Aprile 15th, 2015 Riccardo Fucile
MATTEO ROSSO E’ TRA I 27 INDAGATI PER LE SPESE PAZZE IN REGIONE, EX FORZA ITALIA, POI VICINO A RIXI, ORA A FDI: MA SE VERRA’ CONDANNATO TRA DUE ANNI DECADRA’ DALLA CARICA… SEMPRE CHE NON SE NE VADA ALTROVE PRIMA
Giorgia Meloni in Liguria sceglie di tornare all’ovile e alla fine decide di appoggiare il candidato
paracadutato da Silvio in Liguria.
Scelta di mero calcolo politico: i sondaggi in Liguria danno Fdi troppo basso, al 2,7% e solo il traino di un “signore delle preferenze” può far scattare il quorum intorno al 4%.
Il suk del mercato elettorale quindi spinge verso la scelta di Matteo Rosso, svincolato da tempo e messosi sul mercato.
Ex Forza Italia, uscito per dissensi interni, poi potenziale capolista della lista di appoggio al leghista Rixi prima che irrompesse Toti, molto attivo nelle ultime settimane su più tavoli: nel suo ultimo incontro romano con la Meloni ha bloccato ogni intesa con la lista che candida Musso perchè non avrebbe avuto un ruolo di primattore.
Così alla fine la Meloni, dopo essersi incavolata, ha dovuto comunque ripiegare sulla sua candidatura per mere ragioni elettorali.
Nel’ambiente di Fdi non si scommette un cent che, in caso di elezione, Matteo Rosso finisca i cinque anni in Regione con Fdi.
E non solo per la sua mutevolezza partitica ma anche per un piccolo dettaglio: Matteo Rosso è tra i 27 indagati per i rimborsi pazzi in Regione per l’inserimento di scontrini di Imodium per i disturbi intestinali, Antoral per il mal di gola e l’antibiotico Zimox.
Tra un anno inizierà il processo, entro due la sentenza. Chi verrà condannato in base alla legge Severino decadrà automaticamente dalla carica.
La Meloni ha perso in Liguria l’occasione per darsi una nuova immagine: un capolista inquisito che appoggia un paracadutato non è propriamente il nuovo che avanza.
Avanti con Imodium per tutti (o per Toti).
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Aprile 15th, 2015 Riccardo Fucile
NON SOLO PADIGLIONE ITALIA E’ PASSATO DA 63 MILIONI A 92, ANCHE ALLA PIASTRA DA 165 A 224…. STRUTTURE RIDIMENSIONATE E LE AZIENDE CHIEDONO PIU’ SOLDI
La storia tormentata di Padiglione Italia è lì, in quel palazzo di cinque piani che, con le altre strutture che lo accompagnano, sta provando a scrollarsi di dosso le impalcature dei cantieri per l’apertura del Primo maggio.
Una strada in salita scolpita anche nel prezzo che verrà pagato per costruirlo: 92 milioni, quasi 30 in più (coperti da sponsor, assicura il commissario Giuseppe Sala) rispetto ai 63 iniziali.
Ma non ci sono soltanto i costi impazziti dello spazio simbolo dell’Italia a Expo.
È stata tutta l’Esposizione a dover superare gli ostacoli, a recuperare i ritardi di un avvio affannoso, i contraccolpi delle risse della politica e delle inchieste.
Alla fine, sono arrivate le varianti, il carico delle riverse — come si chiamano tecnicamente le contestazione delle aziende che pretendono soldi extra — gli operai e i mezzi necessari per accelerare i lavori.
Ed è adesso che viene presentato il conto. Un conto ancora aperto e non definito perchè sono ancora aperte le quattro grosse partite che corrispondono agli appalti più complessi che dovranno passare al vaglio del presidente dell’Autorità anticorruzione Raffaele Cantone e dell’Avvocatura dello Stato.
Già ora, però, considerando anche i lavori aggiuntivi, si potrebbe arrivare a quasi 180 milioni in più rispetto alle basi d’asta iniziali.
E l’escalation potrebbe continuare con l’incognita maggiore: quanto costerà la cosiddetta piastra, l’ossatura di tutto il sito.
È il fronte più delicato: gli importi dei lavori che crescono annullano gli sconti di gara e vanno tenuti sotto controllo.
Perchè, ha ribadito anche Cantone, le richieste di pagamenti presentate da chi ha vinto gli appalti «sono molto, molto più alte» rispetto al principio.
Sala continua a ripeterlo: «Expo in ogni caso costerà meno del budget iniziale».
Si rimarrà comunque sotto il miliardo 200 milioni di fondi pubblici (già tagliato di 300 milioni), ma il pareggio sarà possibile perchè alcuni progetti come le Vie d’acqua erano già state ridotte, i disegni di diversi spazi semplificati, si era risparmiato su altri (18 milioni in meno) come il padiglione Arte e cibo, ad esempio, realizzato alla Triennale e non costruito ex novo sul sito
Ma partiamo dai primi lavori aggiudicati nel 2011 e terminati solo in questi giorni dopo 28 proroghe per «forza maggiore» e 302 per varianti riconosciute.
Si chiamano “rimozione delle interferenze” e sono le opere per preparare l’area all’arrivo dei padiglioni.
A vincere la commessa è stato il colosso delle cooperative Cmc con un ribasso record: 42,8%, da 92,7 milioni a 58,5.
Nel tempo, però, l’impresa ha ottenuto due diverse “aggiunte” salendo a 96 milioni. Adesso il terzo tempo: ci sarebbe un ulteriore accordo per chiudere la partita legale (l’impresa aveva chiesto 140 milioni) e concedere all’incirca altri 40 milioni.
Saranno Avvocatura e Anac a esprimersi, ma il rischio sarebbe quello: più che raddoppiare il prezzo, salendo a 136 milioni totali, 77,5 in più.
Molti appalti, anche minori, sono gravati da varianti per lavori aggiuntivi o cambi di marcia: dalle due passerelle di collegamento alla riqualificazione della Darsena.
Ma i problemi sono altri.
A cominciare dalla piastra: è l’appalto fondamentale (i lavori sono in dirittura d’arrivo) che unisce anche tutti i guai di Expo, dall’attenzione della magistratura all’esigenza di fare in fretta.
Se lo è aggiudicato, tra le polemiche per il ribasso (quasi 100 milioni in meno) la Mantovani, una delle aziende del Mose.
Si è partiti da 165 milioni e in un primo momento si è arrivati a 200: 34,5 milioni che in realtà sono «lavori complementari». Non sono veri e propri extracosti, ma Expo per esigenze di tempo li ha affidati direttamente a Mantovani senza fare un’altra gara e per l’impresa l’importo è comunque salito. E salirà ancora.
Il cda di Expo ha appena spedito all’Anac una proposta di variante: altri 25 milioni. I costruttori però nel tempo avrebbero presentato riserve per l’astronomico importo di 200 milioni. Non verranno mai riconosciute interamente, ma una transazione andrà chiusa. Sala ha sempre assicurato che non si supereranno i 20 milioni extra.
Per altri, l’importo potrebbe essere maggiore. A quanto ci si fermerà ? È questo il dubbio: 245? 260?
Bisognerà chiarirlo, ma la base originaria di 272 milioni è sempre più vicina
Anche la pratica di Palazzo Italia dovrà passare l’esame.
La maggior parte dei 30 milioni in più è rappresentata dai fondi per Italiana costruzioni, impresa “sotto sorveglianza speciale”: 24 milioni di cui 16 per cambi di progetto e 8 per lo sforzo di operai e mezzi. Tutta da sciogliere, invece, la matassa ancora più ingarbugliata delle Vie d’acqua Sud.
L’azienda (la Maltauro) è stata commissariata e, ragionano in Expo, da un lato sarà più semplice chiudere.
Quest’opera verrà realizzata in minima parte. Doveva costare 42,5 milioni, ma i lavori effettivi potrebbero aggirarsi attorno ai 10 milioni.
Anche qui, però, ci sono 35 milioni di richieste aggiuntive dell’impresa: non verranno mai concessi, giurano tutti i tecnici.
Bisognerà trovare un equilibrio, magari pagando a Maltauro solo l’opera realmente fatta e con il “risparmio” riconoscere qualcosa per la rinuncia al resto dell’appalto. Un altro capitolo da chiudere.
Alessia Gallione
(da “La Repubblica“)
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Aprile 15th, 2015 Riccardo Fucile
IL PREMIER SVENTOLA IN LIGURIA L’ASSEGNO PER GLI ALLUVIONATI: SCENA BLINDATA…VICINO A LUI SOLO LA CANDIDATA DEMOCRATICA E GLI IMPRENDITORI AMICI
Propaganda elettorale per le regionali. Sul Bisagno dove sono morti uomini e donne. Durante una
visita “istituzionale”.
Questo è avvenuto a Genova, anche se Matteo Renzi i genovesi non hanno potuto vederlo, tenuti lontani per timore di contestazioni.
Tanti avevano atteso il premier nei giorni del fango. È giunto ieri, sei mesi dopo, promettendo — a favore di telecamere — 380 milioni che dovrebbero arrivare nei prossimi anni (ma gli scettici non mancano).
Con i soldi dello Stato e con quelli già procurati dal Comune si potrebbero realizzare due lotti dei lavori sul Bisagno (manca il terzo) e si lavorerà allo scolmatore del Fereggiano. La promessa: tutto pronto entro il 2021.
Un contributo importante — ma arriverà davvero? — che, però, sa quasi di mancia perchè giunto tre giorni dopo che i sondaggi hanno dato la candidata Pd Raffaella Paita in affanno.
La scena ieri sul Bisagno era surreale: l’area del cantiere — ripulita nei giorni precedenti — circondata da transenne e teloni in modo che fosse impossibile alla gente avvicinarsi e vedere.
Renzi che sbarca attorattorniato dai pezzi grossi del Pd genovese: il governatore Claudio Burlando, la candidata Paita attaccata al premier con il Vinavil, il ministro della Difesa Roberta Pinotti.
Più in disparte il sindaco Marco Doria, piuttosto a disagio. Il 50 per cento dei presenti erano poliziotti; poi lo stato maggiore democratico.
Quindi una sfilza di imprenditori, soprattutto signori del mattone e vecchie conoscenze del mondo politico- imprenditoriale ligure.
Quasi tutti sostenitori di Paita e magari interessati a progetti che ieri hanno ricevuto soldi dal Governo.
Tra gli altri, Carlo Castellano (Pd) patron del contestato progetto Erzelli che ha ottenuto 19,5 milioni dal Governo e ha incassato il trasferimento nei palazzi semivuoti dell’Istituto Italiano di Tecnologia (presente anche il direttore dell’istituto, Roberto Cingolani, anch’egli paitiano).
Poi Vittorio Malacalza (definito dalle cronache paitiano) che si accinge a entrare nella Carige, banca che ha finanziato con 250 milioni gli Erzelli. Infine una manciata di cittadini e operai, tra cui c’è chi avrebbe scorto gli stessi ragazzi che l’anno scorso contestarono Beppe Grillo.
“Attenzione!”, ha messo le mani avanti Renzi, “Oggi sono qui in veste istituzionale. Verrò domenica prossima a sostenere Paita”.
Intanto eccolo stretto alla candidata davanti a flash e telecamere. Infine la firma degli accordi.
La blindatura delle forze dell’ordine ha impedito il contatto con la gente, ma non la manifestazione di qualche dissenso.
Come quello dei lavoratori portuali che hanno esposto uno striscione: “Renzi sei solo un chiacchierone, no jobs act”.
Renzi ha parlato poco: “È una follia che il cantiere del Bisagno sia rimasto fermo così a lungo. È finito il tempo delle chiacchiere. Quando c’è stata l’alluvione avevo detto che non sarei venuto a Genova fino a che la burocrazia non fosse stata almeno sconfitta”, ha esordito.
Ecco, la burocrazia, i controlli e i contenziosi tra le aziende, secondo il premier sono causa delle alluvioni (forse più del cemento, dell’incuria, delle scelte politiche): “Non c’è frustrazione più grande che vedere dei soldi che ci sarebbero e non vengono spesi. Oggi è il giorno della ripartenza”, sostiene Renzi.
Quindi il secondo accordo, per trasferire agli Erzelli una parte dell’Istituto di Tecnologia: “Grazie a questo accordo potrà ampliarsi e avrà la possibilità di avere 300 ricercatori in più”. Forse anche perchè la facoltà di ingegneria aveva rifiutato di occupare i locali giudicati inadeguati (essendo passati da 95.000 a 59.000 metri quadrati).
Di sicuro saranno soddisfatti gli imprenditori e la banca che ha finanziato il progetto (tutti paitiani e tutti presenti accanto a Renzi).
Quindi una difesa di Gianni De Gennaro, capo della polizia ai tempi del G8, altra ferita per Genova: “Come presidente di Finmeccanica ha tutti i titoli e le qualità per governare… è stato assolto e credo che immaginare il capo della polizia come capro espiatorio sia inaccettabile”.
Infine una postilla: “Non sono qui per parlare di politica. Ma in Liguria stanno cercando di fare un’operazionci — na, cioè di fare una lista a sinistra per fare vincere la destra” e “quando mi sfidano, io raccolgo le sfide”.
Fine della visita istituzionale.
Ferruccio Sansa
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Aprile 14th, 2015 Riccardo Fucile
FRATELLI D’ITALIA SCEGLIE SCHITTULLI… VINCE FITTO CHE ORA GUARDA AD ALTRE REGIONI
“Allo stato non mi pare che ci sia alcuna possibilità di trovare un accordo”. Con queste parole il senatore Altero Matteoli, presidente del tavolo per le elezioni regionali di Forza Italia, interpellato da Affaritaliani.it, mette la parola fine alla querelle in Puglia.
“Ovviamente io auspico che possa ancora prevalere il buon senso, ma è soltanto un auspicio. Mi pare che sia estremamente difficile. Molto probabilmente noi e la Lega sosterremo in Puglia la candidatura di Adriana Poli Bortone mentre Fratelli d’Italia, l’Ncd e Fitto appoggeranno Francesco Schittulli”.
Interviene anche Ignazio La Russa: “Le cose che avevamo da dire le abbiamo dette. Non abbiamo segnali di altro genere. Avremmo voluto evitare di scegliere tra una nostra candidata e un candidato già avviato. Se fosse dipeso da noi questo problema non si sarebbe posto. Si poteva anticipare di molto la candidatura della Poli Bortone e avanzarla in modo diverso. La candidatura è avvenuta in maniera anomala e tardiva, quando già c’era un ottimo candidato in pista, le cose vanno fatte nei tempi e nei modi giusti. Quella della Poli Bortone è una candidatura che nasce anche per dirimere questioni interne a Forza Italia”.
In verità l’intera vicenda vede come unico vincitore il ricostruttore Raffaele Fitto che è riuscito ad aggregare sul nome di Schittulli anche Ncd, Fdi e Forza Italia locale e a bloccare l’azione di disturbo di Berlusconi e di quel poco che Salvini rappresenta in Puglia.
Ma forse la mossa più abile è stata quella di far fare il nome del noto oncologo Schittulli proprio a Berlusconi che lo riteneva un “suo” candidato, quando sarebbe bastato informarsi per sapere che già ad ottobre, alla Leopolda di destra a Milano, Schittulli era andato insieme a Raffaele Fitto, come dimostra la foto che pubblichiamo.
Un autogol del cerchio magico destinato a lasciare il segno.
Anche perchè ora Fitto, risolto il problema in Puglia, punta a presentare una lista di appoggio a Tosi in Veneto, a valutare le scelte da fare in Campania e a interessarsi di un’altra regione top secret.
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Aprile 14th, 2015 Riccardo Fucile
IN 4 ANNI PERSONALE TAGLIATO DI 23.476 UNITA’…. I POSTI LETTO DIMINUITI SONO 71.000, ORMAI SIAMO BEN SOTTO LA MEDIA EUROPEA… IL PESO DEL TICKET PER MOLTI E’ DIVENTATO INSOSTENIBILE E VANNO AL PRONTO SOCCORSO PERCHE’ NON POSSONO PERMETTERSI ANALISI
È il luogo dell’ultimo istante, dove si salvano le vite nel giro di minuti o secondi ma può anche
diventare un girone d’inferno.
Per chi aspetta, una visita o un letto, per chi ci lavora, per chi ci porta un proprio caro malato.
Il pronto soccorso vede un numero sempre più alto di pazienti, in Italia siamo ormai a 24 milioni l’anno.
Queste strutture in molti casi si trovano a tenere in piedi da sole la risposta sanitaria. Finiscono qui i casi gravi e urgenti, ma anche quelli legati al disagio sociale, oppure alle paure infondate delle persone.
E così che in periodi come quello influenzale, nella metà delle regioni italiane i reparti dell’emergenza sono loro stessi in continua emergenza.
Cosa succede? Come mai siamo arrivati a questo punto?
Come spesso avviene in sanità non c’è un’unica causa ma piuttosto una serie di fattori che insieme stanno trasformando gli ospedali italiani in maxi pronto soccorso.
La colpa la portano in molti, chi organizza la sanità , chi ci lavora ma anche, in certi casi, noi cittadini.
Meno personale e meno posti letto
Mentre i pronto soccorso sono presi d’assalto dai malati, cala il personale del Servizio sanitario nazionale (Ssn) causato dal blocco del turnover nelle Regioni che devono rientrare dai miliardi di euro di debiti accumulati negli anni.
Dal 2009 al 2013 gli occupati Ssn sono diminuiti di 23.476 unità .
Passiamo ai posti letto. Ne sono stati chiusi 71mila dal 2000 ad oggi. E altri 3mila spariranno nel 2015.
La riduzione è stata attuata anche in altri Paesi della Comunità Europea, ma non in maniera così pesante come in Italia.
La Francia registra una media di 6,37 posti letto per mille abitanti, la Germania 8,22 mentre in Italia siamo arrivati a 3,6 posti letto, ben al di sotto della media europea.
Quali sono le cause principali per cui si ricorre all’ospedale?
Continua a guidare la classifica il parto con 137mila dimissioni per parto naturale e 74mila in caso di parto cesareo senza complicanze.
Subito dopo le patologie cardiovascolari, quelle respiratorie e gli interventi chirurgici. Torniamo ai pronto soccorso che sono il terminale di tutti i problemi.
“I cittadini sono costretti a recarsi al pronto soccorso perchè mancano altre risposte vere sul territorio – dice Massimo Cozza, segretario nazionale della Cgil medici – e il peso dei ticket è diventato insostenibile per larghe fasce di popolazione e la struttura di emergenza è vista come un posto dove fare diversi esami e tutti assieme, magari senza spendere nulla”.
L’affollamento provoca lunghe attese e la conseguente rabbia dei parenti del malato in barella.
A pagare sono anche i medici, gli infermieri e gli ausiliari che devono affrontare l’emergenza.
Così spesso i turni vengono raddoppiati da 7 a 14 ore perchè manca il personale e tutto viene risolto con gli straordinari.
L’affollamento e il taglio dei posti letto creano un ulteriore problema: spesso le barelle delle ambulanze vengono utilizzate per “ricoverare” i pazienti che non trovano posto nei reparti.
E il mezzo di trasporto d’emergenza rimane fermo fino a quando la barella non viene restituita.
Si calcola che nel Lazio durante lo scorso anno il “fermo” delle ambulanze ha toccato le 130mila ore.
Costretti a trattare 6 milioni di ingressi inutili
I dati sono chiari, almeno un quarto delle persone che si presenta al pronto soccorso ha problemi da poco, che potrebbero essere risolti altrove.
Quando si va alla ricerca dei motivi in base ai quali le stanze dell’emergenza degli ospedali italiani sono sempre strapiene si può criticare l’organizzazione del sistema, la mancanza di mezzi e lo scarso aiuto fornito da alcune categorie dei medici, ma non si può ignorare il ruolo dei cittadini.
In un’epoca di consumismo anche sanitario non va sottovalutata la crescita della domanda di risposte rapide da parte di chi ritiene di essere malato e in realtà non lo è, almeno non gravemente.
E, al di là delle attese che possono arrivare ad alcune ore, va riconosciuto che quando si esce dal pronto soccorso si ha in mano una diagnosi, magari basata su esami strumentali che altrimenti richiederebbero settimane o mesi di lista di attesa per essere prenotati.
E così in molti vanno nei dipartimenti di emergenza magari qualche giorno dopo essersi fatti male, o comunque per cose che potrebbero essere risolte dai medici di famiglia o da una visita con lo specialista.
Quanti sono gli accessi inappropriati ai pronto soccorso? Non è facile dirlo.
Sappiamo che sono circa 24 milioni le presentazioni a queste strutture in un anno (dato che tiene conto anche del fatto che qualcuno in 12 mesi può andarci più volte). Ebbene, secondo le stime della Simeu, la Società italiana di medicina di emergenza e urgenza, i “codici bianchi” sono circa il 15%.
A questi, i problemi più banali, va aggiunto il dato dei cosiddetti “codici verdi”.
In totale sono il 66% ma va riconosciuto che tra questi ci sono varie situazioni che non mettono il paziente in pericolo di vita, ma comunque meritano di essere viste nel pronto soccorso, ad esempio una colica renale.
Anche prendendo solo una piccola frazione di questo magma di codici verdi, il 10%, e sommandola al 15 dei codici bianchi si otterrebbe un accesso su quattro ai pronto soccorso non appropriato.
Si tratta di circa 6 milioni di ingressi inutili.
È come se queste strutture viaggiassero su un doppio binario e l’esempio di quello che accade lo dà bene quanto successo quest’inverno con l’influenza.
Da una parte ci sono gli anziani con varie malattie, abbattuti ulteriormente dal virus e per i quali magari c’è difficoltà di trovare letti nei reparti, affollati o comunque non attrezzati adeguatamente.
Dall’altra ci sono quelli che con un semplice mal di gola, oppure con la febbre a 39 dovuta all’influenza corrono spaventati a farsi vedere.
Certo, i pronto soccorso più moderni, quelli degli ospedali più grandi (cioè quelli dove si assistono circa 100mila pazienti all’anno), sono ormai organizzati piuttosto bene per dare percorsi diversi ai pazienti più seri e a quelli da codici poco gravi, ma in molte strutture questo continuo presentarsi di persone che non stanno male crea problemi e disagi agli operatori.
Michele Bocci e Mario Reggio
(da “La Repubblica”)
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Aprile 14th, 2015 Riccardo Fucile
DURA POLEMICA DELLA CANTANTE CONTRO IL MINISTRO CHE VUOL FARE LAVORARE GRATIS GLI STUDENTI DURANTE L’ESTATE: “VOLETE RUBARE ANCHE L’ADOLESCENZA, ANDATE A LAVORARE VOI CHE DA UNA VITA VIVETE ALLE NOSTRE SPALLE”
“A fare volontariato vacci tu, il lavoro si paga”.
A Fiorella Mannoia proprio non piace l’idea lanciata dal ministro del Lavoro Giuliano Poletti di far lavorare gli studenti durante le vacanze scolastiche.
“La gente lavora tutta la vita, se ha la fortuna di trovarne uno, va in pensione a 67 anni che sono parenti prossimi di 70 e se è fortunato avrà una pensione da fame dopo aver speso tutto il tempo di una vita a pagare mutui, rate, bollette, tasse”, scrive su Facebook la cantante riprendendo le dichiarazioni del ministro del Lavoro a SkyTg24
“Ora – continua Fiorella Mannoia – volete rubare anche il tempo dell’adolescenza. Ma andate a lavorare voi che da una vita vivete con lauti stipendi pagati da noi. Andateci voi a fare volontariato. Il lavoro si paga!”.
(da Huffingtonpost”)
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Aprile 14th, 2015 Riccardo Fucile
MENTRE IN ITALIA INFAMI RAZZISTI INVITANO I SINDACI A NEGARE UN TETTO E UN PASTO AI PIU’ SFORTUNATI, DAGLI USA UNA LEZIONE DI CIVILTA’
Era da qualche tempo che Ashley Jiron, titolare di un sandwich shop in Oklahoma, trovava nel
secchio dell’immondizia pacchetti stracciati per racimolare gli ultimi avanzi di cibo finiti nel cestino.
Durante l’orario di chiusura del locale, qualcuno meno fortunato di lei cercava di sopravvivere attingendo, nel retro, agli scarti della giornata.
Così, la giovane proprietaria del fast food ha deciso di andargli incontro affiggendo un messaggio direttamente sulla porta del locale:
“A chi è costretto a rovistare nell’immondizia per racimolare un pasto Sei un essere umano e meriti molto di più degli scarti. Vieni durante l’orario di apertura per mangiare un sandwich della casa Pb&j, della verdura fresca e un bicchiere d’acqua, gratis. Non ti sarà chiesto nulla. In amicizia, la proprietaria”
Non si è ancora fatto avanti nessuno, ma Jiron non rimuoverà il cartello fino a quando lo sconosciuto/a non andrà a farle visita.
Lei ci spera, pur consapevole che per l’interessato potrebbe essere difficile superare imbarazzo.
Perchè un esempio di umanità e di civiltà possa farci ancora sentire appartenenti al genere umano
(da “Huffingtonpost”)
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Aprile 14th, 2015 Riccardo Fucile
IL GESTORE HA STACCATO LA SPINA AL SOCIAL NETWORK DI FORZA ITALIA: FATTURE NON PAGATE PER 200.000 EURO…E SI E’ RIVOLTO AI LEGALI PER OTTENERE IL SALDO DELL’ARRETRATO
Il portale forzasilvio.it è stato oscurato dalla società che lo gestisce a causa di fatture non pagate per oltre 200 mila euro.
Una “tegola” che si abbatte sui militanti che sostengono Silvio Berlusconi proprio nel giorno in cui i giudici del tribunale di Sorveglianza di Milano hanno dichiarato estinta la pena e l’interdizione per due anni ai pubblici uffici inflitta al leader di Forza Italia nell’ambito del processo Mediaset.
La decisione di “staccare la spina” al sito è stata presa dopo che il gestore – la Speakage di Milano – si è mosso per vie legali chiedendo di saldare l’arretrato.
“Ove perdurasse il vostro inadempimento – si legge nella lettera che i legali della Speakage hanno inviato a Forza Italia, il cui contenuto è stato reso noto dall’agenzia Ansa – senza ulteriore avviso i siti telematici oggetti del contratto saranno spenti e i dati in essi contenuti saranno restituiti alla vostra organizzazione solo a fronte del pagamento dei costi necessari per l’estrazione nonchè del debito complessivo”. Insomma, l’identità virtuale dei sostenitori di Silvio Berlusconi resta “in ostaggio” a meno che il leader di Forza Italia non decida di mettere mano al portafoglio.
Con buona pace della svolta 2.0 del partito.
“E’ un peccato”, commenta il patron della Speakage Marco Camisani Calzolari.
“Non posso dire molto di più perchè devo tutelare sia la società che il credito. Di certo – continua – c’è che forzasilvio.it, dal punto di vista della comunicazione, è stato uno dei primi ‘social network’ creati da forze politiche, uno strumento verticale per tenere i contatti con i sostenitori. Strumento innovativo che adesso Forza Italia non ha più. Ma è la mia valutazione da esperto di strategie digitali: con Speakage abbiamo curato progetti simili per Greenpeace o il Partito democratico di Londra”.
Che Forza Italia non navighi nell’oro è cosa nota.
A inizio marzo i dipendenti avevano denunciato – attraverso l’account Twitter ‘Licenziati da Silvio’ – l’inizio della cassa integrazione.
“Forza Italia è in dismissione”, scriveva il titolare dell’account.
Ora la scure si è abbattuta anche sul social network del partito. Non proprio un fulmine a ciel sereno, visto che in un messaggio inviato ai simpatizzanti di forzasilvio.it alla vigilia delle regionali si avvisavano gli utenti che “nei prossimi giorni il portale potrebbe essere temporaneamente inaccessibile, nell’ambito del lavoro di ristrutturazione della presenza online di Forza Italia che sarà in atto nelle prossime settimane”.
(da “la Repubblica”)
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Aprile 14th, 2015 Riccardo Fucile
VISITA LAMPO DI DUE ORE: ALLE 20 RIPARTE
Matteo Renzi è atterrato all’aeroporto di Genova pochi minuti prima delle 18, dove ad attenderlo
c’erano il presidente Claudio Burlando, la candidata del Pd Raffaella Paita e i vertici locali dei dem.
Il premier è stato accompagnato alla sede della Msc a San Benigno dove incontrerà Gianluigi Aponte, patròn della compagnia crocieristica.
Ore 18,11. Il collettivo lavoratori portuali ha steso uno striscione sulla rampa dell’elicoidale con la scritta “Renzi sei solo un chiacchierone, No Jobs act”.
Lanciati anche alcuni fumogeni.
Durante la breve visita non ci sarà l’annunciato sopralluogo in corso Italia, nella zona dei Bagni Squash, dove si trova la galleria dello scolmatore del Fereggiano.
Renzi si incontrerà invece nella zona del cantiere per i lavori di messa in sicurezza del Bisagno con il presidente Burlando, il sindaco Doria e tutte le altre autorità per “benedire” l’avvio dei lavori.
Nello stesso contesto il premier sancirà l’accordo da 15 milioni di euro finalizzato a insediare un nuovo centro dell’Iit dedicato alla riabilitazione robotica nel parco tecnologico degli Erzelli.
Dopodichè, dopo meno di due ore di visita a Genova, tornerà all’aeroporto per fare ritorno a Roma con un volo di Stato.
(da “il Secolo XIX“)
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