Settembre 12th, 2015 Riccardo Fucile
TRATTATIVE IN CORSO PER ASSICURARE AL GOVERNO VOTI IN PIU’
Il Ponte sullo Stretto unisce Palazzo Madama a Palazzo dei Normanni. 
Perchè anche la Sicilia è un laboratorio della nuova alleanza tra Renzi e Alfano.
Da settimane il partito del ministro dell’Interno, di fatto, ha ammorbidito il ruolo di opposizione per avvicinarsi alla Giunta. È accaduto, per dirne una, che i suoi voti sono stati determinanti per approvare la “riforma delle province”, dopo settimane di battaglie d’Aula.
E adesso è in discussione l’ingresso in giunta. L’offerta, benedetta da palazzo Chigi, è stata già recapitata ad Alfano.
E a Castiglione, il potente sottosegretario indagato sulla vicenda del Cara di Mineo, che in questi giorni ha più volte dichiarato sui giornali locali: “Pronti alle riforme con Crocetta”.
L’ingresso in giunta oggi renderebbe naturale quello schema su cui lavora, tra le intemperanze di Crocetta e le fibrillazioni del Pd, il segretario regionale Fausto Raciti. Ovvero l’alleanza organica tra Pd e centro, inteso come Udc e Ncd per il dopo Crocetta, quando cioè si voterà in Sicilia: “Crocetta — dicono fonti del Pd siciliano — va avanti in modo trasformistico, perchè non ha una maggioranza e raccatta voti qua e là . Si deve passare da uno schema trasformistico a uno politico. E o facciamo l’alleanza col centro o vince Grillo”.
L’Udc siciliano (e romano) è già un pilastro solido dell’alleanza grazie all’ottimo rapporto tra Renzi e Casini (uno di quelli che più ha raffreddato i bollori del premier sul voto anticipato) e tra Raciti e l’ex ministro D’Alia, vero pupillo di Casini e considerato da molti (nel Pd) il candidato naturale alla carica di governatore in uno schema di centrosinistra siculo.
Paradossalmente ma non troppo, la determinazione del Pd all’accordone è pari all’indecisione di Alfano.
Il quale, pochi giorni fa, ha detto ai vertici locali del Pd che, piuttosto che entrare subito in giunta, preferirebbe andare al voto nella prossima primavera in un’alleanza col Pd.
Per due motivi.
Il primo è che in tal modo riuscirebbe a far rientrare la Sicilia in un accordo nazionale sulle amministrative (e quindi sulle politiche) perchè è chiaro che la coalizione che si presenterà alle amministrative sarà quella che poi competerà per la guida del paese.
Il secondo è che in tal modo terrebbe unito un partito che in Sicilia, come a palazzo Madama, è ormai una guerra di bande.
E in Sicilia, come a Roma, si registra l’insofferenza (crescente) di Renato Schifani.
Il quale vorrebbe prima garanzie sul cambio della legge elettorale (per votare le riforme) e in Sicilia non ha mai rinunciato al vecchio sogno di correre da governatore.
Sia come sia, la grande trattativa tra Pd e centristi è aperta.
E, a Roma come in Sicilia, dell’indecisione di Alfano approfitta quella vecchia volpe di Denis Verdini.
A Palazzo Madama ha contattato uno ad uno i malpancisti di Ncd. Per la serie: “Altro che Angelino, se venite con me allora sì che contate. Arriviamo a quota 20 e al quel punto ci spetta un ministro”.
In Sicilia il suo plenipotenziario sul territorio è Saverio Romano, ex ministro ai tempi del governo Berlusconi e per un periodo fittiano.
Romano, che in Sicilia è stato uomo forte dell’Udc di Totò Cuffaro, nell’Isola è fiero avversario della saldatura tra centro casinian-alfaniano e sinistra.
E in questi giorni sta stabilendo un’interlocuzione con la Giunta di Crocetta, con l’obiettivo di rafforzarla. Operazione di cui è al corrente Verdini ma anche Luca Lotti. È stato il potente sottosegretario a palazzo Chigi a far capire ai vertici del Pd siciliano di assecondare i desideri di Verdini (e Romano) in questi giorni complicati a palazzo Madama.
Nel suo schema uno non esclude l’altro, anzi c’è posto per tutti nel partitone della Nazione: Romano e Castiglione, Verdini e Alfano. In Sicilia come a Roma.
Questo Ponte sullo Stretto c’è già .
(da “Huffingtonpost”)
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Settembre 12th, 2015 Riccardo Fucile
EMILIANO: “E’ UNA VITTORIA DI GRUPPO, COME DEVE ESSERE PER L’ITALIA”… RENZI FARA’ ANCHE UNO SPOT, MA E’ GIUSTO CHE SIA PRESENTE UN RAPPRESENTANTE DELL’ITALIA AI MASSIMI LIVELLI
Cambio di programma nell’agenda di oggi del presidente del Consiglio. Sarà una finale senza precedenti.
Sulla scia della straordinaria vittoria agli US Open di Roberta Vinci e Flavia Pennetta, Matteo Renzi è in partenza per New York, assieme al presidente del Coni Giovanni Malagò e al presidente della Federazione Italiana Tennis Angelo Binaghi, per assistere alla prima finale tricolore del Grande Slam, in programma alle 21 ora italiana.
Quindi Renzi non parteciperà alla cerimonia inaugurale della 79esima edizione della fiera del Levante (al suo posto ci sarà il sottosegretario Claudio De Vincenti).
“Renzi va a festeggiare la Puglia a New York” commenta il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano. “Sarei andato lì anche io ma il mio dovere mi impone di essere oggi a Bari, alla Fiera del Levante” dice con ironia.
Tra Renzi ed Emiliano ultimamente ci sono stati aspri confronti su la riforma della scuola (che il presidente della Regione vorrebbe impugnare di fronte la Consulta) ma anche sulle ferrovie e sul decreto “sblocca Italia”.
Ma non è questo il giorno, questo è il giorno della Puglia.
“Al loro rientro la Regione tributerà a Flavia e a Roberta gli onori che meritano” continua Emiliano, commentando la doppietta italiana. “E’ la vittoria della volontà , dei sacrifici, che sono i sacrifici – sottolinea Emiliano – dei loro genitori, dei loro nonni, delle loro famiglie, dei loro allenatori, della loro federazione”.
“E’ una vittoria di gruppo come deve essere per l’Italia”, conclude Emiliano.
Oronzo Pennetta, per tutti ‘Ronzino’, il papà di Flavia, sta cercando un volo per partire e andare negli Usa a godersi la finale tutta italiana, pugliese, di un grande Slam. “Sto facendo i calcoli, per verificare se c’è un modo di arrivare in tempo a New York. E’ una impresa eccezionale, – dice il papà di Flavia – due ragazze pugliesi che sono cresciute mano nella mano, sulla terra rossa, qui in Puglia che hanno conquistato gli Us Open. Sono state fenomenali”.
Se non sarà a Flushing Meadows, la partita Oronzo Pennetta la vedrà a casa, a casa di Flavia, al quartiere Casale: “Sto valutando, perchè in queste situazioni – dice – non sai mai che fare, magari puoi creare agitazione, tensioni in più e non deve assolutamente accadere. Questo è già un risultato straordinario, lo è comunque vada proprio perchè ci sono loro, Roberta e Flavia. Ma se Flavia porta a casa lo slam lo sarà di più”.
Angelo Vinci, padre di Roberta, è molto emozionato dopo le parole della figlia che ha dichiarato dopo la vittoria di vivere “il giorno più bello della sua vita”. A Brindisi e Taranto c’è un grande entusiasmo per questo traguardo inimmaginabile. Taranto seguirà la supersfida del tennis di stasera attraverso un maxi schermo che sarà installato in piazza della Vittoria nel centro della città .
“Roberta Vinci – afferma il sindaco di Taranto Ezio Stefano – la nostra Roberta lasciatemela chiamare affettuosamente così, ha mostrato al mondo intero la parte migliore di Taranto. E per questo, a nome di tutti i cittadini che rappresento, le sono immensamente grato”.
Quella che si disputa oggi a New York sarà la decima sfida tra Roberta Vinci, 32 anni, e Flavia Pennetta, 33. Ma tutte, compresa l’ultima proprio ai quarti di finale degli US Open del 2013, impallidiscono e scompaiono di fronte all’importanza dell’appuntamento odierno.
Flavia è in vantaggio 5-4 e ha vinto gli ultimi due confronti. Roberta non vince dal 2009. Per entrambe è la prima finale in uno Slam, per entrambe è il momento più alto della carriera.
Così come è impossibile fare un pronostico: la Pennetta ha schiantato Simona Halep in 59 minuti. La Vinci ha risposto battendo in rimonta la numero 1 del mondo. Attualmente la Pennetta è 26esima della classifica mondiale, la Vinci 43esima.
(da “La Repubblica”)
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Settembre 12th, 2015 Riccardo Fucile
LA SORELLA DELLA BRINDISINA: “IMPRESSIONATA DAL SUO SGUARDO”… IL PADRE DELLA TARANTINA: “CHE CARATTERE”
La prima sfida la vinse Roberta, oltre vent’anni fa. L’ultima se l’è presa Flavia, nel 2013. 
Flushing Meadows, New York, quarti di finale degli Us Open.
Oggi Roberta Vinci, 32enne di Taranto, e Flavia Pennetta, 33enne di Brindisi, sono andate oltre. Battendo rispettivamente la numero 1 al mondo Serena Williams e la numero 2 Simona Halep, hanno scritto nei libri del tennis una storica finale agli Us Open.
Nel distretto del Queens, le due regine sono italiane. E hanno un passato comune.
Michelangelo Dell’Edera, direttore tecnico istituto superiore di formazione Roberto Lombardi della Federtennis, racconta che a undici anni Roberta usava la racchetta junior come fosse un fioretto.
La conobbe al circolo tennis di Galatina, dove Angelo Vinci portò la figlia con una racchetta e un carico di speranze. O di bei presentimenti, chissà . Quattro anni dopo, Dell’Edera prese in consegna anche Flavia Pennetta.
Sono passati più di vent’anni di alterne fortune per le due pugliesi, migliori nel singolare per la brindisina e nel doppio per la tarantina (ma anche Pennetta è stata numero 1), fino alla piena consapevolezza e alla maturità che ha fatto di queste due brillanti e tenaci Over 30 le dominatrici di Flushing Meadows 2015.
“Flavia ce l’ha fatta, ora speriamo nel miracolo di Roberta” aveva detto Donato Calabrese, numero della Federtennis Puglia, prima del match fra Williams e Vinci. “Visto? I miracoli accadono” ha commentato mezz’ora dopo l’impresa di quest’ultima, nel frastuono dei clacson e dei cori da stadio che hanno colorato la tranquilla sera di fine estate a Taranto.
“Che mia figlia stesse giocando bene l’avevamo visto – ha commentato un emozionato Angelo Vinci, al telefono – tranquilla, senza pressione. Ma potesse battere la Williams, in casa sua, dopo aver perso il primo set, non me l’aspettavo. Quando ho visto come affrontava il pubblico statunitense intimandogli di applaudire anche lei ho pensato: che carattere, tutta suo padre! Oltre al carattere, però, ha vinto mettendo in evidenza abilità tecnica e spirito di sacrificio. Ha ipnotizzato Serena, aspettando il momento giusto, sul tre pari del terzo set: lì è finita la partita. Siamo già felici così, certo se dovesse vincere sarebbe una gioia senza pari”.
Anche a casa Pennetta c’è grande euforia per la prima finale nel singolo della brindisina agli Us Open.
“Sono rimasta impressionata dallo sguardo di Flavia – racconta Giorgia Pennetta, sorella maggiore della tennista 33enne brindisina – sembrava in trance agonistica, non ha tradito smorfie neppure quando era sotto di un break nel secondo set”.
E ancora: “Lei dice sempre che questo torneo le piace – rivela Giorgia – le porta bene e gioca come se fosse a casa sua. Secondo me invece è talmente serena da giocare ancora meglio che a casa sua”.
Davanti agli schermi, per la finale, ci sarà un tifoso speciale della Pennetta, il suo primo mentore Bobo Ciampa. Due giorni fa aveva confidato di preferire la Halep come avversaria per la semifinale, che però non ha guardato: “Davvero ha vinto in questo modo? Che notizia meravigliosa. E la finale no, non me la perderò”.
Comunque vada, la Puglia vincerà gli Us Open.
Per la gioia, fra gli altri, del pugliese Isidoro Alvisi, consigliere nazionale della Federtennis: “Il tennis è l’immagine vincente della Puglia. Queste due ragazze sono straordinarie, sono sulla cresta dell’onda da oltre dieci anni e continuano a giocare per migliorarsi”.
L’unico rammarico di Alvisi è legato al mancato percorso comune, nel doppio di Pennetta e Vinci, che assieme vinsero il Roland Garros junior nel 1999.
Ma ora è tempo di pensare al presente: “Siamo pronti a goderci questo Apulia’s Day a New York. E’ il sogno di una vita”.
E nella città che non dorme mai, Flavia e Roberta sono pronte a coronare il loro sogno: New York, New York.
Antonino Palombo
(da “la Repubblica“)
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Settembre 12th, 2015 Riccardo Fucile
“ANCHE IO GIURO SULL’ONORABILITA’ DELLL’ARMA, MA NON SU QUELLA DI COLORO CHE EBBERO IN CUSTODIA MIO FRATELLO”
Caro Ignazio La Russa,
ricordo perfettamente le sue perentorie parole pronunciate subito dopo la morte di mio fratello
Vorrei chiederle, è da Paese civile e democratico che il Ministro della Difesa prenda una posizione così netta in un’inchiesta penale ancora in embrione, per assolvere coloro che viceversa oggi paiono essere sul banco degli imputati?
Io le chiedo, avvocato La Russa, lei allora quando pronunciò quel monito parlava con cognizione di causa o parlava per principio?
Lei affermò, in tono perentorio, che i carabinieri non c’entravano nulla. E giurò sulla loro onorabilità .
Anch’io giuro sull’onorabilità dell’Arma dei Carabinieri, ma non su quella di coloro che ebbero a che fare con mio fratello.
Che parlasse con cognizione di causa o senza cognizione di causa, io credo che lei ci debba delle scuse.
È normale che in un Paese civile e democratico un ministro del governo interferisca in modo così pesante nell’attività della Magistratura per l’uccisione di un cittadino?
Non si sente in colpa per tutto questo tempo perso?
Non vorrei essere nei suoi panni.
Ilaria Cucchi
(da “Huffingtonpost”)
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Settembre 12th, 2015 Riccardo Fucile
SMENTITA LA PERIZIA UFFICIALE: “AVEVA UNA FRATTURA LOMBARE RECENTE”
“Ricordo il maresciallo Mandolini arrivare in ufficio con passo veloce. In quel periodo ero al comando
di Tor Vergata. Aveva la faccia tesa. “Come stai?”, gli chiesi. Si mise la mano sulla fronte: “È successo un casino, i ragazzi hanno massacrato un ragazzo arrestato”. Era preoccupato e scosso, mi salutò e andò nell’ufficio del mio comandante, Mastronardi”.
R. C., appuntato scelto dei carabinieri ricorda così quel 16 ottobre del 2009, il giorno successivo all’arresto di Stefano Cucchi.
La sua testimonianza e quella della collega, resa all’avvocato Fabio Anselmo il 14 maggio scorso e poi al procuratore capo Giuseppe Pignatone è registrata su un nastro. Ed è grazie a queste denunce che la procura di Roma ha riaperto il caso Cucchi e ha già iscritto nel registro degli indagati, dopo aver ascoltato 14 testimoni, tre carabinieri per falsa testimonianza.
Si tratta del maresciallo Mandolini, all’epoca dei fatti comandante della stazione Appia (dove sembra appunto essere avvenuto il primo pestaggio) e gli appuntati De Bernardo e D’Alessandro, in servizio in quella caserma.
R. C. non ha assistito al pestaggio, però dice cose importanti. “Non sapevo chi fosse Cucchi, ma quando in tv ho sentito della morte di quel ragazzo ho capito che la persona massacrata di botte era quella di cui parlava il maresciallo Mandolini che il 16 ottobre venne di corsa alla stazione Tor Vergata per parlare col mio comandante”.
E ancora: “Il figlio di Mastronardi, Sabatino, anche lui carabiniere alla stazione Tor Sapienza, parlando del caso Cucchi mi disse: “ho visto ‘sto ragazzo male male. Mamma mia come l’hanno ridotto”.
La notte dell’arresto Sabatino ha visto Cucchi massacrato di botte e mi disse che non volevano tenerlo nelle celle della caserma per come era combinato. “Me l’hanno portato messo male, era in pessime condizioni” “.
Quindi secondo la ricostruzione dell’appuntato, Cucchi fu portato, dopo la perquisizione a casa (che avvenne all’1.30 di notte e in cui i genitori lo videro “sano”), alla stazione Appia, picchiato e poi accompagnato alla caserma Tor Sapienza.
Federica Angeli
(da “La Repubblica”)
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