Luglio 21st, 2019 Riccardo Fucile
“CONFERMIAMO, LA CIFRA GLI ERA STATA PROMESSA”
Non c’è più solo un’intercettazione. “Gli do 30.000 euro perchè sia chiaro tra di noi. Io ad Armando Siri ve lo dico…”, sussurrava Francesco Paolo Arata, il consulente della Lega per l’energia.
Ora, ci sono due supertestimoni che accusano l’ex sottosegretario alle Infrastrutture cacciato dal presidente del Consiglio Conte dopo l’avviso di garanzia per corruzione (mentre il ministro Salvini continua a difenderlo).
Sono i soci siciliani di Arata: Vito Nicastri, il “re” dell’eolico ritenuto vicino ai clan, e suo figlio Manlio.
Finiti in carcere il 12 giugno scorso, hanno deciso di svelare le grandi intese che correvano fra Trapani e Roma: in ballo, nel settembre scorso, c’era un emendamento sul mini-eolico che il sottosegretario doveva piazzare per sbloccare tanti finanziamenti. “So che Siri e Arata avevano buoni rapporti”, ha esordito Nicastri junior, che inizialmente aveva qualche titubanza a parlare. Poi, quando gli hanno fatto sentire l’intercettazione di Arata, ha confermato: “C’ero pure io quella sera. Siri non è stato pagato, ma Arata mi disse di avergli promesso 30 mila euro se l’emendamento fosse passato”. E per contestare la corruzione, basta la promessa.
L’8 luglio, il procuratore aggiunto di Roma Paolo Ielo e il sostituto Mario Palazzi sono a Palermo per sentire anche Vito Nicastri: “All’epoca stavo in carcere, era mio figlio che parlava con Arata. E mio figlio mi ha detto che Arata avrebbe fatto un regalo a Siri se l’emendamento fosse passato. Un regalo che ritengo fosse quantificabile in 30 mila euro. Arata non disdegnava di pagare. Come anche io”.
Il “re” dell’eolico ha raccontato di tangenti anche ad alcuni funzionari della Regione Siciliana per sbloccare le pratiche. Pure questo avevano già svelato le intercettazioni della Dia di Trapani. Ora, il “re” dell’eolico aggiunge: “Arata mi chiese di creare provviste in contanti”. Fondi neri per le mazzette.
Dunque, Siri, l’amico romano. Per i pm, il caso è definito. Proprio grazie alle testimonianze dei Nicastri, che giovedì saranno sentiti dalla gip Emanuela Attura in incidente probatorio, che è una sorta di anticipazione del processo, serve a cristallizzare le prove.
Un passaggio delicato che arriva in una settimana cruciale per il governo. Mentre sul caso Siri, lo scontro fra Lega ed M5S continua ad avere toni accesi: le ultime polemiche, una settimana fa, per la presenza dell’ex sottosegretario accanto a Salvini nell’incontro al Viminale con imprese e sindacati.
Il “re” dell’eolico racconta di quando perse un milione di euro “per una modifica della legge sugli incentivi”. E di quando si aprirono nuove inaspettate prospettive, con l’avvio della società (occulta) con Arata. Era il 2015.
“Provò a fare pressioni sul ministero dello Sviluppo Economico, quando c’era Calenda, conosceva una funzionaria – precisa Nicastri – ma senza risultati”.
Poi, Arata iniziò a “presentarsi come responsabile della Lega per le rinnovabili”.
Le intercettazioni disposte dalla procura di Palermo attorno a Nicastri disegnano un percorso di favori: Siri piazzò nel programma del governo Lega-Cinque Stelle un capitolo sul biometano che tanto stava a cuore alla coppia Arata-Nicastri.
Poi, Arata sponsorizzò Siri per la nomina a sottosegretario. Il 10 settembre, a Castellammare, Arata disse al figlio Paolo e al figlio di Nicastri: “L’emendamento passa”. E ancora: “Siri ci lavora un secondo per guadagnare trentamila euro”. Poi, però, l’emendamento non passò per l’opposizione dei M5S.
(da “La Repubblica”)
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Luglio 21st, 2019 Riccardo Fucile
RIFORMA DELLE AUTONOMIE, ALTRA ARMA DI DISTRAZIONE DI MASSA PER NON PARLARE DEI RUBLI
Manda avanti i governatori del Nord ed è una strategia studiata a tavolino, quella del leader del Carroccio, che si serve di Attilio Fontana e Luca Zaia per provare a indebolire il premier Giuseppe Conte, l’avvocato del popolo che, secondo l’ultimo sondaggio Ipsos, sarebbe apprezzato dal 54,9 per cento degli italiani.
Più di quattro punti sopra il Capitano della Lega. “Da non crederci”, ironizza un soldato di via Bellerio.
Non è un certo un caso se Salvini teme le mosse del premier in carica. Che, secondo la vulgata leghista, “agisce per conto di Mattarella e di Di Maio” e “ce lo potremmo ritrovare a guidare un esecutivo Pd-M5S”.
Insomma, la crisi appare più congelata che finita. In superficie, infatti, si consuma lo scontro tra i governatori del Nord e il presidente del Consiglio. Si tratta di una nuova puntata della soap opera del Governo del cambiamento.
Dopo la missiva del presidente del Consiglio al Corriere della Sera, in cui il premier si rivolge ai cittadini di Veneto e Lombardia – “È una riforma per tutto il Paese, non una bandiera da sventolare, incontrerà i vostri governatori, ma chiedo rispetto” – Fontana e Zaia prendono carta e penna e replicano al premier.
Raccontano che quando di buon mattino hanno visto la paginata sul Corsera sarebbero sbottati: “Basta, non ne possiamo più”. Nella lettera scrivono di sentirsi “feriti” dalle sue esternazioni perchè, assicurano, “nessuno vuole aggredire l’Unità nazionale, nessuno vuole la secessione”. Di certo, però, non firmeranno l’intesa sull’autonomia “se si continua con una farsa”.
Va da sè che restano aperti al dialogo, ma bombardano Conte quando si soffermano sul fatto che l’autonomia richiesta da Lombardia e Veneto è perfettamente in linea con la Costituzione. Poi un’accusa personale al premier Conte: “Avremmo voluto – scrivono – che il Presidente del Consiglio fosse davvero il garante della Costituzione vigente, denunciando le false notizie diffuse con malizia e cattiva fede da chi evidentemente la Carta l’ha letta soltanto sul Bignami”.
Ed è questa la spina più fastidiosa nel fianco di palazzo Chigi. L’accusa indigeribile per Conte. Perchè dall’inizio di questo legislatura il premier si è definito il garante non solo della Costituzione, ma anche dell’alleanza di Governo. È come se avessero messo in discussione la sua terzietà , la sua equidistanza dalle due forze di Governo
Dietro le parole del duo Fontana-Zaia c’è lo zampino del Capitano leghista. Che resta silente per tutto il giorno — relax al mare di Forte dei Marmi con fidanzata e figli al seguito, salvo comiziare a tarda sera in Lombardia – ma sguinzaglia gli amici “Luca e Attilio” per porre un freno all’azione politica dell’avvocato del popolo.
Da par suo Conte non replica. Convoca per martedì pomeriggio due incontri sull’autonomia. Il tutto lascia di sasso i leghisti: “Non ne sapevano nulla”.
Si tratta di due riunioni ristrette. La prima per fare il punto sui beni culturali e le sovraintendenze con il ministro della Cultura, Alberto Bonisoli, e il ministro degli Affari regionali, Erika Stefani. E la seconda sulla parte finanziaria, che tanto divide M5s e Lega, con i tecnici del Mef.
Non solo, ma Palazzo Chigi fa trapelare che Conte ha preso atto e, a sorpresa, registra un cambio dei toni positivo per l’interlocuzione istituzionale.
Alimenta lo scontro tra i governatori e Conte anche l’uscita del presidente della Regione siciliana, Nello Musumeci, che si inserisce in questo quadro di attacchi a palazzo Chigi:
“Conte — avverte — non può procedere senza convocare la Sicilia. Voglio sperare che si proceda, come la Costituzione impone, a integrare il Governo con la presenza dell’unico presidente di Regione legittimato dal proprio Statuto a partecipare ai lavori”. Ed è una mossa, quella di Musumeci, che strizza l’occhio a Salvini.
D’altro canto, da settimane l’inquilino di palazzo d’Orleans si rivolge al leader del Carroccio, accreditandosi come una delle stampelle fondamentali del centrodestra 2.0, nel caso di ritorno al voto.
Sullo sfondo resta l’incontro chiarificatore tra i due vicepremier. Ci sarà , ma non è stato ancora fissato. Martedì potrebbe essere la prima data utile per un confronto, utile a far ripartire la macchina del Governo.
Di Maio, intanto, è convinto che l’esecutivo debba andare avanti, e rilancia il salario minimo perchè “è una battaglia di civiltà : basta stipendi di 500-600 euro”. Replica del leghista Durigon: “Pronti con il salario minimo a costi perlomeno invariati per le pmi”. Le frizioni non si fermano qui, toccano anche un grande classico come la Tav Torino Lione e la nomina del commissario Ue.
Tante nuvole continuano ad addensarsi sul futuro del Governo gialloverde.
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 21st, 2019 Riccardo Fucile
STRAVOLGE LA REALTA’, MA NON PUO’ ATTACCARE I SUOI COMPAGNI DI MERENDE AUSTRIACI E ALLORA SE LA PRENDE CON LA GERMANIA CHE NON C’ENTRA UNA MAZZA
Dopo l’elezione della ‘tedesca’ Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione Europea (votata da tutti i partiti italiani tranne la Lega), la campagna mediatica di Matteo Salvini non poteva che puntare il mirino contro la Germania.
E se le iniziative per attaccare i tedeschi sono ultimamente poche, ecco che si stravolge la realtà accusando loro di un peccato che non hanno commesso.
Anzi, a rendersi protagonisti di una vergognosa campagna pubblicitaria contro l’Italia — da parte di McDonald’s -, sono stati i nostri vicini austriaci di cui lo stesso leader della Lega ha sempre tessuto le lodi.
Per le strade austriache, nelle ultime settimane, sono comparsi diversi manifesti pubblicitari targati McDonald’s che ‘sponsorizzano’ l’estate italiana a suon di panini italiani «per veri mafiosi», giocando sul duplice significato del termine ‘mampf’.
Una cosa non elegante e di cattivo gusto che segue quanto accaduto già qualche settimana fa e denunciato dal quotidiano online MeridioNews in merito alla app del gigante di Fast Food che sollecitava all’acquisto del nuovo panino ‘Bella Italia’ al motto di «Hey mafioso».
Ma si tratta di Austria e non di Germania come, invece, sostenuto dal ministro dell’Interno CHE SCRIVE: «Panino “Estate italiana” in Germania: “Per veri MAFIOSI” (gioco di parole con “mampfen” = sbafare…). Italiani tutti mafiosi? Che tristezza… Abbiamo ritrovato orgoglio e dignità , indietro non si torna!».
La colpa, quindi, sarebbe dei tedeschi. Eppure sarebbe bastata una veloce e semplice ricerca sui browser per capire immediatamente che la Germania non c’entra nulla, e che l’idea — di pessimo gusto — sia partita da McDonald’s austriaco.
Ma l’importante è dare in pasto. E non parliamo di panini.
Sotto al post di Matteo Salvini, infatti, sono arrivati centinaia di commenti contro la Germania, le donne tedesche e i soliti insulti (molti sessisti, come da tradizione).
Senza che, questa volta, abbiano avuto alcuna colpa in tutto questo. Una gaffe, chiamiamola così, che la sua fan-base ha preso per vera e ha iniziato a vomitare il classico odio.
(da agenzie)
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Luglio 21st, 2019 Riccardo Fucile
“ABBIAMO SPACCATO IL FRONTE SOVRANISTA”
L’Europarlamento avvierà la riforma della governance Ue per chiedere più poteri democratici. Pronta anche un’inchiesta sulle ingerenze esterne, Russia in testa. Il neopresidente David Sassoli non ha dubbi: «Ci siamo ripresi il cantiere europeo».
Archiviata la complessa disfida che ha condotto Ursula von der Leyen al vertice della Commissione Ue, il secondo “numero uno” italiano dell’assemblea comunitaria prevede una «legislatura politica e pragmatica», obbligata a dare «risposte concrete ai problemi della solidarietà , all’immigrazione, alla coesione sociale, allo stato di diritto».
Esulta per la vittoria europeista e ammette col sorriso di essere «finito nel frullatore», però concede di prenderla «come un privilegio e non certo come un peso».
Programma il futuro, coltiva l’idea di qualche giorno di vacanza, sebbene «prima ci sono ancora parecchie cose da fare», del resto settembre è quasi domani. Al momento buono, Sassoli confessa che porterà con sè almeno due libri, “Il Mediterraneo in barca” di Simenon e “1919/ La grande illusione” di Eckart Conze. Due punti di vista sull’Europa, angolature diverse da cui trarre ispirazione. Anche per ragionare su come si è spaccato il fronte europeista al momento di decidere i nuovi vertice Ue. E poi?
«A Ursula von der Leyen – risponde l’esponente del Pd – è stato attribuito il mandato ad avviare il percorso per formare la nuova Commissione, un cammino fatto di contenuti e persone che devono coincidere. Lei ne è consapevole, lo ha ribadito anche a La Stampa: è un potere degli Stati quello di proporre i nomi dei candidati ed è prerogativa della presidente anche di rifiutarli con precise giustificazioni».
Il compito di Strasburgo?
«Ora siamo chiamati a giudicare e a votare la coerenza di questa impostazione».
Invoca una legislatura della discontinuità . Cosa intende?
«Intendo che è il tempo di precisare le politiche e le riforme necessarie per il futuro. In questi pochi giorni abbiamo sentito parole chiare sulle esigenze di flessibilità , sulla dimensione sociale – dunque sul salario minimo e l’indennità di disoccupazione europea -, sul proseguimento del processo di riforma del regolamento di Dublino e sugli investimenti in Africa. Sono cose da fare, tutte e al più presto».
Il caso von der Leyen ha superato il sistema dello spitzenkandidat, il “candidato di punta” al voto europeo. Per il Parlamento è stata una sconfitta?
«Abbiamo reagito e difeso il metodo fino all’ultimo perchè lo avevamo promesso ai cittadini. I malumori sono nati a seguito di questa delusione. Ciò spiega perchè le defezioni nel voto alla presidente della Commissione siano avvenute nel fronte europeista, fra chi vuole più Europe e non meno».
Che succederà alla figura dello spitzenkandidat?
«In settembre la conferenza dei presidenti presenterà uno schema di iniziativa per disegnare un nuovo quadro democratico in un contesto giuridico ben preciso. Dovrà occuparsi di spitzenkandidat, introdurre le liste transazionali e il potere di veto. Vogliamo una vera riforma della governance che rafforzi il Parlamento».
Come immagina di affrontare un emiciclo che per un buon quarto sarà formato da populisti e sovranisti?
«Pensavano di spaccare l’Europa e invece l’Europa ha spaccato i loro governi e il loro fronte. Immagino una legislatura molto politica, vincolata alle indicazioni avute il 26 maggio da chi ci ha incoraggiato a scommettere su un’Europa più unita. E’ una stagione entusiasmante. Possiamo entrare in un mondo nuovo e permettere agli europei d’essere protagonisti della globalizzazione. Non siamo affatto “alle solite”, come dice qualcuno».
E se fossero “le solite”?
«I cittadini chiedono un cambiamento, è un mandato che non si può tradire. Il dibattito si è spostato. Questo non è un avvio burocratico di legislatura. Il voto ha fatto nascere un patto politico che farà bene alla costruzione europea».
Come tratterà chi volge le spalle all’Inno alla gioia?
«Con l’esempio, che funziona sempre. Se c’è un inno, mi alzo. E così davanti a una bandiera. Lo farò in ogni occasione».
I populisti dicevano che avrebbero spazzato via tutti. Non è andata proprio così.
«E ora si mostrano storditi, perchè pensavano che avrebbe colpito al cuore la costruzione europea».
Perchè “storditi”?
«Perchè le indicazioni del voto sono state chiare. Gli elettori chiedono il rafforzamento dell’Ue e i partiti europeisti hanno vinto».
Come la mettiamo con i Verdi, però. Si sono chiamati fuori dal progetto di unione di tutte le forze europeiste.
«Sono state fatte molte aperture sul fronte ambientale, dalla Banca per il Clima, alla riduzione del 55% delle emissioni di Co2 alla tassazione dei giganti hi-tech, eppure non hanno sentito la necessità di condividere le loro scelte con gli altri. Detto questo, credo che la stagione dell’autosufficienza politica sia conclusa. Nessuna forza può stare da sola se si vuole perseguire un progetto serio di costruzione europea».
Scommetterebbe su un fronte europeista ricompattato?
«Sì, certamente. Se sarà una legislatura politica, sarà anche pragmatica. Dobbiamo dare risposte concrete ai problemi della solidarietà tra gli Stati, all’immigrazione, alla coesione, allo stato di diritto. Lo devono fare tutti».
L’Italia vive sull’orlo di una crisi di governo e le fratture sull’Europa appesantiscono il quadro. Come finisce?
«Adesso comincia il terzo tempo, cioè la fase di formazione della Commissione europea e questo può consentire anche ai governi che si sono ritrovati divisi di rientrare nel gioco europeo».
Hanno scelta?
«Assolutamente no. All’Europa servono paesi stabili. E la stabilità , in questo momento, dipende dal saper stare nel gioco europeo».
È una previsione, questa, oltre che un auspicio?
«Io penso sia conveniente»
La preoccupano di più il protezionismo di Trump o le ingerenze di Putin?
«Mi preoccupa ogni dinamica che cerchi di dividerci. Se c’è una missione oggi per la nostra generazione, è quella di rafforzare il senso della nostra indipendenza e lavorare per un multilateralismo che veda tutti partecipi. Tutti gli Stati europei si sono formati lottando per l’indipendenza e oggi sono chiamati a difendere l’indipendenza dell’Europa».
In che modo?
«In modo pragmatico. La leader del gruppo socialista ha annunciato che a settembre presenterà una proposta per una iniziativa parlamentare per fare chiarezza sulle ingerenze dei paesi stranieri nello spazio europeo. Un tema caldo su cui anche la cancelliera Merkel ha espresso gravi preoccupazioni».
Inevitabile pensare alle notizie che arrivano da Mosca
«Occorre fare grande attenzione. Bisogna regolare gli strumenti che hanno un peso e un’influenza su di noi».
Parliamo di persone reali. Che idea si è fatto di Ursula von der Leyen
«Ci siamo già incontrarti diverse volte e ci incontreremo ancora. Ci accomuna il fatto di essere figli di una generazione che ha subito la guerra. E ho visto anche in lei il desiderio di restituire qualcosa a chi ci ha consentito di vivere in una terra di pace».
Ha lavorato a lungo con Antonio Tajani. Cosa le ha consigliato nel passare il testimone di presidente
«Di essere attento soprattutto ai dettagli».
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 21st, 2019 Riccardo Fucile
L’INCREDIBILE EPISODIO A VERCELLI: IL CITTADINO IN STATO DI FRAGILITA’, CON UNA PROSPETTIVA LIMITATA DI VITA, NON RIESCE NEANCHE A PAGARE LE BOLLETTE
«Occupante abusivo di casa. Reddito di cittadinanza in saccoccia (…). Ah, ecco l’Italia. Quella dove imprenditori, professionisti e famiglie vengono munti dallo Stato fino al sangue: ma dove migliaia di parassiti vivono alle spalle degli altri», con tanto di hashtag #poverapatria.
È il post del neo assessore alle Politiche Giovanili, Emanuele Pozzolo, segretario provinciale di Fratelli d’Italia che, a poco più di un mese dalle elezioni amministrative, scatena la polemica a Vercelli.
Nel post pubblicato su Facebook due giorni fa, infatti, l’assessore ha riportato un dialogo che avrebbe avuto con un cittadino di Vercelli che, arrivato in Comune per chiedere supporto in una situazione di fragilità , avrebbe detto che non riusciva presentarsi in settimana per un incontro perchè, gli avrebbe risposto, «vado via, vado in vacanza».
Ma non è andata così.
Nessuna menzione che faccia risalire alla persona, peccato che una cittadina si è riconosciuta come «compagna dell’occupante abusivo di casa la cui madre si è rivolta a lei ieri per risolvere il problema del figlio».
La donna, sempre sui social, ha spiegato che «il mio compagno è un invalido civile al 100 %, trapiantato di midolleo osseo, che spera di sopravvivere ancora per qualche anno (siamo ancora nella fase di verifica del rigetto). Non è un parassita, come lei lo ha nominato».
La donna ha assicurato che chiederà conto nelle sedi opportune per le dichiarazioni dell’assessore spiegando che il compagno «per le sue gravissime condizioni di salute non è assolutamente in grado di lavorare, nè tantomeno di andare in vacanza.
“Grazie al reddito di cittadinanza sopravvive, ma non riesce a pagare nè le bollette, nè l’affitto di una casa. Viviamo senza luce, acqua e gas e siamo italiani. Stupisce che un assessore che viene interpellato per risolvere il caso umano di un invalido civile al 100 %, risponde su Facebook, mettendo in piazza notizie nemmeno veritiere. Grazie per il servizio che ha reso ad un cittadino che si è rivolto a lei per un problema serio».
Ora la retromarcia del Comune: l’incontro tra la famiglia e i rappresentanti dell’assessorato alle Politiche Sociali di Vercelli alla fine è stato fissato. Ci sarà all’inizio della prossima settimana ma intanto la polemica politica è servita.
Sul caso, infatti, è intervenuta anche l’ex sindaca Maura Forte. «Ho sentito la famiglia: aveva chiesto aiuto all’assessore sperando di trovare nel Comune un interlocutore, invece ha letto sui social queste parole e, riconoscendosi, si è sentita offesa. È impensabile che frasi simili arrivino da una figura istituzionale, un assessore non può dare dei parassiti a quanti vivono delle realtà di disagio, soprattutto perchè in questo caso parliamo di una persona che vive una situazione di disagio, ha difficoltà a uscire di casa e di certo non va in vacanza . È imbarazzante per l’amministrazione, frutto di un atteggiamento di arroganza».
(da agenzie)
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Luglio 21st, 2019 Riccardo Fucile
INCASTRATI DAL VIDEO DELLO STUPRO AVVENUTO A VITERBO NELLA SEDE DI CASAPOUND
Riccardo Licci e Francesco Chiriccozzi hanno offerto 20.000 euro ciascuno alla vittima della presunta violenza sessuale avvenuta nell’Old Manners Pub, che funziona da luogo di ritrovo e da sede di Casapound a Viterbo, a titolo di risarcimento.
I due giovanissimi — in carcere da aprile con l’accusa di violenza sessuale di gruppo — si sono visti da poco rifiutare gli arresti domiciliari.
Il giudice per le indagini preliminari Savina Poli ha rigettato l’attenuazione delle misure cautelari, nonostante l’assenso espresso dal pm titolare dell’inchiesta, in quanto a suo avviso non sarebbero venute meno le esigenze detentive per gli imputati.
Nella stessa occasione, tramite i loro legali, avevano avanzato l’offerta di risarcimento, rifiutata dalla 36enne che li ha denunciati.
Il gip non ha ritenuto soddisfacenti le dichiarazioni dei due coimputati nell’interrogatorio avvenuto lo scorso 12 luglio.
In particolare entrambi hanno continuato a riferirsi ai fatti avvenuti come a un rapporto consensuale, dicendosi convinti di essere stati denunciati dalla donna “solo” perchè si sarebbe sentita umiliata per le riprese fatte con i telefonini e poi inviate in diverse chat — compresa quella di Blocco Studentesco Viterbo — e anche al padre di uno dei due. Secondo gli inquirenti invece proprio quei filmati mostrerebbero una violenza brutale ed evidente, tanto da giustificare l’arresto, mentre gli accusati descrivono un rapporto consensuale pur ammettendo che la donna non volesse essere ripresa.
Le dichiarazioni degli arrestati per il giudici “non esprimono vera resipiscenza o presa d’atto del grave fatto delittuoso di cui si sono resi responsabili, apparendo, anzi, strumentali alla richiesta di alleggerimento della pena”. Insomma nessun vero pentimento sarebbe nè consapevolezza della gravità di quanto accaduto.
(da agenzie)
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Luglio 21st, 2019 Riccardo Fucile
A CUOR DI LEONE LA SCELTA DELLA TRASMISSIONE
“Salvini sembra ossessionato da me. Quando ha finito di fare le bizze, lo sfido a un confronto televisivo. Scelga in quale trasmissione confrontarsi civilmente, senza comizi. Il capitano coraggioso avrà il coraggio di confrontarsi? O continuerà a insultare a distanza? #coraggio”.
Lo scrive in un tweet la deputata Pd Maria Elena Boschi rilanciando un’immagine social in cui Salvini attacca sia lei che Matteo Renzi.
“Essere sfiduciato da Renzi e la Boschi? Per me è una medaglia olimpica”, twitta esultante il segretario leghista, con tanto di segno di vittoria.
Tra i due è battaglia social da giorni, con l’ex ministra che incalza per una mozione di sfiducia al vicepremier sul caso dei presunti fondi russi alla Lega, e il leghista che attacca la parlamentare Pd.
Ora la sfida diretta di Maria Elena, ma Salvini scapperà come sempre (con le donne gli sta andando male)
(da agenzie)
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Luglio 21st, 2019 Riccardo Fucile
OGNI GIORNO CHIUDONO 14 NEGOZI… UNA SU DUE CHIUDE NEI PRIMI TRE ANNI DI VITA
Sarà un 2019 a segno meno per il commercio. È quanto indicano le stime di Confesercenti, secondo cui se non ci saranno inversioni di tendenza, l’anno si chiuderà con una flessione del -0,4% delle vendite, per oltre un miliardo di euro in meno rispetto al 2018: il risultato peggiore degli ultimi quattro anni.
La crisi che ha colpito il settore non sembra quindi arrestarsi, stando anche al bollettino di guerra certificato dall’associazione. Oggi, rileva Confesercenti, rispetto al 2011 ci sono 32mila negozi in meno, un’emorragia che ha portato a bruciare almeno 3 miliardi di euro di investimenti delle imprese. E quest’anno stimiamo che spariranno ancora più di 5mila attività commerciali, al ritmo di 14 al giorno.
A pesare è il mancato recupero della spesa delle famiglie italiane, che sono oggi costrette a spendere annualmente 2.530 .euro in meno che nel 2011.
Una sofferenza non limitata alle sole aree più povere del paese: le famiglie lombarde hanno ridotto i loro consumi del 3,5%, quelle venete del 4,4%, poco meno di quanto avvenuto in Calabria, dove la contrazione è stata del 4,8%.
Lo stop della spesa ha inoltre portato ad riorientamento delle scelte di consumo verso quei canali dove più esasperata è la concorrenza di prezzo, come web e outlet. Una convergenza che ha messo in ginocchio le piccole realtà . Ormai – rileva Cnfesercenti – quasi un’attività commerciale indipendente su due chiude i battenti entro i tre anni di vita.
(da agenzie)
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Luglio 21st, 2019 Riccardo Fucile
IN 16 ANNI SI SONO DIMEZZATI GLI STUDENTI… GOVERNO SOTTO ACCUSA: HA ABBANDONATO ANCHE L’ALTERNANZA SCUOLA-LAVORO
In sedici anni si sono dimezzati gli iscritti agli istituti professionali, e il Paese — tanto meno il ministero dell’Istruzione – non ha ancora messo a fuoco che questo è un problema primario.
Lo scorso 27 giugno il Miur ha reso pubblici i dati sulle iscrizioni scolastiche per l’anno 2019-2020: hanno certificato, i dati, come le famiglie negli ultimi cinque anni si siano aggrappate alla tradizione dei licei: su 542.654 richieste di iscrizione alla prima superiore, infatti, il 54,6 per cento si è affidato a un classico, uno scientifico, un linguistico (i licei sono in crescita di iscritti dal 2014-2015).
Le scuole tecniche (economiche, tecnologiche, turistiche) sono in lieve ripresa: le affronterà il 31 per cento del totale che si affaccia alla secondaria superiore.
La scelta degli undici indirizzi di istruzione professionale e dei percorsi di formazione professionale (IeFp), invece, è in vistoso calo.
Gli iscritti alla prossima stagione, qui, sono al 14,4 per cento del totale contro il 15,2 dell’anno precedente. Gli istituti professionali quinquennali sono in leggera risalita (0,1 per cento), ma crollano le adesioni alle scuole regionali di tre o quattro anni.
La caduta dell’appeal delle Professionali dura da sedici anni, seguendo i dati offerti nelle successive stagioni dall’Ufficio statistica del Miur.
Nell’Anno scolastico 2003-2004 — con la scuola divisa semplicemente in cinque categorie — il 27,4 per cento dei quattordicenni entrava in istituto per imparare un lavoro: erano le scuole più richieste (tenendo conto che, allora, solo il classico e lo scientifico erano classificati licei).
Dal 2003 è iniziata una discesa continua e rapida con due accenni di risalita nel 2009 e nel 2012 che non hanno invertito la tendenza negativa: i Professionali non sono istituti cercati in un Paese che tutt’oggi poggia la sua tenuta economica sulla piccola e media impresa e quando nel resto d’Europa — in Germania, soprattutto — le scuole del fare hanno altri numeri, altra attenzione, altri risultati.
Se si entra nel dettaglio degli undici indirizzi professionali, si vede che perde (0,2 per cento) anche quello più frequentato: “Enogastronomia”. Il “Food” è questione di moda e che crea occupazione, a livello universitario crescono i corsi in Scienze alimentari, ma nella scuola anche questo segmento non tira. “Servizi per la sanità e l’assistenza sociale” è il terzo per iscritti. Tengono “Servizi commerciali” e “Manutenzione e assistenza tecnica”.
Una ricerca della Fondazione Agnelli del febbraio 2018 ha spiegato una questione che, probabilmente, le famiglie italiane hanno introiettato da tempo: i Professionali italiani (nella ricerca anche i Tecnici, in verità ) danno minori garanzie di occupazione. Nello specifico, solo il 42,7 per cento dei diplomati tecnico-professionali trova un lavoro nei due anni successivi alla Maturità . E di questi, solo uno su cinque lo trova a tempo indeterminato.
Due riforme in sei anni (Gelmini con Berlusconi nel 2011, Toccafondi con Gentiloni nel 2017) non riescono a incidere sui destini della scuola professionale italiana. La dispersione – ovvero gli studenti che non arrivano alla Maturità – resta alta e troppe classi sono diventate luoghi di aggressività studentesca nei confronti di docenti lasciati in solitudine.
“La scuola è il luogo in cui i ragazzi scoprono la propria strada, il proprio talento e si orientano per il futuro”, dice Gabriele Toccafondi, oggi deputato centrista, sottosegretario all’Istruzione con Renzi e Gentiloni, “gli istituti professionali vanno sostenuti e rilanciati per il bene del Paese. Questo governo, che pure tra la piccola impresa del Nord ha molto elettorato, non lo sta facendo. La crisi delle scuole professionali è l’altra faccia dell’abbandono dell’Alternanza scuola lavoro”.
Alla Camera il ministero ha rivelato che nell’anno scolastico appena chiuso solo il 53 per cento degli studenti ha svolto l’Alternanza (nel 2017-2018 era stato l’89 per cento). Le strutture ospitanti sono passate da 208 mila a 190 mila.
Che le professionali servano lo dimostra l’iniziativa dell’azienda di Treviso Came, leader nel settore dell’automazione (cancelli, citofonia): ha selezionato 22 studenti tra 740 in tutta Italia per avviarli a uno stage teorico e pratico lungo due settimane.
(da agenzie)
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