scade il 20 maggio prossimo.
Da qui la decisione di convocare un vertice di maggioranza per dirimere fin da ora le questioni sul tavolo, comprese le riforme costituzionali che, nei piani del premier Matteo Renzi, dovrebbero ottenere il voto di Palazzo Madama in prima lettura entro il voto delle europee. Proprio sulle riforme istituzionali non rientra per ora l’opposizione del senatore Vannino Chiti, primo firmatario di un testo alternativo a quello del governo.
Decreto Lavoro e Riforme sono i due grandi appuntamenti del governo prima del voto di maggio.
Non è un caso che oltre a Poletti, al vertice in corso a Montecitorio partecipi anche il ministro delle Riforme Boschi.
(da “Huffingtonpost”)
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Aprile 22nd, 2014 Riccardo Fucile
MILANO, OSPEDALI A CACCIA DI FONDI, CEDUTI 213 SPAZI, ORMAI SIAMO ALLA FRUTTA
Gli spazi dove verranno effettuate le affissioni saranno più di duecento. Con totem e pannelli in cui compariranno pubblicità di biberon, tettarelle e cooperative per aiutare gli anziani.
Ma anche negozi di ottica, abbigliamento, scarpe.
Gli Istituti clinici di perfezionamento affidano a una concessionaria privata la gestione di 213 spazi pubblicitari, distribuiti nei 23 poliambulatori e nei quattro presidi – il pediatrico Buzzi, il Centro ortopedico traumatologico e gli ospedali di Cinisello Balsamo e Sesto San Giovanni – che fanno capo all’azienda ospedaliera la cui sede centrale è in via Castelfidardo.
La concessione durerà cinque anni, e permetterà all’ospedale di incassare 363 euro l’anno per ogni affissione: in tutto quasi 80mila euro ogni dodici mesi, a cui aggiungere ogni anno il cinque per cento del fatturato ricavato dai contratti stipulati con gli inserzionisti.
Un modo per racimolare nuove risorse per le casse dell’ente ospedaliero, in tempi di spending review e tagli alla spesa, “e di sfruttare delle risorse che finora non erano state utilizzate – spiega il direttore generale, il leghista Alessandro Visconti – Il ricavato sarà destinato al miglioramento dei servizi offerti dall’amministrazione sanitaria ai pazienti”.
La convenzione è stata firmata dopo un bando pubblico che ha messo a gara gli spazi degli Istituti clinici di perfezionamento insieme con quelli dell’ospedale Guido Salvini di Garbagnate: “Una procedura aggregata, per risparmiare sui costi di gara” spiega Visconti.
Ad aggiudicarsi il contratto, al termine del bando pubblico, è stata la Meneghini & Associati, concessionaria pubblicitaria con sede a Vicenza e che ha già all’attivo convenzioni simili, che rientrano nel progetto ‘Partner Sanità ‘, con ospedali, poliambulatori e centri specialistici distribuiti tra Lombardia (ad esempio all’Azienda ospedaliera di Como), Liguria, Veneto ed Emilia Romagna.
L’agenzia si occuperà di vendere gli spazi pubblicitari interni alla struttura ospedaliera ai vari clienti. Facendo però una ‘scrematura’ a priori, per evitare che sponsor poco adatti a un luogo di cura possano essere pubblicizzati all’interno dell’ospedale: così, per esempio, saranno banditi gli spot di agenzie di pompe funebri, di case farmaceutiche, di sexy shop o di prodotti vietati ai minori.
Gli spot saranno allestiti in pannelli e totem in cui saranno pubblicizzati sia prodotti sanitari e di servizio alla persona (come le residenze sanitarie per anziani), ma anche abbigliamento e giocattoli per bambini, ottici, centri termali.
Tutti i prodotti, prima di poter essere pubblicizzati all’interno dell’ospedale, dovranno comunque passare al vaglio di una “commissione etica” costituita all’interno della direzione sanitaria degli Icp, che darà il via libera definitivo allo sponsor.
Alessandra Corica
(da “La Repubblica“)
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