Luglio 15th, 2014 Riccardo Fucile
COSA SI CELA DIETRO L’OPERAZIONE DELLA PITONESSA: “GLI AFFARI SONO AFFARI”
Un piano editoriale non di un giornale «semplicemente di sinistra». Ma di «supersinistra», che sfidi Matteo Renzi dalla rive gauche.
E poi, una compagna d’avventura famosa e di destra, talmente di destra che la «Pitonessa» la coinvolse anni fa nelle liste de La Destra di Francesco Storace.
A sentire le confidenze che avrebbe fatto ad alcuni amici, Daniela Santanchè avrebbe davvero un «piano dettagliato» per rilevare l’Unità . E non da sola.
Bensì su un tandem in cui l’altro sellino sarebbe occupato da Paola Ferrari, volto noto della Rai tv, sua compagna di ventura alle elezioni politiche del 2008 nonchè nuora dell’ingegnere Carlo De Benedetti, proprietario del Gruppo Espresso.
«Questi sono affari. E sugli affari non faccio confidenze. Confermo soltanto l’interesse per l’Unità e il fatto che col mio gruppo sto facendo i passi formali per quel giornale. Adesso la saluto» è – in rapidissima sequenza – la somma di parole con cui un’insolitamente poco loquace Santanchè liquida la questione a metà di ieri pomeriggio.
Quanto al coinvolgimento nell’avventura editoriale di Paola Ferrari, reduce dal trasferta monstre in Brasile per il Mondiale, quello era agli atti dalla mattinata, rivelato da un lancio dell’agenzia di stampa LaPresse .
Nella redazione del quotidiano fondato da Gramsci si vivono giorni di apprensione. «La proposta d’acquisto della Santanchè» mette a verbale Bianca Di Giovanni, del comitato di redazione del quotidiano «dovrebbe essere arrivata questa mattina. Per noi è irricevibile».
Com’è irricevibile per Stefano Fassina, l’ex viceministro che twitta – a uso e consumo della Santanchè – il suo «no grazie, l’Unità deve rimanere a sinistra per lavoro e libertà ».
Eppure, a dare man forte all’ingresso della Santanchè sulla scena dell’editoria di sinistra, arriva Maurizio Mian, imprenditore e azionista al 20 per cento del giornale. «L’Unità ? Male, male. Siamo sulla strada della chiusura» confessa ai microfoni della trasmissione radiofonica La zanzara.
E ancora: «Bisogna prendere in considerazione l’offerta della Santanchè, che è una persona molto intelligente, ha grandi capacità , è una potenza mediatica e politica». Non solo. «Ci ho parlato» confida Mian,«è in gamba e moderna. Quando la Santanchè decide di fare delle cose le fa bene».
Luca Landò, il direttore del quotidiano, ammette: «Qua si tratta di raddrizzare la Concordia. Ma, una volta che l’abbiamo raddrizzata, non bastano solo i soldi, ammettendo che quelli della Santanchè ci siano davvero. Non è indifferente se questa nave salpa verso i mari della destra o verso quelli della sinistra, che sono dei nostri lettori. Serve un piano di rilancio…».
E il Pd? «Mah» risponde il direttore «il Pd non è il nostro proprietario ma dovrebbe essere nostro interlocutore. Abbiamo dato voce a tante anime del partito e questo, forse, è stato visto con un po’ di sospetto…».
E Renzi? «Diciamo che abbiamo un rapporto british . Non ci ho mai parlato» conclude Landò prima di ascoltare, dalla viva voce dei liquidatori, che dalla «Pitonessa» non è ancora arrivata alcuna lettera di impegno formale.
Eppure Santanchè conferma, anche ufficialmente, che «stiamo facendo i passi ufficiali e formali per raggiungere l’obiettivo».
Mesi fa, con un colpo di scena, la deputata forzista si aggiudicò – tra lo stupore collettivo – la storica rivista cinematografica Ciak«.
«Si presentò dicendomi “guardi che non sono quella che lei vede in televisione”» racconta Piera Detassis, direttrice del mensile, giornalista non certo ascrivibile al mondo della destra italiana.
«E, se devo essere onesta» aggiunge «finora così è stato. Non ha mai interferito nel nostro lavoro».
Tommaso Labate
(da “il Corriere della Sera”)
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Luglio 15th, 2014 Riccardo Fucile
SUL TAVOLO ANCHE L’OFFERTA DI MATTEO FAGO, ATTUALE SOCIO DI MAGGIORANZA
Baciare la pitonessa? Mai, rispondono all’Unità .
«Giudichiamo la proposta di acquisto della signora Santanchè incompatibile con la storia della testata, quindi irricevibile».
È il finale del comunicato che apparirà stamattina sulla prima pagine del giornale a firma del Cdr. Ma la dirigente di Forza Italia non demorde. E rilancia.
«L’interesse c’è e i liquidatori non possono negarlo. Ho messo tutto per iscritto. Sanno chi è il mio socio. Nei prossimi giorni farò altri passi formali», dice la pasdaran di Berlusconi.
Il socio è Paola Ferrari De Benedetti, la conduttrice della Domenica Sportiva, amica storica della Santanchè.
I numeri, ossia la cifra di acquisto, e il piano industriale sono in fattura. Arriveranno sulla scrivania degli amministratori temporanei entro questa settimana.
L’iniziativa della Santanchè è un temporale che si abbatte su una redazione già da tempo in difficoltà e che forse solo questo mese riceverà gli stipendi arretrati di maggio e giugno.
La scadenza della pratica di liquidazione è fissata al 29 luglio. Se non si troverà una soluzione, il 30 si dovranno portare i libri in tribunale dichiarando fallimento.
Alcuni, nella sede del giornale, vanno oltre la questione di opportunità politica ricordando rovesci imprenditoriali dell’onorevole azzurra.
Ma la scelta è quella di opporre un muro “ideologico” all’eventuale scalata della Santanchè. «Siamo ancorati a una tradizione di sinistra.
L’obiettivo è innovare ma non snaturare», dice il direttore Luca Landò.
«L’Unità è un brand, ha ragione Renzi. È come la Nutella. Ma se dentro il barattolo della Nutella ci metti un’altra cosa, anche il brand muore».
Insomma, offerta o provocazione che sia, la proposta non ha alcuna possibilità di riuscita.
«Credo che la Santanchè punti a farsi un po’ di pubblicità – spiega Landò – . Vuole solo dimostrare che la sua concessionaria editoriale si muove a tutto campo, slegandola dall’immagine di destra della sua titolare ».
Ma l’accostamento pitonessa- Unità resta una bomba.
E se alla fine l’unica proposta in campo fosse quella della Santanchè?
I liquidatori sono convinti che non sarà così.
È sul tavolo anche l’offerta di Matteo Fago, ex editore online, attuale socio di maggioranza dell’Unità . Offerta insufficiente per ora.
Gli amministratori protempore gli hanno chiesto un’integrazione e sembrano ottimisti. I giornalisti rimangono preoccupati e cauti. Tanto più che la Santanchè considera la partita tutt’altro che chiusa: «Parlerò a tempo debito. Anche della linea politica».
Al Pd la vicenda è seguita dal tesoriere Francesco Bonifazi, vicinissimo al premier.
È stato Matteo Renzi a dire che Unità e Europa , altro giornale di area Pd, avrebbero dovuto unirsi. Qualche mese fa la soluzione appariva vicina.
Cessione dell’Unità alla famiglia di costruttori Pessina, unificazione della testate e un direttore in pectore nella figura di Stefano Menichini.
Ma l’operazione è molto complessa e c’è il rilancio possibile di Fago.
Adesso anche Europa, quotidiano diretto dallo stesso Menichini, annuncia guai grossi. Oggi il direttore spiegherà ai lettori lo stato dell’arte con l’orizzonte di una chiusura il 30 settembre.
Con grande realismo spiegherà che per il momento Europa cercherà di trovare una soluzione economica da sola.
Fare un nuovo giornale del Pd comporta passaggi delicatissimi.
E l’”ingerenza” della Santanchè non aiuta.
(da “La Repubblica”)
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Luglio 15th, 2014 Riccardo Fucile
IN SENATO SI DISCUTE A VUOTO FINO A DOMANI… E IL PADRE DEL PORCELLUM CALDEROLI DICE: “IO RELATORE? COME DARE LA PISTOLA A UN SERIAL KILLER”
Aula di Palazzo Madama, ore 11. Comincia la discussione sulla riforma del Senato e sul Titolo V. Prova ad imprimere un po’ di solennità la relatrice, Anna Finocchiaro. Ma in realtà è l’intervento del correlatore, Roberto Calderoli, quello che meglio descrive l’atmosfera complessiva: “C’è voluto coraggio a dare l’incarico di relatore di maggioranza a me. È stato come dare una pistola carica in mano a un serial killer e sperare che non facesse una strage”. Voti importanti quelli della Lega. E garantiti da uno come Calderoli, il padre del Porcellum. Strategie, trattative coperte, giochi di visibilità , da parte dei senatori.
Spregiudicatezza e determinazione ad arrivare al risultato ad ogni costo, da parte di Matteo Renzi.
Ecco il clima in cui si sta facendo la “grande” riforma costituzionale.
Il gioco è pericoloso, la potenza messa in campo dal governo massima.
Va liscio il primo voto sulle pregiudiziali di costituzionalità . Ma in Senato gli iscritti a parlare sono 124, il termine per gli emendamenti viene spostato dalle 13 a stasera alle 20.
Se ne annunciano centinaia, alcuni scivolosi. Anche perchè in realtà sono pochissime le modifiche che verranno accolte. Il patto del Nazareno è blindatissimo.
E non ammette deroghe. Domenica Matteo Renzi al Corriere della Sera si scagliava contro gli oppositori: “Vogliono salvarsi l’indennità ”.
Ieri lo stesso quotidiano pubblicava una serie di simulazioni, secondo le quali con qualsiasi sistema elettorale si andrà al voto (dal Consultellum, all’Italicum) il Pd di Renzi stravincerà . Simulazioni che sarebbero contenute in un dossier di Denis Verdini, che viaggia tra i tavoli del Nazareno e quelli di Palazzo Grazioli.
Il patto è saldissimo, le proteste sono inutili oggi e lo saranno pure domani sulla legge elettorale, e nessuno ha nè il peso, nè l’autorità per mettersi di traverso: ecco il messaggio che Palazzo Chigi vuole mandare ai dissidenti, veri o aspiranti tali.
Pronto a scommettere che non ci saranno sorprese.
Però, le fronde trasversali resistono. E il voto finale a Palazzo Madama slitterà ancora: si inizia domani pomeriggio, forse giovedì mattina.
Si dovrebbe finire a inizio settimana prossima. “Entro il 2014 la legge elettorale, nel 2015 le riforme istituzionali”, detta i tempi Renzi.
Avrebbe voluto chiudere giovedì, prima della sentenza della Corte di Appello su Berlusconi nel processo Ruby (prevista per venerdì).
In questi giorni, si moltiplicano le voci in favore di un’assoluzione dell’ex Cavaliere. Che — come chiarisce il Mattinale — aiuterebbe le riforme: “Berlusconi innocente, Berlusconi riformatore. Le due cose vanno insieme. Renzi la smetta di tenere separati i due campi”.
Non a caso, dunque, “non c’è spazio per modifiche sostanziali”, andavano ripetendo i senatori, con sfumature di impotenza o di soddisfazione, a seconda dello schieramento
Stamattina si riunirà il gruppo Pd (senza Renzi) e si voterà : non sui singoli contenuti, ma sull’impianto generale.
Un modo per provare ancora una volta a mettere all’angolo i dissidenti. Stasera il segretario-premier vedrà i suoi parlamentari. Oggetto: i 1000 giorni. Memento mori. Anche Berlusconi riunisce i gruppi: medesima esigenza, di stoppare i Minzolini e i Fitto
A qualche modifica, comunque, si lavora.
Prima di tutto sull’elezione del presidente della Repubblica : per adesso la base è costituita dai parlamentari e dopo 9 scrutini, basta la maggioranza semplice. Ieri Gotor (Pd, bersaniano) capitanava una raccolta di firme per aggiungere anche gli europarlamentari.
Qualche modifica ci potrebbe essere in tema di poteri. Il gioco che sta cercando di condurre Calderoli: più poteri alle Regioni, meno allo Stato. Renzi ha detto il contrario, e in Aula i senatori del Carroccio sono stati molto critici. Conseguente preoccupazione della Boschi.
Il vero nodo resta l’elettività . Che infatti si vota subito.
Prima della sentenza Ruby, e prima dell’incontro con i Cinque Stelle. In una lettera tranchant Renzi si è detto disposto a vedere il Movimento giovedì o venerdì.
Rintuzzando le critiche in tema di elettività . È su questo che si peserà la ribellione: sono in 16 i Dem dissidenti, una ventina di Forza Italia, 4 di Ncd.
Possibilista il premier sull’immunità , nella stessa lettera ai grillini: modifica possibile, ma solo se non servono particolari forzature.
Tra gli emendamenti, in particolare, “sensibile” quello che riduce il numero dei deputati, con firme trasversali. “Su questo il governo potrebbe andare sotto”, profetava Felice Casson.
Il che vuol dire correzione della Camera e immediata necessità di una lettura in più, rispetto alle quattro previste.
Wanda Marra
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Luglio 15th, 2014 Riccardo Fucile
LA STRATEGIA DEL M5S E I DUBBI DELLA LEGA
Il patto del Nazareno non si tocca.
«Si parte da quello che c’è – mette in chiaro Matteo Renzi – dall’Italicum e dalla riforma del Senato. Se vogliono discutere di quello noi ci siamo ».
In vista del nuovo incontro in streaming tra gli ex nemici (i grillini chiederanno che si tenga il prima possibile, già giovedì), il capo del governo delimita il perimetro di gioco.
È disposto a includere i pentastellati nella grande riscrittura delle regole, a siglare con loro un «patto costituzionale» sul Senato, Titolo V e legge elettorale.
Purchè sia un contributo aggiuntivo, che non faccia saltare in aria quanto già concordato nella maggioranza e con Forza Italia.
Intanto si gode quello che considera un suo «capolavoro», l’essere riuscito là dove aveva fallito Bersani. A normalizzare e “parlamentarizzare” la forza antisistema di Beppe Grillo.
«Guardate – ripete da giorni – che se riusciamo a fare la riforma costituzionale e quella elettorale, è davvero tanta roba. Se poi riusciamo a tirare dentro anche i grillini… «.
Per questo la partita con i 5stelle la sta gestendo in prima persona, la lettera di risposta ai grillini l’ha scritta di suo pugno.
A sera, con i collaboratori, mette in fila i risultati raggiunti.
«In poche settimane – osserva – sono passati dal muro contro muro di Grillo al Toninellum, adesso anche del Toninellum non se parla più».
Visto da palazzo Chigi il passo in avanti è enorme rispetto agli esordi turbolenti, quando le ronde grilline occupavano le commissioni parlamentari e i pentastellati salivano sui tetti di Montecitorio.
«Adesso invece s’intravede una possibile convergenza su singoli aspetti della riforma costituzionale e di quella elettorale – puntualizza uno degli sherpa del premier – ma mettendo da parte i modelli svizzeri e le altre stravaganze. Si discute di quello che c’è».
Quanto alla polemica grillina sul patto del Nazareno e sulla sua presunta segretezza, Renzi nel prossimo incontro stroncherà le possibili obiezioni con questo argomento.
«Quell’accordo è scritto negli atti parlamentari. Quello che abbiamo concordato – Senato non elettivo, fine del bicameralismo perfetto, una legge elettorale che assicuri la governabilità – è diventato norma ed è in discussione a palazzo Madama. Non c’è nessun segreto».
Per addolcire il clima e mostrare che le aperture contenute nella lettera non sono solo tattica, c’è la nuova disponibilità , nero su bianco, a riesaminare la questione dell’immunità parlamentare.
I grillini, è noto, la vorrebbero limitare solo all’insindacabilità delle opinioni, tra i democratici il dibattito è aperto tra chi, come la Boschi, la vorrebbe tenere così com’è, per deputati e senatori, e chi invece preferirebbe trasferire alla Corte costituzionale il giudizio sul fumus persecutionis .
Politicamente tuttavia quello che conta è che il governo considera questa materia non intoccabile, anzi.
Come fa notare una fonte dem vicina alla trattativa, «l’immunità non faceva parte del patto del Nazareno, non ne discutemmo con Berlusconi. Sappiamo tutti qual è la linea di Forza Italia su questo punto, ma per noi non ci sono vincoli».
L’apertura del tavolo con Renzi e i democratici produce grande fibrillazione anche in casa M5S. Luigi Di Maio ieri si è fatto trovare a Fiumicino e ha accompagnato Grillo in taxi fino al suo albergo per discuterne a quattrocchi.
Il vicepresidente della Camera invita i deputati cinquestelle alla calma, l’obiettivo infatti è tenere in piedi la trattativa con il Pd.
«Solo così – ha spiegato Di Maio ai suoi – possiamo sperare di far cadere il loro alibi. Se entriamo nel merito riusciremo a far esplodere il patto del Nazareno».
Non c’è soltanto la speranza che Berlusconi, una volta arrivata la sentenza d’appello su Ruby, farà saltare quanto concordato con il Pd.
I grillini sono infatti convinti che la loro offerta di discutere una legge elettorale con ballottaggio di lista (e non di colazione) sia il grimaldello perfetto per sabotare il compromesso raggiunto tra Renzi e Forza Italia.
«Berlusconi – fa notare un senatore 5stelle – ha bisogno che al ballottaggio vadano solo le coalizioni. Altrimenti finirebbe terzo tra noi e il Pd».
Oggi arriverà la risposta formale dei grillini a Renzi. Sarà una lettera in cui si inviterà il Pd a non ingabbiare la discussione con «tecnicismi» che fanno sospettare soltanto l’intenzione di voler menare il can per l’aia: accettate o no il ballottaggio tra i primi due partiti?
Di questo, per Di Maio, si dovrà discutere giovedì.
Se stasera, in un’assemblea congiunta di deputati e senatori, Renzi proverà a mettere definitivamente in un angolo i dissidenti Dem, per il premier un fronte ancora più insidioso rischia di essere quello leghista.
Nonostante l’opera di mediazione attiva di Roberto Calderoli, non è affatto detto che i quindici senatori del Carroccio saranno disposti a dire sì nel voto finale.
«Calderoli ha fatto un lavoro immane – confida il segretario Matteo Salvini – ma i nostri consiglieri regionali, leggendo il Titolo V, si sono accorti che c’è una netta ricentralizzazione di molte competenze. E questo non va bene, soprattutto con uno Stato centrale che fa acqua da tutte le parti… Oltretutto Renzi va in giro a fare il fenomeno, si vanta di aver tolto i poteri alle Regioni».
I leghisti oggi depositeranno alcuni emendamenti al Titolo V, «e vediamo che gioco fanno Renzi, Delrio e la Boschi».
Bei e Ciriaco
(da “La Repubblica”)
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Luglio 15th, 2014 Riccardo Fucile
SI PARLA DI SENTENZA DEFINITIVA NELL’OTTOBRE 2015: E NEL FRATTEMPO POTREBBERO CAMBIARE TANTE COSE
La giustizia «a orologeria», ammesso che sia mai esistita, stavolta funziona alla rovescia. Spostando indietro le lancette e concedendo a Berlusconi un po’ di respiro.
Filtra infatti dal Palazzaccio romano che la Cassazione non ha tutta questa fretta di giudicare l’ex premier per la vicenda Ruby.
Dopo la sentenza di appello, che è attesa fra tre giorni, potrà pronunciarsi non prima di 12 mesi, anzi probabilmente nell’ottobre 2015.
Colpa di un immenso arretrato che la fa procedere a passo di lumaca.
Nel frattempo Berlusconi avrà compiuto 80 anni, e chissà quante altre cose saranno successe. Per esempio, saranno cambiati un certo numero di uffici giudiziari; Renzi avrà operato per rivoluzionare la Giustizia in Italia; forse addirittura sul Colle abiterà un nuovo Presidente della Repubblica…
Per Silvio una notizia ottima, anzi superlativa.
In quanto gli permette di guardare più sereno alla sentenza di venerdì. Quale che sarà il verdetto d’appello, potrà portare a termine il servizio sociale tra i vecchietti di Cesano Boscone.
E magari un giorno sperare nella grazia presidenziale, diventata il suo chiodo fisso. A patto ovviamente di meritarsela con un comportamento da saggio statista.
Ecco: guarda combinazione, proprio oggi alle 14,30 Berlusconi darà la linea al partito sulle riforme che tanto stanno a cuore di Renzi.
Per merito della Cassazione, presenzierà la riunione dei gruppi parlamentari con l’animo meno aggravato.
Solo i dietrologi più incalliti possono pensare che la Cassazione abbia fatto filtrare la notizia apposta per agevolare il cammino del premier. Gli addetti ai lavori già lo sapevano.
Ma l’effetto Valium è fuori discussione. Anche perchè l’ex Cav vive immerso in queste problematiche.
Ha riferito con sbigottimento ai figli del trattamento severo riservatogli dal giudice di sorveglianza, Beatrice Crosti, quando ha tentato di rivolgersi a lei chiamandola «signora»: «Non signora ma signor giudice», pare sia stato messo sull’attenti, «si ricordi sempre che lei è un detenuto».
Ha raccontato dell’auto di polizia penitenziaria che venerdì si è fermata davanti al villone di Arcore. Ne è discesa l’assistente sociale che Berlusconi ha condotto per casa presentandola a tutti, Dudù compreso…
Oggi dirà al partito che i patti sono patti, lui ha una parola sola, per cui le riforme vanno approvate e stop.
Non avrà bisogno di indicare la porta ai dissidenti, perchè il capogruppoRomani e un attivissimo Verdini gli hanno dato garanzie che ne sono rimasti 5 o 6, Minzolini e pochi altri; tutti gli altri senatori col maldipancia sono stati ricondotti all’ovile. Brunetta, critico irriducibile del governo, metterà come condizione che Renzi non faccia scherzi sulla legge elettorale, infilandoci le preferenze.
Ma di questo si parlerà poi, a ogni giorno la sua pena.
Ugo Magri
(da “La Stampa”)
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Luglio 15th, 2014 Riccardo Fucile
“AVREMO UN GOVERNO PADRONE DEL SISTEMA COSTITUZIONALE”
Mentre al Senato comincia il dibattito sulle controriforme, Stefano Rodotà , già professorone, risponde così al telefono: “Il mio stato d’animo è terribilmente malinconico. Poteva finire in modo molto migliore di come si avvia a concludersi”.
Siamo un Paese alla rovescia: chi insinua dubbi sulla legittimazione degli oppositori o è membro di un’alleanza di governo che nessun cittadino ha votato o di un Parlamento fortemente sospettato di legittimità dalla sentenza della Consulta sul Porcellum.
È una vecchia tecnica: invece di discutere le tesi dell’interlocutore, lo si delegittima. Mi spiace perchè la famosa lettera dei professoroni aveva messo in modo un meccanismo virtuoso, di iniziative parlamentari che andavano verso un processo riformatore, che non era in contrasto con la democrazia. Invece chi sostiene un’idea di riforma non brutale e semplificata, viene apostrofato come gufo o rosicone. Alla peggio lo si accusa di voler salvare lo stipendio.
Al Corriere della Sera, domenica il premier ha anche dichiarato “Mi piacerebbe discutere sulle grandi questioni del disegno di legge costituzionale”.
Ma chi gliel’ha impedito? Ha avuto sul suo tavolo una tale ricchezza di proposte che certamente questa auspicata discussione avrebbe potuto aver luogo! Solo che si è preferito andare avanti senza confronti. La domanda che dobbiamo porci è: Renzi e il suo gruppo dirigente hanno la cultura costituzionale adeguata per caricarsi il peso di questo cambiamento radicale?
Parliamo del merito. La questione centrale è analizzare la riforma del Senato insieme alla nuova legge elettorale che dovrebbe sanare l’illegittimità del Porcellum alla Camera.
E quindi torniamo al patto del Nazareno. Quante volte abbiamo chiesto di conoscere i punti di questa intesa e quante volte siamo stati liquidati con un “ma cosa volete”? Siamo costretti a dar ragione a Fitto — a Fitto! — che chiede chiarezza all’interno di Forza Italia! Non vogliamo chiamare il combinato disposto del nuovo Senato più Italicum “svolta autoritaria”? Diciamo allora che assisteremmo a un enorme accentramento di potere nelle mani dell’esecutivo e del premier. Alla diminuzione, e in qualche caso alla scomparsa, di controllo e contrappesi. Se questi poteri e contropoteri sono esclusi dal procedimento democratico — governo e attività legislativa — allora la funzione di controllo viene spostata all’esterno. Cioè sulla Consulta che viene caricata di un compito politicamente molto delicato. Ed è ciò che ha costituito l’oggetto della critica degli ultimi vent’anni, troppo potere alla magistratura. Ma se le forme di controllo all’interno del processo politico vengono eliminate, è ovvio che si spostano all’esterno. Non ci sono più gli equilibri costituzionali.
A cosa porta tutto questo?
La maggioranza viene costruita attraverso una legge maggioritaria e un premio molto alto: quindi nelle sue mani finiscono tutti i diritti fondamentali. Aggiungo: nessuno può essere preso in giro a proposito dell’elezione del presidente della Repubblica, che sarebbe maggiormente garantita con lo slittamento al nono scrutinio dell’abbassamento della soglia di maggioranza. La storia di questi anni — in alcuni si è arrivati anche al 22esimo scrutinio — racconta che basta aspettare. Rinviare nel tempo la necessità della maggioranza non qualificata non garantisce proprio nulla.
Chi va al governo con l’Italicum controllerà direttamente o indirettamente 10 dei 15 giudici costituzionali (5 nominati dal Parlamento e i 5 scelti dal Quirinale).
La maggioranza può impadronirsi del presidente della Repubblica e dei giudici costituzionali. Mi spingo più in là : avremo un premier e un esecutivo che si impadroniscono del sistema costituzionale, senza forme efficaci di controllo. Ora si devono eleggere due membri della Corte che sono in scadenza: siamo alla sesta votazione perchè si aspetta un accordo tutto politico. Scadendo il presidente, la Corte deve immediatamente provvedere, ma lo farà con un organico che non è pieno, 13 giudici su 15. Anche l’ultimo presidente è stato eletto con un solo voto di scarto: tutto questo incide, pesantemente, sulla sostanza degli equilibri costituzionali. Invece di preoccuparsi di mettere la Consulta nella situazione formalmente giusta per eleggere il presidente, si discute dei nomi di politici. Un fatto gravissimo che dimostra lo spirito che accompagna la fase che stiamo vivendo.
Cosa pensa della ghigliottina in Costituzione, con la limitazione di emendamenti e ostruzionismo?
Il voto bloccato altera il processo legislativo. La velocità di cui si parla, finisce per travolgere la discussione: l’unico interesse è eliminare i punti di vista critici e arrivare al risultato. Una volta costruita la famosa maggioranza blindata, in teoria non ci sarebbe bisogno della ghigliottina. Invece oltre alla legge maggioritaria, s’introduce anche la ghigliottina: un’altra riduzione di spazi democratici.
Dicono: chi si oppone è contrario all’innovazione
Le soglie dell’8 e 12 per cento previste dall’Italicum chiudono completamente gli spazi a nuove aggregazioni politiche. Questi numeri vogliono dire: non entra più nessuno. Trovo in questa riforma uno spirito di conservazione, di garanzia delle posizioni acquisite. I cittadini, più si va verso un parlamento non rappresentativo, più ritengono di avere diritto a strumenti di partecipazione importanti.
Portare a 800mila le firme per un referendum, addirittura a 250 mila le firme per un disegno di legge popolare, è esattamente il contrario di ciò che si chiede.
Il referendum in Italia ha avuto un ruolo fondamentale: nel 1974, sul divorzio, ha sbloccato il sistema politico. È sconvolgente la volontà di andare in così palese controtendenza: si fanno diventare impraticabili gli strumenti di partecipazione. L’idea è non disturbare il manovratore: non si vuole che i cittadini non dico interferiscano, ma che intervengano. Invece sarebbe stato necessario introdurre il referendum propositivo e aumentare le forme di controllo diffuso.
Silvia Truzzi
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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