Luglio 19th, 2019 Riccardo Fucile
LA LIBIA NON E’ UN PORTO SICURO, CHI HA DATO L’ORDINE HA VIOLATO LA LEGGE… DOPO LA TESTIMONIANZA DI CAROLA E I DOCUMENTI PRODOTTI SI APRE UN NUOVO FILONE
Per Carola nessuna espulsione (e oggi ha lasciato l’Italia da persona libera), mentre dichiarazioni e nuove prove rischiano di mettere nei guai chi ha dato l’ordine a Sea Watch di riportare i migranti in Libia: «Quasi un’istigazione a commettere una violazione contro il diritto internazionale», si lascia volutamente sfuggire un investigatore.
Quattro ore di interrogatorio per Carola Rackete sono bastate ai magistrati di Agrigento per ottenere la conferma che l’inchiesta non può circoscriversi solo a Sea Watch.
«Si è trattato di un incontro sereno al quale seguiranno tutte le valutazioni del caso», dicono fonti della procura.
E le valutazioni, a quanto si apprende, non riguardano solo le eventuali irregolarità nel salvataggio dei migranti (ipotesi che pare stia sfumando), ma il comportamento delle autorità italiane che dietro ordini politici hanno insistito perchè i naufraghi venissero respinti verso la Libia, «pur sapendo che Tripoli, come sembrano dimostrare le dichiarazioni del governo italiano e atti ufficiali degli organismi internazionali da tempo noti alle autorità di Roma, non era e non è un porto sicuro», spiega una fonte.
Carola Rackete ha risposto a tutte le domande del procuratore aggiunto Salvatore Vella e dei pm Cecilia Baravelli e Alessandra Russo.
I pm, adesso esamineranno il verbale dell’audizione e la documentazione prodotta durante l’interrogatorio dai difensori della “capitana”, gli avvocati Leonardo Marino e Alessandro Gamberini.
Nel corso del faccia a faccia con i magistrati, Carola ha ribadito che «il salvataggio in mare è avvenuto con tutte le caratteristiche della regolarità ». A supporto di questa ricostruzione ha spiegato punto per punto ogni annotazione riportata sul registro di bordo. I magistrati hanno già avuto modo di incrociare i contenuti del “diario della capitana” con quanto è stato acquisito presso la centrale di coordinamento dei soccorsi di Roma. «Noi avvocati abbiamo prodotto tutto», spiegano Gamberini e Marino, lasciando intendere di avere consegnato spontaneamente altre prove a conferma di quanto dichiarato da Rackete.
Il fascicolo si arricchisce di nuovi materiali.
A quanto trapela, la richiesta di portare i migranti in Libia, ordine reiterato via radio e via mail su precisa indicazione del ministero dell’Interno, si aggiunge ad altri episodi ricostruiti in questi mesi dalla procura e che mettono nel mirino proprio il Viminale e il ministero delle Infrastrutture.
Incrociando i rilievi svolti durante precedenti sbarchi (da Sea Watch a Mediterranea) emerge una modalità operativa a tratti incoerente: il coordinamento della Guardia costiera libica, infatti, non è svolto in autonomia da Tripoli ma spesso appare sotto la regia di Roma
La lista degli indagati potrebbe allargarsi, e presto potrebbero essere sentiti funzionari di vertice dei ministeri coinvolti
Intanto i relatori speciali delle Nazioni Unite in materia di diritti umani hanno espresso «grave preoccupazione» per il procedimento contro Rackete.
«Dichiarazioni pubbliche e attacchi personali da parte di personaggi politici di alto rango sono – si legge in una nota — una grave interferenza nell’autonomia dei singoli giudici, e possono avere l’effetto di ostacolare l’autorità del potere giudiziario come un ramo autonomo del potere dello Stato».
Perciò il gruppo di esperti esorta «le autorità italiane a porre immediatamente fine alla criminalizzazione delle operazioni di ricerca e soccorso. Salvare migranti in pericolo in mare non è un crimine».
(da “Avvenire”)
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Luglio 19th, 2019 Riccardo Fucile
MENTRE LA MERKEL AFFONDA: “L’ITALIA DEVE CHIARIRE SULLA VICENDA RAPPORTI LEGA-RUSSIA”
“Un chiarimento tocca all’Italia. Penso che il Parlamento italiano o altri chiederanno chiarezza sulla vicenda”. Stavolta è Angela Merkel ad affondare il colpo sulla storia dei fondi russi che, secondo inchieste giudiziarie, la Lega avrebbe cercato a Mosca.
L’affare Savoini prende sempre più una piega europea.
Anche la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, parlando con diversi quotidiani europei a Berlino, punta i riflettori sulla Russia che “viola le leggi internazionali” e che dunque ‘merita’ le sanzioni decise dall’occidente.
Lontani dalla Russia e da chi ci fa affari: dalla Germania arriva un segnale deciso.
E il Parlamento europeo si prepara ad istituire una commissione d’inchiesta sui presunti finanziamenti di Putin alle forze politiche sovraniste in Europa: c’è la Lega, ma anche il Rassemblement National di Marine Le Pen e gli austriaci dell’Fpo di Heinz Christian Strache. Appuntamento a settembre a Strasburgo.
Ieri nella conferenza dei presidenti all’Europarlamento, la capogruppo dei socialisti Iratxe Garcia Perez ha presentato ufficialmente la proposta di chiedere una commissione di inchiesta sui finanziamenti e sui sostegni che sarebbero arrivati dalla Russia ai partiti di estrema destra francese, italiana e austriaca.
“I rapporti politici e finanziari tra la Russia e alcuni dei partiti sovranisti euopei e più in generale con le frange più oltranziste dell’estrema destra offrono profili di ambiguità che non solo in Italia preoccupano — dice Franco Roberti, ex magistrato anti-mafia, neoeletto eurodeputato Dem — Per questo chiederemo l’istituzione di una commissione d’inchiesta”.
Appuntamento dunque alla prima plenaria a Strasburgo dopo la pausa estiva, a settembre. La storia dei fondi russi è l’arma con cui la maggioranza europeista punta a mettere all’angolo i sovranisti euroscettici.
Non solo Le Pen e l’Fpo, che sono all’opposizione nei loro rispettivi paesi. Ma anche e soprattutto Salvini che è azionista di maggioranza del governo italiano.
Ora nell’isolamento c’è Salvini e il suo gruppo sovranista, non i paesi di Visegrad (Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia) che comunque hanno legami forti con la Germania, vengono ‘tollerati’ e ‘controllati’ dalla macchina europea, non sono mai stati considerati nel ‘cordone sanitario’ anti-sovranista predisposto a Bruxelles dagli europeisti. Il metodo della Russia, sostiene Merkel, “solleva questioni. Il fatto che i partiti populisti in Europa ricevano il sostegno della Russia è motivo di preoccupazione”.
(da “Huffingtonpost“)
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Luglio 19th, 2019 Riccardo Fucile
DOPO TANTO CASINO, SALVINI ORA SE LA PRENDE CON TONINELLI E TRENTA
Non si parla più di crisi, di salita al Colle, di scioglimento anticipato della Camere. Tutto rinviato. Forse.
In un attimo, la “crisi” viene declassata a rimpasto, ritocco. Un intervento chirurgico sull’esecutivo che avrebbe come unico scopo, quello di far ripartire la macchina di palazzo Chigi. Eppure la Lega continua a rumoreggiare.
I toni si sono abbassati, è vero, ma lo stato d’animo di via Bellerio resta immutato. Sono ancora infuriati, risentiti, a tratti anche delusi, perchè sotto sotto ci avevano sperato. “Basta, non vogliamo più governare con quelli lì”, insistono.
Fatto sta che il giorno dopo lo scontro più duro con tanto di crisi sbandierata ai quattro venti, Matteo Salvini prova a staccare la spina, ma non troppo.
Trascorre la giornata con i figli ma non incontra Luigi Di Maio per l’ormai famoso chiarimento. A meno di un colpo di scena, i due si vedranno non prima di lunedì. Non è dato sapere, giorno e luogo. Filtra pochissimo dalla war room di Salvini.
Tutto resta top secret: l’agenda del weekend, la tabella di marcia della prossima settimana. Tuttavia, nel giorno in cui fa il papà , trova il tempo di sferrare un attacco al vetriolo a due ministri di rito grillino. Ricomincia insomma lo stop and go che parrebbe essere la strategia preferita del ministro dell’Interno.
Scoccano le 12 quando il Capitano della Lega scolpisce un invettiva contro Danilo Toninelli ed Elisabetta Trenta. “C’è — avverte – un evidente e totale blocco sulle proposte, iniziative, opere, infrastrutture da parte alcuni ministri 5Stelle che fa male all’Italia”.
E ancora: “Sono inaccettabili i No e i blocchi quotidiani di opere e riforme da parte dei 5Stelle. Ieri Toninelli (con centinaia di cantieri fermi) che blocca la Gronda di Genova, che toglierebbe migliaia di auto e di tir dalle strade genovesi; oggi il ministro Trenta che propone di mettere in mare altre navi della Marina, rischiando di attrarre nuove partenze e affari per gli scafisti”.
La postilla di questo attacco rimanda alla parola rimpasto. Un rito da Prima Repubblica che entrambe le forze politiche non osano nemmeno scandire, pronunciare, perchè non appartiene al vocabolario di chi ha fatto della protesta il core business.
In Transatlantico si diffonde la voce che lo step successivo alla ritrovata pace sia un ritocco ad alcune caselle dell’esecutivo gialloverde. I bookmaker del palazzo quotano Nicola Molteni e Raffaele Volpi al posto di Toninelli e Trenta che sono le due figure mai state digerite dal Carroccio.
Nel frattempo, però, il premier Giuseppe Conte – oltre a dichiarare sibillino “che non vivacchia, ma lavora”, prende la difesa di Toninelli e Trenta.
“Un affronto”, accusa un leghista di peso. Non a caso lo spin della casa leghista è quello di sferzare il duo Toninelli-Trenta. Scendono in campo i due capigruppo a Montecitorio e palazzo Madama. Il primo, Riccardo Molinari, prende di mira Toninelli per colpire, anche, l’inquilino di palazzo Chigi: “Con il ‘no’ alla Gronda, la misura è davvero colma. Toninelli è il ministro del ‘no’ ed è incomprensibile che il premier Conte prenda le sue parti quando sa bene che il Paese ha bisogno di ripartire e non di essere bloccato per paura di sbagliare”. Mentre il secondo, Massimiliano Romeo, non solo si dice “esterrefatto” dalla presa di posizione di Conte perchè “l’azione di governo è innegabilmente frenata da incomprensibili no e continui pareri ostativi”. Ma, accusa la ministra della Difesa di aver siglato un accordo segreto con Ursula Von der Leyen, “per condizionare il voto degli europarlamentari M5S per la presidenza della Commissione Europea”.
Botte da orbi anche nel giorno della non-crisi. Di più: sull’autonomia differenziata finisce in un nulla di fatto. Ancora un altro vertice andato a vuoto, accusano i leghisti. “Ci sentiamo presi in giro. La misura è colma”, taglia corto il governatore del Veneto, Luca Zaia.
Stessi toni da parte del presidente della Lombardia, Attilio Fontana: “Abbiamo perso un anno in chiacchiere. Aspettiamo di vedere il testo definitivo ma, se le premesse sono queste, da parte mia non ci sarà alcuna disponibilità a sottoscrivere l’intesa”.
Ecco perchè anche se la crisi appare lontana, i leghisti non hanno smesso di rumoreggiare. Vogliono vedere i fatti, non le parole. D’altronde, chiosa un alto dirigente del Carroccio, “il rimpasto è solo un palliativo che porta più in là la caduta del governo. Al massimo fra un paio di mesi il giocattolo si romperà ”.
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 19th, 2019 Riccardo Fucile
LA LEGA PUNTA A DIFESA E INFRASTRUTTURE, IL M5S ATTACCA SU AGRICOLTURA E SCUOLA
“Ah ecco, lo vedi dove voleva andare a parare. Ma allora abbiamo anche noi le nostre richieste”. Matteo Salvini ha appena tirato una bordata a Elisabetta Trenta e Danilo Toninelli in risposta alla mano tesa di Luigi Di Maio, che gli ha proposto un incontro distensivo.
“Il problema non è lui, sono alcuni ministri che dicono sempre no”, le parole del capo del Carroccio. Frana il castello di carta della crisi sventolata in faccia agli alleati, e torna prepotentemente di moda la parola rimpasto
Per i 5 stelle — che pur nelle ultime 48 ore hanno tremato non poco — il punto di caduta è evidente. Gli strascichi della “fantasmagorica” (cit. fonte molto vicina a Giuseppe Conte) giornata di ieri hanno eco per tutto il giorno. Il premier dopo un breve vertice sulle autonomie scende in sala stampa e difende l’operato della sua squadra, “come è normale che sia”, spiegano fonti di Palazzo Chigi. Con una mossa coordinata i capigruppo della Lega di Camera e Senato. Riccardo Molinari e Maurizio Romeo, escono definendosi “esterrefatti” dalle parole del capo del governo. Suscitando il suo sconcerto: “È ovvio che io difenda i ministri, nessuno escluso. Lo avrei fatto anche a ruoli invertiti”.
La mossa è chiara: passare all’incasso prima dell’estate, monetizzare il successo delle europee e rafforzarsi mentre il vento del Russiagate in camicia verde continua a soffiare forte. Conte è stato sempre chiaro con il suo vice: la disponibilità a sedersi intorno a un tavolo c’è, ma il ministro dell’Interno deve bussare alla porta di Palazzo Chigi e parlarne a quattr’occhi con lui.
Che, mutatis mutandis, è anche la posizione del Movimento 5 stelle: “Se Salvini vuole un rimpasto — il ragionamento di Di Maio — ce lo chieda, ne discutiamo e lo chiudiamo in pochi giorni, non risponderemo più a questi attacchi sterili”.
Non è passato inosservato che il ministero delle Infrastrutture sia rimasto sguarnito di esponenti del Carroccio dopo il passo indietro di Siri e Rixi.
La convinzione della war room pentastellata è che sulla Trenta ci sia una sorta di scudo del Quirinale, che non vorrebbe Interno e Difesa entrambi in mani leghiste. Anche se gli spifferi di via Bellerio oggi hanno iniziato a virare: “Il problema è la gestione della Marina e del controllo del mare, trovino uno dei loro che sia d’accordo con il Viminale, perchè è lì che si dà la linea”.
Ma sono le Infrastrutture il colpo grosso cui punta Salvini, dopo mesi di braccio di ferro sul Tav e l’affaire Gronda delle ultime ore. Al di là delle dichiarazioni di facciata, i 5 stelli vedono quella casella come principale merce di scambio. E non solo per i dubbi sull’operato di Danilo Toninelli, ma anche e soprattutto perchè le materie di competenza del ministero sono causa di scontro continuo. E perchè la realpolitik ha messo di fronte M5s alla difficoltà di mantenere tante delle promesse fatte negli anni. Cedendolo, il discorso si potrebbe ribaltare.
Ma Di Maio e i suoi, se mai si dovesse aprire un tavolo di confronto, non vi arriveranno a mani vuote.
Sanno che la Lega metterà nel mazzo anche l’Ambiente (incedibile) e la Salute (trattabile). I riflettori si sono così accesi su Scuola e Ambiente, guidati dai leghisti Bussetti e Centinaio. “Tante lamentele che riceviamo ogni giorno su quei due dicasteri — commenta un colonnello grillino — anche dagli stessi leghisti”. La crisi mai aperta è già finita, la partita a scacchi è appena iniziata. L’ombrellone può attendere.
(da “Huffingtonpost“)
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Luglio 19th, 2019 Riccardo Fucile
PRIORITA’ A 25 EDIFICI, QUATTRO SGOMBERI L’ANNO, PER ALMENO SETTE ANNI NESSUNO BUSSERA’ ALLA PORTA DI CASAPOUND… 11.000 POVERACCI SARANNO IN COMPENSO CACCIATI SENZA AVERE UNA SOLUZIONE ABITATIVA ALTERNATIVA
Lo sgombero di via Cardinal Capranica a Primavalle a Roma è solo l’inizio.
Tanto che ora arriva il cronoprogramma degli sgomberi che verranno nella Capitale, diffuso da fonti del Viminale. E no, l’edificio di via Napoleone III — in pieno centro a Roma — occupato da CasaPound non è nella lista.
Si parte nella primavera del 2020, ma con un paio di anticipazioni nei prossimi mesi: i due sgomberi già in fase di predisposizione». Dopo Primavalle, quindi, potrebbe essere la volta dell’occupazione di via del Caravaggio 105 a Tor Marancia, a sud della Capitale nel quartiere Ardeatino e già al secondo posto nella lista del Viminale dopo l’ex scuola di Via Cardinal Capranica.
Due palazzine in cui vivono circa 400 persone — un quarto sono bambini — e per il cui mancato sgombero il Tribunale di Roma ha condannato due anni fa il Viminale a risarcire la proprietà , la Oriental Finance srl. «L’Amministrazione dell’Interno è stata condannata ad un cospicuo risarcimento del danno di circa 260mila euro al mese, con pignoramento dei fondi di 23 milioni di euro», dice il Viminale.
E poi un’occupazione per cui la prefetta di Roma, Gerarda Pantaleone, si è già insediata, dice il Viminale, «quale Commissario ad acta, a seguito di provvedimento del Giudice Amministrativo». Si tratterebbe di via Antonio Tempesta, a Tor Pignattara, sede della Asl.
E poi il resto, dice il Viminale, con «una media di quattro interventi l’anno», diluendo gli sgomberi «in un arco pluriennale» per tenere conto delle «capacità assistenziali dell’Ente locale».
Sono 23 gli immobili di Roma «arbitrariamente occupati, e sui quali gravano pronunce dell’Autorità Giudiziaria, contenuti nel Programma degli interventi di sgombero approvato dal Prefetto di Roma, ai sensi dell’ art. 31 ter del “Decreto Sicurezza”, e che vanno ad aggiungersi ai 2 immobili per i quali la Prefettura ha già in corso le attività propedeutiche allo sgombero», spiegano fonti del Viminale.
L’immobile occupato da CasaPound all’Esquilino — per cui la Corte dei Conti ha chiesto oltre 4 milioni di danni ai dirigenti di Demanio e Miur — non rientra nel piano: lo conferma l’ufficio stampa del Viminale.
In tutta la città , come confermato in questi giorni dalla stessa prefetta Pantaleone, gli immobili occupati sono 82, per un totale di almeno 11mila persone di tutte le nazionalità .
Parola d’ordine: «freno all’illegalità ». Come? «Dando esecuzione ai provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria e una risposta a chi rivendica il diritto di ritornare in possesso dei propri stabili», dice il ministero dell’Interno di Matteo Salvini.
A Roma, una città dove i segnali che vengono dal Viminale potrebbero significare grane per l’amministrazione di Virginia Raggi (che, nel caso degli sgomberi, si ritrova a gestire in prima linea l’accoglienza e le «soluzioni abitative»).
Perchè è facile cacciare 11.000 poveracci ma poi il Comune dove li trova 11.000 alloggi per dargli un’alternativa che non sia occupare altri stabili?
E’ il prezzo che si paga alla demagogia securitaria
(da agenzie)
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Luglio 19th, 2019 Riccardo Fucile
LA DENUNCIA DELL’ARMATORE ALLA POLIZIA POSTALE E ALLA MAGISTRATURA
Alessandro Metz, armatore sociale di Mediterranea Saving Humans, ha chiesto che si “indaghi e si faccia piena luce sugli attacchi informatici che il nostro sito web ha subito negli ultimi giorni”.
“Gli Ip dei computer da cui è partito l’attacco informatico che, il 9 luglio scorso, ha sabotato per oltre due ore il nostro sito – prosegue l’armatore di Nave Mare Jonio e Nave Alex – erano tutti della zona di Mosca. Questo atto di pirateria e le moltissime segnalazioni, partite nell’arco di pochi minuti, che hanno fatto sospendere per una settimana la raccolta fondi promossa via Facebook, mostrano l’esistenza di una rete organizzata, dotata di cospicue risorse e probabilmente di coperture da parte di apparati istituzionali, che interviene a comando per colpire in Internet le attività di solidarietà e soccorso in mare.”
“Noi non ci arrendiamo, e non intendiamo fermarci, in mare così come in rete – conclude Metz – Ma vogliamo la verità su questi attacchi e le complicità di cui godono. Per questo presenteremo un circostanziata denuncia alla Polizia Postale. Intanto abbiamo bisogno del sostegno di tutti, sulla raccolta fondi attivata su Facebook e sul nostro sito www.mediterranearescue.org”.
(da agenzie)
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Luglio 19th, 2019 Riccardo Fucile
SOLO IN ITALIA UN MINISTRO DEGLI INTERNI PUO’ FARE CIRCOLARE FALSITA’, IN ALTRI PAESI LO AVREBBERO ACCOMPAGNATO ALLA PORTA
“Pazzesco! Fai girare!”. E poi tutta una ributtante sequela di punti esclamativi messi lì a casaccio, come se fosse un bambino della prima elementare che vomita insulti contro i compagnetti per fare il figo.
Il tweet, manco a dirlo, è del bambino capriccioso che dovrebbe essere il ministro dell’interno, Matteo Salvini, e il lancinante scoop sarebbe la scoperta che “alcune Ong” (sì, lo so, sempre di quello parla, solo di quello) sarebbero in contatto con gli scafisti e finalmente sarebbero uscite le prove.
Nel suo tweet il ministro dell’Interno (o meglio, i rabdomanti di fake news che lavorano per lui) ci sarebbe un servizio trasmesso nella trasmissione di Nicola Porro, firmato da Davide D’Aloiso, che svelerebbe i presunti traffici tra deportati di migranti e Ong.
Cosa si dice nel mirabilissimo servizio? Nulla, zero, giornalisticamente niente.
I prodi giornalisti avrebbero trovato un molto presunto trafficante (anonimo) di nome Lukman (che sembra già un nome dei magnifici sette) che direbbe al telefono a un giornalista che si finge migrante di avere contatti con le navi (poche) ancora nel Mediterraneo per ottenere un passaggio verso l’Italia.
Sono talmente furbi, quelli che si occupano dei suoi social, che non si accorgono nemmeno che proprio in quella stessa telefonata il molto presunto Lukman avrebbe anche raccontato dei suoi rapporti con la Guardia Costiera libica.
Sì, sì, avete letto bene: quella stessa Guardia Costiera Libica che è il sogno erotico di Salvini fin da bambino.
E quali sarebbero le “prove” che dovrebbero farci saltare tutti elettrizzati sulla sedia?
I numeri di telefono delle Ong che si ritrovano facilmente in rete e una mappa con le posizioni delle navi che si trova facilmente online su diversi siti specializzati.
Prove? Niente.
Ma per Salvini quello che conta è semplicemente agitare un po’ di clamore sperando che magari così scompaiano le vicende che lo riguardano sui rapporti di alcuni dei suoi con la Russia.
Ciò che stupisce, però, è che una così alta carica dello Stato rilanci una notizia falsa senza nemmeno rendersi conto che l’unica inchiesta su collusioni tra le navi delle Ong che operano nel Mediterraneo centrale e gli scafisti libici sia stata archiviata miseramente.
Ma intanto si è riusciti a rilanciare una notizia falsa come grande scoop e chi non pone attenzione ai contenuti potrà raccontare al bar che finalmente ci sono le prove.
E tutti esulteranno, tutti si indigneranno. Avanti così.
(da TPI)
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Luglio 19th, 2019 Riccardo Fucile
ATTACCA IL PD SU BIBBIANO, POI A DOMANDA “MA LO SA PER COSA E’ ACCUSATO?” NON SA COSA RISPONDERE PERCHE’ NEANCHE E’ INFORMATA
Questa mattina l’europarlamentare leghista Isabella Tovaglieri era ospite di Coffee Break su La 7 assieme all’onorevole Emanuele Fiano (PD).
Si parlava, come spesso accade in questi giorni dello scandalo Moscopoli, della trattativa per la vendita di petrolio russo che ha visto coinvolto l’ex portavoce di Matteo Salvini e dei rapporti tra Lega e Russia.
Una questione ancora aperta perchè il ministro dell’Interno fino ad ora non ha fornito alcuna spiegazione. Una questione prettamente politica visto che riguarda presunti finanziamenti esteri ad un partito della maggioranza proprio per le elezioni europee dello scorso maggio.
Ad un certo punto Fiano parla della necessità di istituire una commissione parlamentare d’inchiesta sulla vicenda.
Ma l’onorevole Tovaglieri — già vicesindaco di Emanuele Antonelli a Busto Arsizio — sa che questo è il momento per giocarsi l’asso nella manica dell’e allora Bibbiano: «Mi sarebbe piaciuto anche una commissione d’inchiesta parlamentare sui fatti di Bibbiano dove invece lì davvero erano coinvolti degli amministratori locali scelti dal PD».
Chiede Fiano «Ma cosa c’entra il PD con Bibbiano?» la interrompe Fiano prima di chiedere «mi dice il reato per il quale è inquisito il sindaco del PD?».
Panico. L’onorevole Tovaglieri che è una precisa inizia a mettere i puntini sulle i facendo notare che «non è inquisito solo il sindaco ma anche il vicesindaco e una serie di amministratori locali che sono stati scelti dal PD».
Il che è falso perchè l’esponente del PD indagato è unicamente il sindaco di Bibbiano Andrea Carletti.
Ma per quale reato è indagato Carletti, incalza Fiano.
È il momento della supercazzola, quella che tutti noi abbiamo usato per sfangarla ad un esame universitario: «Un reato che evidentemente la magistratura ha ritenuto di aprire un fascicolo e un’indagine penale nei confronti del sindaco».
Lapalissiano, ma il reato esattamente qual è?
Secondo la Tovaglieri «il reato specifico sarà sicuramente un favoreggiamento o una collaborazione».
Che è falso perchè Carletti è accusato di abuso d’ufficio per (testuali parole del procuratore) «aver violato le norme sull’affidamento dei locali dove si svolgevano le sedute terapeutiche, ma non è coinvolto nei crimini contro i minori».
A quel punto la Tovaglieri rimane un attimo senza parole e se ne esce con un «è grave solo quando si parla di Fontana l’abuso d’ufficio allora».
Cala il sipario: magari la prossima volta mandate in Tv una abbia almeno letto i giornali per evitare una figura di merda
(da agenzie)
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Luglio 19th, 2019 Riccardo Fucile
IL M5S HA FATTO UNA DONAZIONE PROPRIO ALLA ONLUS AL CENTRO DELL’INCHIESTA
Oggi il Foglio ha fatto notare che nell’orribile caciara su Bibbiano con i molteplici inviti a “parlare di Bibbiano ” e Luigi Di Maio che definisce il Partito Democratico “il partito di Bibbiano” il MoVimento 5 Stelle sta dimenticando un punto fondamentale.
Il partito di Di Maio ha effettuato una donazione alla Onlus Hansel&Gretel al centro dell’inchiesta (il cui presidente Claudo Fotì è stato scarcerato ieri).
Il Foglio non ha scritto nulla di falso.
L’associazione è una delle undici cui sono stati destinati 195mila euro frutto del taglio degli stipendi dei consiglieri regionali piemontesi.
Il fatto naturalmente non costituisce un reato nè consente di dire che in qualche modo il M5S è “il partito di Bibbiano” perchè è del tutto evidente che i consiglieri pentastellati non erano a conoscenza dell’inchiesta nè della storia dei presunti abusi. Anche se per la verità della Onlus se ne parlava già all’interno del libro-inchiesta “Veleno” scritto da Pablo Trincia e pubblicato ad aprile.
Nella migliore tradizione dello “specchio-riflesso” il MoVimento 5 Stelle se la prende con il giornale diretto da Claudio Cerasa che evidentemente parla sì di Bibbiano (come chiedono tutti a gran voce) ma lo fa nel modo “sbagliato”, vale a dire sgradito al M5S.
In fondo cosa ha scritto di falso oggi Ermes Antonucci quando ricorda la vicenda della donazione e quando fa notare come da quando è esploso il caso Bibbiano il M5S abbia alimentato la rabbia di quelli che se ne vanno in giro a disseminare l’hashtag #PDofili?
Che la donazione ci sia stata lo ammette perfino il M5S oggi, che però al tempo stesso bolla come “bufala” la notizia del Foglio che utilizza la stessa logica pentastellata sul “partito di Bibbiano” trasferendola dal PD al M5S per dimostrare come sia un’accusa senza senso.
Non è forse vero che il 27 giugno scorso il Capo Politico del M5S ha pubblicato su Facebook una foto dove si legge “arrestato Andrea Carletti sindaco PD di Bibbiano” e poi un virgolettato fuori contesto “affari con i bimbi tolti ai genitori” che lasciava intendere che fosse proprio Carletti a fare affari grazie ai presunti abusi?
In quel post Di Maio, parlando di un’inchiesta ancora aperta che non è nemmeno arrivata a processo scriveva: «quello che viene spacciato per un modello nazionale a cui ispirarsi sul tema della tutela dei minori abusati, il modello “Emilia” proposto dal PD, si rivela oggi come un sistema da incubo: bambini ”selezionati” e sottratti illegittimamente alle famiglie, per poi venire consegnati in una sorta di “affido horror” a personaggi discutibili, tra i quali titolari di sexy shop, pedofili, gente con problemi mentali».
Tutto il post, e i successivi da parte di altri esponenti del partito del vicepremier, trasudano la volontà di inchiodare il PD alla storia degli abusi.
Questo dimenticando non solo le donazioni ma anche il fatto che una consigliera M5S sia l’avvocato difensore di una delle psicologhe arrestate.
Ma soprattutto c’è una completa e volontaria distorsione dei fatti dell’inchiesta che vedono il sindaco del PD indagato solo con l’accusa di abuso d’ufficio e falso.
A precisarlo era stato subito il procuratore Mescolini che aveva spiegato che a Carletti «viene contestato di aver violato le norme sull’affidamento dei locali dove si svolgevano le sedute terapeutiche, ma non è coinvolto nei crimini contro i minori» e che i fatti contestati non riguardano un coinvolgimento diretto nella gestione degli affidi e nei presunti abusi.
Oggi sul Blog delle Stelle è comparso un post dove si dice che al Foglio «non si sognano nemmeno di sottolineare che l’amministrazione Pd avrebbe dovuto vigilare per impedire quanto accaduto». Una linea assai interessante.
Perchè guarda caso la si può applicare benissimo anche a Virginia Raggi. Non risulta però che qualcuno nel MoVimento 5 Stelle abbia detto che la sindaca doveva vigilare sul caso Marra, sulla vicenda che ha portato l’arresto di Lanzalone (uno nominato proprio dal M5S) o su quella che ha portato all’arresto di Marcello De Vito.
Anzi riguardo all’inchiesta sul Presidente dell’Assemblea Capitolina il MoVimento si è lungamente vantato di “avere gli anticorpi“.
Questo naturalmente dopo l’arresto, prima nessuno stava vigilando. In tutti i casi in cui un esponente del M5S è stato raggiunto da un’avviso di garanzia o è finito al centro di un’inchiesta i grillini hanno sempre detto che bisognava prima vedere le carte. Nel caso di Bibbiano il giudizio è arrivato il giorno stesso della conferenza stampa dei Pm.
Ma nessuno ha mai detto che il M5S è il partito di Lanzalone e guai a dire che è il partito di De Vito (anche se a tutti gli effetti è vero).
(da agenzie)
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