Agosto 17th, 2016 Riccardo Fucile
LA VERGOGNA DI CHI INDOSSANDO UNA DIVISA COMMETTE UN REATO E NESSUNO HA LE PALLE PER INCRIMINARLO… CHE PROVVEDIMENTI HA PRESO ALFANO NEI CONFRONTI DI CHI HA OMESSO DI INTERVENIRE?
“Il disperato Salvini alla ricerca di voti rovista negli istinti più bassi e nelle sacche disperate d’ignoranza, dove si crede che un poliziotto violento e con un potere incontrollato sia maggiormente in grado di tenere ordine e ottenere giustizia. Nulla di più ingenuo e sbagliato. Poliziotti violenti generano corruzione, disordine e allontanano ogni possibilità di giustizia”.
Lo scrive su Facebook Roberto Saviano, intervenendo a sostegno delle proteste di quasi tutti i sindacati di Polizia per le parole che il leader leghista ha pronunciato in un comizio a Ponte di Legno al quale si è presentato indossando una maglietta della Polizia.
“Vedere politici italiani in divisa fa sempre ridere. Sembrano bambini che si vestono da Zorro per carnevale. Questa volta a provare a diventare Zorro è Salvini, che indossa una maglietta della polizia con le mostrine. Non essendo un poliziotto, a indossare una maglia con le mostrine commette reato – ha quindi aggiunto -, ma al di là di questo, promette ‘mano libera a poliziotti e carabinieri’.
Quel ‘mano libera’ significa insinuare che sarà tollerato andare ‘oltre la legge’, che ci sarà diritto alla tortura e copertura di ogni abuso e ogni violenza”.
E, aggiunge lo scrittore, “qualsiasi poliziotto onesto proverebbe vergogna per questa insinuazione”.
Sempre su Facebook arriva la replica di Salvini che non ne azzecca una: “Fra le guardie e i ladri, io sto con le guardie”
Forse dimentica i tanti ladri grazie ai quali ha fatto carriera (senza accorgersi che rubavano?) e che gli hanno permesso di vivere da 20 anni con stipendi di 15.000 euro al mese.
Poi un altro autogol: “Saluti al ricco scrittore, scortato da tanti pazienti poliziotti”.
Ha parlato il mantenuto della politica che ha piazzato due mogli a spese dei contribuenti e che viene scortato da decine di agenti dello Stato italiano per evitare di essere preso a calci in culo per strada.
(da agenzie)
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Agosto 17th, 2016 Riccardo Fucile
LA DENUNCIA DELLE ONG: 373 ATTACCHI, IL 90% E’ OPERA LORO
Kafr Hamra, nord della provincia di Aleppo, 12 agosto. Le bombe sbriciolano un’ala dell’ospedale delle donne e dei bambini poco prima dell’alba, quando tutti dormono. Due morti, c’è anche un’infermiera.
La Syrian Civil Defense racconta di aver tirato fuori 10 persone dalle macerie. Al destino non è bastato che fossero già stati feriti, il bersaglio sono diventati loro: i pazienti degli ospedali.
Solo a luglio, 43 tra ospedali, strutture private e presidi da campo nelle aree controllate dai ribelli sono finite nel mirino dei raid. “L’ospedale è stato danneggiato da tre bombardamenti”, racconta al quotidiano The Indipendent Hussein, un medico che lavora in una struttura supportata da Medici senza Frontiere, ad Aleppo est.
E’ accaduto a luglio, il 3 e poi il 6 agosto: “Per ora è in funzione, ma può occuparsi solo dei casi più urgenti — spiega — ormai la gente ha paura di venire a curarsi, teme di diventare un bersaglio”.
Tra il 23 e il 31 luglio sei i casi nell’area di Aleppo.
La notte tra il 23 e il 24 nel quartiere di Al Shaar, nella parte orientale di Aleppo, quattro presidi medici e una banca del sangue finivano nel mirino dei raid: l’Ospedale dei Bambini Al Hakim, l’Al Daqaq Hospital, l’Al Zahra’ Hospital e l’Al Bayan hospital, oltre alla Central Blood Bank.
La metà delle strutture operanti nella zona. Cominciava così quella che la ong Phisician for Human Rights ha definito la peggiore settimana dall’inizio della guerra, nel 2011.
“Da giugno abbiamo registrato un aumento degli attacchi ai civili in città e alle strutture mediche che ancora resistono nella regione — affermava l’8 agosto Widney Brown, direttori dei programmi di Phr — distruggerle è un modo per garantire la morte di migliaia di persone bloccate nella zona est della città ”.
Quella ai medici è una guerra nella guerra, nella Siria martoriata da un conflitto che è diventato regionale.
Tra il marzo del 2011 e il maggio del 2016, Phisicians for Human Rights ha contato in tutto il Paese 373 attacchi a 265 strutture. Il picco nell’ottobre 2015, con 16 episodi. Prima dell’escalation di fine luglio, ad aprile si erano verificati 6 casi; a maggio il numero era salito a 8.
Uno stillicidio di cui, raccontano le organizzazioni, ciò che rimane del sistema sanitario porta i segni: secondo la Syrian American Medical Society, il 47% delle strutture pubbliche funziona solo parzialmente. Il 44% del totale, si legge nell’ultimo report dell’organizzazione, è chiuso.
Così come il 49% dei presidi che forniscono assistenza medica di base e ginecologica. Otto dei 23 centri gestiti in Siria dalla Unrwa, la United Nations Relief and Works Agency, sono fuori uso a causa di danni strutturali o impossibilità di garantire la sicurezza dei pazienti. Altri 7 lavorano a orario ridotto.
Altissimo il costo in termini di vite umane: in 5 anni sono stati 750 gli operatori sanitari uccisi, riferisce ancora la Phisicians for Human Rights, nel 1997 premio Nobel per la Pace insieme alle ong partecipanti alla Campagna internazionale per il bando delle mine antiuomo.
Otto le vittime solo lo scorso mese di aprile. La strage aveva inizio il giorno 8: l’Associated Press raccontava l’uccisione di Mohammed Khous, 70 anni, freddato da un cecchino mentre tornava a casa dopo il turno in sala operatoria dell’ospedale di Zabadani, a nord di Damasco. E si chiudeva il 29 con la lettera in cui il direttore dell’ospedale pediatrico di Aleppo dava notizia della morte di Muhammad Waseem Maaz, 36 anni, ucciso in un raid aereo contro l’ospedale di Al Quds. A maggio è andata anche peggio: i morti sono stati 12.
Secondo Phisicians for Human Rights, il 90% dei 373 attacchi registrati è “opera del governo siriano e del suo principale alleato, la Russia“.
Che avrebbero responsabilità dirette anche nell’uccisione di 698 operatori sanitari.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Agosto 17th, 2016 Riccardo Fucile
“E’ DIVISIVO, IMPRUDENTE E INCOMPETENTE”
I malumori interni del partito repubblicano, deluso dai risultati e dai toni del proprio candidato, continuano ad aumentare.
Più di 100 membri del Gop hanno firmato una lettera in cui chiedono esplicitamente al Repubblican national committee (il comitato politico che coordina anche la raccolta fondi per le elezioni) di sospendere il proprio appoggio a Donald Trump, candidato alla Casa Bianca, dirottando invece i fondi verso le elezioni per il Congresso.
“Crediamo che il carattere divisivo, imprudente, incompetente e altamente impopolare di Donald Trump rischi di trasformare questa elezione in una deriva di voti a vantaggio del Partito democratico”, si legge nella lettera lunga due pagine.
“Solo un immediato spostamento di tutte le risorse disponibili del partito a sostegno della fragile campagna per il Senato e per la Camera impedirà al Gop di annegare, trascinato verso il fondo da un`ancora con lo stemma di Trump appesa al proprio collo”.
Il promotore dell`iniziativa è stato Andrew Weinstein, l`addetto stampa dell`ex speaker della camera Newt Gingrich.
Accanto al suo nome si leggono quelli di almeno 27 ex funzionari del partito, tra cui i deputati Scott Rigell e Reid Ribble.
La lettera segue di sole due settimane un’altra presa di posizione esplicita contro il candidato repubblicano.
Ad inizio agosto, 50 esperti repubblicani di sicurezza nazionale hanno infatti sottoscritto una violenta reprimenda ai danni del magnate, definendolo inadeguato per lo studio ovale: “Siamo convinti che sarebbe il presidente più sconsiderato della storia degli Stati Uniti”.
A spingere diversi membri repubblicani a un’esplicita presa di distanza sono stati i sondaggi stagnanti delle ultime settimane. Indietro nei sondaggi e a Trump si imputa anche l’apparente incapacità di moderare i propri toni.
A sottolinearlo è stata nei giorni scorsi la senatrice repubblicana del Maine Susan Collins che, ricordando i suoi recenti insulti contro i genitori di fede musulmana di un eroe di guerra americano, ha dichiarato di non essere più disposta a votare per lui.
(da agenzie)
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