Agosto 31st, 2016 Riccardo Fucile
1200 SALVATI IN MARE, IL PARTO SULLA MOTOVEDETTA E LA BIMBA NIGERIANA BATTEZZATA SULLA FREGATA DELLA MARINA
A Lampedusa è stata una lunga notte per gli uomini della Guardia Costiera, le forze dell’ordine, medici e soccorritori dopo l’arrivo in rada della nave Asso 25 con circa 1200 migranti a bordo.
Il rimorchiatore che solitamente opera in appoggio alle piattaforme petrolifere aveva a bordo una parte delle migliaia di profughi, in tutto 13 mila negli ultimi quattro giorni, tratti in salvo in queste ore nel Canale di Sicilia.
Era diretta a Palermo ma una rissa scoppiata sul ponte stracolmo di persone ha consigliato di ridurre i tempi di navigazione.
Autorizzato dal ministero dell’Interno, l’equipaggio ha puntato su Lampedusa per uno sbarco di emergenza che si è svolto a scaglioni attraverso una staffetta di motovedette.
I bimbi nati nei barconi.
Nell’isola l’emergenza era iniziata già in mattinata quando a bordo di una motovedetta appena approdata a Lampedusa è nato un bambino. La madre, originaria del Mali, lo ha chiamato Pietro in onore del medico di Lampedusa Pietro Bartolo, protagonista del film “Fuoco a mare” e che ha prestato i primi soccorsi tagliando il cordone ombelicale.
Mamma e figlio stanno bene e sono già stati trasferiti all’ospedale di Agrigento.
Prima notte in ospedale a Palermo per i due gemellini tratti in salvo dalla Dignity I di Medici senza Frontiere due giorni fa. Sono due maschietti che adesso hanno quattro giorni, nati da una giovane mamma eritrea, Tesfamamrim Merhawit di 26 anni.
La donna è ricoverata nel reparto di Ostetricia ed è in buone condizioni di salute.
I due gemelli sono leggermente sottopeso, l’uno pesa 1,3 kg e l’altro 1,6 kg, ma stanno bene e sono sotto stretto controllo medico nel reparto di Terapia intensiva neonatale. Intanto, in reparto, è iniziata una vera e propria gara di solidarietà per aiutare la donna e i piccoli donando vestitini e quanto necessario.
Il battesimo sulla nave militare.
A bordo della fregata Fasan, unità Flagship del dispositivo di sicurezza aeronavale “Mare Sicuro”, è stata battezzata una bambina di tre mesi proveniente dalla Nigeria salvata ieri nel corso di una operazione di soccorso a nord della Libia.
La mamma, di religione cattolica, ha chiesto al cappellano militare don Vincenzo Caiazzo presente a bordo di officiare il rito.
Il battesimo è stato celebrato in lingua inglese sull’aletta di plancia della nave, alla presenza di una rappresentanza dell’equipaggio. Madrina della bambina il tenente di vascello Ottavia Balbi, medical advisor dello staff di Mare Sicuro, padrino il comandante contrammiraglio Alberto Maffeis.
La fregata Fasan è in navigazione verso il porto di Messina con a bordo 1.149 migranti.
Altri arrivi nei porti italiani.
A Lampedusa le operazioni di sbarco dall’Asso 25 sono proseguite per tutta la notte. L’Asp di Palermo, presente a Lampedusa con il suo direttore Antonio Candela, ha inviato sull’isola altri quattro medici d’urgenza per dare un aiuto al direttore sanitario Pietro Bartolo. Complessivamente c’erano sul molo dieci medici.
Tra i profughi sbarcati c’erano numerose donne e molti bambini. “Ma nessuno ha avuto bisogno di ricoveri”, assicura Antonio Candela.
I profughi già oggi dovrebbero essere trasferiti a Porto Empedocle o comunque ad un’altra destinazione, visto che il centro di accoglienza dell’isola delle Pelagie è già pieno: ospita 300 migranti.
Al momento 160 lasceranno l’isola in aliscafo ma rimane il problema di trasferire gli altri mille. E per oggi è attesa al porto di Palermo un’altra nave, con a bordo altre mille persone circa, altre mille in arrivo fra Messina e Taranto e 617 sono giunte a Cagliari.
(da “La Repubblica”)
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Agosto 31st, 2016 Riccardo Fucile
SARANNO NECESSARIE 500-600 CASETTE PER UN TOTALE DI 2.000 PERSONE… IN DUE MESI SAREBBE FATTIBILE, MA EMERGONO AMBIGUITA’ POLITICHE
L’unico punto fermo della ricostruzione, confermato anche da fonti ufficiali della protezione civile, riguarda l’abbandono delle tende, il più presto possibile, già ad ottobre, considerato che ad Amatrice già tra una decina di giorni — secondo i siti meteo — le minime si attestano attorno ai 9 gradi.
Ma la notizia è che una cortina fumogena avvolge la data di arrivo delle casette di legno, i famosi “mini chalet” modello Onna, dove alloggiare gli sfollati.
A microfoni spenti fonti della protezione civile ma anche della regione Lazio parlano di “5-6 mesi”, dopo giorni che sui giornali è stato scritto “entro tre mesi”.
Insomma, bisogna aspettare gennaio, come spiegò sin dal primo momento il sindaco di Amatrice Sergio Pirozzi, in un’intervista all’Huffpost.
Spiegano alla protezione civile che in questo momento non si può fornire un cronoprogramma ufficiale di massima, perchè non è ancora pronto il censimento definitivo degli sfollati e non sono partite le verifiche di agibilità degli edifici che inizieranno la prossima settimana: quante agibili, quante parzialmente inagibili, quante inagibili su cui intervenire, quante da abbattere.
Solo a quel punto si avrà la cifra esatta dei nuclei. E solo a quel punto si potrà dire ufficialmente quante “casette” occorrono e in quali alloggi gli sfollati saranno accolti nella fase di transizione tra le tende e gli “chalet”.
A microfoni spenti però qualche fonte della protezione civile ravvisa un modo diverso di procedere rispetto al passato, come quando Guido Bertolaso all’Aquila faceva dei report quotidiani su sfollati e stato dell’arte: numeri, cifre, impegni dichiarati a microfoni accesi e dunque verificabili dall’opinione pubblica.
Stavolta, dall’inizio del terremoto, non è stato fornito nè dal governo nè dalla protezione civile neanche un quadro di massima orientativo sui tempi di abbandono delle tende e di arrivo delle casette di legno.
Cautela, prudenza nell’appiccarsi alle parole perchè i destini dei terremotati, come accaduto nella polemica sul funerale spostato a Rieti e poi riportato ad Amatrice, sono fuoco vivo anche politicamente che, al minimo errore, brucia consenso e credibilità .
Ecco però cosa si intravede, penetrando la cortina fumogena.
Si intravede una realtà , sottolineano le medesime fonti, imparagonabile con L’Aquila e molto più semplice da gestire.
Allora gli sfollati erano 60mila. Al momento, l’ultima cifra della protezione civile è di 2688 sfollati. Così divisi: 995 nel Lazio, 938 nelle Marche, 755 in Umbria.
Gli sfollati “effettivi”, però, sono destinati a scendere.
Proseguono fonti non ufficiali: “Resteranno un duemila persone. Gli anziani di ceto medio-alto sono già ricoverati nelle case di figli e parenti altrove, gli imprenditori se ne andranno perchè lì non si lavora, quindi nei borghi a occhio rimarranno duemila persone”.
Il che significa che occorrono 500-600 casette di legno circa. 5-6 mesi dunque per 5-600 casette.
Numeri e tempi già raccontano di una incertezza e di un ritardo rispetto al passato.
A San Giuliano di Puglia (31 ottobre 2002) gli sfollati erano tremila e prima di Natale le casette arrivarono: due mesi scarsi.
Nell’Apocalisse aquilana, cinque mesi dopo il terremoto di aprile — lo stesso tempo stimato oggi per gli sfollati di Amatrice — di casette ne arrivarono 3500 i primi di settembre. Le prime, a Capitignano, arrivarono a giugno. E, oltre alle casette, 50 scuole in tutto il “cratere”.
Il paragone con i precedenti parla di un ritardo. Oppure, a voler essere maliziosi di altro. Perchè su ogni terremoto la politica, inevitabilmente, costruisce la sua macchina della propaganda, come all’Aquila sulle new town. Chissà .
Spiegano le stesse fonti informate: “Per portare le casette ad Amatrice con un mese e mezzo o due ce la fai. Ci sono ditte con le casette pronte, regioni che le offrono. Urbanizzi i terreni in una ventina di giorni con quel minimo di infrastrutture che servono e poi fai arrivare le case”.
Un mese e mezzo o due basterebbero, giusto il tempo di tagliare i primi nastri a ridosso del referendum presentando il risultato come un miracolo rispetto ai tempi ipotizzati. O strumentalizzazione o ritardo. Chissà .
E le minime tra dieci giorni sono già sotto i dieci gradi.
(da “Huffingtonpost“)
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Agosto 31st, 2016 Riccardo Fucile
PILASTRI SOTTILI E CON POCHISSIMO FERRO, I DUBBI DEI TECNICI SULL’ADEGUAMENTO SISMICO
Colonne troppo sottili e con pochissimo ferro. I primi rilievi dei tecnici nella zona dove è crollato l’Hotel Roma, ad Amatrice, fanno emergere i primi dubbi sull’adeguamento antisismico della struttura, diventata una dei luoghi simbolo del terremoto che ha colpito il Centro Italia. Secondo quanto scrive
Il Fatto quotidiano, infatti, le immagini realizzate sul posto dal geologo Antonio Moretti, “lasciano facilmente comprendere che poco in realtà è stato adeguato”.
“A partire da una prima foto che ritrae le colonne che sostenevano la terrazza panoramica. Terrazza che si è aperta a ‘carciofo’, come avvenne a Pettino, in provincia de L’Aquila.
Secondo il tecnico le colonne erano troppo sottili e contenevano pochissimo ferro, quattro cavi ogni colonna.
Inoltre erano prive delle staffe che per legge dovrebbero essere poste una ogni 10-20 centimetri (a seconda delle normative).
Infine, sul posto, si è potuto accertare che il cemento utilizzato era povero visto che si è sbriciolato lasciando in evidenza i cavi di ferro”.
L’Hotel Roma è stato posto sotto sequestro lunedì sera, ma per i sigilli bisognerà aspettare che l’area sia messa in sicurezza definitivamente. I magistrati vogliono capire se l’albergo fosse antisismico e il lavoro di accertamento prevederà altri rilievi.
“Ci sono altri rilievi da compiere sulla struttura sui quali si concentrerà l’indagine. La posizione e il collocamento esterno della scala antincendio e i lavori della parte esterna posta sul retro, cioè quella affacciata sullo strapiombo sottostante che in gergo tecnico viene definito ‘terrazzo alluvionale’. Il fabbricato risale agli anni Sessanta, ma un terrazzo simile oggi sarebbe vietato e impossibile da realizzare. Era quindi necessario compiere un adeguamento antisismico specifico. E’ stato realizzato?”.
Intanto proseguono le operazioni tra le macerie dell’Hotel Roma: questa mattina è stato recuperato il corpo della sesta vittima.
Il corpo era stato individuato nei giorni scorsi all’interno di una delle camere crollate grazie a un minuzioso lavoro di intelligence delle squadre Usar (Urban search and rescue) dei Vigili del fuoco, che hanno prima recuperato le piantine dell’hotel e i registri delle presenze, e poi hanno proceduto all’estrazione con un’operazione che è andata avanti giorno e notte senza sosta. Il bilancio delle vittime del terremoto sale a 293 vittime.
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 31st, 2016 Riccardo Fucile
ECCO TUTTE LE IRREGOLARITA’ DELLA GARA SULLA SCUOLA DI AMATRICE
Raffaele Cantone mette sotto inchiesta gli appalti della scuola “Romolo Capranica” di Amatrice, quella crollata in due tempi, prima la parte centrale e poi in resto, per il terremoto.
Sul tavolo del presidente dell’Autorità Anticorruzione, l’Anac, c’è un primo rapporto della Guardia di Finanza, otto pagine che rappresentano solo l’inizio di un’inchiesta che già si preannuncia lunga e complessa, anche perchè le carte degli appalti sono ancora seppellite sotto le macerie.
Ma già adesso, dalla prima ricostruzione della Gdf, il prezioso braccio operativo di Cantone per Expo, Mose e Giubileo, emergono le prime anomalie.
Un’impresa, la Edil Qualità , nel 2012 effettuò i lavori, ma senza essere perfettamente in regola con il Soa, il certificato di validità quinquennale che garantisce l’effettiva qualità professionale della ditta.
Ma non c’è solo questo nel primo dossier della Finanza: emergerebbe anche un particolare importante relativo ai lavori di adeguamento sismico.
Nel corso dell’appalto partito nel 2012 – diviso in due differenti tranche rispettivamente di 511 e 160mila euro – quei lavori non sarebbero stati effettuati non per “colpa” dell’impresa di Gianfranco Truffarelli, il titolare della ditta, ma perchè il Comune di Amatrice non li aveva espressamente richiesti.
Ma andiamo per ordine.
Già nell’intervista a Repubblica di sabato 27 agosto, l’ex pm anticamorra Cantone aveva parlato della scuola di Amatrice: “Su quell’appalto bisogna fare luce e accendere subito un faro”.
Il presidente dell’Autorità si è mosso in due direzioni.
La prima: contatti immediati con il procuratore della Repubblica di Rieti Roberto Saieva, che anche sull’appalto della scuola Capranica ha aperto un’inchiesta ipotizzando il reato di disastro colposo, proprio perchè l’edificio è caduto alle prime scosse nonostante i lavori di consolidamento, e non sarebbe caduto se, anzichè in Italia, lo stesso palazzo si fosse trovato in Giappone, quindi costruito rispettando le norme antisismiche.
Il secondo passo di Cantone è stato quello di chiedere subito una ricostruzione dei fatti al nucleo della Guardia di Finanza che stabilmente lavora all’Anac e di cui più volte Cantone ha vantato il lavoro.
Ovviamente gli accertamenti dell’Anac non sono una fotocopia di quelli della magistratura.
La Finanza ha cominciato a compiere un primo accertamento in via preliminare per capire se l’appalto della scuola è stato affidato in modo regolare, rispettando le regole anticorruzione.
Il 13 settembre 2012 un primo appalto da 511mila euro fu affidato al Consorzio Stabile Valori di Roma. Fondi del ministero dell’Istruzione, veicolati attraverso Regione e Provincia. Quelle carte, come scrive adesso la Gdf, dovranno essere verificate una per una, ma prima dovranno essere trovate.
I primi dati anomali però già emergono. E la Gdf li elenca.
A fare materialmente i lavori fu Edil Qualità di Truffarelli, che aveva problemi con il Soa, una certificazione che alle prime verifiche già non è risultata in regola.
Toccherà alla Finanza ora incrociare questi dati con quelli dell’inchiesta di Roma, sempre della Gdf, sull’illecito rilascio di queste autorizzazioni.
Ma è anche sui lavori antisismici che il rapporto delle Fiamme gialle a Cantone comincia a far luce sulle prime, possibili responsabilità .
Dopo il primo appalto da 511mila euro per una prima riqualificazione della scuola (“Riscaldamento, impianto antincendio, pavimentazione, servizi” come ha detto lo stesso imprenditore Truffarelli), ce n’è stato un secondo di importo minore, 160mila euro.
Secondo la Gdf questo appalto non ha provveduto all’adeguamento antisismico, non per responsabilità dell’impresa, ma del Comune, che non aveva espressamente chiesto quel tipo di lavori. Truffarelli stesso ha specificato: “Attenzione, l’appalto era per il miglioramento antisismico, non per l’adeguamento, e tra le due opere c’è una differenza abissale”.
Toccherà adesso a Cantone e alla procura di Rieti capire, tra Comune e impresa, su chi ricade la responsabilità .
(da “La Repubblica”)
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Agosto 31st, 2016 Riccardo Fucile
SECONDO I DATI DEL CONSIGLIO NAZ. DEGLI INGEGNERI 12 MILIONI DI IMMOBILI E 22 MILIONI DI ITALIANI SONO A RISCHIO
Uno studio del Consiglio nazionale degli ingegneri, pubblicato poche settimane prima del terremoto di Amatrice, ha calcolato che per mettere in sicurezza i ventuno milioni e mezzo di italiani che vivono in aree a rischio «molto o abbastanza elevato» (zone 1 e 2) costerebbe circa trentasei miliardi di euro, in parte a carico dello Stato e delle amministrazioni, in parte dei privati.
Ma il conto è parziale, e vedremo perchè, e mettere in sicurezza, naturalmente, non significa cancellare il rischio ma ridurlo, sebbene di molto.
«Gli immobili da recuperare», spiega il documento, sono circa il quaranta per cento di tutti gli immobili del paese.
Un lavoro infinito, infinitamente oneroso, che non contempla i costi per le indagini geologiche necessarie palmo a palmo – come spiegano i tecnici – perchè «ogni metro quadrato ha una sua peculiarità », soprattutto sull’Appennino.
Questi numeri spaventosi non dicono che dobbiamo arrenderci, dicono che siamo in ritardo, che è indispensabile cominciare domattina (con il contributo dell’Ue), che occorreranno decenni e che per i prossimi anni dobbiamo aspettarci altri terremoti con conseguenze simili a quelle della scorsa settimana.
Lo studio degli ingegneri («Nota sul rischio sismico in Italia») segnala che «ogni anno si verificano in media circa un centinaio di terremoti che la popolazione è in grado di percepire», si tratta di terremoti che scuotono le case ma non le danneggiano gravemente nè provocano morti; quelli con «carattere distruttivo» – L’Aquila e Amatrice, il Friuli e l’Irpinia – nei centocinquant’anni dell’Unità d’Italia si ripetono in media ogni cinque anni.
Dunque, trenta in un secolo e mezzo. Fra questi anche il terremoto emiliano del maggio 2012, sebbene quella sia una «zona 3», cioè una zona a medio rischio.
Nella zona 3 vivono altri diciannove milioni di abitanti, e qui servono lavori per altri ventisette miliardi abbondanti di euro. Roma, per dire, è zona sismica 3 in nove municipi e zona sismica 2 in sette municipi.
Poi c’è la «zona sismica 4» a rischio più contenuto, ma è meglio intendersi: sono zone in cui è necessario «almeno tutelare la sicurezza di edifici strategici e di elevato affollamento» secondo l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. Se volessimo – e sarebbe meglio – mettere in sicurezza anche la zona 4, i preventivi salgono a 93 miliardi di euro. Non siamo messi bene.
Anche perchè il documento del Consiglio degli ingegneri ammette che le stime sono fatte sulla fiducia, diciamo così. Per esempio si presuppone, «sulla carta», che tutte le abitazioni costruite dopo il 2008 siano già a norma, e che, più in generale, alle abitazioni costruite dopo il 2001 (il 5 per cento del totale) basterebbe un ritocchino.
E si presuppone che ville e palazzi siano stati sempre costruiti secondo le norme del tempo, e che non ci siano stati abusi edilizi.
Ma questo è il paese degli abusi e dei condoni. Si calcola che poco più della metà delle abitazioni italiane (quindici milioni su trenta) è stata costruita prima del 1974, «in completa assenza di qualsivoglia normativa antisismica», e dunque ogni nostra città quasi per intero.
Non si calcolano, invece, le situazioni assurde all’italiana, tipo la città cresciuta sul Vesuvio, ad alto rischio sismico, che non andrebbe messa a norma ma rasa al suolo.
Forse vi sarete accorti che fin qui abbiamo parlato di «abitazioni residenziali».
Poi ci sono gli uffici pubblici (ministeri, scuole, ospedali), quelli collettivi (alberghi, teatri, stadi), e l’immenso patrimonio artistico e culturale, da San Pietro al Maschio Angioino, e fino all’ultima chiesetta medievale sul cocuzzolo della montagna.
Mattia Feltri
(da “La Stampa”)
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