Agosto 18th, 2016 Riccardo Fucile
ERA UN ESPONENTE DI FORZA ITALIA: “INTOLLERABILE STILE POLITICO”
“L’ho destituito: ha scritto cose che il mio stile politico proprio non può tollerare”. Così, in una intervista a Repubblica, il sindaco di Benevento ed ex ministro Clemente Mastella, commenta le parole su Facebook rivolte alla moglie di Renzi scritte dal’assessore, Gerardo Giorgione, il più votato tra i candidati di Forza Italia.
E aggiunge: “Non me lo sarei mai aspettato. Ho subito sulla mia pelle gli attacchi alla famiglia so cosa vuol dire”.
Come finisce al referendum? “Se il No è fatto solo di intellettuali, come sembra, vince il Si” ma afferma che lui voterà No.
E del suo ruolo di sindaco dice: “Mi hanno lasciato un deficit di 60 milioni, però ho avuto un successo stupefacente, chiudendo la bocca a tutti i feticisti dell’imbecillità in giro per l’Italia” e “m’intrigherebbe ricostruire il Centro”.
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 18th, 2016 Riccardo Fucile
ROSSI: “IN TOSCANA CI SONO CITTADINI CHE HANNO MESSO A DISPOSIZIONE LA PROPRIA CASA, DA NOBILI E BOIARDI MI SAREI ASPETTATO SOLIDARIETA'”
“Non mi interessa fare la guerra al sindaco di Capalbio, non ce l’ho con lui. Ho letto sui giornali cose
che non mi sono piaciute. Troppi no. Mi sarei aspettato da nobili ambientalisti e boiardi di Stato un sentimento di solidarietà forte che invece non c’è stato. E allora vorrei ricordare che in Toscana ci sono cittadini chi hanno messo a disposizione la propria casa per accogliere i profughi, mi sembra un segnale forte e importante”.
Così il governatore della Toscana Enrico Rossi, in un’intervista a Repubblica.
“Il sindaco di Capalbio non dice che non vuole i profughi, contesta la decisione della prefettura di assegnarne 50 concentrati in pochi immobili senza consultarlo e chiede trasparenza sugli appalti”, osserva Rossi.
“Da tempo io contesto la politica del ministro Alfano sulla collocazione dei profughi. Secondo me è sbagliato procedere con gli appalti affidando tutto alle prefetture anche se i prefetti sono pure bravi. Serve un coinvolgimento delle regioni e dei sindaci che conoscono bene i territori e le realtà in cui operano. Altrimenti succedono le cose a cui assistiamo”.
“La mancanza di informazione e di coinvolgimento delle realtà locali produce spesso reazioni negative e timori. La gente vuole trasparenza, vuole giustamente sapere chi vince gli appalti, chi c’è dietro”, dichiara Rossi.
“Sono convinto che se ci fosse una maggiore relazione con il territorio e con chi lo governa gran parte delle proteste verrebbero riassorbite”.
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 18th, 2016 Riccardo Fucile
ERRORE CONCETTUALE, MISURA ISLAMOFOBA, UNA PROVOCAZIONE, UN ASSIST ALL’ISIS, UNA MISURA ANTI-FEMMINISTA
Il divieto imposto da alcune municipalità francesi di indossare il “burkini” in spiaggia, avallato dal primo ministro francese Valls, è un errore per almeno 5 motivi e rischia di rivelarsi un boomerang per la Francia proprio in un momento in cui, come gli stessi fautori del divieto affermano, “bisogna evitare le provocazioni e lavorare per abbassare le tensioni”.
1) È un errore concettuale.
È sbagliato accostare il “burkini” al burka. Il “burkini” è una sorta di muta da subacqueo con il cappuccio, che lascia scoperto il viso, le mani e i piedi. Sul mercato ce ne sono di vari modelli e colori. Piace soprattutto alle giovani perchè permette loro di seguire la moda e osservare la copertura del corpo e della testa mentre fanno il bagno.
Il burka invece è un indumento che copre integralmente la figura umana, nascondendo il volto e il resto del corpo, ed è stato imposto con la violenza dai talebani in Afghanistan.
In Francia attualmente la legge vieta il burka e il niqab in quanto coperture del volto, ma non vieta la copertura del capo se non nelle scuole.
Quindi il divieto del burkini non ha un fondamento giuridico esplicito nella legislazione anti-velo attualmente in vigore.
2) È una misura islamofoba.
Discrimina una specifica parte della popolazione francese, le donne musulmane velate, che continuano a essere il principale obiettivo di quella particolare forma di razzismo che tocca i musulmani detta islamofobia.
Per molte musulmane e musulmani un tale divieto accresce il senso di esclusione, ed eventualmente il risentimento e la radicalizzazione, per l’impossibilità di esprimere le proprie convinzioni religiose e i propri principi.
3) È una provocazione.
Il divieto è percepito da molti musulmani come una misura che polarizza le posizioni mentre crescono le paure speculari da una parte e dall’altra della popolazione. Accostare, come si sta facendo in questi giorni, il conservatorismo nei costumi sociali al terrorismo è sbagliato e smentito dalla realtà .
4) È un assist per la propaganda del sedicente Stato islamico.
L’Isis fa proselitismo in Francia e in Europa come nessun altro gruppo terroristico era riuscito a fare fino a ora, per la sua capacità di plasmare gli immaginari.
Una delle narrazioni più potenti su cui l’Is fonda la sua propaganda è quella che descrive i musulmani sotto attacco e privi di diritti nei paesi occidentali in cui vivono.
5) È una posizione anti-femminista.
Malgrado ci siano pressioni sociali nella scelta di indossare il velo, la gran parte delle donne che oggi si velano in Europa lo fa per una libera scelta individuale.
Negare la libertà di scegliere sui propri corpi è una decisione che va contro il diritto all’autodeterminazione delle donne.
Per queste 5 ragioni sbaglia chi pensa che sarebbe giusto negare il burkini anche qui in Italia, dove, d’altronde, le donne musulmane che lo indossano sono un’assoluta minoranza.
Al momento non c’è una questione d’ordine pubblico, a meno che non la si voglia creare a tavolino per fini elettorali o per semplice noia agostana.
Renata Pepicelli
Docente universitaria, esperta di mondo islamico
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 18th, 2016 Riccardo Fucile
“POLEMICA STRUMENTALE, DOBBIAMO IMPARARE A VIVERE INSIEME”
«Dobbiamo imparare a vivere insieme, e questo vuol dire anche conoscenza dei simboli di altre
culture e loro accettazione quando non ledano le esigenze della sicurezza. La paura dell’abbigliamento delle musulmane mi appare strumentale. Se posso permettermi: coglierei questa circostanza per alzare un po’ il tono del confronto che, in alcune circostanze, m’è parso un tantino mortificante nei toni e nelle parole»: è la prima risposta del vescovo Nunzio Galantino, segretario della Cei, alla questione del burkini che gli poniamo chiamandolo al cellulare.
Il vescovo sta tornando a Roma dalla Puglia, la sua terra.
Guida da solo, da solo ha appena cambiato una ruota ma accetta ugualmente il colloquio sul «costume» da bagno delle musulmane comparso nelle ultime settimane su alcune spiagge francesi.
«Esigenze di cautela sono comprensibili. Ma ci vuole anche buonsenso: è difficile immaginare che una donna che entra in acqua stia realizzando un attentato. Ovviamente dobbiamo chiedere altrettanto buonsenso alle comunità musulmane che sono tra noi quando rivendicano la libertà di seguire le proprie tradizioni: quella libertà non deve limitare la nostra sicurezza».
La linea francese è molto netta. Una ministra francese ha detto che il burkini va combattuto in quanto «ostile all’emancipazione delle donne», mentre il sindaco di Cannes l’ha bandito in quanto «simbolo dell’estremismo islamico»…
«Questo della guerra sui simboli è un terreno nel quale mi è difficile capire fino in fondo la Francia. Preferisco non entrare nella logica della loro laicità , soprattutto quando arriva a giustificare il dileggio e a ridicolizzare in maniera volgare la sensibilità religiosa altrui: vedi le gratuite volgarità esibite dalle vignette di Charlie Hebdo. Per me e per l’Italia dico che il mondo dei simboli non si presta a ordinanze stagionali magari dettate da esigenze elettorali. Il modello francese ha le sue ragioni e le rispetto, ma nel caso specifico di sicuro non lo vedo facilmente esportabile in Italia».
In un’intervista di tre mesi addietro al quotidiano francese «La Croix» Francesco disse che se una donna musulmana vuole portare il velo «deve poterlo fare».
«Lo dico anch’io e penso alle nostre suore, penso alle nostre mamme contadine che lo portavano fino a ieri e alcune lo portano ancora oggi. Lo stesso, si capisce, deve valere per un cattolico che voglia portare una croce, o per un ebreo che indossi la kippà . Ogni persona ha diritto a mostrare la propria fede anche nell’abbigliamento, se lo ritiene opportuno. Si vigili che non vi siano usi strumentali dei simboli religiosi, ma se ne garantisca la piena libertà , legata alla libertà di coscienza, alla libertà di opinione e alla libertà religiosa. La libertà da riconoscere ai simboli religiosi va considerata alla pari della libertà di esprimere i propri convincimenti e di seguirli nella vita pubblica».
Ma i simboli in contesti conflittuali possono risultare esplosivi come la dinamite: a fine luglio abbiamo visto il sangue in una chiesa di Francia…
«È stato un fatto mostruoso, peggiore di altri, ma non unico e non nuovo. Avevamo già visto il sangue in piazza San Pietro con l’attentato del 1981, l’anno prima l’arcivescovo Romero era stato ucciso durante la messa, nel 2006 don Andrea Santoro ha sparso il suo sangue mentre pregava in una chiesa a Trabzon, in Turchia. Stavolta per fortuna abbiamo avuto una buona reazione di condanna di quel gesto da parte di ambienti musulmani. Non ancora sufficiente, ma più forte rispetto a ogni precedente occasione».
L’uccisione di padre Hamel ha comportato una presenza di musulmani nelle chiese in segno di solidarietà e anche questa mano tesa ha turbato chi non vuole commistione di simboli. Che direbbe lei se domani ci fosse qualche iniziativa per portare i cristiani nelle moschee?
«Speriamo – nel caso – di arrivarci preparati. Stavolta eravamo impreparati. Non condivido l’atteggiamento di chi ritiene del tutto trascurabile la necessità di rispettare la sensibilità e talvolta anche la difficoltà da parte di alcuni a capire subito il senso di certi gesti. Intendiamoci: quella solidarietà è stata un bene per tutti. Ma la sua espressione nel contesto delle celebrazioni domenicali, o subito prima o subito dopo di esse, ma all’interno della chiesa, qualche aspetto problematico lo presenta. Si possono trovare modalità meno invasive ma ugualmente forti e significative. Non è necessario che l’abbraccio avvenga in chiesa, o domani in moschea».
Che dice della disputa sulla costruzione di nuove moschee in Italia?
«Dovremmo essere severi nel controllo dell’uso delle moschee ma favorevoli alla loro costruzione. La moschea semiclandestina in uno scantinato è più pericolosa, immagino, di una che opera alla luce del sole e nel rispetto di norme per la sicurezza in tutti i sensi. Ma soprattutto il musulmano che si vede negato il diritto a pregare in un luogo dignitoso è più vicino alla radicalizzazione di uno che si vede accolto in quell’esigenza prioritaria».
Le sue considerazioni non mi sembrano improntate a una percezione drammatica della situazione…
«Altro che! La situazione è drammatica ma vorrei pormi tra quanti cercano di non farsi schiacciare e di darne una lettura improntata a ragionevolezza e responsabilità . Chissà che questo dramma al quale tutti stiamo assistendo non ci aiuti ad andare un po’ oltre gratuite banalità e perverse strumentalizzazioni per aiutarci a fare qualche passo avanti sulla strada della integrazione vissuta in sicurezza. A riscoprire il valore del martirio, per esempio, che nulla ha a che vedere con la pazzia suicida dei kamikaze. E anche quello dei simboli e persino quello del pudore. Me lo lasci dire: trovo paradossale che ci allarmi una donna troppo vestita mentre sta facendo il bagno al mare!».
Luigi Accatoli
(da “il Corriere della Sera”)
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Agosto 18th, 2016 Riccardo Fucile
“L’EUROPA HA TROVATO FINALMENTE UNA GUERRA ALLA SUA PORTATA”… “I BURKINI NO, I BURINI SI ?'”
“Al culmine di un’estate segnata dalle ombre del terrorismo islamico e dell’emergenza migranti, l’Europa trova finalmente una guerra alla sua portata, su cui mobilitare i suoi leader, i suoi intellettuali, la sua opinione pubblica (e i suoi bagnini). Fermeremo il burkini sul bagnasciuga”, Enrico Mentana interviene nella polemica sul Burkini in un post su Facebook.
“Il paradosso – scrive nei commenti – il paese che non ha saputo prevenire nè fronteggiare Bataclan e gli altri attacchi ora parte lancia in resta nella repressione da spiaggia. E tutti dietro”. “Penso – aggiunge – che la donna debba essere libera di stare in topless come in burkini. Permettiamo a tanti zotici di presentarsi in spiaggia in modi allucinanti e poi facciamo la battaglia di civiltà contro le islamiche? I burkini no e i burini sì?”
(da “Huffingtopost”)
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