Luglio 2nd, 2019 Riccardo Fucile
SE VUOLE FARE IL GIUDICE, PRIMA SI LAUREI, FACCIA IL CONCORSO E LO VINCA
Il Ministro della Giustizia Sommaria stasera ha aggiunto al suo cumulo di cariche anche quella di giudice: ha fatto l’istruttoria su Facebook, ha condotto le sue indagini (“mi sono riguardato le dichiarazioni dei finanzieri che hanno rischiato di essere speronati”) ed emesso la sua sentenza.
Carola Rackete, appena rilasciata perchè il gip di Agrigento Alessandra Vella non ha convalidato l’arresto, è “una criminale”, una “delinquente”.
Eppure il Gip lo ha detto con chiarezza: il decreto sicurezza bis “non è applicabile alle azioni di salvataggio, in quanto riferibile solo alle condotte degli scafisti”.
La comandante ha fatto solo il suo dovere: la scelta di andare a Lampedusa “non fu strumentale ma obbligata”, perchè i porti di Libia e Tunisia non sono sicuri (e certo, quello di Madrid suggerito dal vicepremier Di Maio un tantino inaccessibile, fino a quando questa maledetta Europa non si deciderà a portarci il mare, accidenti).
E salvare vite ancora — sorprendentemente — non è reato.
“Sono indignato e schifato” — ha detto, a social riuniti, il Ministro della Propaganda. Dalla separazione dei poteri, immaginiamo. Che nella sua posizione, certo, dev’essere dura da sopportare. Cosa vorrà mai un magistrato? Che si candidi, si faccia eleggere e poi vediamo, se ha questa pretesa di applicare le leggi (“ma la cambiamo, questa Giustizia, eh, ve lo prometto”, ha detto su Facebook il Ministro della Confusione dei Poteri).
Per giunta, il Viminale a un certo punto annuncia che è pronto per la comandante un provvedimento di espulsione. Ma la Prefettura di Agrigento smentisce: mai firmato alcun provvedimento, poi dice che lo firmato e non consegnato. Ma che comunque andrebbe convalidato dal magistrato.
E qui ricasca l’asino, anzi, il ministro.
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 2nd, 2019 Riccardo Fucile
GLI VA L’HAMBURGER DI TRAVERSO E VUOLE CHE IN MAGISTRATURA ENTRINO SOLO CHI LA PENSA COME LUI… SI DIMETTA, NON HA PIU’ IL CONTROLLO DEI NERVI
Il Gip di Agrigento ha smontato su tutta la linea le accuse della Procura: Carola Rackete torna in libertà .
E il ministro dell’Interno Matteo Salvini perde il controllo, attacca i giudici e annuncia una riforma della giustizia che, per toni e parole usate, ha il sapore della ritorsione politica.
Il giudice per le indagini preliminari non ha convalidato l’arresto della capitana della Sea Watch che quattro giorni fa ha infranto il divieto di entrare nel porto di Lampedusa per far sbarcare i 40 migranti a bordo.
Notizia per certi versi attesa, non era attesa però la demolizione dell’impianto dell’accusa guidata dall’ufficio di Luigi Patronaggio.
Nessuna misura cautelare disposta, come il divieto di dimora richiesto dai pm, ed esclusione del reato di resistenza a nave da guerra perchè la motovedetta della Gdf ‘stretta’ tra la nave dell’Ong e la banchina non può essere considerata tale.
Esclusione anche del reato di resistenza a pubblico ufficiale perchè entrando in porto in piena notte Carola ha agito in adempimento di un dovere, quello di portare in salvo i migranti. Inoltre, secondo il giudice, il Decreto Sicurezza bis “non è applicabile alle azioni di salvataggio in quanto riferibile solo alle condotte degli scafisti”.
Il provvedimento di allontanamento dall’Italia della capitana della Sea Watch, ammesso che la Procura la firmi, non potrà avvenire in ogni caso prima del 9 luglio, quando Carola sarà di nuovo ascoltata dai magistrati in relazione all’altro filone dell’indagine, quella sul favoreggiamento di immigrazione clandestina.
Salvini. aveva da poco finito di scattare selfie e scherzare sulla sua passione per gli hamburger durante il ricevimento nei giardini di Villa Taverna per i festeggiamenti dell’Indipendenza americana, quando la notizia della liberazione di Carola gli rovina umore e appetito.
“Mi vergogno di chi permette che in questo paese arriva il primo delinquente dall’estero e disubbidisce alle leggi
Poi l’annuncio di una riforma della giustizia, che non può essere letta diversamente, per l’uso delle parole e i toni usati, da una vendetta da parte dell’organo esecutivo su quello giudiziario: “Quanto è urgente la riforma della giustizia, cambiare i criteri di assunzione, selezione e promozione di chi amministra la giustizia in Italia”.
Possono fare i magistrati solo i leghisti, insomma
(da agenzie)
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Luglio 2nd, 2019 Riccardo Fucile
“NON DOVEVA ESSERE ARRESTATA, NESSUN REATO DI RESISTENZA A NAVE DA GUERRA, NESSUNA RESISTENZA A PUBBLICO UFFICIALE PERCHE’ HA AGITO IN ADEMPIMENTO DI UN DOVERE, GIUSTO PUNTARE SU LAMPEDUSA PERCHE LIBIA E TUNISIA NON SONO PORTI SICURI”… RESPINTA RICHIESTA DEL PREFETTO DI ESPULSIONE PER “ESIGENZE DI GIUSTIZIA”
Una giornata in lunghissima attesa. Poi alle otto di sera il verdetto della gip di Agrigento Alessandra Vella.
Carola Rackete, la comandante della Sea-Watch 3 torna libera dopo quattro giorni trascorsi agli arresti domiciliari.
Il gip è andata ben oltre la richiesta dei pm, non convalidando l’arresto della comandante della Sea Watch, Carola Rackete, escludendo il reato di resistenza e violenza a nave da guerra e ritenendo che il reato di resistenza a pubblico ufficiale sia stato giustificato da una “scriminante” legata all’avere agito “all’adempimento di un dovere”, quello di salvare vite umane in mare.
Viene dunque meno la misura degli arresti domiciliari deciso dalla procura che aveva chiesto la convalida della misura restrittiva e il divieto di dimora in provincia di Agrigento. Il gip sottolinea anche che la scelta del porto di Lampedusa non sia stata strumentale, ma obbligatoria perchè i porti dell Libia e della Tunisia non sono stati ritenuti porti sicuri.
La Rackete dunque è libera di muoversi.
Ad Agrigento dovrà tornare il 9 luglio per l’interrogatorio davanti ai pm nell’altro filone d’inchiesta in cui è indagata per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
Adesso tutti gli occhi sono puntati sul Viminale dove si è atteso per tutto il pomeriggio il provvedimento del giudice per decidere di conseguenza come muoversi con il decreto di espulsione più volte annunciato dal ministro Salvini se la Rackete fosse stata rimessa in libertà . Un provvedimento amministrativo non facile però da eseguire visto che la Procura ha rigettato la richiesta di nullaosta del prefetto di Agrigento per esigenze di giustizia.
Fermo restando che a espellere una persona innocente qualcuno rischia qualche annetto di carcere.
(da agenzie)
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Luglio 2nd, 2019 Riccardo Fucile
“ACCUSE RIDICOLE, PER LA NAVE DA CROCIERA A VENEZIA ACCUSE MENO GRAVI”… “A BORDO NON C’ERANO MIGRANTI, E’ UNA BALLA, QUELLI ERANO NAUFRAGHI”
“Basti pensare che al comandante della Msc Opera (il transatlantico che è andato a sbattere contro il lancione turistico River Countless il 2 giugno scorso a Venezia provocando 4 feriti, ndr) viene contestata un’accusa meno grave, il pericolo di naufragio, che prevede la colpa ma non il dolo”, sottolinea il senatore passato al Gruppo Misto dopo l’espulsione dal M5s.
In quella situazione “c’è stato un pericolo di uccidere molto più grave”, spiega De Falco, mentre i finanzieri che erano a bordo della motovedetta “hanno rischiato la barca, la vita mi sembra un po’ troppo”.
Quindi è eccessivo contestare il tentato naufragio?
Da una parte (a Venezia, ndr) ci sono quasi 300 metri di nave che ha rischiato di sommergere il lancione. Dall’altra non ci sono nemmeno feriti. Mi viene da dire che proteggiamo meglio Lampedusa di Venezia. A Carola Rackete è contestabile il pericolo di naufragio. Anche qui però, questo non si traduce in pericolo di vita per le persone che erano a bordo della motovedetta.
Da Ufficiale della Marina, che idea si è fatto della manovra di Carola Rackete?
Dai video non si capisce molto. I colleghi parlamentari che erano a bordo mi dicono che quando la Sea Watch è entrata in porto e si è girata di poppa, la motovedetta sembrava quasi fare strada. Dopodichè avrebbe cominciato a muoversi su e giù per la banchina, quindi le sue intenzioni non erano ben chiare. Tutto questo, mentre la Sea Watch era in manovra. Bisognerebbe capire se si sia trattato di una manovra che ha portato a mettere in pericolo la Guardia di Finanza. Oppure se ci sia una sorta di colpa comune tra i due comandanti. Oppure ancora, se si sia trattato di un intralcio alla manovra della Sea Watch da parte del comandante della motovedetta.
Quindi non è ancora chiaro di chi siano le responsabilità ?
No, però è chiaro che tra una nave di 32-34 metri con 600 tonnellate di stazza circa e una motovedettina di 7-8 metri in vetroresina, veloce e agile, in manovra quella che deve dare spazio è la motovedetta. Tutte le manovre devono essere prevedibili. Quando uno naviga, deve fare in modo che gli altri capiscano le sue intenzioni. Andare avanti e indietro non so che senso possa avere. Altro è se si fosse messa subito all’ormeggio per occupare la banchina. Invece soltanto nell’ultima fase la motovedetta sembrerebbe aver messo a terra la cima e quindi essersi fermata. Poi ha tirato su le cime quando ha visto che la Sea Watch stava scarrocciando (spostarsi lateralmente rispetto alla linea di rotta per effetto del vento, ndr). Forse c’era un po’ di vento, questo poi lo diranno i periti.
Carola Rackete poteva a quel punto fare qualcosa per evitare lo scontro?
Dipende da quanto è ampio le specchio d’acqua in cui sta manovrando. Il porto di Lampedusa è molto piccolo, difficilmente si può riprendere la manovra. Anche perchè la Sea Watch è una nave che ha una certa inerzia e una certa lentezza nel passare da marcia avanti a marcia indietro. La motovedetta è molto più agile.
La Guardia di Finanza poteva agire diversamente?
Non so quali ordini abbia ricevuto. Però, nel momento in cui la Sea Watch desiderava andare all’ormeggio, il compito della forza pubblica poteva anche essere quello di evitare lo sbarco. Infatti, al di là degli ordini, tenere una nave in mezzo al porto oppure in banchina non cambia assolutamente nulla, perchè comunque la nave è in acque interne, sia che abbia i cavi a terra in banchina sia che stazioni in mezzo al porto. Non c’è nessuna differenza dal punto di vista giuridico.
Però la Sea Watch ha ignorato due alt.
Qui la situazione si sposta su un altro piano, quello che viene definito blocco stradale. Ma qui di blocco stradale non si può parlare, nè per il contesto nè per analogia. È come se avessimo a che fare con un veicolo che ha a bordo un ferito: la Sea Watch aveva dichiarato emergenza 36 ore prima e 15/16 giorni prima aveva soccorso delle persone. Doveva terminare il salvataggio: non è una nave da crociera, non ha alloggiamenti per 40 persone. Continuare a non alleviare la comandante della nave da quella responsabilità , come prescrivono le convenzioni internazionale, è qualcosa che non può essere fatto dallo Stato. Anzi, quando la forza pubblica vede un veicolo che mostra un segnale di emergenza, deve aprirgli la strada e facilitare il percorso fino all’ospedale, per esempio.
Carola Rackete ha più volte sottolineato di aver dichiarato lo stato di necessità . Che cosa significa?
Lo stato di necessità riguarda una situazione in cui qualcuno può subire un danno dalla protrazione del tempo. Se qualcuno a bordo sta male fisicamente o psicologicamente, data anche la situazione complessiva della nave, il comandante può dichiarare emergenza. Un alt impartito a una nave che ha dichiarato emergenza è strano. Immaginiamo un aereo che dichiara emergenza: le autorità a terra devono sgomberare la pista a farlo atterrare al più presto. Il codice è il medesimo: disciplina la navigazione, marittima e aerea. Dichiarare lo stato di necessità è una responsabilità del comandante: l’autorità dopo deve fare i controlli. Non prima.
In che senso?
Nel merito, non è che il comandante sia sopra ogni valutazione. Si fa entrare la nave, si sale a bordo e si valuta: se l’emergenza è frutto di una sopravvalutazione, si imputa al comandante il reato di procurato allarme. Alla base c’è il fatto che la Sea Watch aveva a bordo persone dopo un soccorso fatto più di due settimane prima. Ed è assurdo. Inoltre, a bordo non c’erano migranti. È una balla che ci fossero migranti, quelli erano naufraghi. Cambia tutto.
Perchè?
Il migrante dà luogo all’applicazione del regolamento di Dublino, il naufrago no. Il migrante dà luogo all’attuazione del decreto Sicurezza bis, il naufrago no. Infatti la parola naufrago non compare nel decreto Sicurezza bis, non potrebbe mai comparire. Il naufrago è quella persona che è in pericolo attuale ed imminente di perdere la vita. Quando viene salvato, diventa naufrago. E va portato a terra. Il soccorso si compone del salvataggio e di tutte le altre operazioni volte poi a portare al sicuro quelle persone, sia sotto il profilo tecnico-nautico sia sotto il profilo politico-sociale.
A Carola Rackete viene contestata anche la violenza e resistenza a una nave da guerra. La motovedetta della Finanza lo è?
La convenzione di Montego Bay (trattato che definisce i diritti e le responsabilità degli Stati nell’utilizzo dei mari, ndr) è posta a base del decreto Sicurezza bis. La stessa convenzione all’articolo 29 definisce cos’è la nave da guerra: dice che la nave da guerra è una nave militare, come quella della finanza, purchè sia comandata da un Ufficiale di Marina. Non da un finanziere. Allora, io credo se ne possa discutere, ma in base alle regole internazionali la nave da guerra è un’altra cosa.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Luglio 2nd, 2019 Riccardo Fucile
NON SOLO: L’ITALIA HA RIDOTTO DEL 21% IL FONDO PER “AIUTARLI A CASA LORO”…. “MANCA UN MILIARDO NEL RENDICONTO: DOVE E’ FINITO?”
Ministro Salvini, permette una domanda: dov’è finito il miliardo di euro destinato all’accoglienza migranti?
Oltre alle ingenti riduzioni dell’aiuto pubblico, a livello di destinazione dei fondi allocati, mancherebbero all’appello un miliardo di euro come differenza tra gli importi destinati per il 2018 al Ministero degli Interni per l’accoglienza migranti e quelli rendicontati dall’Ocse.
A rimarcarlo è un documentato report reso pubblico oggi da Oxfam e Openpolis. Il report pone un’importante questione rispetto all’effettivo utilizzo dei fondi destinati al Ministero dell’interno nel 2018 per l’accoglienza migranti (compreso nel computo dell’Aiuto pubblico allo sviluppo).
Nonostante infatti, il numero degli sbarchi di migranti sulle coste italiane sia drasticamente calato – tornando l’anno scorso sotto i livelli del 2012, un trend generale confermato anche per il 2019 — gli stanziamenti al Ministero degli Interni per l’accoglienza nel 2018 sono rimasti alti, senza che per questo i fondi fossero riallocati, ad esempio, ad aiuti alla cooperazione allo sviluppo nei Paesi poveri e di origine dei flussi.
Nè tantomeno ad un miglioramento dell’accoglienza sul nostro territorio, visti i recenti tagli al sistema di accoglienza, che stanno aumentando “l’insicurezza” per migliaia di richiedenti asilo vulnerabili, fuggiti nel nostro Paese, per trovare scampo a guerre, persecuzioni e miseria, oltre a costare migliaia di posti di lavoro, soprattutto per i tanti giovani impegnati nell’accoglienza.
Una differenza di tale entità — sottolinea il rapporto – non può essere ridotta ai diversi modelli di contabilità tenuti dall’Ocse e dal ministero dell’Interno.
Infatti da un lato eÌ€ vero che alcune spese sostenute dal ministero non possono essere riconosciute dall’Ocse come spesa legittima per l’aiuto ai rifugiati.
Dall’altro peroÌ€ bisogna tenere presente che nel 2017 la differenza tra i fondi destinati al Viminale per l’accoglienza e quelli contabilizzati dall’Ocse ammontava a poco più di 120 milioni, una cifra non paragonabile al miliardo del 2018.
Crolla l’aiuto italiano ai Paesi poveri.
Gli ultimi dati Ocse mostrano infatti come nel 2018 ci si è fermati ad un misero 0,24% del nostro reddito nazionale lordo segnando un meno 21,3% rispetto al 2017, pari a oltre 860 milioni di euro.
Al contrario il Governo, l’ultima volta a metà maggio per bocca del vice-premier Luigi di Maio ad Exco (l’Expo della cooperazione allo sviluppo), ha dichiarato che l’Italia confermerà il rispetto dell’impegno dello stanziamento dello 0,30% in rapporto al reddito nazionale lordo (rnl) entro il 2020.
Un traguardo che, seguendo l’attuale trend di precipitosa discesa, sembra assai difficile, se non impossibile, da raggiungere.
“Si tratta di un quadro molto preoccupante che sta riportando indietro la cooperazione italiana di anni e spinge a rivedere al ribasso le stime per il prossimo futuro. Siamo di fronte ad un calo ancora più drastico, rispetto a quello che noi, come molti osservatori avevamo previsto a gennaio, dopo l’approvazione dell’ultimo. Documento di economia e finanza – rimarca Francesco Petrelli, senior policy officer su finanza per lo sviluppo di Oxfam Italia — Dopo anni di aumento constante dal 2012 del volume di aiuto pubblico, nel 2017 l’Italia aveva raggiunto lo stanziamento dello 0.30% in rapporto al nostro reddito nazionale lordo. Ci saremmo quindi aspettati, anche nella peggiore delle ipotesi, un calo assai più ridotto nel 2018. E stando a quanto previsto dal Governo Gentiloni nell’approvazione della legge di bilancio 2018, sarebbero dovuti essere erogati 5,02 miliardi di euro, pari allo 0,28%. Ma i dati Ocse ci raccontano una storia diversa: lo stanziamento italiano in aiuto pubblico l’anno scorso nel nostro Paese si è fermato a 4,2 miliardi”.
E in questo contesto, già di per sè allarmante, s’inserisce il “giallo” del miliardo “scomparso”.
Restano dunque due punti di domanda.
Il primo eÌ€ dove sono stati allocati i fondi destinati al ministero dell’Interno per l’accoglienza dei migranti nel 2018 e perchè non sono stati usati per altri settori della cooperazione?
Il secondo quesito eÌ€ perchè nella legge di bilancio 2019, alla luce della drastica riduzione del numero di migranti e richiedenti asilo che approdano nel nostro Paese, si eÌ€ comunque deciso di destinare al ministero dell’interno in ambito di cooperazione quasi 1,7 miliardi di euro per l’accoglienza dei migranti?
Ovvero un ammontare poco inferiore a quanto destinato dalla legge di bilancio 2017 quando il fenomeno migratorio registrava numeri di tutt’altra entità .
La riduzione degli arrivi di richiedenti asilo in Italia, poteva paradossalmente rappresentare, un’occasione per aumentare i fondi destinati bilateralmente ai paesi più poveri, come più volte dichiarato dal Governo. Tutto ciò però non è accaduto.
Al contrario nel 2018 il nostro Paese ha ridotto del 22% i fondi destinati ai Paesi meno sviluppati (Lcds) rispetto al 2017 e di ben 35,5% gli aiuti ai Paesi dell’Africa subsahariana.
“Quella che ci troviamo di fronte è una contraddizione lampante e assieme tragica — conclude Petrelli — Mentre da un lato si decide di chiudere le frontiere ai migranti, dall’altro si riducono i fondi destinati a rompere il circolo vizioso della povertà e creare sviluppo nei Paesi più poveri, da cui molto spesso scappano i tanti disperati che continueranno a tentare di arrivare da noi, anche nei prossimi anni e decenni. Il fenomeno migratorio resta ed è soprattutto un fenomeno epocale, che va governato con politiche serie ed efficaci soprattutto nel medio e lungo periodo.
Nel frattempo l’Italia è scesa al diciassettesimo posto tra i 29 Paesi donatori dell’Ocse, per il volume di aiuti stanziati nel 2018 ed è quella che ha tagliato la percentuale di fondi più alta, rispetto all’anno precedente.
Di fronte a questo status quo, chiediamo prima di tutto quindi che il Governo mantenga le promesse fatte, in linea con gli obiettivi di sostenibilità dell’Agenda 2030, definita dalle Nazioni Unite”.
Tra coloro che hanno ridotto i fondi per l’aps si trovano Paesi importanti, come gli Stati Uniti (-5% in termini reali) che sono il primo contributore mondiale in termini di aiuto pubblico allo sviluppo, la Germania (-3%) e il Giappone (-13,4%).
Tutto questo ha portato a una contrazione complessiva dei fondi destinati alla cooperazione da parte del comitato Dac.
Se il calo dei fondi è stato tutto sommato limitato si deve in gran parte ad alcuni paesi che hanno aumentato il proprio investimento in cooperazione per importi rilevanti. Si tratta in particolare della Gran Bretagna (+1,8%) e della Francia (+ 4,4%), rispettivamente terzo e quarto contributore tra i Paesi Dac, e della Svezia (+ 4,5%)
.Con la riduzione dei flussi migratori si liberano risorse che eÌ€ fondamentale impegnare in ambito di cooperazione se si vogliono mantenere gli impegni presi — annota il rapporto Openpolis-Oxfam – EÌ€ quindi necessario garantire che queste risorse vengano utilizzate in modo efficace e coerente con gli obiettivi propri della cooperazione e dell’Agenda 2030.
Al contrario bisogna evitare che questi fondi finiscano per finanziare politiche che nulla hanno a che fare neÌ con l’accoglienza di rifugiati e richiedenti asilo, neÌ con la cooperazione internazionale.
Come? Rafforzando il coordinamento e la coerenza a livello interministeriale definendo una strategia chiara a cui corrisponda puntualmente il riparto delle risorse, in modo da evitare che queste finiscano per essere disperse
Con domanda incorporata: che fine ha fatto quel miliardo di euro?
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 2nd, 2019 Riccardo Fucile
CORI “SALVARE I PROFUGHI NON E’ REATO” MENTRE ENTRA NELLA CASA DI MOZART CON IL PRESIDENTE AUSTRIACO
Al grido di «Carola libertà », un gruppo di manifestanti austriaci ha accolto il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, mentre entrava nella casa Natale di Mozart, a Salisburgo.
Sono stati esposti striscioni e cartelli con su scritto, in lingua tedesca, «Salvare i profughi non è reato», e qualcuno ha lanciato slogan
Una manifestazione assolutamente pacifica, controllata dalla polizia. Parlano di Carola, della comandante della Sea Watch. Dicono che sono persone come lei ha fare la storia dell’Europa. Attaccano Salvini, dicendo che fa politica sulla pelle dei migranti. Ma non risparmiano l’Unione europea sostenendo che ha tradito i sui valori. Non si tratta di una manifestazione contro il presidente della Repubblica. I ragazzi però chiedono a Mattarella di intervenire. “Come capo dello Stato – dicono – può sicuramente fare qualcosa”.
Free Carola” e “aiutare un essere umano non è reato” sono le scritte su alcuni striscioni. Il presidente è passato davanti al sit-in insieme al capo dello stato austriaco Alexander Var der Bellen.
(da agenzie)
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Luglio 2nd, 2019 Riccardo Fucile
LA QUINDICENNE DI BOLZANO E’ L’ENNESIMO CASO DI FALSE ACCUSE A STRANIERI INNOCENTI SU CUI I SOVRANISTI FOMENTANO L’ODIO RAZZIALE
“Ho inventato tutto, volevo attirare l’attenzione del mio ragazzo”. Non c’è stato alcuna violenza sessuale, lo scorso maggio a Bolzano, ai danni di una ragazza di 15 anni. L’adolescente aveva raccontato di essere stata violentata mentre tornava da scuola lungo una ciclabile sul fiume Isarco del capoluogo altoatesino non lontano dalla stadio. Per la presunta violenza erano stati fermati e poco dopo rilasciati due ragazzi di origine nordafricana.
Lo ha reso noto la procura, che in questi giorni ha concluso le indagini preliminari.
Nel corso degli accertamenti – si legge in una nota della procura – la ragazza ha spontaneamente dichiarato al pm e alla psicologa consulente che si è trattato di una dichiarazione non veritiera fatta per attirare l’attenzione del proprio ragazzo senza però valutare la dimensione che la vicenda avrebbe potuto assumere. Il caso della presunta violenza ai danni della ragazza aveva suscitato grande clamore mediatico. Nel luogo del presunto stupro si era svolto anche un sit-in.
(da agenzie)
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Luglio 2nd, 2019 Riccardo Fucile
NELL’AUDIZIONE ALLA COMMISSIONE GIUSTIZIA ALLA CAMERA, IL PROCURATORE DI AGRIGENTO BOCCIA ANCHE LA ZONA SAR LIBICA E AVVERTE: “I MIGRANTI ARRIVATI CON LE ONG SONO NUMERI INSIGNIFICANTI, IL PERICOLO SONO I BARCHINI DOVE TALVOLTA CI SONO TUNISINI PREGIUDICATI”
I porti Sar libici non sono sicuri e la zona Sar libica non è adeguatamente coperta dalla guarda costiera e funziona solo grazie all’accordo bilaterale con l’Italia. Il mio ufficio ha già raccolto documentazione in tale senso dall’Unhcr e da altri organismi internazionali”.
Davanti alle commissioni Affari costituzionali e Giustizia della camera il procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio mette due punti fermi che fanno cambiare volto alle tante inchieste, ultima quella sulla Sea Watch, che vedono indagati esponenti delle Ong per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Anche perchè – ha aggiunto Patronaggio. “Il principio di respingimento di gruppi di immigrati in Libia” è vietato dal diritto internazionale.
Per il procuratore di Agrigento il vero pericolo per la sicurezza dello Stato non viene dai migranti in arrivo dalla Libia ma da quelli degli sbarchi fantasma.
“Arrivano dai barchini dalla Tunisia e si tratta molto spesso di persone con precedenti penali o che hanno contatti con organizzazioni terroristiche vicine all’Isis”. Patronaggio ha quindi escluso che da qualsiasi indagine siano emersi contatti preventivi tra trafficanti libici e membri delle Ong che giustifichino l’ipotesi che i soccorsi in mare siano stati concordati.
“Mentre si agitava il caso della Sea-Watch 3, negli stessi giorni in silenzio oltre 200 migranti sono sbarcati con vari mezzi, salvataggi di Guardia di finanza e Guardia costiera o barchini”, ha aggiunto il procuratore, che presentando il numero degli sbarchi, ha ricordato che “quelli riferiti ai salvataggi delle ong sono una porzione assolutamente minore e per quanto riguarda quest’anno sono statisticamente insignificanti”.
Quanto al giudizio di merito sul Dl sicurezza che ritiene non giustificato da motivi di urgenza visto che gli sbarchi sono notevolmente ridotti, Patronaggio ha messo in evidenza molto criticità sia rispetto al diritto internazionale che al diritto penale interno.
(da agenzie)
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Luglio 2nd, 2019 Riccardo Fucile
ABITUATI AI LOCALI ALLA MODA E AL TWIGA, NON POSSONO SOPPORTARE I PELI NON CURATI E IL SUDORE OPERAIO
L’odio della feccia razzista in Italia ha trovato un nuovo argomento
Nella giornata di ieri è diventata virale la sua foto del saluto ai sostenitori che la aspettavano ad Agrigento, mentre era scortata dalla polizia giudiziaria.
Nelle immagini diffuse sui media, si intravedono i peli sotto le ascelle.
Una cosa normale — soprattutto per una persona che è rimasta in mare per diversi giorni -, che ognuno può gestire come vuole .
E invece sono partite zoomate, fotografie che cerchiano la parte del corpo ‘incriminata’, battute terribili sulle donne tedesche.
In molti hanno diffuso un meme con la seguente scritta: «la faccia perplessa del finanziere che non sa se metterle le manette o l’Advantix». Che sarebbe un prodotto antipulci.
D’altronde questi poveretti nazi-chic vanno capiti: non fanno un cazzo tutto il giorno, la sera escono per farsi di coca e frequentare i locali alla moda, d’estate vorrebbero essere tutti al Twiga, non sopportano il sudore dei lavoratori e chiunque combatta per degli ideali che non siano bombarsi di anabolizzanti.
Si dovrebbero più preoccupare del “pelo sullo stomaco” che ha dimostrato una donna coraggiosa che del pelo delle sue ascelle.
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