Giugno 29th, 2015 Riccardo Fucile
“MI APPELLO AI CAPI DI GOVERNO, POSSONO SCONGIURARE IL DISASTRO”
Le trattative con i creditori sulla questione del debito sono fallite, la Grecia è sull’orlo dell’abisso, il primo ministro Alexis Tsipras intende indire un referendum domenica prossima sulla proposta dei creditori
La Bild ha intervistato il ministro greco delle finanze Yanis Varoufakis.
Signor Varoufakis, il suo primo ministro chiama i greci a un referendum su una proposta della Troika dei creditori. Significa che le trattative sono interrotte o terminate?
«Nè l’una, nè l’altra cosa. Il 25 giugno le istituzioni dell’Eurogruppo ci hanno presentato una proposta dettagliata. Il tempo era ormai scaduto. Non abbiamo potuto accettare, ma non abbiamo nemmeno potuto rifiutare di fronte all’importanza della cosa per il futuro della Grecia. Perciò abbiamo deciso di rivolgerci ai cittadini e di chiarire la nostra posizione contraria, lasciando però a loro la scelta. Rimaniamo comunque aperti a nuove proposte delle istituzioni. Se queste nuove proposte dovessero arrivare e noi le ritenessimo significativamente migliori, potremmo sempre cambiare le nostre indicazioni e suggerire agli elettori di approvarle. Quindi, per quanto ci riguarda, siamo ancora disponibili a trattare mentre la gente fa le sue valutazioni»
Da parte vostra arriveranno nuove proposte?
«No, abbiamo già esposto le nostre posizioni. Sono eque e accompagnate da notevoli concessioni. Si basano su un solido programma finanziario legato alla concreta aspettativa di mettere fine alla crisi senza ulteriori versamenti di denaro allo Stato greco. Sta ora alle istituzioni dimostrare buona volontà ».
Il memorandum scade il 30. Se non rispetterete questo termine non riceverete la rata di 7,2 miliardi di euro. E la Banca centrale europea bloccherà l’erogazione dei fondi di emergenza ELA. Cosa succederà allora? Un assalto alle banche? Controlli sui movimenti di capitale? E poi la Grexit?
«Se l’Europa permetterà che accada un simile disastro solo per umiliare il nostro governo e nonostante le caute, moderate, concilianti proposte venute da parte nostra – allora gli europei non potranno non porsi la domanda sollevata dal capo del governo italiano di fronte al clamoroso fallimento sulla questione dei profughi: “È questa l’Europa che vogliamo?”»
Dal suo punto di vista, c’è ancora spazio per un accordo con l’eurogruppo? E cosa si dovrebbe tentare di fare da entrambe le parti?
«Sono un eterno ottimista. L’Europa ha dimostrato di continuo di saper curare le sue ferite e di essere capace di superare i suoi litigi. Si tratta soltanto di far valere quello che ci accomuna. Finora, però, ci è sempre stato detto che è possibile qualsiasi accordo, ma solo se è conforme al memorandum delle istituzioni».
Recentemente ha dichiarato che il contributo decisivo può venire solo dalla cancelliera Merkel. È ancora così?
«Sì, assolutamente. Le istituzioni non hanno alcun mandato per collegare riforme pesanti a una saggia politica di rinegoziazione del debito. I vertici dell’Unione Europea a Bruxelles non sono in grado di adottare iniziative politiche. I capi di governo dell’Unione europea devono agire. E tra loro è la cancelliera Merkel, in quanto rappresentante del Paese più importante, ad avere in mano le chiavi per evitare una fine terribile di questa crisi. Spero che le usi».
Peter Tiede
(da “Bild“- “La Repubblica“)
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Giugno 29th, 2015 Riccardo Fucile
CROLLANO I LISTINI EUROPEI, BRUCIATI 340 MILIARDI IN UN’ORA
Mercati internazionali in preda al panico dopo il fallimento della trattativa sulla Grecia. Apre in netto
calo Piazza Affari, con il Ftse Mib in calo del 2,1%, per poi accentuare il rosso fino a -5%.
In rosso tutto il listino, con pesanti perdite per le banche: Intesa Sanpaolo cede il 7,71%, Unicredit il 7,74%, Mediobanca il 6,67%, Bper oltre il 7%.
Ancora sospese Carige ed Mps.
Male anche le altre piazze europee, con l’apertura di Francoforte in flessione dell’1,4%, Londra in calo del 2,2%; più accentuate le perdite per Madrid (-5%), Parigi (-4,5%) e Zurigo (-3%). Chiusa Atene, almeno fino a martedì 7 luglio.
Nella prima ora di contrattazione i listini europei hanno visto andare in fumo 340 miliardi di euro sulla base dell’indice Eurostoxx 600 che lascia sul terreno il 3,25%.
Le banche tedesche sono le più esposte verso la Grecia con 13,2 miliardi di dollari a fine 2014, di cui 5,8 miliardi verso le aziende, 5 verso le banche e solo 219 milioni al settore pubblico, mentre quelle italiane sono a un livello molto più basso: 1,3 miliardi di dollari, di cui 398 milioni verso il debito pubblico di Atene.
E’ quanto si ricava dalle tabelle della Bri, la banca dei regolamenti internazionali con sede a Basilea secondo cui Gran Bretagna e Usa viaggiano sui 12 miliardi e la Francia 1,6.
Un assaggio della giornata viene dall’Oceania e dall’Asia, che vedono i principali listini in forte calo proprio per i timori di contagio della crisi greca su altre economie e sull’Eurozona.
Chiude in perdita la borsa di Sydney, con l’indice S&P/ASX200 che cede il 2,23% fino a 5.422,5 punti.
Chiude in rosso la borsa di Seul, con l’indice Kospi in frenata dell’1,4% fino a 2.060,49 punti, la più grande perdita in un solo giorno dal 27 maggio scorso.
La borsa di Tokyo archivia in perdita la seduta, con l’indice Nikkei in calo del 2,9% fino a 20.109,95 punti, la flessione più ampia in un solo giorno dal 6 gennaio scorso. La borsa di Shanghai nella seconda parte della seduta crolla di oltre il 7% scivolando sotto i 4 mila punti, poi argina il crollo e chiude a -3,3%.
Caduta di oltre il 6% per la piazza di Shenzhen.
Le inquietudini per la crisi greca colpiscono anche Hong Kong dove l’indice è in calo del 3,63 per cento.
Non ci sono solo le Borse. Vola lo spread fra Btp e Bund tedeschi in avvio dei mercati sui timori del’uscita della Grecia dall’euro. Il differenziale schizza a 197 punti contro i 123 della chiusura di venerdì. Il rendimento espresso è pari al 2,7%.
Vola anche lo spread dei ‘bonos’ spagnoli a 182 punti.
Dopo pochi minuti, il differenziale fra titoli italiani e tedeschi ha fatto marcia indietro, attestandosi a 164 punti.
Il possibile default della Grecia pesa in avvio sul cambio tra euro e dollaro: all’apertura dei principali mercati valutari del vecchio Continente la moneta unica europea viene scambiata con il biglietto verde a 1,1023 in significativa discesa rispetto alla rilevazione di venerdì scorso della Bce.
L’effetto Grecia si fa sentire anche sulle quotazioni del petrolio sia per il rialzo del dollaro sia per il probabile contraccolpo sull’economia del Vecchio Continente da un’uscita di Atene dall’euro.
Il greggio Wti del Texas cede così 1 dollaro a 58,63 mentre il Brent del Mare del Nord arretra dell’1,4% a 62,4 dollari al barile.
(da “Huffingtonpost”)
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Giugno 28th, 2015 Riccardo Fucile
ORMAI IN SIMBIOSI CON LA LEGA , VUOLE USARE LA RUSPA PER DRAGARE I FIUMI…INTANTO METTE IN GIUNTA IL SUO VICINO DI CASA E L’AMICA DELLA MOGLIE
Il centrodestra che ha vinto per miracolo le elezioni in Liguria (grazie alle divisioni della sinistra e al peggior candidato che il Pd potesse proporre) non poteva che ritrovarsi in convento per celebrare degnamente la nascita della nuova giunta regionale.
Appuntamento al monastero di Santa Croce a Bocca di Magra, con panorama sulle Apuane e il magico mare di Luni.
Le truppe liguri per l’occasione hanno ricevuto la visita anche del frate godereccio lombardo (fra Bobo) e dell’incursore lagunare (fra Renato).
Il primo ha spiegato come si fa a favorire le aziende sanitarie private in Lombardia, il secondo ha lanciato la catena di moda LoVeLi (sarebbe la solita alleanza tra Lombardia, Veneto e Liguria, quella che prima prevedeva la stessa simbiosi con il Piemonte e che ha portato sfiga a Cota, caduto su “mutande verdi”).
Ma quelle di Maroni e Brunetta non sono state le uniche apparizioni sacre materializzatesi in convento, Toti è riuscito ad andare oltre.
A un certo punto ha enunciato un elemento chiave del suo programma: “occorrono leggi più liberali per dragare i fiumi e non essere schiavi della trota iridea”.
Panico tra i leghisti che sono abituati a favorire solo chi spara ai torni.
Perplessità anche da parte di Ilaria Cavo (in quota Mediaset e amica della moglie di Toti) che ama dire “la Liguria mi ha dato tanto, è giusto che restituisca qualcosa” (ma non intende gli 8.000 euro di stipendio da consigliere, tranquilli).
Senza parole ma sempre sorridente anche il futuro assessore al welfare Giampedrone, il giovane sindaco di Ameglia che non sappiamo se sia “stato sociale”, ma per certo “è stato” (e lo è ancora) vicino di casa di Toti.
In ogni caso tutti d’accordo per le ruspe sui fiumi e la lotta dura alle trote iridee.
Peccato che nessuno faccia notare al presidente “ruspante” che l’operazione sembra fatta per favorire gli edili che così eviterebbero i maggiori costi per acquistare la ghiaia in Trentino e che la trota iridea è un pesce importato dall’America per i pescasportivi da stagno e che nei nostri corsi d’acqua non si riproduce neppure.
L’ennesima gaffe del Gabibbo bianco che peraltro una corte di miracolati è ben disposta a considerare una grande rivelazione delle sacre scritture.
In attesa del processo agli indagati in Giunta, che la processione intanto abbia inizio.
Con la moltiplicazione dei pani e delle trote iridee.
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Giugno 28th, 2015 Riccardo Fucile
“CI SENTIAMO IN FAMIGLIA”
Filippo Cogliandro ha un ristorante a Reggio Calabria. 
Professione tranquilla, direbbe qualcuno, ma non in una terra di mafia, malaffare e sbarchi.
“Denunciare e far arrestare gli esponenti della ‘ndrangheta che mi chiedevano il pizzo è stata la scelta più importante della mia vita”, racconta l’imprenditore, molto vicino a Libera, il movimento di don Ciotti.
Il ragazzo è stato colpito due volte dalla mafia, dagli estorsori, che, quando era ragazzo, gambizzarono il padre, Demetrio, e questo fatto doloroso fu di esempio per Filippo per affrontare la nuova sfida: ha avuto il coraggio, nella solitudine e nei disagi economici nei quali si era ritrovato, di denunciare i delinquenti che poi furono arrestati.
Oggi Filippo è diventato un simbolo, ha accanto don Luigi Ciotti e Claudio La Camera, Presidente dell’Osservatorio sulla ndrangheta, è seguito dai media nazionali ed è diventato un esempio per la Calabria e l’Italia.
Ma c’è di più perchè due anni fa ha chiesto al Tribunale dei Minori l’affidamento di due migranti arrivati in Italia con i barconi.
Un ragazzo senegalese, Salihu, e uno del Gambia, Abdou, che oggi hanno 18 anni e che sono stati assunti con regolare contratto come aiuto cuoco nel suo ristorante.
“Li ho conosciuti a un corso di cucina etnica organizzato nel centro di accoglienza”, ricorda Cogliandro.
“Il mio sogno è quello di diventare uno chef come Filippo, ritornare in Gambia e aprire un ristorante lì. — confessa Abdou — perchè quando guardiamo la televisione e ci accorgiamo che i politici ce l’hanno con noi”
Lucio Musolino
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Giugno 28th, 2015 Riccardo Fucile
RISCHI PER IL BILANCIO PUBBLICO, I RISPARMIATORI, LE BANCHE E LE IMPRESE
E adesso? Ora che i timori di un’uscita della Grecia dall’Eurozona si fanno più consistenti sono in molti a domandarsi quali possano essere le conseguenze di una rottura per il nostro Paese.
Innanzitutto bisogna considerare di quale rischio stiamo parlando.
Da una parte bisogna considerare le conseguenze di breve-medio periodo che uno shock come l’uscita della Grecia dall’Eurozona potrebbe portare sui mercati, con il probabile rialzo dei rendimenti dei titoli di Stato e quindi degli spread, e il relativo maggior costo per il bilancio dello Stato, dall’altro bisogna considerare i rischi legati all’esposizione diretta e indiretta del nostro Paese sul debito pubblico ellenico.
Da ultimo si possono ipotizzare i rischi più immediati per risparmiatori, banche e imprese italiane.
Il boom dei rendimenti. Più spese per interessi. Meno risorse per lo Stato.
La prima conseguenza di un ipotetico Grexit, o almeno quella più immediata, potrebbe avere le sue prime anticipazioni già lunedì, alla riapertura dei mercati.
Nei momenti di maggiore instabilità i rendimenti dei titoli di Stato salgono perchè gli investitori tendono a considerare più rischioso l’investimento sul debito di un Paese, e quindi a chiedere per questo un premio più alto.
Per le casse pubbliche l’aumento dei rendimenti (che si riflette nel cosiddetto spread, cioè un indice che confronta il rendimento dei nostri titoli decennali con gli equivalenti bund tedeschi), significa un maggior costo per il servizio del nostro debito pubblico, cioè maggiori spese per interessi da sostenere durante l’anno.
Secondo Il Sole 24 Ore un rialzo permamente di 2 punti percentuali dei rendimenti costerebbe circa 4/5 miliardi all’anno.
Proprio l’abbassamento dei tassi aveva portato il nostro governo a mettere in conto una sorta di “dividendo spread”, cioè di risparmi assicurati dai bassi rendimenti ipotizzati per l’anno.
Questo dividendo, cioè queste minori spese, rischiano di erodersi se non di prosciugarsi. Per l’esecutivo significa dovere reperire le risorse altrove: tagliando le spese o aumentando le tasse. A cascata, quindi, un impatto diretto sulla vita dei cittadini.
L’antitodo
A differenza di alcuni anni fa, la zona Euro è ora dotata di meccanismi di protezione in grado di contenere e arginare shock macoreconomici.
L’ultimo e il più importante è proprio il Quantiative Easing della Bce, cioè il massiccio piano di acquisto di titoli sul mercato secondario dei Paesi dell’area Euro. L’intervento dell’Eurotower infatti può infatti, in sintesi, limitare l’aumento dei tassi. Tamponando per tempo i possibili rischi appena elencati.
I Crediti italiani con la Grecia
Anche se in qualità di Stato, la Grecia non è diversa da un comune debitore. L’abbandono, eventuale, della moneta unica non la esonererebbe automaticamente dagli obblighi legati al proprio enorme debito pubblico.
Come ha spiegato qualche settimana fa il presidente dell’Eurogruppo Dijsselbloem, “se un Paese lascia l’Eurozona il suo debito resta”.
Certo è tutto da vedere se e in che modo sia in grado di onorarlo.
Sempre il Sole 24 Ore oggi fa i conti di questa esposizione totale. Si tratta — va ribadito — non di una perdita secca in caso di Grexit, ma della somma di tutte le possibili “somme” in periciolo.
Il totale, calcola il quotidiano economico, vale 65 miliardi di euro.
Si parte innanzitutto dai prestiti bilaterali concessi dal governo italiano a quello di Atene e ammontano a 10 miliardi di euro.
La fetta più consistente dei soldi concessi alla Grecia è arrivata attraverso i due fondi salva stati Efsf e Esm.
L’Italia contribuisce pro-quota a questi fondi quindi il mancato rimborso a queste due istituzioni varrebbe, rispettivamente, 23,3 e 14,2 miliardi di euro.
Si parla, va ricordato, di perdita teorica, visto che in pochi immaginano che un default di Atene significhi un azzeramento dei propri debiti.
C’è poi il capitolo più complesso della Banca Centrale Europea, che in questi anni ha anch’essa prestato soldi alla Grecia.
Attraverso la Banca d’Italia, il nostro Paese detiene il 12,3% del capitale dell’Eurotower ed è esposta per 6,6 miliardi circa, a cui secondo Il Sole 24 Ore bisogna aggiungere 10,94 della quota della linea di liquidità Ela concessa ad Atene, che però non rappresenta un’esposizione diretta della Bce, visto che è innanzitutto la Banca Centrale greca a farsi carico dei 95 miliardi concessi alle banche greche.
Solo in ultima istanza la Banca Centrale Europea potrebbe dovere “ripianare” questa somma.
Quindi? Quale impatto per banche, risparmiamiatori e imprese italian
Rispetto al passato si è ridotta sensibilmente la quota di titoli di stato greci nel portafoglio degli Italiani.
Quindi un possibile default greco, se parliamo di impatto diretto e immediato, avrebbe conseguenze molto meno pesanti rispetto al passato.
Anche l’esposizione delle nostre banche sul debito ellenico è sensibilmente diminuita. Come ha mostrato uno studio del think tank Bruegel è di appena 800 milioni di euro, su un debito complessivo di circa 315 miliardi, cifre confermate oggi anche dal presidente dell’Abi Antonio Patuelli.
Rischi un po’ più rilevanti, almeno più diretti, non riguardano la salute finanziaria dello Stato greco, ma a cascata quella dell’intero Paese.
Per le nostre aziende esportatrici un default greco vorrebbe dire mettere in pericolo i rapporti commerciali in atto e i relativi crediti.
Tuttavia, ricorda il Corriere della Sera, citando il capo economista di Intesa San paolo Gregorio De Felice, la quota di esportazioni italiane nel Paese vale solo lo 0,9% del totale, lo 0,2% del Pil. Una cifra, quindi, relativamente molto bassa.
(da “Huffingtonpost”)
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Giugno 28th, 2015 Riccardo Fucile
LA MAGGIORANZA DEI GRECI FAVOREVOLE A UN ACCORDO CON I CREDITORI
“Sono certo che il popolo greco si solleverà davanti a queste circostanze storiche e dirà un sonoro ‘no’
all’ultimatum”, ha affermato il premier Alexis Tsipras prima del voto in Parlamento.
Ma non è detto che la mossa di sottoporre l’accordo con i creditori al popolo greco non gli riservi brutti scherzi.
La decisione del premier di Atene di indire il referendum il prossimo 5 luglio per chiedere ai greci se fare o meno l’accordo con le istituzioni internazionali può infatti riservare delle sorprese, lo dicono i sondaggi.
Come riporta la Reuters, la rilevazione fatta dall’istituto Alco e pubblicato su Proto Thema, dice che il 57 per cento delle mille persone intervistate è favorevole a un accordo, mentre il 29 per cento vorrebbe la rottura dei negoziati.
Un 57 per cento quindi direbbe sì alle condizioni poste dai creditori, anche se a base di rigore e austerità .
Una tendenza confermata anche da un secondo sondaggio, fatto dalla Kapa Research: secondo questo istituto il 47,2 per cento degli intervistati si dice favorevole a un accordo, contro il 33 per cento che si dice contrario.
Un referendum che si farà : il Parlamento ha approvato nella notte la convocazione di una consultazione popolare indetta dal governo Tsipras per il 5 luglio, cioè domenica prossima, quando i cittadini greci saranno quindi chiamati a scegliere se accettare o rifiutare le condizioni poste dai creditori internazionali per l’accordo sul debito.
In aula, dove siedono 300 deputati, il sì al referendum ha avuto l’appoggio non solo dei due partiti di governo, cioè Syriza di sinistra e Greci indipendenti di destra, ma anche del partito neonazista Alba dorata.
Dopo un dibattito di oltre 14 ore, la votazione si è conclusa con 178 sì, 129 no e nessun astenuto.
La discussione in Parlamento si svolgeva proprio mentre l’Eurogruppo riunito a Bruxelles decideva di non concedere alla Grecia la proroga del piano di salvataggio oltre il 30 giugno, che era stata chiesta da Tsipras per consentire ai cittadini di votare senza pressioni.
In pratica il programma di salvataggio della Grecia e di conseguenza gli aiuti, senza l’accordo, si interromperanno il 30 giugno.
L’intesa con i creditori era necessaria per sbloccare l’ultima tranche di aiuti di salvataggio da 7,2 miliardi, che avrebbe consentito ad Atene di ripagare al Fondo monetario internazionale un prestito di 1,6 miliardi di euro che deve restituire entro il 30 giugno ed evitare il default.
L’annuncio shock del referendum era giunta da Tsipras venerdì sera, dopo che l’ultimo round di colloqui con i creditori non aveva dato i risultati sperati.
L’accordo proposto dalle istituzioni, secondo Tsipras, è un’offerta “barbara e umiliante”.
L’esecutivo non accetta la condizioni, ma ha deciso che a scegliere saranno i cittadini: Tsipras ha chiesto ai greci di pronunciarsi per il no, ma al tempo stesso ha promesso che lascia la porta aperta a un accordo.
(da “Huffingtonpost“)
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Giugno 28th, 2015 Riccardo Fucile
LA MIOPIA DELL’EUROPA SUL CASO GRECIA E’ FRUTTO DI UNA MANCANZA DI LEADERSHIP
Molti anni dopo la crisi dei missili a Cuba, l’allora ministro della difesa americana McNamara chiese a Fidel Castro, se — qualora attaccato–avrebbe risposto con i missili nucleari.
Stupito della risposta affermativa chiese a Castro se si rendeva conto che questo avrebbe comportato l’annientamento del suo popolo.
La risposta fu un agghiacciante «sì».
Per fortuna nella crisi greca non ci sono ordigni nucleari di mezzo. Ma questa è l’unica consolazione che abbiamo in un momento estremamente difficile.
Quello che la lezione di Cuba ci insegna e’ che i modelli di teoria dei giochi, che assumono la razionalità di tutti i giocatori coinvolti, non sempre funzionano.
Costretti all’angolo, alcuni giocatori antepongono l’orgoglio alla ragione e compiono scelte devastanti per loro e per tutte le persone coinvolte.
Questo sarebbe stato il caso di Castro se Kennedy avesse bombardato le postazioni dei missili a Cuba, e questo e’ il caso oggi con la decisione di Tsipras di indire un referendum sul accordo offerto dai creditori alla Grecia.
Molti ritengono che la scelta di Tsipras sia sommamente democratica, ed e’ vero.
Ma qui e’ dove i tempi della democrazia non coincidono con quelli della finanza. Lunedì mattina la corsa agli sportelli, già cominciata da tempo, si trasformerà in un vero e proprio assalto.
Difficilmente la Banca Centrale Europea potrà aumentare la sua assistenza di liquidità , soprattutto dopo il 30 giugno, quando il mancato pagamento del prestito al Fondo Monetario Internazionale sarà ufficiale.
Bloccare i movimenti di capitale non basterà . La gente si metterà a ritirare contanti.
Se — come già in Argentina–si procederà anche ad un tetto mensile dei prelievi in contranti, ci sarà l’assalto ai negozi, con carte di credito.
Meglio comprare dei beni che non si svalutano che tenersi dei depositi che rischiano di svalutarsi del 40-50%.
In questa situazione e’ facile immaginare una rivolta di piazza ed una caduta del governo Tsipras.
Come in una situazione di guerra, così in una situazione di crisi finanziaria, la democrazia diretta non funziona. Bisogna delegare le scelte.
E chi è delegato deve assumersi la responsabilità di farle, anche a costo di sbagliare e poi essere smentito dall’elettorato.
Tsipras paga la sua ambiguità elettorale: aveva affermato contemporaneamente che non avrebbe mai ceduto ad ultimatum dei creditori ma che avrebbe tenuto la Grecia nell’euro, non specificando cosa avrebbe fatto se costretto a scegliere tra le due opzioni.
E invece di assumersi la responsabilità della scelta, la scarica sugli elettori. Probabilmente la loro risposta arriverà a giochi fatti.
Tutta colpa di Tsipras? No.
Certamente Tsipras ha commesso molti errori, ma le controparti europee non sembrano essere state da meno.
Non hanno capito che la vittoria di Syriza era un segnale importante del fatto che i greci erano arrivati al limite.
Invece di trovare un compromesso, hanno cercato in tutti i modi di screditare la controparte, sperando in una rapida caduta del Governo Tsipras.
Non solo questa strategia è sommamente antidemocratica (vi immaginate cosa succederebbe se il presidente americano Obama cercasse di far cadere un governatore repubblicano di uno stato del’Unione?), ma è pure miope.
Ignora che chiunque venga messo all’angolo, può reagire in modo sconsiderato. Questa miopia è il frutto di una mancanza di leadership.
In inglese si dice che un cammello è un cavallo disegnato da un comitato.
L’Europa è gestita da comitati, e continua a produrre cammelli.
Manca una ledearship europea degna di questo nome e con un forte mandato popolare. Durante la crisi di Cuba, contro l’opinione della maggioranza dei suoi consiglieri militari, Kennedy si assunse la responsabilità di non bombardare le istallazioni missilistiche sovietiche a Cuba. Scelse la trattativa.
Una scelta politicamente rischiosa per chi, come lui, in campagna elettorale aveva tuonato contro l’arrendevolezza di Eisenhower nei confronti di Fidel Castro.
Ma facendo questo evitò al mondo una guerra nucleare.
Per fortuna oggi non rischiamo la guerra nucleare.
Ma in questa crisi rischiamo non solo la catastrofe umanitaria in Grecia (molto peggiore di quella che già c’è), ma rischiamo la distruzione totale dell’idea di Europa. Di questo dobbiamo ringraziare la diplomazia europea, ma soprattutto il leader che non c’è.
Luigi Zingales
(da “il Sole24ore”)
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Giugno 28th, 2015 Riccardo Fucile
L’EX MINISTRO FRANCESE ED EX DIRETTORE GENERALE DEL FMI AMMETTE: “PER LA GRECIA ERANO NECESSARI PRESTITI PIU’ AGEVOLATI”
“Credo che abbiamo bisogno di pensare diversamente, di cambiare logica e di prendere una direzione
radicalmente diversa nelle trattative con la Grecia. La mia proposta eÌ€ che la Grecia non riceva piuÌ€ alcun nuovo finanziamento da parte dell’Ue e dell’Fmi ma che benefici di una estensione molto ampia del termine del debito e anche una riduzione nominale massiccia del suo debito”.
CosiÌ€ l’ex direttore generale dell’Fmi ed ex ministro francese, Dominique Strauss-Kahn commenta su Twitter la situazione greca.
Il Fondo monetario internazionale, sottolinea Dsk, “ha fatto degli errori e sono pronto a prendere la mia parte di responsabilitaÌ€. La diagnosi del Fmi secondo cui si eÌ€ di fronte a un problema classico di crisi di bilancio e della bilancia dei pagamenti non ha tenuto conto del fatto che la natura incompiuta dell’Unione monetaria europea sia all’origine di tutto il problema e che avrebbe dovuto essere un elemento essenziale per risolvere la situazione”.
Il Fondo, inoltre, aggiunge l’ex direttore generale dell’Fmi, “ha anche sottostimato l’ampiezza delle debolezze istituzionali della Grecia che imponevano un’assistenza molto piuÌ€ importante della Banca Mondiale e dei prestiti piuÌ€ agevolati”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Giugno 28th, 2015 Riccardo Fucile
IL TIMORE E’ DI VEDERSI ANNULLARE LA NOMINA E TROVARSI COMMISSARIATO… I LEGALI GLI HANNO CONSIGLIATO LA VIA DEL RICORSO IN TRIBUNALE PER RESTARE IN SELLA FINO A OTTOBRE
Il consiglio Regionale campano domani (lunedì 29 giugno) non si riunirà .
Tutto rinviato a data da destinarsi.
L’ha deciso Rosetta d’Amelio, che in quanto consigliera anziana presiede pro-tempore l’assemblea. «Sto inviando i telegrammi ai consiglieri per informarli che domani non ci sarà nessun consiglio – spiega lei – Non c’è ancora nessuna data. Voglio fare degli approfondimenti alla luce di quanto deciso dal consiglio dei Ministri che ha emanato un decreto di sospensione per il presidente della giunta».
Dunque Vincenzo De Luca non presenterà la sua giunta, evitando quello che per molti avrebbe costituito un vulnus istituzionale: la sua presenza in consiglio con la nomina del “governo” campano e il passaggio dei poteri al vice, scenario paventato nelle ultime ore, avrebbe scatenato la reazione delle opposizioni e anche il fastidio del Pd. Renzi, nel sospenderlo, aveva chiarito il perimetro nel quale il presidente-eletto avrebbe potuto muoversi: «Quanto previsto dall’interpretazione della legge Severino fornita dall’avvocatura generale dello stato».
Il timore di De Luca, a quel punto, era di vedersi annullare la nomina della giunta da un tribunale adito dalle opposizioni, col rischio sempre più concreto del commissariamento.
Ecco il perchè del rinvio, deciso di concerto con il presidente eletto: dare il tempo agli avvocati che difendono De Luca di presentare ricorso al tribunale di Napoli contro la sospensione.
Se dovessero ottenere una sentenza favorevole, sulla falsa riga di quella pronunciata per De Magistris, De Luca avrebbe tempo fino a ottobre per governare, in attesa del responso finale della corte Costituzionale.
Franesco Maesano
(da “il Secolo XIX”)
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