Luglio 13th, 2019 Riccardo Fucile
LO CERTIFICA “SPUTNIK NEWS” BRACCIO MEDIATICO DI PUTIN IN OCCIDENTE… SALVINI 9 VOLTE A MOSCA IN 4 ANNI
“My official representatives Gianluca Savoini and Claudio D’Amico”. Mio rappresentante
ufficiale.
Intervistato dal sito International Affairs il 17 novembre 2014, Matteo Salvini definiva così Gianluca Savoini, il presidente dell’associazione Lombardia-Russia che il 18 ottobre 2018 al Metropol Hotel della capitale russa parlò con tre russi di un presunto finanziamento di 65 milioni di dollari alla Lega.
Incontro per il quale l’ex portavoce è indagato per corruzione internazionale dalla procura di Milano.
Savoini è l’uomo che da sempre cura i rapporti tra via Bellerio e la Russia.
Sputnik News, braccio mediatico di Vladmir Putin in Occidente, lo definisce “responsabile dei rapporti con la Russia per la Lega Nord”.
IlFattoQuotidiano.it ha ricostruito 9 viaggi ufficiali fatti dal leader del Carroccio nel Paese di Vladimir Putin tra il 2014 e il 2018. E Savoini era sempre presente.
10-15 OTTOBRE 2014 — Una delegazione della Lega guidata da Matteo Salvini, arriva a Mosca per incontrare esponenti istituzionali russi per ribadire la propria contrarietà alle sanzioni occidentali. A parlare con l’agenzia Ansa a nome della delegazione è Gianluca Savoini: “Oggi incontriamo il presidente della Commissione Esteri della Duma, Aleksei Pushkov, e il ministro russo per la Crimea, Oleg Saveliev”. La delegazione leghista ha in programma anche una puntatina in Crimea: “Domenica terremo una conferenza stampa a Simferopoli con i media locali, lunedì invece incontreremo il presidente Serghiei Aksionon e alcuni ministri della Repubblica di Crimea”, aggiungeva Savoini.
8 DICEMBRE 2014 — Salvini torna a Mosca con Savoini per la conferenza economica dal titolo Russia-Italia: salvare la fiducia e la partnership alla Duma federale e a chi gli domanda se si aspetta finanziamenti per la Lega spiega: “Non cerco regali, ma un prestito conveniente come quello concesso alla Le Pen lo accetterei volentieri. Lo accetterei da chiunque mi offrisse condizioni migliori di, per esempio, Banca Intesa“, è il virgolettato riportato il 9 dicembre da La Repubblica. D’altronde “i comunisti sono andati per 50 anni a Mosca e tornavano coi valigioni pieni di soldi, e quei soldi andavano bene…”, spiegava quel giorno a Radio Padania.
14 FEBBRAIO 2015 — Il segretario leghista è di nuovo a Mosca: “Il segretario della Lega Matteo Salvini ha incontrato privatamente esponenti politici, culturali e imprenditoriali russi nel corso di una rapida visita a Mosca. Tra gli appuntamenti, quello con il responsabile dei rapporti esteri del partito putiniano Russia Unita, Andrey Klimov. Lo ha reso noto il portavoce di Salvini, Gianluca Savoini, senza precisare la data della visita”, riportava l’Ansa quel giorno.
24 FEBBRAIO 2015 — Salvini torna a Mosca e viene intervistato da Sputnik News, braccio mediatico e voce ufficiale di Vladimir Putin in Occidente, e da Rossiya Segodnya.
16-17 DICEMBRE 2015 — Il segretario vola a Mosca e il giorno dopo tiene una conferenza stampa nella sede di Rossiya Segodnya. “Il segretario della Lega Nord Matteo Salvini sarà domani a Mosca per una visita di due giorni. Lo si apprende da Gianluca Savoini, presidente dell’Associazione Lombardia-Russia, che accompagnerà il leader del Carroccio nella missione in Russia”, recita un’Ansa del 16 dicembre.
Lo stesso giorno in cui sul profilo Facebook dell’associazione Lombardia-Russia compare una foto che ritrae il presidente con Putin: “Domani arriverà anche Matteo Salvini“, si legge nel post.
28 GIUGNO 2016 — La Lega vola a Mosca per il convegno di Russia Unita, il partito di Putin. “Fra le oltre 40 delegazioni dei partiti esteri invitati c’era anche la Lega Nord. L’invito è stato fatto al segretario federale del Carroccio, Matteo Salvini, che non ha potuto essere presente a causa degli impegni politici già fissati. Al congresso del principale partito di governo la Lega è stata rappresentata da Gianluca Savoini, responsabile dei rapporti con la Russia per la Lega Nord“, riportava quel giorno Sputnik News.
19 NOVEMBRE 2016 — Salvini è di nuovo a Mosca “per la sua quarta missione russa” e due giorni prima Sputnik News definisce di nuovo Savoini “responsabile della Lega per i rapporti con la Russia”. Il 15 Savoini spiegava all’Ansa: “Venerdì saremo in mattinata alla Duma per incontri istituzionali e faremo una conferenza stampa nella sede di Ria Novosti alle 14.30″. Il 18 il segretario fa una puntata nella Piazza Rossa e si fa fotografare con un manifesto anti-referendum costituzionale voluto da Matteo Renzi che recitava “Io voto ‘No’, a dicembre Renzi a casa”. Nella foto c’è anche Savoini, che il 17 a Sputnik News spiegava: “Insieme a Matteo Salvini si tratta della quarta visita in due anni”. E che è protagonista anche di un altro scatto, quello con Salvini e il parlamentare leghista Claudio D’Amico nella sede dell’agenzia Ria Novosti.
6-7 MARZO 2017 — “Il segretario della Lega Nord, Matteo Salvini sarà oggi in visita a Mosca per la firma di un accordo con il partito ‘Russia Unita’. Lo ha confermato a Sputnik Gianluca Savoini, a capo dell’associazione culturale Lombardia-Russia”, scrive quel giorno il braccio mediatico di Putin in Occidente.
Il 7 marzo sul profilo Facebook dell’associzione Lombardia-Russia Savoini pubblica due foto scattate nella capitale russa: la prima lo ritrae in compagnia del suo segretario nella Piazza Rossa e nel post annuncia che sarà in diretta su Radio Padania “per parlare dell’incontro di ieri che sia lui che Matteo Salvini hanno avuto con il ministro degli Esteri Serghiei Lavrov”; nell’altra è in compagnia del capo della diplomazia del Cremlino.
15-16 LUGLIO 2018 — Nelle vesti di vicepremier del governo M5s-Lega Salvini vola nella capitale russa per la finale dei mondiali di calcio Croazia-Francia e con lui, riporta Sputnik, c’è Savoini. Riguardo a questa visita giovedì scorso una portavoce del ministro dell’Interno ha consegnato questo virgolettato a La Repubblica: “Gianluca Savoini non ha mai fatto parte delle delegazioni ufficiali in missione a Mosca con il ministro nè a quella del 16 luglio 2018 nè a quella del 17 e 18 ottobre dello stesso anno”. Eppure Savoini il 17 luglio 2018 diceva l’esatto contrario allo stesso quotidiano: “Ho sempre fatto parte delle delegazioni in Russia di Matteo Salvini sin da quando veniva in visita nella Federazione come segretario della Lega. Visite che ho contribuito a organizzare“.
Nella stessa direzione va una mail del 17 luglio 2018 pubblicata oggi da Buzzfeed, il sito americano che ha pubblicato l’audio integrale dell’incontro del 18 ottobre 2018: “Lunedì scorso (il 16 luglio, ndr) Savoini faceva parte della delegazione di Salvini in veste di membro dello staff del ministro”, scriveva Savoini a Buzzfeed.
17-18 OTTOBRE 2018 — E’ la visita in cui (il 17) Salvini incontra il vicepremier Dmitry Kozak e (il 18) Savoini parla al Metropol Hotel con tre uomini russi di un presunto finanziamento di 65 milioni alla Lega. Colloquio raccontato a febbraio da L’Espresso e di cui Buzzfeed ha pubblicato un audio su internet.
Ma Savoini è al fianco del leader anche nelle occasioni ufficiali in Italia. Il 5 luglio 2016 a Milano il Consiglio regionale ha votato e approvato la mozione presentata dalla Lega Nord che vede il riconoscimento della Crimea come parte della Russia e la richiesta di togliere le sanzioni alla Russia. Savoini “immancabilmente presente sul posto“, scrive Sputnik News.
Il 7 giugno 2018 a Villa Abamelek, residenza dell’ambasciatore del Cremlino a Roma Sergey Razov, si tiene il tradizionale ricevimento in omaggio alla festa dell’Indipendenza russa. E chi c’è al fianco del neo-vicepremier del governo gialloverde?
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Luglio 13th, 2019 Riccardo Fucile
FALLIMENTARE LA STRATEGIA DI SALVINI DI PARLARE DI “FANTASIE”, ANCHE NELLA LEGA MOLTI ORA TEMONO SVILUPPI
Più si rivela inefficace, più insiste con la stessa linea difensiva: non parlare dell’affaire russo o, quando costretto, relegarlo a “fantasia”, a inchiesta “ridicola”, a cose che non gli interessano perchè a lui importa solo della “vita reale”.
Ma l’impegno profuso dal vicepremier Matteo Salvini nello sviare l’attenzione dalla questione dei finanziamenti alla Lega, su cui sta indagando la Procura di Milano, si sta rivelando vano. E anche nel suo partito, seppur blindato nel massimo riserbo, iniziano a serpeggiare dubbi sulla reale efficacia della strategia comunicativa adottata dal leader.
Perchè c’è la propaganda e poi c’è l’evidenza dei fatti che ogni giorno si arricchisce di nuovi elementi: nuovi personaggi, nuove prove dello stretto legame tra il presidente dell’Associazione Lombardia Russia e il leader del Carroccio, nuovi passi annunciati dai magistrati.
Ogni giorno ha la sua pena per quanto si faccia finta di non provarla. Si parte dalle rivelazioni del secondo uomo italiano presente al Metropol di Mosca il 18 ottobre scorso insieme a Savoini, vero anello di congiunzione tra la Lega e i più alti ambienti istituzionali russi.
L’avvocato Gianluca Meranda, nella sua lettera inviata a Repubblica, ha confermato l’esistenza della trattativa tra alcuni uomini d’affari russi e Savoini per far arrivare – questa è l’ipotesi – 65 milioni derivanti dal petrolio alla Lega per finanziare la campagna elettorale delle Europee. Trattativa che, come spesso accade, non si perfezionò, dice il legale. Identificato nella trascrizione dell’incontro diffusa da BuzzFeed come “il banchiere Luca”, in realtà Meranda è un avvocato internazionalista che lavora, tra le altre cose, “anche nel ramo del diritto d’affari”. Co-fondatore dello studio Sq-Law con sede a Roma e a Bruxelles, ha partecipato alla riunione del Metropol come “general counsel di una banca d’affari anglo-tedesca (…) interessata all’acquisto di prodotti petroliferi di origine russa”.
Forse involontariamente, Meranda rivela un altro particolare della vicenda: “Confermo di aver conosciuto il dottor Gianluca Savoini e di averne apprezzato l’assoluto disinteresse personale nei pochi incontri avuti in relazione alle trattative”. Ci sono quindi stati altri incontri tra i negoziatori, prima che la trattativa naufragasse. Quanto agli altri presenti la sera del 18 ottobre, “sono professionisti che a vario titolo si occupano di questa materia, esperti sia in compravendite internazionali, sia di prodotti specifici (oil products) che in quel momento erano oggetto del negoziato”.
Da Meranda arrivano quindi nuovi elementi che dovranno essere valutati dai magistrati di Milano che lo convocheranno a breve in Procura, ancora non si sa se come indagato o persona informata sui fatti. Meranda ha poi aggiunto all’Ansa di aver incontrato diverse volte Savoini, così come ha visto Matteo Salvini ma “non è stato per questioni professionali.
Visto il ruolo di ministro che lui riveste, posso dire di averlo incontrato in occasioni pubbliche”, si è limitato a dire. Il resto dovrà spiegarlo ai pm milanesi, che stanno già pensando a una rogatoria per capire se la trattativa sia andata in porto o meno, se sia avvenuto il trasferimento in Italia di presunti fondi illeciti e se sospette ‘stecche’ siano finite nelle tasche di funzionari russi.
Una lunga serie di opacità che il leader della Lega non ha intenzione di chiarire in Parlamento: “Le indagini facciano il loro corso, facciano in fretta. Io vado in Aula a parlare di quello che succede realmente, non di supposizioni e fantasie”. Ostentare tranquillità sempre e comunque, nonostante intorno la bufera politica non accenni a placarsi, facendo così risultare i suoi tentativi di spostare l’attenzione mediatica, alla fine, tanto goffi quando inutili: un tweet per chiedere di approvare subito una legge sulla “castrazione chimica” per gli stupratori, un attacco agli “zingari” che non pagano per i servizi, un affondo contro “l’ipocrisia francese” e la “ricca tedesca” Carola che deve andare al suo posto, “in galera”. Espressioni a cui il leader leghista ha abituato, seppure forse mai viste in così rapida successione. Sintomo, ancora, della necessità di sviare.
Nel frattempo tornano a circolare altri tweet e foto che rivelano come la sua conoscenza di Savoini fosse in realtà consuetudine e un rapporto antico e collaudato. Con lui è andato ben nove volte in Russia dal 2014 in poi. Certo, al momento non si sa ancora a quale titolo sia stato invitato alla cena di Stato a Villa Madama con Putin e Conte, nè chi lo abbia fatto. Per Salvini conta ancora la prima “spiegazione” fornita: “Vado in giro con centinaia di persone, cosa facciano e cosa chiedano a nome loro non mi è dato saperlo”.
Insomma, un imbucato di professione. Eppure il presidente dell’Associazione Lombardia Russia si vantava di “accompagnare” Salvini, già ministro, nei suoi viaggi istituzionali: “E’ stato per me un enorme piacere poter accompagnare il Ministro Matteo Salvini nel corso della sua visita ufficiale a Mosca . Proprio nel giorno in cui a Helsinky Putin e Trump confermavano la nostra linea di dialogo”, scriveva su twitter Savoini dopo l’incontro tra la delegazione italiana e il ministro dell’Interno russo Vladimir Kolokoltsev e alcuni membri del Consiglio di sicurezza nazionale di Mosca. In una mail inviata a BuzzFeed che gli chiedeva conto della sua presenza a quel tavolo, Savoini nel luglio 2018 scriveva: “Non ho ufficio al ministero, ma collaboro con Matteo Salvini a seconda delle sue richieste. Conoscendoci da sempre”.
In una seconda mail, sempre legata a quel viaggio, veniva spiegato che “Savoini faceva parte della delegazione del Ministro Salvini in veste di membro dello staff del Ministro, così come ha sempre fatto parte dello staff di Salvini quando era soltanto segretario politico senza incarichi di governo”. La scorsa settimana il Viminale aveva diffuso una nota in cui affermava che “Savoini non ha mai fatto parte delle delegazioni ufficiali in missione a Mosca con il ministro nè a quella del 16 luglio 2018 nè a quella del 17 e 18 ottobre dello stesso anno”. Salvini non replica ma fa uscire un’altra nota dal suo ministero, in cui si ribadisce che Savoini non ha alcuna collaborazione con il Viminale.
Il Pd, dal canto suo, fa circolare una intervista del 2014 del leader della Lega a International Affairs, in cui definiva Savoini e Claudio D’Amico “miei ufficiali rappresentanti”. Va detto che all’epoca Savoini era portavoce del segretario leghista. Resta però la vicinanza tra i due dopo la cessazione dell’incarico, ampiamente documentata.
Come quella tra Salvini e D’Amico, già deputato del Carroccio, oggi assessore a Sesto San Giovanni ma pure, e soprattutto, responsabile Sviluppo Progetti per l’Associazione Lombardia Russia, guidata da Savoini.
Eppure D’Amico ha un incarico di collaborazione con Salvini come consigliere per le attività strategiche di rilievo internazionale del Vicepremier, come risulta dal sito della presidenza del Consiglio.
Nulla di illegale, ma certo un’altra dimostrazione della promiscuità del rapporto tra la Lega e la sedicente associazione culturale il cui presidente è stato beccato a trafficare per conto del partito.
(da “Huffingtonpost“)
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Luglio 13th, 2019 Riccardo Fucile
LA DENUNCIA DEL SINDACATO DI POLIZIA E IL VIMINALE CADE DALLE NUVOLE: “VERRANNO SOSTITUITE”
«Uno spreco di ben cinque milioni di euro». A poche ore dall’entrata in vigore dei nuovi
distintivi di qualifica, il Sindacato Autonomo di Polizia (Sap) denuncia che le nuove mostrine si stanno già rompendo. Lo conferma anche un altro sindacato della polizia, Libertà e Sicurezza (LeS).
La denuncia arriva da Repubblica, con la pubblicazione di un video in cui un agente di polizia mostra come i nuovi distintivi si siano scollati dopo poche ore di servizio.
«Ciao ragazzi, non so se anche a voi è capitato o se vi capiterà a breve — si sente dire all’agente autore della video-denuncia — Questo è il nuovo grado che abbiamo dovuto mettere questa mattina. Guardate dopo poche ore come lo ha ridotto il caldo». Al centro della ripresa la mostrina quasi completamente scollata.
Ma ci sarebbe di più. Stefano Paoloni, segretario generale Sap, ha aggiunto infatti: «Questi distintivi cancellano la storia dell’Istituzione della Polizia di Stato, generano confusione tra le qualifiche nell’ordine gerarchico interno e non sono compatibili, in termini di proporzioni, con alcune divise».
Immediata la risposta della Polizia di Stato, che in un comunicato ha replicato: «Rispetto all’anomalia riscontrata in un distintivo modello ‘stretch’, nessuna segnalazione è giunta al momento alla Direzione centrale per i Servizi tecnico logistici del Dipartimento della Pubblica sicurezza».
Tutti i distintivi di qualifica, si legge sempre nel comunicato, hanno ricevuto un rigido collaudo e godono di una garanzia di dieci anni, per cui nel caso venissero riscontrati difetti nei modelli già distribuiti, questi sarebbe immediatamente sostituito dalla Ditta che li ha realizzati.
La presentazione dei nuovi distintivi si era tenuta in pompa magna presso il Palazzo della Consulta pochi giorni prima appena, l’11 luglio, giornata nella quale ricorre l’anniversario dell’istituzione della Polizia di Stato.
Le nuove divise e i nuovi gradi di 98mila agenti — come sottolineato dall’ufficio stampa del corpo — sono stati disegnati dal professor Michele D’Andrea, esperto di araldica.
(da agenzie)
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Luglio 13th, 2019 Riccardo Fucile
PER IL 77% DEI LAVORATORI L’IMPATTO SAREBBE NULLO E MINIMO… CI GUADAGNEREBBE SOLO CHI HA REDDITI SUPERIORI A 100.000 EURO L’ANNO
L’ipotesi di una ‘flat tax’ a tre aliquote, circolata in questi giorni, avrebbe un beneficio solo per pochi lavoratori dipendenti e pensionati: a 30.000 euro di reddito il beneficio sarebbe di 41 euro mensili, a 20.000 di solo 15 euro.
Un supersconto, di oltre 3.000 euro, si avrebbe solo con redditi superiori a 100.000 euro, che riguardano l’1,18% dei dipendenti e pensionati.
A fare i conti è uno studio della Uil.
“La simulazione dimostra — è scritto nel rapporto — che per oltre 16,7 milioni di lavoratori, il 76,87% del totale, l’impatto sarebbe nullo o minimo”.
Il M5S ha rispolverato la proposta di semplificazione del sistema portando le aliquote da tre a cinque: 23% per redditi da 10 mila a 28 mila euro; 37% da 28 mila e uno a 100mila euro; 42% oltre i 100 mila euro. I tre scaglioni verrebbero accompagnati da un ampliamento della no tax area (da 8mila a 10mila euro) e, in presenza di figli, anche fino a 26 mila euro.
Lo studio della Uil ha confrontato l’ipotesi di una revisione dell’Irpef per i soli redditi da lavoro dipendente e assimilati con una riduzione a 3 del numero delle aliquote: 23% per lo “scaglione” di reddito compreso tra i 10.000 € e i 28.000 euro; 37% per lo “scaglione” di reddito compreso tra i 28.000 e i 100.000 euro; 42% per lo “scaglione” di reddito superiore ai 100.000 euro.
L’elaborazione mostra che con la sola riduzione dell’Irpef a 3 aliquote non si genera alcun impatto per i redditi fino a 15.000 euro lordi annui, che caratterizza il 18,91% di pensionati e lavoratori dipendenti, in totale 4,1 milioni di persone.
Pochi benefici, invece, per la fascia tra i 15mila e i 29mila euro di reddito, che rappresenta il 57,96% dei contribuenti con redditi da lavoro dipendente e da pensione. Su questa fascia, che contiene 12,6 milioni di dipendenti, la riduzione è contenuta.
A 20mila euro l’anno le tasse calano da 4.800 e 4.600 euro l’anno, in pratica di 200 euro l’anno, 15 al mese.
A 25 mila euro le tasse scendono di 400 euro l’anno, a 30 mila di 540 euro l’anno, che diventano 41 euro di alleggerimento al mese considerando le 13 mensilità contrattuali. Superata questa soglia i redditi diventano più alti e il numero di dipendenti e pensionati cala.
Tra i 29 mila e i 100mila euro di redditi ci sono 4,7 milioni di dipendenti e pensionati (il 21,89% del totale). Per loro lo sconto passa progressivamente da 590 euro (a quota 35.000 euro di reddito) a 1.890 euro l’anno (sugli 80 mila euro).
Un alleggerimento consistente arriva invece per i redditi dei dipendenti e dei pensionati più ricchi, quelli sopra i 100mila euro.
Si tratta quasi di mosche bianche: 258mila contribuenti, pari all’1,18% del totale dei dipendenti. Per loro lo sconto supera i 3.000 euro.
Dai 3.090 euro di minori tasse per quelli che guadagnano 100mila euro, si sale ai 3.290 dei contribuenti a 120mila euro, per passare a 3.390 di quelli a 130mila euro, e toccare i 3.590 euro a quota 150.000 euro.
(da agenzie)
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Luglio 13th, 2019 Riccardo Fucile
TUTTI PENSANO SOLO A BLANDIRE I DISONESTI E NESSUN GOVERNO HA IL CORAGGIO DI ATTUARE MISURE IMPOPOLARI
Si parla tanto e giustamente di tagliare le tasse ma da recidere in Italia, e con le cesoie più
robuste in circolazione, ci sarebbe innanzitutto il debito pubblico.
È la causa principale dell’alta pressione fiscale, perchè costringe il Tesoro ogni anno a pagare solo di interessi una settantina di miliardi e questi soldi si trovano o con le tasse o con nuove emissioni di titoli di Stato e dunque nuovo debito. Questo fatto condiziona fortemente qualsiasi politica economica.
Ebbene nonostante la considerazione sia quasi lapalissiana, la palla di neve è ormai una quasi valanga e stiamo tutti rintanati in baita nella speranza di salvarci senza alcuna strategia.
L’indebitamento pubblico cresce senza sosta e fa segnare nuovi record assoluti mese dopo mese, anno dopo anno, come se fosse impossibile anche solo pensare di ridurlo.
Ad aprile, rispetto a marzo, si è registrato un incremento di 14,8 miliardi di euro, circa la metà della prossima manovra economica che il governo Conte dovrà fare per rispettare i vincoli europei.
In tutto il totale è a quota 2.373,3 miliardi, ma il contatore gira vorticoso come quando si fa il pieno di benzina con un buco nel serbatoio.
Considerato che in Italia, secondo gli ultimi dati Istat, ci sono 25.386.000 famiglie, è come se ogni nucleo avesse 93mila euro di debito personale: un mutuo per una casa insomma, senza avere la casa e senza aver deciso di comprarla.
È dal 2011, anno della crisi finanziaria che questo trend rialzista va avanti senza sosta e si può dire che dal 2001, anno della riforma del titolo V della Costituzione, dodici mesi prima della nascita dell’Euro, non c’è stato mai nessuno al governo che si sia sul serio posto il problema di cosa ne sarebbe stato dell’indebitamento statale una volta entrati nella moneta unica e avendo devoluto molte competenze alle Regioni.
Come nessuno si è mai imposto nel programma un concreto piano-argine all’evasione fiscale, un centinaio di miliardi di euro all’anno, all’estero o nelle cassette di sicurezza poco importa.
In prossimità del consueto braccio di ferro con Bruxelles sui nostri conti pubblici e superata la fase di febbre da spread, prima di avviare i lavori sulla legge di bilancio 2020, sarebbe arrivato il momento di prendere coscienza che debito ed evasione sono la faccia della stessa medaglia, problemi che si alimentano da soli nel nostro Paese: se sale l’evasione sale il debito pubblico e con essi il costo dei servizi non pagati da chi appunto aggira il suo dovere tributario.
Inevitabile che crescano anche le tasse che gravano invece sui cittadini onesti, proprio per ripianare questa falla. Non c’è quindi che fare una cosa: aggredire l’evasione e tagliare il debito.
Partiamo dal primo nodo. Inutile favoleggiare di riduzioni fiscali, di flat tax, o di bonus bebè, famiglie e studenti.
Finchè verrà assecondata la rimozione collettiva di un problema che va affrontato con la stessa determinazione con cui si è combattuto il terrorismo e la mafia nulla cambierà .
L’evasione fiscale, calcolata sommariamente intorno ai 100 miliardi di euro, è il vero cancro della società italiana, perchè nei fatti impedisce allo Stato di utilizzare questi soldi per ridurre il debito pubblico e pagare i servizi sociali.
Chi evade non solo non fornisce il suo contributo di cittadinanza ma usa indebitamente tutti i servizi pubblici, comportandone di conseguenza l’aumento dei costi.
Il tax gap, ovvero la differenza tra le imposte che si dovrebbero pagare e quelle effettivamente incassate dall’Erario, si è allargato a 111,6 miliardi di euro da 108 miliardi del 2012.
Il buco di imposte pagate – rispetto al dovuto si impenna quando in ballo ci sono i redditi del lavoro autonomo e d’impresa: per questa tipologia di Irpef il tax gap si attesta al 59%, mentre per il lavoro dipendente è al 4% e per l’Iva al 30%.
Serve perciò una legge chiara per punire gli evasori e premiare aziende e contribuenti onesti con una riduzione dell’imposte. Questa è l’ingiustizia sociale più evidente in Italia, che pervade una comunità intera. Ammettiamolo: l’evasione è uno Stato ombra nello Stato.
Passando al secondo tema, è inutile girarci intorno, occorre agire anche qui. Per anni si è inutilmente parlato di un taglio del debito pubblico e della necessità di fare una stima degli asset statali da dismettere.
L’ultima fatta risale a dieci anni fa. Il patrimonio pubblico, mobiliare e immobiliare, sarebbe pari a circa 400 miliardi di euro, da un’azione dell’Eni al faro sperduto in Sardegna.
Occorre quindi una due diligence seria e immediata per capire due cose: a quanto ammonta attualmente questo patrimonio e quanti sono davvero i debiti fuori bilancio, quei “pagherò” dell’amministrazione di cui non si trova traccia negli impegni di spesa, che sono ancora più pericolosi dei crediti della Pa.
La Corte dei Conti è arrivata a stimare nel 10% quella parte di bilancio pubblico che non ha riscontri cartacei nei libri di bilancio. Una volta verificata l’entità di questo patrimonio, che spesso non produce alcun reddito, va messo a frutto emettendo titoli di debito nuovi e studiare un’operazione che permetta di scambiarli con altri già in circolazione, che andrebbero poi cancellati
Va reciso il canale di dipendenza dello stesso gestore del debito pubblico dagli istituti di credito che ancora oggi detengono nei loro bilanci un quarto dei titoli emessi dal Tesoro e che ormai non sono più controllati da holding italiane.
Il Tagliadebito serve ad affrancarsi dai propri creditori come la lotta all’evasione fiscale riduce l’onere dell’indebitamento. Mettiamo fuori corso le due facce di questa stessa medaglia. Saremo tutti più liberi.
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 13th, 2019 Riccardo Fucile
LO STUDIO DI CONFINDUSTRIA PER GARANTIRE CAPACITA’ PRODUTTIVA AL NOSTRO PAESE E RENDERE SOSTENIBILE IL SISTEMA PREVIDENZIALE
Emma Bonino ha una proposta sulla questione dell’immigrazione in Italia: “È necessario introdurre canali d’ingresso per lavoro consentendo a quanti vogliono emigrare per migliorare la propria condizione di vita di farlo nella maniera più sicura per tutti”.
La senatrice di PiùEuropa (Gruppo Misto) ne ha parlato in un’intervista al al Corriere della Sera.
“Ricordo che Confindustria nel 2016 ha detto che nel prossimo decennio, l’aumento degli immigrati dovrà essere di circa 1,6 milioni di persone (+35,1 per cento), per mantenere stabile in Italia la popolazione in età lavorativa (nella fascia d’età dai 15 ai 64 anni), salvaguardare la forza lavoro indispensabile per garantire la capacità produttiva del Paese e rendere sostenibile il sistema previdenziale: stiamo parlando di circa 157mila migranti all’anno per i prossimi dieci anni”.
Ieri, durante un convegno alla Sala dei Gruppi della Camera dei deputati, a Roma, si è discusso della proposta di iniziativa popolare, attualmente in discussione in Commissione affari costituzionali, che punta alla “promozione del regolare permesso di soggiorno e all’inclusione sociale e lavorativa di cittadini stranieri non comunitari”. La proposta, sottoscritta da 90mila cittadini, è stata depositata il 27 ottobre 2017 dal Comitato promotore della campagna “Ero straniero”.
La senatrice Bonino spiega che in questa proposta di legge “vengono abolite le quote annuali del decreto flussi, del tutto insufficienti e che ormai riguardano poche migliaia di persone, per lo più stagionali, e si immagina un sistema basato sull’effettiva necessità di manodopera straniera da parte del mondo produttivo italiano, attraverso una programmazione che tenga conto delle esigenze delle aziende senza inutili rigidità ”.L’approccio pragmatico della ex leader dei Radicali richiama alla memoria alcune dichiarazioni dell’ex presidente Inps, Tito Boeri, che a luglio 2018, a margine della presentazione del 17wsimo rapporto annuale dell’istituto di previdenza sociale, dichiarò che l’Italia aveva “bisogno di aumentare l’immigrazione regolare” perchè sono “tanti i lavori che gli italiani non vogliono più svolgere”.
Qualche settimana prima Boeri, durante il Festival del lavoro, aveva dichiarato che il calo dell’immigrazione poteva rappresentare un problema per il mantenimento del sistema pensionistico. Il calo demografico crescente infatti rappresenta secondo Boeri una delle cause della diminuzione dei contributi versati per la pensione.
(da Tpi)
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Luglio 13th, 2019 Riccardo Fucile
“TUTTA L’AFRICA” E’ IN REALTA’ UN FENOMENO PARI ALLA CITTA’ DI FIRENZE… E DEGLI IMMIGRATI NE ABBIAMO PURE BISOGNO
“Non possiamo far venire qui tutta l’Africa”, ti ripetono ovunque come dischi rotti, sui social,
quasi fosse un’ossessione. Bene. Negli ultimi cinque anni — nel bel mezzo, cioè, della più grossa ondata migratoria registrata negli ultimi decenni — sono sbarcate in Italia 726mila persone, di cui circa 550mila africani, di cui a loro volta il 32 per cento circa prosegue il proprio viaggio verso il nord Europa.
Non lo dice una pericolosa Ong tedesca, ma il Viminale.
Stiamo parlando, cioè, di 374mila migranti circa arrivati e rimasti in Italia, per scelta o per necessità , dal 2014 ad oggi, molti dei quali lavorano e contribuiscono al nostro sistema sociale e previdenziale.
Per avere un’idea delle dimensioni di cui stiamo parlando, immaginate più o meno una città come Firenze. D’accordo. L’Africa conta oggi 1 miliardo e 216 milioni di abitanti. E quel puntino rosso quasi impercettibile che vedete lì al centro rappresenta grosso modo lo spazio fisico che occuperebbe Firenze se la potessimo trasferire 3.500 chilometri più a sud, nel cuore delle rotte migratorie verso i porti del Nord Africa e l’Europa.
Quindi, in pratica, quel puntino semi-invisibile è “tutta l’Africa” che “non possiamo accogliere” di cui si riempiono la bocca migliaia di hater per giustificare la propria miseria umana.
Quella è “tutta l’Africa” venuta da noi per “spacciare, stuprare, rubarci il lavoro e le nostre tradizioni.” Quel puntino sono i “tutti” che “dobbiamo aiutare a casa loro”.
Ciò significa — se la matematica ancora non si decide per alzata di mano — che 1 miliardo, 215 milioni e 626mila africani in questo momento continuano a vivere regolarmente nei loro paesi o emigrano altrove e spesso non hanno la più pallida idea di dove sia l’Italia, nè si sono mai posti il problema.
Tradotto in pillole: noi da oltre un anno stiamo tenendo in ostaggio su un paio di navi di salvataggio qualche migliaio di disperati, profughi di guerra, donne gravide, bambini di pochi giorni, ragazzi scampati ai lager, chiudendo i porti, processando i comandanti e i loro equipaggi, dichiarando guerra all’Europa, facendo accordi coi tagliagole libici, violando contemporaneamente decine di leggi del mare, trattati internazionali e convenzioni sui diritti umani, e tutto questo per fermare lo 0,02 per cento della popolazione africana.
Di cui, per inciso, un Paese che sta morendo di denatalità , fughe all’estero, emorragia di impiegati in tutti i campi manuali, avrebbe un disperato bisogno. Ma questo è già — mi rendo conto — un concetto troppo evoluto.
Ad essere onesti, un’invasione in questo lustro in Italia in effetti l’abbiamo avuta: l’invasione di quei “legionari di imbecilli” (cit.) a cui i social e la politica hanno dato diritto di insulto, di sfogo e di rutto.
Sono — stando agli ultimi sondaggi — tra i 18 e i 20 milioni di esemplari. Bianchi e italianissimi.
E loro sì, siamo obbligati (ahinoi) ad accoglierli tutti.
(da Tpi)
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Luglio 13th, 2019 Riccardo Fucile
PER LA SERIE FACCIAMOCI RIDERE DIETRO ANCHE DAI PAESI DELL’EST
Nessun muro fra Italia e Slovenia. Per il presidente sloveno Borut Pahor l’ipotesi di una barriera fra il nostro Paese e la ex Repubblica jugoslava non ha senso.
Ha dichiarato Pahor: «Ho incontrato il governatore Massimiliano Fedriga al quale ho detto che due Paesi vicini, due Paesi europei che sono entrambi aderenti a Schengen non debbono adottare ulteriori misure per rafforzare il pattugliamento dei confini».
«Si è riaperta la rotta balcanica, a luglio partiranno i pattugliamenti misti con gli sloveni, ma se il flusso di migranti non dovesse arrestarsi, a mali estremi estremi rimedi: non escludiamo la costruzione di barriere fisiche alla frontiera, come fatto da altri Paesi europei», aveva detto il vicepremier Matteo Salvini il 26 giugno, nel pieno della crisi con l’ong tedesca Sea Watch.
Fedriga si era accodato alla proposta del ministro dell’Interno, parlando di una barriera di 243 chilometri. Se le dimensioni del “muro” sono poi state riviste, la realtà è che il governatore del Friuli non ha mai smentito l’idea di una barriera fisica come blocco all’immigrazione via terra fra Italia e Slovenia.
Le parole di Fedriga erano state chiare: «Quel che è certo è che se l’Europa non tutela i suoi confini, saremo costretti noi a fermare l’ondata migratoria che avanza attraverso altri Paesi dell’Ue. Non possiamo mettere poliziotti a ogni metro».
In molti si sono chiesti se mai sarà realizzato, come sarà il muro fra Italia e Slovenia, se assomiglierà a quello ungherese con il confine serbo o a quello fra Stati Uniti e Messico.
Ha aggiunto inoltre Pahor, sempre in linea con l’idea di scongiurare il muro fra il suo Paese e l’Italia: «Le pattuglie miste italo-slovene introdotte di recente sono un buon strumento e non incidono sugli ottimi rapporti di vicinato e di comprensione che rappresentano i nostri rapporti bilaterali».
«Riteniamo — ha aggiunto — che altre misure non siano necessarie e opportune» considerato che «possono ostacolare la libera circolazione delle persone su questo confine e territorio. È ovvio che le immigrazioni, soprattutto quelle illegali, devono essere organizzate, il governo sloveno adotterà delle misure in tal senso, ma abbiamo convenuto che al di là delle pattuglie miste e il ricorso a tecnologie digitale non dovremmo introdurre ulteriori misure a protezione del confine».
«Dovremo invece — ha concluso Pahor — lavorare sulla fiducia reciproca che poggia su ottime basi e in futuro rafforzare i nostri rapporti».
(da agenzie)
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Luglio 13th, 2019 Riccardo Fucile
A DICEMBRE AVEVA RECUPERATO UN UOMO SUI BINARI, A LUGLIO IN STAZIONE HA SALVATO UNA DONNA CHE VOLEVA SUICIDARSI (MENTRE MOLTI ITALIANI FILMAVANO CON I TELEFONINI)
È successo di nuovo ed è una cosa da non credere, e infatti, per fortuna, è tutto registrato dalle
telecamere della stazione Principe: un film muto che racconta la storia di un ragazzino che, per la seconda volta in pochi mesi, ha salvato una vita.
Gettandosi sui binari, senza pensarci un attimo, a diciannove anni: per salvare una donna che, vedendo arrivare il treno, gli è andata incontro per suicidarsi.
L’altra volta è stato il primo di dicembre, alla stazione di Pra’, e Boubakar Manneh, questo ragazzone dinoccolato dagli occhi timidi, del Gambia, ospite di un centro Sprar ad Arenzano, non lo aveva detto a nessuno: neppure agli operatori del consorzio sociale Agorà , che gestiscono la struttura che fa parte del sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati. Appena aveva visto arrivare la polizia e l’ambulanza, a soccorrere l’uomo che lui e il suo amico avevano preso in spalla e tirato letteralmente fuori dai binari dove si era gettato, si è spaventato. Anche se lui ce l’ha, un permesso di soggiorno umanitario, almeno per un altro anno ancora.
«Non so perchè, ma con tutto quel trambusto mi sono intimorito. E lì per lì non mi sentivo di raccontarlo – spiega oggi – quando mi hanno chiesto, al centro, cosa avevo fatto nel fine settimana, ho risposto: niente di speciale».
Forse fanno così, i supereroi: ti salvano la vita, e poi si dileguano, senza aspettare nemmeno un grazie.
Ma a Principe, il 3 luglio, alle sei del pomeriggio, Boubakar non ha potuto scappare via: perchè, buttandosi sui binari per salvare quella donna, si è ferito a un piede. «Niente di grave», minimizza lui, sempre con lo stesso sorriso, quello di uno che sembra stia raccontando la storia di qualcun altro. Però l’hanno accompagnato al Galliera, al Pronto soccorso.
La Polfer ha visionato i filmati, e gli agenti sono rimasti senza parole. Si vede il ragazzo che si tuffa sul binario senza riflettere, si accuccia sulla donna, il treno li copre.
I verbali dell’accaduto sono agli atti. E adesso, gli operatori di Agorà che già avevano scritto una lettera di encomio, e inoltrato al Viminale la richiesta di un permesso di soggiorno per meriti civili come prevede il decreto sicurezza, allegheranno alla documentazione anche questo secondo caso.
«È una situazione davvero eccezionale – spiega Simona Binello, responsabile del settore stranieri di Agorà – il Comune di Arenzano ha ringraziato pubblicamente Bubacarr con una piccola cerimonia. Sarebbe bello se questo accadesse anche a Genova».
È timido, questo ragazzo che a diciannove anni ha salvato due vite e ne ha vissute già mille. A Genova è arrivato da quasi due anni, dopo un lungo viaggio da solo, sette mesi in Libia, a lavorare come saldatore (“il mestiere di mio padre”) per pagarsi il viaggio.
Quando gli chiedi cosa accidenti gli sia passato per la testa, in quel momento, cosa lo abbia spinto a rischiare la pelle, e due volte per giunta, lui ci pensa su un po’. E poi dice: «Non sopportavo l’idea di vedere una persona morire davanti a me».
Lui ne ha già viste parecchie, di persone che gli sono morte accanto. «Un caro amico, in Libia. Camminavamo per strada, a un certo punto gli hanno sparato in testa. Senza motivo».
Di quei mesi porta le cicatrici, anche sui due denti davanti, colpiti con il calcio di una pistola «perchè avevo ceduto la mia razione di cibo a un compagno che non si reggeva in piedi».
Così, quando quella prima volta, in stazione, ha visto tutta quella gente osservare la scena di un uomo che stava scendendo sui binari con il treno in arrivo, e tanti filmavano la scena, con il telefonino, gli è sembrata l’unica azione possibile.
Da tre mesi, Boubakar lavora come aiuto cuoco alla trattoria sociale ‘Le mele’, in salita del Prione. «Mi piace molto. Mi piace, stare qui».
Quando è arrivato a Genova, minorenne, dopo il viaggio sul barcone e l’approdo in Sicilia, per un po’ ha vissuto al centro di accoglienza straordinaria all’ex ospedale psichiatrico di Quarto: e se ha potuto entrare nello Sprar di Arenzano è stato per un soffio.
Perchè le nuove norme del decreto Salvini non lo consentono più: ma sarebbero entrate in vigore due giorni dopo. «Quando scadrà il suo permesso, nel luglio prossimo, speriamo di poterlo convertire in un altro per motivi di lavoro – spiega Simona Binello – intanto, aspettiamo risposte dal Ministero rispetto al suo atto di eroismo».
Intanto, Boubakar si è infilato il cappello bianco e il grembiule da aiuto cuoco. E a vederlo lì, in cucina, a scherzare con i colleghi, tutte quelle esistenze passate sembrano scomparire, e lui sembra così leggero.
(da agenzie)
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