Ottobre 31st, 2016 Riccardo Fucile
162.000 ITALIANI, 3 MILIONI DI EUROPEI RESIDENTI IN GRAN BRETAGNA VIVONO IN UN CRESCENTE CLIMA DI INTOLLERANZA E PAURA
“Welcome to the UK” — l’onnipresente cartello al controllo immigrazione pare una battuta crudele.
Dal 23 giugno scorso si susseguono le minacce del governo inglese nei confronti dei residenti stranieri. Amber Rudd, ministra dell’Interno, ha proposto che le imprese pubblichino un registro degli impiegati stranieri, subito paragonato alle stelle di David imposte agli ebrei dalle leggi razziali. In seguito alle critiche Rudd ha ritirato la proposta.
Liam Fox, ministro per il Commercio internazionale, ha chiamato i cittadini europei un “asso nella manica” nei negoziati con l’Ue, vera e propria merce di scambio per mantenere l’accesso al mercato unico.
Mercoledì scorso Theresa May ha dichiarato che limiterà la libertà di movimento. “Chi è già qui è al sicuro, una deportazione di massa sarebbe illegale oltre che impraticabile” rassicura Claire de Than, docente di legge alla City University.
Ma aggiunge: “L’opzione più sicura rimane fare domanda di cittadinanza, o sposare un cittadino britannico”.
Per ottenere il diritto definitivo di residenza bisogna documentare cinque anni di permanenza continua nel Regno Unito e pagare £ 1,875, + 42% rispetto al 2014.
Molti non possono permettersi il costo o non soddisfano i requisiti minimi.
May, ex ministra dell’Interno nel precedente governo Cameron, ha alzato a gennaio 2016 tutte le tasse relative all’immigrazione, forse in previsione di una pioggia di richieste in seguito al referendum.
Val S., un’infermiera romena di 43 anni nel Regno Unito da 10, si dice “forzata a richiedere la residenza, altrimenti non so cosa succederà alla mia famiglia”.
Il suo caso dimostra la cecità del governo: oltre il 17% del personale ospedaliero è di origine straniera, fino a 26% per i medici.
Senza Val e i suoi colleghi la sanità inglese crollerebbe.
Chi non rischia il rimpatrio subisce pressioni di altro tipo.
Helene L., arrivata dalla Francia nel 2007, teme di perdere il lavoro: “I miei superiori vogliono ridefinirsi come ‘impresa al 100% British’. Non fanno altro che chiedermi quando tornerò a casa e quand’è l’ultima volta che sono andata in Francia. Per loro, spendere qualche giorno all’anno in Francia dimostra che ‘non sono abbastanza dedicata a questo paese’.”
Le famiglie miste sono sotto stress. Lo scozzese Andrew Walker ha subito un attacco verbale sul bus per aver parlato con la moglie in finlandese: “Non mi sento a casa, mia moglie è Finlandese ed il suo diritto di residenza è minacciato. Non riconosco più questo Paese o i suoi valori. Penso di lasciare il Regno Unito, non è più un paese per giovani”.
Molti, come l’austriaca Barbara M., evitano di parlare la propria lingua in pubblico: “Il mio compagno ed io siamo madrelingua tedeschi. Viviamo in un’area che ha votato a maggioranza per Brexit, ed evitiamo di parlare tedesco al supermercato. I vicini mi dicono che io sono una ‘brava persona’ perchè pago le tasse, il problema sono ‘tutti gli altri immigrati’”.
Sono tutti segni di crescente intolleranza, sdoganata dalla retorica nazionalista del governo.
La campagna pro-Brexit ha usato l’immigrazione come capro espiatorio in un Paese fortemente diviso e provato da continui tagli alla spesa pubblica.
Ad oggi il governo continua a fomentare l’odio per lo straniero, mantenendo sulle spine milioni di cittadini europei che non hanno potuto votare al referendum pur subendone le conseguenze.
“Molti se ne stanno già andando. Se il governo non vuole causare un esodo di lavoratori qualificati deve fornire garanzie chiare, e subito”, urge De Than.
Da terra delle opportunità , mèta di moltissimi giovani Europei in cerca di futuro, il Regno Unito si sta ripiegando su sè stesso in una mossa autolesionista oltre che retrograda.
Chi arriva qui in cerca di futuro non si faccia ingannare dal cartello: you are no longer welcome.
Paola Tamma
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Ottobre 31st, 2016 Riccardo Fucile
DOPO IL CROLLO DELLA BASILICA: “NON CE NE ANDREMO, LI’ SI RESPIRAVA LA REGOLA”
“È svanita la nostra culla. Non riesco ancora a rendermene conto. Soffro per tutto quello che abbiamo perso in un istante”.
Padre Bruno Marin, superiore dei benedettini, osserva con dolore e disperazione la basilica di San Benedetto a Norcia che si è sbriciolata per il terremoto.
In un’intervista alla Stampa prova a infondere il coraggio di ripartire, perchè “Nostro Padre Benedetto ha iniziato da lì”.
“La basilica di Norcia era la casa della famiglia di San Benedetto. Noi avevamo lì le nostre radici storiche e spirituali. Esserci era come portare avanti una missione secolare, tener fede a un mandato ricevuto direttamente dal fondatore”.
Padre Bruno Marin ricorda l’importanza di quei luoghi per la Regola benedettina.
“Nostro Padre ha lasciato la famiglia d’origine per andare a studiare a Roma, dove però si è scontrato con una realtà di depravazione fino a dover scappare, prima a Subiaco, dove visse come un eremita, poi a Monte Cassino. È a Norcia che il cammino comincia. Ieri come ora”
La promessa dei benedettini è che da Norcia non andranno via.
“Crollano le mura, non ciò in cui crediamo. Non ce ne andremo e ricostruiremo pietra su pietra, con l’aiuto di Dio”. […] “Quelle mura racchiudevano la specificità del carisma benedettino. Semplicità , essenzialità evangelica, solidarietà ” […] “Scompare un luogo preziosissimo e insostituibile dal punto di vista affettivo. Ad andare in macerie è il simbolo delle origini benedettine. Lì si respirava la Regola, tra le mura crollate il percorso ha tratto linfa”
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 31st, 2016 Riccardo Fucile
IL RACCONTO DEL VIGILE DEL FUOCO MAURO CACIOLAI
Ad Amatrice, due mesi dopo la prima violenta scossa di terremoto del 24 agosto, sarebbe potuta essere di nuovo strage.
Se infatti il centro storico – che ha subito nuovi crolli a seguito del sisma del 30 ottobre a Norcia – è da tempo totalmente disabitato, la zona rossa viene tuttavia visitata quotidianamente dai vigili del fuoco.
È grazie al cambio dell’ora che tutti sono salvi.
“Se la forte scossa di oggi ci fosse stata due ore dopo, non so quanti vigili del fuoco ci sarebbero sotto le macerie, pare non ci siano vittime ed è un miracolo”, sottolinea da Amatrice Mauro Caciolai, a capo del nucleo interventi speciali dei vigili del fuoco.
La mattina è di solito il momento in cui si lavora nelle ‘zone rosse’ dei borghi colpiti dal sisma per fare rilievi, verifiche o recuperare beni dalle case inagibili. E oggi sono ancora una volta le ‘zone rosse’ ad aver subito i crolli più gravi.
“Ad Amatrice, come in altri borghi colpiti – spiega a LaPresse Caciolai – il terremoto ha raso al suolo case che non erano occupate per i danni subiti a seguito delle scosse precedenti. Qui per fortuna non ci dormiva più nessuno”. Mentre parla al telefono nuove scosse, meno violente, fanno tremare il centro Italia. “Eccone un’altra – dice – ma è meno forte”.
“Ora siamo impegnati con nuove ricognizioni in tutti i paesi e le frazioni colpite – prosegue – le verifiche che avevamo fatto sugli edifici e quello che avevamo scritto finora (nei controlli di agibilità ndr.) viene rimesso in discussione dalla scossa di oggi”.
“Il tutto con un’enorme difficoltà aggiuntiva rappresentata dai danni alle infrastrutture – aggiunge Caciolai – strade e reti dell’elettricità e telefoniche sono danneggiate in tutta l’area, e raggiungere alcune zone è difficilissimo. Ancora un’altra scossa, non finiscono più”.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 31st, 2016 Riccardo Fucile
PIERLUIGI ALTAVILLA TROVA IL MODO DI SORRIDERE ANCHE NELLA DISGRAZIA
“Io sono una camicia nera vecchia maniera. Boia chi molla, e io non mollo”. All’indomani della terribile scossa che ha devastato il centro storico di Norcia, il vicesindaco Pierluigi Altavilla – intervistato dal Tempo – non nasconde le proprie preferenze politiche ma in cima ai propri pensieri ha la gestione dell’emergenza nella sua città .
“Stiamo cercando di governare la situazione. Un’opzione è quella di portare con i bus la gente negli alberghi fuori Norcia”, per dargli modo di riposare un po’. Ma credo nessuno abbia voglia di allontanarsi dalle loro case”.
Pur nell’emergenza, Altavilla trova il modo di sorridere sulla sua appartenenza politica, in controdendenza in una regione tradizionalmente più orientata a sinistra”.
“Questa mattina due ingegneri sono venuti a fare un sopralluogo a casa mia. Erano due volontari toscani, e si sa: i toscani hanno sto difesso, so’ compagni. Aperto lo sgabuzzino della caccia, in mezzo alle cartucce, ci sta sempre il Duce che mi saluta, sta sempre lì. Allora ho pensato: questi lo vedono e mi fanno casa inagibile. Ma non è finita, quando ho visto uno dei due andare nello studio, sono impallidito. Lì c’era la testa del Duce grossa così! Ho aspettato, perchè non usciva nè diceva nulla. A un certo punto lo sento dall’altra stanza: “E quella?”, mi fa. Gli ho risposto: “Ma perchè non ti fai i ca..i tuoi?”.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 31st, 2016 Riccardo Fucile
PER LA SERIE: QUALSIASI COSA FAI NON VA MAI BENE…SE METTI LE TENDE VOGLIONO L’ALBERGO E VICEVERSA…IL GOVERNO: “NIENTE TENDOPOLI IN MONTAGNA”
Prima notte del dopo terremoto trascorsa in auto o nelle strutture di accoglienza per la popolazione colpita dal nuovo terremoto tra Umbria, Marche e Lazio, il più forte dal 1980.
“Ridateci le tende” è la richiesta che arriva dalla maggior parte degli abitanti di Norcia che hanno scelto di rimanere in città pur avendo le case inagibili o non potendo rientrare per la paura o perchè all’interno della zona rossa.
La Regione assicura comunque che già nelle prossime ore saranno montate tensostrutture collettive dove la comunità potrà passare la notte.
“In modo che nessuno sia costretto a rimanere in auto” sottolineano.
Lo sfogo.
“Le tende non dovevano essere smontate” affermano a Norcia quelli che si ritrovano per la colazione nella struttura antistante il palasport. Parole urlate anche durante una assemblea con il sindaco Nicola Alemanno.
“Non sono più ‘solo teli’ come una volta – afferma Adolfo, uno degli sfollati – ma ambienti confortevoli e riscaldati. Possono permettere a chi rimane qui di affrontare meglio le difficoltà di queste ore”.
Una situazione che la presidente della Regione Catiuscia Marini ha affrontato stamattina in un incontro a Cascia con il capo della protezione civile Fabrizio Curcio e il commissario governativo Vasco Errani. Vertice che si è poi spostato negli altri centri colpiti dal sisma.
Renzi: “No a tendopoli in montagna sotto la neve”.
“Le cose da fare sono difficili, ma chiare. Primo, mettere in sicurezza”. Matteo Renzi, dalla sua enews, fa così il punto sul lavoro di ricostruzione nelle aree terremotate.
“Ne parleremo anche oggi, nel Consiglio dei ministri straordinario che abbiamo convocato per le 17, dove saranno presenti anche i 4 presidenti di Regione, il commissario Errani e il capo della Protezione Civile Curcio”, ricorda il presidente del Consiglio.
“Non possiamo avere le tende per qualche mese in montagna – ribadisce Renzi – sotto la neve. Gli alberghi ci sono, per tutti. Ma molti dei nostri connazionali non vogliono lasciare quelle terre nemmeno per qualche settimana. Dunque dovremo gestire al meglio questa prima fase, l’emergenza”.
Poi si deve pensare alla “ricostruzione” delle zone colpite dal terremoto. “A regola d’arte. Con il controllo dell’opinione pubblica e di tutti i cittadini. Non va sprecato nemmeno un centesimo e dobbiamo dimostrare chi siamo: persone che – a differenza di alcune vicende del passato – sanno fare opere pubbliche senza sprechi e senza ladri”, dice Renzi che aggiunge: “Non ci sono morti, stavolta. E questa notizia ci dà enorme sollievo. Ma i danni al patrimonio abitativo, economico, culturale e religioso sono impressionanti. Questi borghi sono l’identità italiana: dovremo ricostruirli tutti, presto e bene”.
Renzi ricorda infine come il piano Casa Italia sia “un piano strategico per il futuro dei nostri figli e dei nostri nipoti. Non solo l’emergenza, non solo la ricostruzione: ma – finalmente – la prevenzione. Il lavoro è già partito ma richiederà anni, “un paio di generazioni” come ci ha spiegato Renzo Piano illustrandone i concetti”.
Catiuscia Marini: “Dobbiamo assistere oltre 5.000 persone”.
“Ferma restando l’opzione volontaria da parte dei cittadini di scegliere, per l’immediato, la sistemazione in alberghi o altre strutture ricettive come hanno già fatto centinaia di persone la Regione Umbria, anche raccogliendo le istanze degli stessi cittadini, attraverso la Protezione civile nazionale e regionale, è fortemente impegnata per poter garantire già dalle prossime ore anche l’allestimento di tende collettive dove poter trascorrere le prossime notti in condizioni, seppur precarie, di sicurezza”.
E’ quanto ha affermato la presidente della Regione, Catiuscia Marini, sottolineando che “in Umbria la situazione resta difficilissima”. “Siamo ancora impegnati nella massima emergenza – ha spiegato – per continuare ad assistere la popolazione e garantire tutte le necessità minime per quanti hanno dovuto abbandonare le loro abitazioni. Purtroppo ora siamo in presenza di numeri che non hanno più nulla a che vedere con il sisma del 24 agosto. Ora invece dobbiamo assistere oltre 5.000 persone”.
Gli sfollati.
Sono oltre quindicimila le persone assistite dal servizio nazionale della protezione civile. In particolare, oltre cinquecento sono accolte in strutture alberghiere nell’area del Trasimeno e oltre quattromila negli alberghi sulla costa adriatica.
A queste si aggiungono circa tremila persone in Umbria e altre settemila nelle Marche ospitate in strutture di prima accoglienza allestite a livello comunale. I dati, riferiti alla tarda serata di ieri, sono da considerarsi in continua evoluzione e aggiornamento. Rimangono, inoltre, tra gli assistiti a seguito del sisma del 24 agosto, oltre 1100 cittadini ospitati in alberghi e strutture ricettive.
I soccorritori.
Prosegue senza sosta e si è fatta stamani ancora più intensa l’attività dei soccorritori a Norcia. In città stanno affluendo personale e materiali come coperte, viveri e bagni chimici. In volo anche gli elicotteri di vigili del fuoco e delle altre forze di polizia. Tutto mentre continuano ad avvertirsi scosse di terremoto, anche intense.
Nuove scosse.
Nella notte la terra ha continuato a tremare senza sosta. Le scosse legate alla faglia che si è aperta con i terremoto del 24 agosto sono state oltre 100. La piu forte, alle 4.27, di magnitudo 4,2 a 11 chilometri di profondità e a soli 3 chilometri da Norcia. Diverse le scosse avvertite chiaramente dalla popolazione e dagli sfollati. “Dormire? Qui è tutto un dondolio, che ti vuoi dormire? Ha pure gelato stanotte”, ha commentato sconsolato il sindaco di Ussita Marco Rinaldi, che è rimasto con soli altri 14 cittadini, più le forze dell’ordine e i volontari a tentare di riposare nel campeggio del paese, senza andare a dormire sulla costa a Porto Recanati o Porto S.Elpidio come gli sfollati.
(da “La Repubblica”)
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Ottobre 31st, 2016 Riccardo Fucile
I SINDACI “MIGRAZIONE EPOCALE”… MA C’E’ CHI DICE: “RESTIAMO”
Poco prima delle 14 arriviamo a Pieve Torina, provincia di Macerata, insieme al presidente delle Marche, Luca Ceriscioli.
Non è facile dare un’idea di che cosa è diventato questo mondo. Questo paese e tutti gli altri, uguali nella desolazione, nella desertificazione, nel silenzio tombale interrotto da quel rullo di tamburi che ogni poco sale da sotto, e lo scuotimento delle case inagibili e dei nervi sempre più fragili.
Facce rosse di contadini e montanari, insonni, con le moglie e i figli già lontani, le bestie da accudire, nessun posto dove trascorrere la notte.
Gli sfollati delle Marche sono circa 28 mila. Quelli dell’Umbria ancora non si sa. Il totale potrebbe arrivare a 100 mila.
Soltanto a Norcia circa un terzo dei seimila abitanti è partito coi pullman verso il lago Trasimeno.
Ad Arquata del Tronto, che sta dentro il disastro da due mesi, ieri mattina gli ultimi tenaci abitanti hanno ceduto, basta con questa follia, si sono lasciati alle spalle un paese che a questo punto non c’è più, letteralmente. Sono andati sulla costa picena.
A pochi chilometri c’è Accumuli, «sono rimasti in piedi solo tre edifici, anche le frazioni sono rase al suolo», ha detto il sindaco Stefano Petrucci; era lì, ieri mattina, con un centinaio di persone, reduci provvisori dei 667 che costituivano la popolazione prima del 24 agosto. Accumuli è isolata sia sul versante di Rieti sia su quello di Ascoli. Appena si libererà la strada, la imboccheranno anche gli ultimi cento.
Oggi non ci sono morti, ma i paesi stanno morendo per la disperazione
«Voi non capite, dovete andarvene da qui. Questo bel sole vi sta ingannando, fra pochi giorni farà freddo», dice Ceriscioli a una decina di uomini di Pieve Torina.
«Fa già freddo, stanotte c’erano tre gradi», dice uno con gli occhi vitrei e la polvere nei ricci scuri. «Che restate a fare?». «Io ho le bestie, le lascio qui? E chi bada a loro?». «Chi ha le bestie avrà una sistemazione ma tutti gli altri via». «Io ho sessant’anni, ho sempre vissuto qui, se devo morire meglio morire dove sono nato. Dateci le casette».
«Intendiamoci: per le casette di legno servono sette mesi, forse nove. Per i moduli dai due ai tre mesi. E intanto? Dormite in macchina? Liberi di deciderlo ma poi non lamentatevi con noi quando sarà insostenibile».
Il sindaco di Pieve Torina, Alessandro Gentilucci, spiega a Ceriscioli che vorrebbe riaprire la scuola, far arrivare ogni mattina con gli autobus i bambini che sono già andati via, da parenti nei centri vicini, o sulla costa, «sennò questa comunità muore». Spiega che i commercianti vorrebbero riaprire i loro negozi ma se tutti se ne vanno, a chi venderanno la loro merce? La più importante fabbrica del paese, che dà stipendio a trentacinque famiglie, dovrebbe riaprire stamattina, ma gli operai dove saranno?
«E’ una migrazione epocale», dice Claudio Corvatta, sindaco di Civitanova Marche, a sud di Ancona.
Gli alberghi sono già quasi tutti pieni, il sindaco conta di aprire il migliaio di seconde case lasciate vuote dopo l’estate.
«Questa gente è ostinata, ed è la loro forza, e più saliamo in montagna più è ostinata. Ma deve anche capire che più aspetta e più gli toccherà andare lontano, quando si decideranno», dice Ceriscioli.
«Andatevene», ha detto il capo della protezione civile, Fabrizio Curcio. «Andranno tutti in hotel», ha detto Matteo Renzi.
A Fabriano gli sfollati sono trecento, ieri notte hanno dormito nel Palasport e in un treno messo a disposizione delle Ferrovie.
L’intero centro storico di Leonessa è stato evacuato. A Ussita, devastata dalla scossa del 26 ottobre, sono rimasti in duecento, prima erano quasi cinquecento.
Questa terra a cavallo fra Lazio, Umbria, Abruzzo e Marche, circa centomila abitanti, è ridotta a un niente di macerie e case medievali inabitate, sottoposta a un esodo senza senso ma senza alternativa. «Ci sono ancora molte strutture agibili, ma come facciamo? Oggi è cambiato lo scenario, c’è una crisi sismica di cui non conosciamo gli sviluppi. Quando arriverà la prossima scossa distruttiva? E dove? E che danni farà ? Bisogna andarsene, non è una deportazione, è una messa in sicurezza per un periodo congruo», dice Catiuscia Marini, presidente dell’Umbria.
A Norcia non c’è l’acqua potabile, l’energia elettrica manca in quasi tutta la zona. I paesi attorno – Cascia, Preci – con le botte degli ultimi giorni sono impraticabili o insicuri.
Claudio Marsili è un consigliere comunale di Pieve Torina. Cammina attorno a sè, in circolo, e racconta della sua famiglia.
«Mia moglie faceva l’infermiera nella casa di cura di Pieve, ma ora gli anziani sono stati trasferiti all’ospedale di Matelica, e lei è là . Mio padre ha 87 anni, ha dormito due notti in macchina, con addosso due coperte e il cappotto e ogni tanto accendeva il motore per scaldarsi. Ora sta arrivando mio fratello da Bra, provincia di Cuneo, e se lo porta con sè e io non so se lo rivedrò. Ho una figlia con un bimbo di tre anni in un paese qua vicino ma non vuole rimanere, è terrorizzata, andrà dall’altra mia figlia a Latina. E io? Io ho promesso al sindaco di dargli una mano. Rimango. Ma la mia famiglia non c’è più, divisa, spezzettata per l’Italia».
Non c’è più una logica. Si fa fatica a ragionare. Si sente nell’aria la spossatezza, l’esasperazione, nuove ospiti di questi borghi.
Due fratelli, qui a Pieve, sono stati divisi dai carabinieri, e non si è nemmeno capito perchè litigassero.
A Vescia, frazione di Foligno, un uomo è saltato dalla finestra e si è rotto le gambe. A Norcia una donna ha fatto lo stesso ed è ricoverata con un grave trauma cranico. A Norcia c’è stata un’assemblea pubblica e il sindaco è stato violentemente accusato di aver trascurato lo sciame sismico, di non essersi procurato le casette di legno e nemmeno le tende.
«Lo stress non diventi rassegnazione», ha detto Renzi ma è diverso, è molto peggio che rassegnazione, è terrore, è delirio, è orecchio teso al suolo, è certezza che il peggio non è passato, deve ancora arrivare.
«Su 3 mila e 400 abitanti avrò sette, ottocento sfollati», dice il sindaco di Sarnano. Ad Ancona è stato aperto il palasport, per chi vuole dormire più al sicuro.
A Rieti è stato diramato un elenco di parcheggi sicuri dove trascorrere la notte in auto. Dai paesi in provincia di Teramo centinaia di persone sono state ricoverate in alberghi di Giulianova.
Sulla costa, fra Porto Sant’Elpidio, Conero, Marotta e Senigallia, sono arrivate cinquemila richieste di ospitalità . «Ma è un numero che crescerà , e di molto», dicono gli albergatori. Ormai è tardi. Cala il sole su questa terra del finimondo, dove in un intero giorno non si è visto nè un cane nè un bambino.
Mattia Feltri
(da “La Stampa“)
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Ottobre 31st, 2016 Riccardo Fucile
FINALE DI CAMPAGNA ELETTORALE TRA VELENI, SOSPETTI E GIOCHI SPORCHI
“L’Fbi perseguita Hillary Clinton per l’email-gate, e intanto tiene nascoste delle rivelazioni esplosive sui rapporti fra Donald Trump e Vladimir Putin”.
L’accusa grave viene da uno dei massimi dirigenti del partito di Barack Obama e Hillary Clinton.
E’ il capogruppo democratico al Senato Harry Reid, a lanciare questa nuova polemica, un’altra prova della tensione che si è creata ai vertici delle istituzioni: fra l’intero partito democratico e la più importante agenzia federale di polizia.
Questa era già da mesi la campagna elettorale più negativa e incivile della storia recente, ora sta toccando il fondo, con un finale condito di veleni, sospetti e insinuazioni infamanti attorno al capo dell’Fbi, James Comey, repubblicano. Già la Clinton aveva definito “senza precedenti e profondamente inquietante” il comportamento di Comey, cioè la sua decisione di riaprire a pochi giorni dal voto un’indagine sull’email-gate che era stata ufficialmente chiusa a luglio.
Quella che in teoria è la capa di Comey, la ministra della Giustizia Loretta Lynch, a sua volta ha condannato la decisione dell’Fbi come una turbativa elettorale in contrasto con la prassi e con i regolamenti.
Ora arriva una lettera pubblica di Reid con le bordate più pesanti di tutte.
Il capogruppo democratico al Senato denuncia il “doppio standard” del direttore dell’Fbi, “che si affretta a rendere pubbliche informazioni sulla Clinton nel modo più negativo possibile, mentre non rilascia informazioni esplosive sugli stretti legami fra Donald Trump, i suoi consiglieri, e il governo russo”.
Lo stesso Reid era ai comandi del Senato nel 2013 quando ancora i democratici avevano la maggioranza, e la camera alta si occupò proprio della nomina di Comey, designato da Obama per guidare l’Fbi.
All’epoca Reid aiutò Comey a superare l’esame del Senato, appoggiandone la nomina contro l’ostruzionismo del repubblicano Rand Paul.
Ora Reid rinfaccia al capo dell’Fbi quel precedente: “Fui io a guidare la battaglia per la sua conferma perchè credevo che lei fosse un onesto servitore dello Stato. Con grande delusione, oggi vedo che sei”
(da “La Repubblica”)
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