Luglio 29th, 2019 Riccardo Fucile
SE SALVINI VUOLE LA RIPARTIZIONE CHIAMI I PAESI DI VISEGRAD, GLI ALTRI PAESI FANNO BENE A NON CEDERE AL RICATTO: LA NAVE E’ DELLA MARINA ITALIANA, DOVEVANO SBARCARE A LAMPEDUSA SENZA TANTE PALLE CINQUE GIORNI FA
La Germania è disponibile ad accogliere una parte dei migranti che ancora oggi si trovano a bordo del pattugliatore Gregoretti della Guardia costiera, ormeggiato da sabato notte al pontile Nato della Marina militare nella rada di Augusta
Nel frattempo il Viminale ha dato il via libera alla liberazione di 16 ostaggi, ovvero allo sbarco di 16 persone che si sono dichiarate minorenni (tra i 15 ed i 17 anni), fra le 132 ancora a bordo del pattugliatore.
Mentre a Bruxelles, “su richiesta dell’Italia”, continua il lavoro della Commissione per coordinare i contatti fra gli Stati membri che intendono seguire l’esempio della Germania e dichiararsi disponibili ad accogliere.
In verità nessun altro Paese pare intenzionato a farsi ricattare dal governo italiano che avrebbe per legge dovuto sbarcare i profoghi a Lampedusa cinque giorni fa e semmai dopo discutere sulla redistribuzione, invece che tenere sequestrare a bordo 132 esseri umani più 40 militari italiani di equipaggio.
E’ un nuovo “caso Diciotti”, con i migranti soccorsi e l’equipaggio della Guardia Costiera tenuti “in ostaggio” dal governo e il capo del Viminale che fu indagato per sequestro di persona (e poi salvato dall’impunità garantitagli dai servi grillini)
Non a caso Salvini ha dirottato la nave lontano dalla competenza territoriale della Procura di Agrigento , unica zona evidentemente in Sicilia dove viene ancora perseguito il reato di sequestro di persona.
(da agenzie)
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Luglio 29th, 2019 Riccardo Fucile
IL GIOVEDI’ SERA A TRASTEVERE E CAMPO DEI FIORI IL RITO DI UBRUIACARSI E’ UNA PRASSI
“Totale inconsapevolezza”, “immaturità eccessiva”, “totale assenza di autocontrollo e capacità critica”. Dall’ordinanza firmata dal gip di Roma, Chiara Gallo, emerge come Elder Finnegan Lee e Gabriel Christian Natale Hjorth, arrestati per l’omicidio del carabiniere Mario Cerciello Rega, avessero affrontato il proprio viaggio nella Capitale.
Un viaggio slegato dalla responsabilità e affrontato invece con un senso di impunità come capita a tanti ragazzi stranieri, in particolare statunitensi alla volta della città eterna, considerata qualcosa a metà tra luna park dello sballo e rito di passaggio.
I due ragazzi americani quella sera cercavano la droga ma erano già pieni di alcol.
Non una novità per il giro di giovani americani che bazzicano la Capitale per studio o anche solo per una fugace vacanza. Il giovedì sera poi è proprio una delle serate clou dello sballo.
Il Thirsty Thursday in inglese, ovvero giovedì assetato. Dove è normale fare il tour dei locali di Trastevere e Campo dei fiori per ubriacarsi con pochi euro. Un vero e proprio divertimentificio al confine tra lecito e illecito, che in passato è già finito più di una volta nella pagine di cronaca nera.
Ed è proprio in una di quei giovedì, il 25 luglio, con un caldo afoso che non fa respirare, che Elder Finnegan Lee e Gabriel Christian Natale Hjorth decidono di cercare un po’ di droga, qualche grammo di coca che amplifichi lo sballo.
Ma che tipi sono questi due californiani originari di San Francisco che per il loro viaggio nella capitale italiana hanno messo in una valigia imbarcata nella stiva un coltello militare di 18 centimetri? Secondo il gip di Roma che ha scritto l’ordinanza di convalida del fermo e applicazione della della custodia cautelare in carcere, sono sicuramente due soggetti pericolosi e capaci di ripetere reati simili.
“Concreto è il pericolo di reiterazione di reati analoghi desumibile dalle modalità e circostanze del fatto – spiega il gip – e in particolare dalla disponibilità di armi di elevata potenzialità offensiva, dalla concatenazione dei crimini perpetrati in brevissimo lasso di tempo nella totale inconsapevolezza da parte degli indagati, del disvalore delle proprie azioni”.
Elemento che, continua il giudice, appare “evidente anche nel corso degli interrogatori durante i quali nessuno dei due ha dimostrato di aver compreso la gravità delle conseguenze delle proprie condotte, mostrando una immaturità eccessiva anche rispetto alla giovane età , dal grado di violenza che connota le condotte di entrambi”.
Sempre secondo il gip, il fatto che i due indagati al momento del crimine avessero già bevuto alcol e fossero in cerca di droga testimonia “la loro totale assenza di autocontrollo e capacità critica e di conseguenza rendono evidente la loro elevata pericolosità sociale”.
Insomma, i due sono venuti, come tanti altri, in vacanza nella Capitale dall’America per un soggiorno all’insegna del divertimento. Alloggiavano in un albergo a 4 stelle nel quartiere Prati. Ed è lì che sarebbero tornati a dormire, dopo l’omicidio, commesso materialmente da Finnegan, a pochi passi dall’hotel.
Uno dei due, il presunto killer, proviene da una famiglia facoltosa di San Francisco, di cui entrambi i ragazzi sono originari, e sarebbe stato lui a pagare il soggiorno nell’albergo anche per l’amico.
Sempre Finnegan fa uso di psicofarmaci, secondo quanto emerge dalla Procura di Roma: nella stanza gli inquirenti hanno trovato un flacone di Xanax. Gabriel Christian Natale Hjorth si trovava in Italia da una settimana perchè era venuto a trovare alcuni parenti italiani.
L’amico, il presunto killer che ha confessato, lo ha raggiunto dopo. Entrambi frequentavano un college a San Francisco e Lee Elder Finnegan era in possesso di una carta di credito di lusso, a conferma della sua provenienza del ragazzo da una famiglia benestante.
Elder, Fin per gli amici, su Instagram è il “Re del Nulla”, uno per cui “la morte è assicurata, la vita no”. È descritto come un ragazzo “sempre ben vestito, alla moda”, ma non estraneo alla droga e all’alcol. E ancora più oscuro sembra emergere il ritratto di Gabriel Natale Hjorth, l’amico complice. “Ho sempre saputo che era un cattivo ragazzo. È conosciuto come un delinquente”, afferma con alcuni media locali Tommy Flynn, compagno di classe di Natale-Hjorth al liceo Tamalpais, nella Mill Valley, un sobborgo benestante a 16 chilometri da San Francisco.
A scuola aveva la reputazione del “violento, di uno che picchiava gli altri ragazzi” spiega Flynn. “L’ho sempre visto come un pò sospetto, ma mai così male”, dice Charlie Lupenow, un altro compagno di classe di Natale.
Un altro compagno, che preferisce non rivelare il suo nome, lo descrive come un “folle quando era sotto l’effetto delle droghe. Era conosciuto come uno spacciatore”. Gabriel, giocatore di lacrosse, si è diplomato insieme a Elder nel 2018, senza grandi riconoscimenti o onorificenze scolastiche.
Elder è invece descritto da una delle vicine di casa della sua famiglia un “bravo ragazzo”. “Lo conosco da quando è nato, è uno ragazzi più bravi del quartiere. Non riesco a immaginarlo commettere un gesto simile” dice incredula e “scioccata” Gloria Keeley. Ma non tutti nel vicinato sono d’accordo, alcuni lo definiscono un “piantagrane”, non estraneo a droghe e armi e spesso “ubriaco”: “si è sentito male davanti casa nostra diverse volte” afferma un vicino.
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 29th, 2019 Riccardo Fucile
PARLA ALAN DERSHOWITZ, IL PENALISTA PIU’ FAMOSO DEGI STATI UNITI (FECE ASSOLVERE O.J. SIMPSON) CHE INDICA LE TRE STRADE PERCORRIBILI
«Se io fossi l’avvocato dei due ragazzi arrestati a Roma, userei subito quella foto per invalidare l’intero procedimento legale». Il professore emerito di legge all’Harvard University Alan Dershowitz, forse l’avvocato penalista più famoso degli Stati Uniti, fa questo commento subito dopo aver visto l’immagine del detenuto bendato sul sito internet della Stampa.
L’uomo che aveva contribuito all’assoluzione di O.J. Simpson chiarisce subito che il problema non è la disputa politica o morale tra “buonisti” e “cattivisti”, ma l’impatto legale della foto.
Ci sono almeno tre strade che possono seguire gli avvocati di Elder Finnegan Lee e Christian Gabriel Natale Hjorth per tentare di annullare il processo sull’omicidio del vice brigadiere Mario Cerciello Rega, dopo la diffusione della foto di Natale Hjorth bendato e ammanettato in caserma subito dopo l’arresto.
Lo spiega l’avvocato Alan Dershowitz, professore emerito di legge all’Università di Harvard e tra i penalisti più famosi degli Stati Uniti, che in carriera ha contribuito ad assolvere anche l’ex giocatore di football e attore O.J. Simpson.
Dershowitz a La Stampa dice chiaramente che quella foto «prova senza ombra di dubbio che il ragazzo arrestato ha subito un trattamento illegale» e indica tre soluzioni: una diplomatica, una giuridica e una “europea”.
Dal punto di vista diplomatico, Dershowitz ricorda che non esiste un procedimenti di estradizione inversa: il reato è stato commesso in Italia e quindi è sotto la giurisdizione italiana. Ma potrebbe intervenire il governo Usa, che potrebbe: «presentare una protesta formale, e chiedere che il ragazzo venga mandato in America per il processo.
Gli Usa lo hanno fatto in molti casi. In genere non è un mezzo adoperato con i paesi alleati come l’Italia, ma l’impatto mediatico della foto potrebbe spingerli ad agire».
Certo, sempre che non sopraggiungano nuovi elementi: «Altre prova talmente schiaccianti, da rendere superfluo questo atto».
La seconda strada è quella giuridica, per la quale potrebbe essere sollevato il dubbio che «la confessione è avvenuta quando il soggetto era bendato o dopo». Una ricostruzione che però viene sostanzialmente smentita dal procuratore Salvi, che ha garantito la correttezza della procedura dell’interrogatorio dei due accusati, alla presenza dei loro avvocati e senza che fossero ammanettati o peggio ancora con la benda.
La terza ipotesi punta a un possibile ricorso alla Corte europea dei Diritti dell’Uomo e alla Corte di giustizia europea: «Gli avvocati italiani dei due arrestati potrebbero subito rivolgersi a queste sedi, usando la foto come la prova di un trattamento che viola la legge, per bloccare o annullare il processo. I ricorsi in questi casi possono essere presentati prima, durante e dopo il procedimento, e quindi rappresentano una spada di Damocle che continuerà a pendere sulla testa delle autorità di Roma per anni».
(da agenzie)
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Luglio 29th, 2019 Riccardo Fucile
GIUSTO CHIEDERE RIGORE MA OCCORRE IL RISPETTO DELLE REGOLE GIURIDICHE CHE COSTITUISCONO UNA GARANZIA PER TUTTI
Quando accadono certe cose, le divisioni e le contrapposizioni tra “colpevolisti” e “garantisti” saranno (quasi) sempre inevitabili, purtroppo
L’equilibrio, la misura ed il buon senso perderanno quasi sempre efficacia per cedere il passo all’emotività ed ai giudizi più o meno sommari.
Quando viene brutalmente spenta una vita è naturale indignarsi, provare dolore, nutrite rabbia e chiedere la punizione dell’autore del fatto. Anzi, guai se non fosse così
Ma è proprio qui che si gioca la grande sfida inerente l’autentica sostanza, “l’in se”, di una collettività , in generale, e di un popolo, in particolare..
Come la consumiamo questa “voglia di giustizia”
Ci affidiamo alla “giustizia”, ai “processi sommari”, ivi compresi quelli celebrati dai vari “commentatori” (più o meno accreditabili come “intellettuali” e/o “intellettualoidi”) o ci affidano alla legge ed agli organi all’uopo preposti per accettare, fino in fondo, i principi filosofici, prima, e giuridici, poi, di quella che, almeno formalmente, sarebbe ancora la “culla del diritto”
Pur in presenza di una confessione e di “prove” ritenute “schiaccianti”, chiunque entri in un’aula di giustizia, anzi, chiunque venga sottoposto a procedimento penale, si presumerà sempre innocente perchè la prova, tutte le prove, ivi comprese quelle ritenute “schiaccianti”, si formeranno nel contraddittorio tra le parti, innanzi ad un giudice terzo ed in parziale.
Le deroghe al principio esistono (si pensi agli accertamenti tecnici urgenti non ripetibili, alle ipotesi di subornazione dei testimoni ed alle letture consentite), ma sono eccezionali ed operative soltanto a determinate, tassative, condizioni che, peraltro, comunque non escludono (per intero) la necessitata interlocuzione tra le parti.
L’affermazione o meno della responsabilità penale dell’imputato (non dell’indagato, ma dell’imputato!), insomma, sarà “frutto” di un iter lungo e meditato perchè, prima di ogni cosa, bisognerà ricostruire il fatto materialmente accaduto ed in tutte le sue “sfumature”, sia oggettive che soggettive; poi si dovrà procedere alla sua qualificazione giuridica; quindi si procederà alla verificazione della sussistenza degli elementi giuridicamente rilevanti per l’affermazione, o meno, della specifica responsabilità a cagione di quella determinata “sussunzione”
E non basterà farlo una volta soltanto, perchè, allorquando richiesto, potrà consumarsi un secondo giudizio di merito, un conclusivo giudizio di legittimità e, allorchè sostenuto da specifica elementi giuridicamente dati, finanche la revisione della stessa sentenza di condanna
Innanzi alla legge, insomma, non dovrebbero proprio concepirsi, nè “perbenisti”, nè “angeli vendicatori”. Le regole rappresentano, sono, e saranno sempre, una forma di garanzia. Anzi, sono “la garanzia”!
Stabiliscono le aree di libertà e quelle di “costrizione”. Impongono limiti ma anche spazi di libertà incontrovertibili. Renderle “flessibili”, renderle “cedevoli” all’emotività , tutto sarebbe tranne che sinonimo di civiltà !
Chi ha sbagliato è giusto che paghi, ma nei modi di legge ed a seguito di un iter processuale debitamente celebratosi.
La “Santa inquisizione” non c’è più! Non c’è più nemmeno il “regime totalmente inquisitorio”. Nel bene e nel male, viviamo in un diverso contesto e dovremmo esserne degni, fino in fondo…
Indignarsi e “provare dolore”, “ci sta”, è legittimo ed anche “sacrosanto”. Chiedere che venga fatta giustizia, anche.
Poi, però, bisognerà lasciare spazio alla razionalità , soprattutto nell’adempimento del proprio dovere, “istituzionale”, “funzionale”, ma anche di “mero cittadino”, perchè l’Occidente (per quanto filosoficamente relativo possa appalesarsi questo concetto) non è mai “stato barbaro”: i “barbari”, li ha sempre combattuti, con la “spada” ma anche, e soprattutto, a “colpi di cultura e di civiltà ”…
Salvatore Totò Castello
Right Blu- La Destra liberale
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Luglio 29th, 2019 Riccardo Fucile
LA VERGOGNA DI UNO STATO CHE INCASSA LA MISERIA DI 103 MILIONI PER LE CONCESSIONI DEMANIALI MENTRE I PRIVATI INCASSANO 15 MILIARDI E HANNO ANCORA IL CORAGGIO DI LAMENTARSI
La trasformazione delle spiagge italiane, proprietà inalienabile dello Stato, in luoghi dedicati a divertimento e ristorazione gestiti da privati è un processo irreversibile: secondo l’ultimo rapporto di Legambiente anticipato oggi da La Stampa le concessioni demaniali marittime sono 52.619: di queste, 11.104 per stabilimenti balneari e 1.231 per campeggi, circoli e resort, che rappresentano il 42% di occupazione delle spiagge.
E Lo Stato che benefici ha? Pochi.
Incassa per il demanio marittimo solo le briciole: 103 milioni l’anno nel 2016 (ultimi dati disponibili) per un giro d’affari stimato da Nomisma in 15 miliardi di euro l’anno: 6.106 euro a chilometro quadrato, 4 mila euro l’anno di media a stabilimento.
Oggi la percentuale di spiagge libere e balneabili si è ridotta al 40%.
In Liguria ed Emilia Romagna quasi il 70% delle spiagge è occupato da stabilimenti, in Campania il 67,7%, nelle Marche il 61,8%.
Dimenticate le dune che ondeggiavano la costa su cui si giocava da bambini, le lunghe spiagge incontaminate bordate dall’ombra delle pinete, i picnic con la borsa frigo trasportata a fatica sulla sabbia sotto il sole a picco.
Alla progressiva compressione della libertà di accesso si aggiunge un’ ulteriore riduzione: oggi quasi il 10% delle aree costiere sabbiose è vietato alla balneazione per l’inquinamento.
In molti Comuni le aree non date in concessione sono vicine a fiumi, fossi, scarichi fognari. Tratti non balneabili: mare “di serie B”.
In mancanza di una normativa nazionale, sono le Regioni a fissare le percentuali massime che possono essere date in concessione.
Ma poche, rileva Legambiente, «sono intervenute con leggi a tutela della libera fruizione». In cinque regioni (Friuli, Veneto, Basilicata, Toscana, Sicilia) non esiste limitazione, come se tutte le spiagge fossero virtualmente «sul mercato».
(da “NextQuotidiano”)
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Luglio 29th, 2019 Riccardo Fucile
LA SEGNALAZIONE DEL MOVIMENTO “CARA ITALIA”: “ABBIAMO APPENA INIZIATO A SEGNALARE I POST RAZZISTI E ANDREMO FINO IN FONDO”
Davide contro Golia. La sfida impossibile.
Da un lato, il neonato (e minuscolo) movimento “Cara Italia”, che aspira a diventare il primo partito dei migranti del nostro Paese, dall’altro l’imponente macchina propagandistica di un partito di governo: la Lega.
In mezzo, Facebook che ha deciso di eliminare alcuni post del partito di Salvini.
Un passo indietro. Stephen Ogongo è un giornalista 44enne, originario del Kenya. È arrivato in Italia per motivi di studio 25 anni fa, ha insegnato all’università Gregoriana, ha due figlie, è caporedattore di 10 testate del gruppo “Stranieri in Italia”.
Con la sua redazione ha lanciato a ottobre scorso un nuovo movimento: “Cara Italia”. Oggi ha 11mila adesioni su facebook. A breve dovrebbe varare uno statuto per darsi una forma politica.
Insomma, un partito per «per dare voce a chi non ce l’ha, ai tanti delusi della mancata riforma dello Ius soli e delle politiche razziste dell’attuale maggioranza».
L’appello a Facebook. A metà luglio, Ogongo ha pubblicato un video in cui chiede a Facebook «di chiudere le pagine di Salvini e della Lega e applicare le proprie politiche contro il razzismo e l’incitamento all’odio.
Queste pagine — dichiara Ogongo — sono diventate luoghi di ritrovo virtuale per le persone che portano avanti apertamente discorsi sessisti, razzisti e di odio nei confronti degli immigrati, dei rifugiati, dei Rom, delle Ong e dei volontari che salvano le persone in mare».
“Alcuni post cancellati”.
Ebbene, dopo aver segnalato la pagina “Lega — Salvini Premier”, Ogongo mostra in rete un messaggio del servizio assistenza di Facebook che sarebbe arrivato a un attivista di Cara Italia, in cui si legge: «Lega-Salvini Premier è stata esaminata e abbiamo riscontrato che alcuni contenuti sulla pagina non rispettano i nostri standard della community. Abbiamo rimosso quei contenuti specifici (ad esempio foto e post) anzichè l’intera pagina».
Secondo Ogongo è la prima volta che in Italia vengono rimossi dei post di Salvini: «Si tratta di un segnale piccolo, ma di una bella soddisfazione — dichiara all’agenzia Dire — non ci fermeranno. La nostra campagna è appena iniziata e andremo avanti fino in fondo. Ne va della sicurezza e della democrazia dell’Italia».
(da agenzie)
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Luglio 29th, 2019 Riccardo Fucile
VIAGGIO TRA I SENZATETTO DI MILANO CON I VOLONTARI CHE NON VANNO IN FERIE… LA MANCANZE DI STRUTTURE E I KIT DI SOCCORSO… A LORO IL REDDITO DI CITTADINANZA NON SPETTA
Sono le dieci del mattino e l’asfalto di Milano inizia già a bruciare. Il termometro segna 36 gradi e il picco di calore non è ancora arrivato.
Negli uffici, nelle case, i condizionatori funzionano a pieno regime: l’ultimo blackout, a fine giugno, ha paralizzato mezza città . Ma è un’opzione su cui non può contare chi vive per strada. Che boccheggia.
Si cerca fresco, tra gli invisibili, come il caldo a dicembre, e non solo a Milano. L’allarme lanciato dalla Protezione civile e dalle associazioni di volontariato è per 50mila senza tetto in tutta Italia a rischio malori, in queste ore. Sotto la Madonnina la Stazione Centrale è fra i luoghi più gettonati, con le sue arcate e i portici. La benedetta ombra.
Seduto sui gradini che portano ai binari c’è Ivan. Prova a mimetizzarsi tra turisti e viaggiatori, sfoggia un paio di occhiali da sole e l’atteggiamento di chi aspetta un treno. Se non fosse per i vestiti, ridotti a uno straccio, potrebbe anche sperare di ingannare qualcuno.
«Sono qui per il caldo. In Centrale riesco almeno a respirare e la notte posso dormire qualche ora, anche se le zanzare mi mangiano vivo».
Ha 50 anni e viene da Firenze: «I miei sono morti e i soldi sono finiti. Non saprei dove altro andare».
Un’altra delle oasi nel deserto africano di Milano in questi giorni è il sottopassaggio di viale Lunigiana. Omar ha costruito il su rifugio di cartoni tra due dei pilastri che sorreggono la ferrovia. Viene dal Chad ed è arrivato su un barcone tre anni fa. Il mare, coi suoi incubi, è lontano anni luce. Documenti? «Nessuno». Un altro escluso dal circuito dell’accoglienza a causa delle recenti mosse del governo.
È sudatissimo «ma qui sotto si sta un po’ più freschi — assicura —, meglio lo smog del caldo ». Vive e dorme sull’asfalto, a pochi metri dal via vai dei filobus. L’aria è irrespirabile, l’odore al limite della sopportazione e con il calore peggiora. Ha 30 anni ma ne dimostra almeno dieci di più, se non altro per la totale mancanza degli incisivi superiori. «La sera dormo sempre qua, perchè è comunque più fresco. E almeno qualcuno viene a darmi una mano».
Ad aiutarlo sono i volontari del Progetto Arca, in partenza per la loro ronda settimanale con l’Unità di strada. Obiettivo: aiutare i dimenticati, come sempre.
E, ieri sera, consegnare il kit per l’emergenza caldo. Se lo sono inventati quest’anno. È un corrispettivo di quello invernale, che entra in maniera strutturale al fianco delle altre iniziative della Onlus.
Gli operatori lo preparano nel magazzino di via Sammartini, un locale concesso da Grandi stazioni da almeno 4 anni proprio vicino alla Centrale. Lì vengono smistati anche i pacchi alimentari, destinati non solo a Milano, ma anche a Roma e Napoli.
Un giovane volontario del Progetto Arca consegna un succo di frutta fresco a un senza fissa dimora nel centro di Milano, ieri ancora tra le città da bollino rosso per le temperature da record. L’afa, e la mancanza di ricoveri attrezzati d’estate, mettono a rischio i clochard
Il kit è pieno di oggetti di uso quotidiano, in grado di fare la differenza per chi ha perso tutto ed è costretto ad affrontare questo caldo africano. Il necessario è contenuto in uno zainetto blu: in un astuccio c’è tutto quello che serve per curare l’igiene personale (uno shampoo, un bagnoschiuma, uno spazzolino). E ancora fazzoletti, salviette umidificate, una saponetta e un pettine. Poi c’è l’acqua, ovviamente, qualche succo di frutta e delle barrette energetiche. Un cambio (slip e maglietta) e un antizanzare spray.
Tutto viene acquistato dall’associazione grazie alle donazioni oppure donato dal banco alimentare della Lombardia. E quando arriva nelle mani di chi ha bisogno sembra Natale: gli occhi lucidi, il sorriso.
C’è anche chi non dice niente, e semplicemente se ne va. Ma il kit se lo porta via, e questo basta ai volontari. I ragazzi di Progetto Arca escono ogni sera, dal lunedì al giovedì, riuscendo a coprire tutte le zone di Milano.
Si parte alle nove con un unità mobile composta da otto persone. «A noi basta fare un pezzetto di strada sotto il sole per arrivare a casa distrutti. La notte tutto il calore dell’asfalto ti arriva su e per chi vive all’aperto è un inferno — spiega Alice Giannitrapani, responsabile del volontariato —. Milano offre molto in termini di assistenza, ma ti lascia anche molto solo perchè è una città che in estate si svuota. Organizzando le unità mobili di agosto riusciamo a coprire tutto il periodo».
Già , perchè il problema è che la maggior parte delle strutture di accoglienza che offrono posti per l’inverno non sono a disposizione per la stagione estiva. Mentre il bisogno, quello non va in vacanza.
Sono circa 500 i volontari che gravitano attorno a Progetto Arca, che alternandosi in sinergia con altre realtà , riescono a raggiungere le circa 300 persone che vivono in strada.
«Laddove possibile ci muoviamo con un’auto a sei posti, per permettere uno spostamento rapido. Per le zone a traffico limitato usiamo i carrelli», racconta ancora Alice.
Il progetto estate è partito con la distribuzione di 100 kit (lo stesso numero verrà inviato anche a Roma e a Napoli, dove in queste ore si sta vivendo la stessa emergenza), e in attesa di prepararne altri andrà avanti per tutta la stagione distribuendo acqua.
«È un aiuto nell’emergenza, ma è anche l’occasione per andare oltre, cercando di individuare possibili percorsi e selezionare le situazioni che necessitano di una presa in carico sanitaria, psicologica o giuridica — continua Alice —. L’obiettivo è l’inserimento in un circuito che permetta di far evolvere la situazione».
Non c’è però solo Milano, l’emergenza caldo per i senza tetto riguarda tutto il territorio nazionale. «L’assedio dell’afa sta creando una situazione ad alto rischio per chi non ha una casa o un rifugio — è l’allarme lanciato dall’Unione europea delle cooperative — dai clochard anziani ai ragazzi sbandati fino ai disoccupati senza aiuti che non hanno le risorse per pagarsi una abitazione o per vivere in ambienti climatizzati».
(da agenzie)
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Luglio 29th, 2019 Riccardo Fucile
TRA LE TRE VITTIME ANCHE UN BIMBO DI SEI ANNI, QUINDICI I FERITI
È di tre morti e almeno 15 feriti il bilancio di una sparatoria avvenuta alle 5,30 locali (le 2,30 in Italia) in una delle maggiori manifestazioni della California dedicate al cibo, il Gilroy Garlic Festival di San Josè.
Tra le vittime c’è anche un bambino di 6 anni, Stephen Romero, quando è stato colpito era insieme alla madre Barbara Aquirre, che è stata colpita allo stomaco e a una mano ma non è in pericolo di vita. Anche la nonna è stata ferita. Cinque persone sono state già dimesse, altre restano in condizioni critiche.
Gli agenti hanno ucciso il killer “in meno di un minuto” ha detto Scot Smithee, capo della polizia della città di Gilroy, 48 km a sud-est di San Josè dove si svolge il festival.
Ci sono volute ore però prima che fosse identificato in Santino William Legan, 19 anni. Secondo quanto riportano i media americani, Legan sul suo profilo di Instagram si definisce di origini italiane e iraniane e ha condiviso in passato post con posizioni suprematiste
La pagina Instagram di Legan ha solo tre post, un paio pubblicati poco prima della sparatoria. C’è poi il riferimento a un libro di un suprematista bianco del 1890. ‘Might is Right’ scritto con lo pseudonimo di Ragnare Fedberad. Il libro include principi misogini e razzisti, dichiarando al superiorità della razza anglosassone.
Secondo indiscrezioni, il nonno del killer, Tom Legan, ha frequentato la prestigiosa accademia militare di West Point ed è stato accusato e poi assolto dalle accuse di molestie sessuali nei confronti della figlia
Legan potrebbe essersi introdtto al festival attraverso un torrente, tagliando il recinto intorno al perimetro e superando metal detectors e dispositivi di sicurezza. Quando sono esplosi i colpi le persone hanno pensato che si trattasse di fuochi d’artificio.
Solo quando hanno visto le persone a terra, coperte di sangue, hanno cominciato a scappare ed è scoppiato il caos. In un video si sentono cinque colpi in rapida successione e poi gente correre spaventata, mentre una voce fuori campo ripete “cosa sta succedendo” e poi “oh! Hanno sparato”.
(da agenzie)
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Luglio 29th, 2019 Riccardo Fucile
I FINTI PATRIOTI DAL BRACCINO CORTO NON CACCIANO UN EURO: “PERCHE’ NON CI PENSA QUALCUN ALTRO?”… LEGGETE I COMMENTI E CAPIRETE LA FOGNA IN CUI E’ CADUTA L’ITALIA
Ieri Matteo Salvini ha condiviso su Twitter e Facebook la raccolta fondi aperta dal Comando Generale dell’Arma in favore dei familiari del Vice Brigadiere Mario Cerciello Rega, il vicebrigadiere ucciso a Roma il 26 luglio.
Ma il popolo dei fan di Salvini è ormai ben ammaestrato, così tanto bene che ha risposto come fa sempre in questi casi: «perchè non ci pensa qualcun altro??».
Questa è la vera Bestia, quella allevata a bacioni, abbraccioni e tanto odio nei confronti dei buonisti.
E così mentre Salvini chiede ai suoi di donare qualcosa per la famiglia di Cerciello Rega (sposato da poco più di un mese) i commentatori fanno a gara a chi ha il braccino più corto.
Le argomentazioni, non sorprende, sono esattamente le stesse che i patridioti utilizzano quando gli altri, quelli con i gessetti colorati, raccolgono fondi a favore delle Ong, dei migranti o di qualsiasi categoria di persone che non stia particolarmente simpatica alla Bestia.
Perchè esprimere cordoglio per la morte del vicebrigadiere, vicinanza alla sua famiglia e indignazione nei confronti degli assassini è gratis. Se lo si fa su Facebook o Twitter. Ma quando si tratta di mettere mano al portafoglio ecco che abbiamo il piacere di leggere cose come “ma perchè non ci pensa lo Stato” oppure “ma perchè non ci pensano i Carabinieri?”.
Eppure quando sono i buonisti a ad aprire raccolta fondi (che ricordiamo è sempre volontaria) i patridioti arrivano sempre a frignare con il loro ma come mai non pensate agli italiani che soffrono e non si accontentano mai della risposta che deve essere lo Stato a farsene carico dei poveri italiani che non arrivano a fine mese.
In un paese civile «deve essere lo Stato a farsi carico» spiegano in coro. «Non chiedete soldi al popolo che pur avendo un cuore grande è già tartassato di spese e tasse varie» fa eco un altro ammiratore di Salvini mentre c’è chi è di manica larga (tanto non sono soldi suoi) e chiede che lo Stato «continui a mantenere sempre la famiglia». Perchè per questi ferventi patrioti, per questi sovranisti alle vongole lo Stato è un corpo estraneo che non li riguarda.
Il modo con cui “lo Stato” debba provvedere a sostenere la famiglia non li riguarda. Nè chiedono a Salvini di fare una legge apposita o di modificare quella vigente, non si preoccupano minimamente del problema nè si interrogano su come funzioni la pensione di reversibilità (ma Cerciello vista la giovane età potrebbe anche non aver maturato i requisiti) e a quanto ammonti l’eventuale indennità una tantum.
Ma il sottoprodotto peggiore della cultura del sospetto alimentata dalle due forze politiche al governo è un altro. Perchè memori delle bufale che sono state fatte girare sul PD (o chi per lui) che si fregava i soldi dei terremotati ecco che arrivano quelli che scrivono che sono convinti che «le donazioni non arrivano alla famiglia» e che queste donazioni sono “bufale” «anche perchè di questi soldi la famiglia non so cosa vedrà ».
È tutto un magna-magna signora mia. Nemmeno la fatica di leggere che la raccolta fondi è quella ufficiale dell’Arma dei Carabinieri, stanno per caso dicendo che i Carabinieri si intascano i soldi? Sì, ma non se ne rendono nemmeno conto.
C’è poi una particolare categoria di pulciari: quelli che dicono che no, la donazione non la si deve proprio fare. Meglio un lavoro per la vedova, così imparerà a cavarsela con le sue forze. Qualcuno suggerisce che deve essere assunta nell’Arma.
Ma che non sia un impiego troppo remunerativo, anzi magari deve essere umile a sufficienza da ricordarle quanto deve essere grata della concessione che i patridioti (che pensano così di risparmiare e guadagnarci) le hanno fatto.
Non vorremo mica far credere che sia sufficiente essere la vedova di un carabiniere morto in servizio per non dover più lavorare nella vita.
E fate attenzione con le donazioni, andateci piano. La famiglia potrebbe diventare ricca. Perchè tutti i sovranisti hanno negli occhi “i milioni” raccolti per la comandante della Sea Watch. E sfidano i buonisti a donare anche per la vedova del carabiniere, visto che sono così bravi ed altruisti!
E che dire di quello che ha il cugino che quando è morto nessuno ha pensato di aiutarlo? Come mai Salvini non pensa anche a tutti quelli che muoiono sul lavoro e lasciano dietro di sè moglie e figli piccoli?
Non sarà mica che papà Salvini ha dei figli preferiti vero? Anche perchè «il carabiniere in questione non aveva neanche figli».
I soldi? Diamoli solo a chi ne ha veramente necessità ? Chi? Non è importante ora, vedrete che anche la prossima volta ci sarà qualcuno “veramente in necessità ” cui andrebbero destinate le donazioni.
E perchè poi il Parlamento non si “autotassa” per donare alla famiglia di Cerciello Rega? Anzi meglio sarebbe ancora se il Parlamento mettesse «a disposizione un fondo dedicato alla famiglia». Un fondo che sarà alimentato dalle tasse, ovvero dai soldi di tutti. A meno che tu quelle tasse non le paghi, ovvio.
Ma il migliore, il genio, la summa di tutto il populismo benaltrista e piccino è quello con l’immagine profilo “verità per Bibbiano” che chiede di fare «una donazione per le famiglie di Bibbiano e per le altre nelle stesse situazioni»; e allora ai terremotati chi ci pensa? La donazione per la famiglia del carabiniere morto? «Mi sembra inutile e mi sembra solo una provocazione».
È davvero difficile ricacciare la Bestia nella sua tana. Una volta che l’hai fatta uscire e le hai fatto capire che può odiare e sputare veleno senza conseguenze, senza prendere nemmeno una bastonata o beccarsi una ramanzina questa continuerà a mordere, e mordere, e mordere.
(da “NextQuotidiano”)
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