Luglio 20th, 2019 Riccardo Fucile
LIBIA PORTO SEMPRE PIU’ SICURO, E’ IL MOMENTO GIUSTO PER MANDARCI IN VACANZA I POLITICI SOVRANISTI CON LA FAMIGLIA
Le milizie guidate dal generale Khalifa Haftar, uomo forte dell’est della Libia, si preparano a un
nuovo imminente attacco per conquistare Tripoli.
Con un post su Facebook, l’ Esercito nazionale libico (Lna) ha invitato “tutti i giovani della capitale” Tripoli a collaborare, dichiarando “l’ora zero” per conquistarla sottraendone il controllo al governo di unità nazionale appoggiato dall’Onu.
Nel frattempo, il governo riconosciuto a livello internazionale a Tripoli ha rilasciato una dichiarazione dicendo di aver raccolto informazioni su possibili attacchi aerei da parte delle forze guidate da Haftar contro siti chiave nella capitale, incluso il solo aeroporto funzionante.
Dietro all’imminente attacco delle forze di Haftar — secondo quanto denunciato dall’Alto Consiglio di Stato libico sulla base di informazioni d’intelligence e riportato dal Libya Observer — ci sarebbero Francia, Egitto ed Emirati Arabi Uniti.
I tre Paesi starebbero fornendo all’esercito di Haftar “mezzi aerei e armi sofisticate” per sostenere la nuova offensiva su Tripoli. Alcune informazioni pervenute all’esecutivo di Tripoli – l’unico riconosciuto dalla comunità internazionale – indicano che il nuovo attacco sarà effettuato con aeromobili e armi di alta qualità . Non solo: stando alle stesse fonti, l’offensiva sarebbe imminente.
I gruppi armati di Khalifa Belqasim Haftar non sono riusciti ad avanzare sulla capitale libica dopo il loro attacco a sorpresa del 4 aprile, nonostante le loro affermazioni che Tripoli sarebbe caduta in pochi giorni.
(da agenzie)
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Luglio 20th, 2019 Riccardo Fucile
SALVINI AVEVA DAVVERO CHIESTO UDIENZA AL QUIRINALE POI LA RETROMARCIA
Eppure Matteo Salvini al Colle era atteso. Le smentite del leghista possono arrivare fino a un certo punto, poi devono fare i conti con le verità degli altri interlocutori.
A Palazzo Chigi si sono informati e confermano di aver saputo di un colloquio chiesto dal vicepremier al presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Anche Luigi Di Maio sapeva di questo appuntamento. Ma soprattutto il Colle non lo ha mai smentito. Alla fine però Salvini non è salito al Quirinale e due sere fa, dal comizio a Barzago, ha addirittura negato di volerlo fare. Dichiarazioni che non hanno riscontro nelle versioni di altre, molteplici fonti, comprese quelle leghiste.
E allora cosa è successo? Di certo, è successo che l’incontro doveva rimanere segreto e invece se n’è avuta notizia, non smentita per ore, nel pomeriggio dell’altro ieri.
Nelle stesse ore il sottosegretario Giancarlo Giorgetti è andato a consegnare a Mattarella le ragioni della sua rinuncia alla candidatura a commissario Ue. Giorgetti ha avuto modo di parlare con il Capo dello Stato ed è più che ragionevole pensare che, mentre fuori infuriava la tempesta e Salvini sembrava puntare dritto verso il terremoto di governo, i due abbiano affrontato la questione delle convulsioni nella maggioranza e che il numero due della Lega abbia ricevuto quantomeno raccomandazioni e indicazioni sui possibili percorsi di una crisi.
L’incontro da tenere lontano dai riflettori bruciato dalla notizia ha fatto ovviamente emergere timori e rabbia sia a Chigi sia nel M5S. E intorno a questi sentimenti si sono cuciti mille sospetti su quale fossero le vere intenzioni di Salvini.
Quello che gli avrebbe riportato Giorgetti su Mattarella e la manifestazione concreta dello sgarbo istituzionale, per non aver informato il premier Giuseppe Conte e Di Maio, avrebbero convinto Salvini ad annullare il colloquio.
Nessuno conferma ufficialmente ma nessuno smentisce che il leghista dovesse parlare di rimpasto.
La nota di ieri contro « Toninelli (con centinaia di cantieri fermi) che blocca la Gronda di Genova, che toglierebbe migliaia di auto e di tir dalle strade genovesi» e contro «Trenta che propone di mettere in mare altre navi della Marina, rischiando di attrarre nuove partenze e affari per gli scafisti», hanno dato l’inizio alle danze sugli scenari di un cambio nel governo. Non solo.
In mattinata l’ex sindacalista e oggi sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon ha pensato di prendere il posto del suo ministro, Di Maio, dicendosi pronto a convocare i tavoli con le parti sociali per una riforma sulla previdenza.
Questo prima di scaricare anche il contratto di governo: «Non basta più, serve una visione di intenti più forte».
Rimpasto e tagliando sul programma: è evidente che nella sua battaglia contro i No dei 5 Stelle Salvini voglia un governo a trazione Lega, dove sia lui a dare le direttive su uomini e agenda.
Un’aspirazione che costringe Conte a fare la sua mossa, anche perchè, come sostiene con i suoi collaboratori, un mese fa, dopo la famosa conferenza stampa in cui bacchettò i suoi vice, Salvini gli aveva assicurato di non pensare a un cambio di ministri.
«E poi correttezza istituzionale vuole che me lo chieda prima, guardandomi negli occhi». Il premier lascia la sua scrivania e scende dal suo ufficio per dire che «nessuno mi ha parlato di rimpasto» e che è soddisfatto dell’operato di tutti i suoi ministri. A sua volta, il leader della Lega fa replicare i suoi due capigruppo: «Le parole di Conte lasciano esterrefatti».
Ma per il premier, che sente di essere finito nel mirino di una crisi minacciata a parole più che altro, sono dichiarazioni che non meritano una contro-replica: «Io non mi spavento – confida allo staff – Ho un lavoro che mi aspetta e ci voglio tornare a testa alta».
(da “La Stampa”)
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Luglio 20th, 2019 Riccardo Fucile
LA EURO-IB NON E’ UNA BANCA E A LONDRA NON AL CONOSCE NESSUNO… IL BILANCIO NON E’ CERTIFICATO ED E’ IN PERDITA
Si chiama Euro-IB Limited e sul suo sito si definisce come una Banca d’Investimenti e Corporate
Finance: “Il nostro management ha alle spalle un’esperienza con banche internazionali». Il perno dell’operazione da 1,5 miliardi è dietro una porta al piano strada di County Street 87.
Proprio Euro-IB doveva essere la banca che doveva acquistare il carburante che poi sarebbe stato rivenduto a ENI secondo il piano del Metropol che doveva portare in cassa milioni di euro alla Lega (e una tangente per i dirigenti russi).
Spiega oggi Mario Gerevini sul Corriere della Sera:
Il bilancio non è certificato ed è in perdita, con un capitale sociale di 241mila sterline: Lloyds Bank ha in pegno una parte del patrimonio a fronte di un piccolo prestito erogato il 13 maggio scorso.
Pochi affari e tre uffici: Londra, Francoforte e Roma. Dove a Roma? Nello studio (ex dopo lo sfratto) di Meranda. Il telefono è lo stesso. […]
L’avvocato è indicato nel sito web della società come uno dei sei top manager del team guidato dal tedesco Alexander vonUngern Sternberg, azionista di maggioranza. Ne fa parte un secondo nostro connazionale, Glauco Verdoia che oggi prende le distanze da Meranda. Caso vuole che Verdoia sia socio d’affari vinicoli dell’altro italiano del Metropol, il pensionato Vannucci. Sembra un mix tra una spy story e un film di Totò. E tutto riconduce alla Euro-IB, la banca d’affari che banca non è e che nella City nessuno ha mai sentito nominare.
Il Fatto scrive che a Milano pensano a una rogatoria: la direzione seguita dalla Procura , che indaga per corruzione internazionale, oltre alla Russia prenderà la strada di Londra.
Obiettivo: capire quali atti e movimenti ha fatto l’avvocato Gianluca Meranda che ha trattato il progetto della compravendita di gasolio utilizzando il suo ruolo di consulente all’interno della banca d’in vestimento inglese Euro-Ib, tra i cui dirigenti c’è l’italiano Glauco Verdoia. Il dato a oggi evidente è che la trattativa iniziata ai tavolini dell’hotel Metropol di Mosca il 18 ottobre, è poi proseguita.
Il personaggio chiave è l’avvocato Gianluca Meranda, uomo dall’interessante curriculum, come raccontano Fabio Tonacci e Carlo Bonini su Repubblica:
Parla inglese e francese, si è laureato in giurisprudenza a Roma nel 1996, ed è diventato avvocato cassazionista nel 2013. È abilitato alla professione anche presso l’ordine degli Avvocati di Bruxelles, è Presidente di ELBA, la European Lawyers and Business Advisors (Bruxelles), è partner di “SQ Law” (Bruxelles), Corporate member presso BILA, la British Italian Law Association. Ha avuto clienti di peso. Nomisma, Mitsubishi, Bank Sepha (Iran). Ha uno studio a Roma. In una palazzina che affaccia su Lungotevere delle Navi, nel cuore dell’elegante quartiere Mazzini-Delle Vittorie. Quello della borghesia delle professioni. Che è anche la sede di rappresentanza italiana della banca londinese Euro-IB.
Quella da cui, due anni prima, dopo una cena in cui ha dato come referenze contatti di peso nelle ambasciate russa e indonesiana, ha ottenuto l’incarico di “legal counselor” e che ha tirato in mezzo all’affare del Metropol. Nello studio di Lungotevere delle Navi non è solo. Lavorano altri avvocati, un commercialista, un agente immobiliare.
La Serenissima Gran Loggia d’Italia, di cui è stato uno dei duecento adepti, lo ha cacciato nel 2015. A dire del Gran maestro Massimo Criscuoli Tortora, che la guida, per «comportamenti non consoni ai principi che governano il Rito Scozzese Unito d’Italia». Ma non sono quelli sono i problemi che ha dovuto affrontare ultimamente:
Nel 2013, il fallimento della “Orsolini Costruzioni”, una srl con sede a Monterotondo di cui per nove anni è stato socio al 50 per cento e la cui ragione sociale era la costruzione di edifici residenziali e non residenziali, lo ha appesantito di un debito di 295 mila euro per cui Equitalia gli ha pignorato tre proprietà immobiliari in quel di Celico di Cosenza e Spezzano della Sila.
E del resto in quella fine del 2018, non naviga esattamente in acque floride. Non riesce più neanche a far fronte all’importante affitto dello studio, che infatti dovrà abbandonare parcheggiando faldoni e scartoffie in un magazzino. «Dimenticando di saldare il traslocatore», hanno scritto.
(da “NextQuotidiano”)
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Luglio 20th, 2019 Riccardo Fucile
IL QUOTIDIANO UMORISTICO-SOVRANISTA GIUDICA “POCO DECOROSO” CHE CAROLA NON INDOSSASSE IL REGGISENO (SALVO PUBBLICARE FOTO DI TETTE E CULI DI STARLETTE PER LE TRUPPE ONANISTICHE SOVRANISTE)
Ieri i giornalisti di Libero si sono improvvisamente eccitati quando hanno scoperto che Carola Rackete era senza reggiseno durante la conferenza stampa successiva alla deposizione in procura ad Agrigento. Prima hanno scoperto che il nero sta bene su tutto, ma soprattutto sulle ONG:
“La 31enne capitana della Sea Watch indagata per favoreggiamento di immigrazione clandestina per lo sbarco effettuato a fine giugno a Lampedusa ha sfoggiato una maglietta aderente nera a metà tra il marinaretto e il kombat, in perfetto stile Ong.”
E poi è partito il barzottismo militante:
“Sobria sì, ma con un dettaglio decisamente fuori luogo: niente reggiseno. Un po’ di decenza in più in un luogo pubblico non avrebbe guastato, anche se per chi venera il concetto di libertà anche in spregio alla legge o l’autorità militare, in fondo, quella del seno è l’ultimo dei pensieri.”
Quelli di Libero, naturalmente, c’è da capirli: Maurizio Belpietro gli ha portato via tutti i lettori con La Verità e ultimamente non riescono più a trovare qualcuno da sostenere nel centrodestra senza effetti collaterali, anche perchè gli spazi editoriali nel centrodestra sono occupati da Giornale e, appunto, La Verità , dove ci sono ben altri livelli professionali.
A questo si aggiunge la tradizionale “difficoltà ” con il genere femminile che porta generalmente a insultarne gli esponenti a causa della scarsità di risultati.
Ecco perchè si eccitano con le magliette nere senza reggiseno. Perchè sono disperati.
(da “NextQuotidiano“)
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Luglio 20th, 2019 Riccardo Fucile
C’E’ CHI DORME PER STRADA E CHI HA TROVATO RIFUGIO IN ALTRI EDIFICI OCCUPATI
Sharon abitava a via Cardinal Capranica 37, a Roma, da quando aveva 9 anni. Era il 2000 quando,
con sua madre, si è trasferita nell’occupazione dell’ex scuola media di Primavalle, sgomberata (dopo quasi 20 anni) con una imponente operazione il 15 luglio scorso. «Mia madre ci è morta, lì», racconta a Open. «Ora abbiamo fino al 26 luglio per andare a recuperare tutta la nostra roba. Non so neanche dove metterla: quella era casa mia e lì c’è tutta la mia vita. I ricordi della mia infanzia, quelli di mia madre che è morta. Quelli di mia figlia che ha solo 4 anni».
Al ritmo di otto nuclei famigliari al giorno, gli ex abitanti di Cardinal Capranica stanno provando a portare via le loro cose. «Eh, un po’ ci mettono: c’hanno tutta casa qui», ammette il vigile a presidio, mentre gira in tondo e scosta con le scarpe i resti — ancora tutti qui — degli incendi appiccate alle barricate degli abitanti, la mattina dello sgombero
Chi dorme per strada
«Per mio figlio ho preso solo i libri di scuola di quest’anno. Quelli degli scorsi anni, i quaderni, tutti i ricordi sono ancora dentro», dice una mamma. «Non so se riusciremo a recuperare tutto. E non so dove metterli. Affittiamo un furgone per il trasloco, e lo paghiamo a giornata. Tutti costi che non ci possiamo permettere». Dorme con la famiglia in macchina, sullo spiazzale di via Pietro Brembo, davanti alla via che era quella della loro casa fino a lunedì scorso.
Ogni sera, racconta Gigi, un altro occupante di origine rumena, «ci concentriamo qui a dormire. Saremo un centinaio… E stiamo tutti insieme».
Un po’ perchè non sanno dove andare, un po’ perchè hanno rifiutato le soluzioni abitative proposte dal Comune di Roma, un po’ perchè così si trovano pronti per il loro turno: per entrare, accompagnati dalla Sala Operativa Sociale, a recuperare i loro averi. Le «masserizie», dicono in gergo gli agenti. Sul piazzale, anche il camper della Sala Operativa Sociale del comune di Roma.
«Pensare che in tribunale ci hanno detto che tutti gli abitanti di via Capranica erano destinatari della casa popolare dal 2008 al 2011. E invece non abbiamo visto nulla. Io sono in lista dal 2006», dice Gigi. Sperano in una soluzione del Comune. Sperano in qualche novità . «Ma in realtà non crediamo a nulla e siamo stufi».
Le soluzioni del Campidoglio
Il Campidoglio ha fatto sapere che dopo lo sgombero, 145 persone (sulle 199 in quel momento presenti) hanno accettato le soluzioni proposte dall’amministrazione agli sgomberati. Numero che confermano fino a ieri sera. «A noi risultano cifre diverse», racconta Donatella. Era sul tetto, la mattina dello sgombero, e ci è rimasta fino alla fine. Lei non abitava lì, ma in un’altra occupazione poco distante, quella dell’ex clinica di Villa Fiorita. «Ero lì per dare una mano. Per essere vicina. Vedere quelle mamme e quei bambini così belli perdere tutto…».
Molte persone hanno sì accettato le soluzioni proposte dall’amministrazione capitolina — case famiglia per i nuclei famigliari, centro d’accoglienza per i single. «Ma poi, quando sono andati a vedere, in tanti sono scappati via». Hanno girato dei video: insetti tra le lenzuola, edifici fatiscenti, macchie e sporco. «Preferisco far dormire mio figlio di sei anni per strada», chiosa Gigi.
«C’è stata qualche criticità , su cui siamo intervenuti immediatamente», commentano dal Campidoglio. La sindaca, Virginia Raggi, si è recata in visita in una delle strutture mercoledì mattina e ha assicurato il massimo impegno, parlando di una situazione sotto controllo e di percorsi da fare con queste famiglie «per l’autonomia». È stato convocato un tavolo per gestire la situazione. tavolo che si aggiornerà nei prossimi giorni. Perchè la situazione è ancora aperta.
Chi si rifugia nelle altre occupazioni
«La mia famiglia vive a Primavalle dagli anni ’60», ricorda ancora Sharon. «Io sono ragazza madre: quello che mi hanno proposto era che io andassi a Casetta Mattei e mia figlia in casa famiglia. Pensare che dicevano che i nuclei famigliari non sarebbero stati divisi». Sharon racconta di aver rifiutato. «Troverò il modo, a costo di vendermi, di trovare una soluzione per mia figlia».
Nel frattempo è ospite, con la figlia di 4 anni, di un’altra occupazione, spiega.
A Villa Fiorita, per esempio, «stiamo ospitando una trentina di persone che abitavano a via Cardinal Capranica», conferma Donatella. «Ma di giorno in giorno i numeri delle persone che scopriamo dormire per strada aumentano. Che dire: ci chiamano criminali, ma stiamo fungendo noi da stato sociale», sorride. E c’è anche qualcuno che racconta di non voler andare in altri edifici occupati: per non rivivere la minaccia di uno sgombero.
A Villa Fiorita non sanno se la loro occupazione è o meno nelle priorità del piano sgomberi di Viminale e Prefe
«C’è infatti una sentenza europea che ha confermato che il proprietario deve tornare in possesso dell’immobile, ed è stata anche comminata una sanzione all’Italia per la mancata restituzione alla proprietà ». Ma «il nostro scopo non è tenerci l’immobile di qualcuno. Chi occupa non è che vuole rimanere in quel posto a tutti i costi. Noi chiediamo le case: siamo aventi diritto e ci devono sistemare nelle case popolari».
Alcuni ex abitanti di via Cardinal Capranica sono andati a finire anche in un’altra occupazione, quella di Battistini. Lo conferma Vincenzo, 60 anni, che qui vive da sei anni. «Ci hanno proposto una stanza, noi siamo in quattro. Che deve fare ia figlia di 17 anni, cambiarsi di fronte a suo fratello di 23?», dice Lamia. Era tra le più accorate, durante lo sgombero: testarda con la sua sedia a rotelle, del perdere casa non se ne faceva una ragione. Con la famiglia ha dormito per strada. Ora sono ospiti dell’occupazione di via Battistini.
«E poi la proposta dei centri di accoglienza… Ma mica sono appena stata pescata a Lampedusa, io. Sono quasi 29 anni che sono in Italia. I miei figli sono italiani», dice. «Che vogliono fare, mettere 10mila persone in mezzo alla strada? Ma questa è istigazione a delinquere», chiosa Vincenzo. «Pensano che rimarranno tutti onesti, mentre lottano per campare?».
(da Fanpage)
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Luglio 20th, 2019 Riccardo Fucile
LO STUDIO DELL’UNIVERSITA’ DELLA TUSCIA: “DIVARIO DEL 17,5% TRA REDDITI DICHIARATI E CONSUMI EFFETTUATI” (SOLO PER LE PERSONE FISICHE)
C’è un fiume sotterraneo che scorre sotto l’economia registrata e monitorata dagli indicatori tradizionali e vale circa 119 miliardi di euro. E’ la stima elaborata da uno studio del Dipartimento Economia impresa e società dell’università della Tuscia sulla cosidetta economia sommersa, che ha esaminato i dati delle ultime dichiarazioni dei redditi, relative al 2017, confrontandoli con i consumi delle famiglie nello stesso anno.
Esiste, rileva l’indagine, un divario del 17,5% tra il reddito disponibile degli italiani ed i loro consumi.
In pratica il valore del sommerso Irpef è 5 volte superiore ai 23 miliardi che servono per evitare gli aumenti Iva.
In sostanza, spiega lo studio, pur ipotizzando che non sia stato risparmiato nulla da nessuno in Italia nel 2017, si sono spesi 118,8 miliardi in più di quanto è stato dichiarato (e che al massimo poteva essere speso).
La ricerca non considera l’intera casistica delle società di capitali (che non distribuiscono utili ai soci persone fisiche) nè l’Iva, quindi il divario individuato attiene solo il mondo delle persone fisiche
Guardando alle singole Regioni, al primo posto la percentuale di divario più alta si registra in Campania (29,02%), segue la Calabria (26,77%) e la Sicilia (26,51%); la percentuale più bassa è invece rilevata nelle Marche (1,17%)
Considerando il biennio 2016/2017, il sommerso vale circa 217 miliardi, ed è sempre la Campania al primo posto con la percentuale più alta (24,97%), seguita da Lazio (22,59%) e Molise (22,56%); la percentuale più bassa è invece nelle Marche in cui è negativa (-0,22%): la spesa media complessiva è cioè inferiore al reddito disponibile
(da agenzie)
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Luglio 20th, 2019 Riccardo Fucile
IL RICORDO DI GRECO E DEGLI ALTRI PROTAGONISTI DI MANI PULITE
Con la morte di Francesco Saverio Borrelli se ne va il secondo protagonista del pool di Mani Pulite
dopo che, il 30 marzo 2014, era mancato a 83 anni l’ex procuratore Gerardo D’Ambrosio.
A uno a uno, stanno arrivando i ricordi dei superstiti del pool, a cominciare da quello di Francesco Greco, a capo della procura di Milano e considerato l’allievo dell’ex magistrato che guidò la squadra di Mani Pulite.
“Francesco Saverio Borrelli era un capo che sapeva proteggere i suoi uomini, una persona che ha fatto la storia d’Italia”, ha detto Greco all’Adnkronos. “Spero di poter organizzare per lunedì la camera ardente in Tribunale a Milano”. ”È stato un grande magistrato che ha fatto la storia di questo Paese”, ha aggiunto all’Ansa.
Commosso anche il ricordo dell’ex magistrato Gherardo Colombo: “Ho appreso la notizia della morte dell’amico – perchè era un amico, Saverio – e ovviamente è una notizia che mi addolora molto. Abbiamo passato tanti anni lavorando gomito a gomito, era una persona eccezionale”, ha commentato all’Adnkronos.
Sono tre i componenti di quella squadra che esercitano ancora la professione di magistrato: l’attuale procuratore capo di Milano Francesco Greco, 68 anni, che, all’atto dell’insediamento, nel 2016, abbracciò Borrelli ringraziandolo per essere stato il suo mentore; Ilda Boccassini, di un anno più anziana, prossima alla pensione prevista a dicembre; Paolo Ielo, 58 anni, procuratore aggiunto a Roma
Piercamillo Davigo, 68 anni, è nell’organico della Cassazione e consigliere togato del Csm con la sua corrente Autonomia e Indipendenza.
Colombo, 73 anni, ha lasciato la magistratura nel 2007 a soli 60 anni, per dedicarsi tra le altre cose a un’assidua attività di prevenzione della corruzione nelle scuole, convinto dell’inutilità del carcere in una prospettiva di cambiamento del Paese. “Sono molto addolorato per la notizia. Francesco era un uomo raro, molto raro”, ha dichiarato all’Ansa.
Anche Antonio Di Pietro, 69 anni, forse il volto più popolare del Pool, aveva appeso la toga ‘prematuramente’ con le dimissioni date nel 1994. In seguito si è dedicato alla politica col suo movimento ‘Italia dei valori’ fino a diventare ministro dei Lavori Pubblici nel governo guidato da Romano Prodi. Un’esperienza durata solo sei mesi perchè si dimise dopo aver ricevuto un avviso di garanzia nell’ambito di un’indagine da cui poi uscì scagionato. Si ripresenterà in un’aula del Palazzo di Giustizia di Milano a settembre, nelle vesti di avvocato di alcuni giornalisti del ‘Sole 24 Ore’ che chiedono di costituirsi parte civile nell’udienza preliminare con al centro presunte irregolarità nei bilanci del quotidiano economico.
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 20th, 2019 Riccardo Fucile
A CAPO DELLA PROCURA DI MILANO PER 11 ANNI, DIVENNE IL SIMBOLO DELLA STAGIONE DI MANI PULITE
Francesco Saverio Borrelli è morto nell’Istituto tumori di Milano. Aveva 89 anni. Da alcune settimane era ricoverato nella stanza numero 3 dell’Hospice Virgilio Floriani, al secondo piano. Nell’autunno scorso i medici gli avevano diagnosticato un tumore al cervello ed era stato operato all’ospedale San Raffaele. Con lui, sempre e fino all’ultimo, i famigliari: la moglie Maura Laura Pini Prato e la sorella, la figlia Federica e il figlio Andrea, pure magistrato, i nipoti Francesco, Teresa e Sofia.
La notizia del ricovero dell’ex capo della Procura milanese, fino al 2002 procuratore generale della Corte d’appello, si era sparsa da tempo e non solo nell’ambiente giudiziario. Decine, negli ultimi giorni, i colleghi di ieri e di oggi, gli avvocati, il personale delle cancellerie e gli agenti delle forze dell’ordine che hanno voluto passare a salutare quello che per tutti resta il capo del pool di Mani Pulite, una figura di magistrato il cui significato ha ampiamente superato la funzione giudiziaria.
Centinaia però anche le persone comuni e gli amici che, saputo della sua degenza, si sono affacciate con discrezione alla porta della sua stanza per dirgli semplicemente “grazie” e abbracciare i famigliari.
Da un paio di settimane Borrelli aveva infine perso conoscenza. Il suo profilo si era fatto affilato, sotto il lenzuolo e dentro la tunica bianca giaceva un fisico magrissimo. Teneva gli occhi socchiusi e non muoveva più la parte sinistra del corpo. La moglie e i figli non hanno smesso di tenergli la mano e di sorridergli, di chiedergli se riuscisse ancora a sentire la loro voce. A chi lo andava a trovare confermavano, con dolore ma senza smarrire la serenità , che la speranza di una reazione però era finita.
“E’ forte – dicevano nelle ultime ore – ma questa volta non ce la fa”.
Giudice e magistrato per 44 anni, Francesco Saverio Borrelli era nato a Napoli il 12 aprile 1930. Anche il padre Manlio e il nonno avevano indossato la toga e così aveva scelto di proseguire la tradizione di famiglia. Si era laureato in giurisprudenza a Firenze a 22 anni, allievo di colui che sarebbe poi diventato presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, con una tesi su Pietro Calamandrei dal titolo “Sentimento e sentenza”.
Si era poi subito trasferito a Milano, assumendo il ruolo di pubblico ministero nel 1955. Nel 1983 il passaggio da Pm e magistrato, con la nomina a procuratore aggiunto presso il Tribunale.
Alla guida della Procura milanese, esercitata poi per undici anni fino al 1999, era stato chiamato nel 1988. Mai avrebbe immaginato, come lui stesso ha più volte ricordato, che quattro anni dopo si sarebbe aperta una delle più decisive stagioni di inchieste sulla corruzione e sui rapporti illeciti politica-affari della storia italiana. Mani Pulite, con l’inchiesta sulla famosa mazzetta incassata da Mario Chiesa al Pio Albergo Trivulzio, scoppiò nel febbraio del 1992.
Borrelli si rese conto subito della pervasività della corruzione degenerata in sistema nazionale e assieme a Gerardo D’Ambrosio, per affrontare Tangentopoli, formò il famoso pool con Antonio Di Pietro, Gherardo Colombo, Piercamillo Davigo e Ilda Boccassini.
Se Giovanni Falcone e Paolo Borsellino sono i simboli della lotta contro le mafie, Francesco Saverio Borrelli è l’icona di quella contro la corruzione, di una figura di procuratore capo quale garante non dei poteri, ma dei diritti.
Nella storia italiana, anche quando si parla di Borrelli, esiste un prima e c’è un dopo. Sua la firma sotto il primo avviso di garanzia a Bettino Craxi, o sotto il mandato di comparizione del 1994 a Roma per Silvio Berlusconi, impegnato al G7 di Napoli. Nessuno dimentica il suo appello alla classe politica prima della campagna elettorale del 1993: “Se hanno scheletri nell’armadio li tirino fuori, prima che li troviamo noi. Si candidi solo chi ha le mani pulite”.
Storico il suo “Resistere, resistere, resistere come sulla linea del Piave”, in occasione dell’ultimo discorso inaugurale dell’anno giudiziario nelle vesti di procuratore generale della Corte d’Appello, nel 2002, contro le riforme del governo Berlusconi, impegnato a ridimensionare l’indipendenza della magistratura.
Dopo la pensione, nell’aprile dello stesso anno, Guido Rossi nel 2006 lo aveva voluto alla guida dell’ufficio indagini della Figc, la Federazione italiana gioco calcio, pure alle prese con gli scandali di Calciopoli.
Ritiratosi e vita privata un anno dopo, Francesco Saverio Borrelli aveva finalmente potuto dedicarsi alle sue grandi passioni: la famiglia, il pianoforte, la musica di Wagner, i suoi amati cavalli.
“Nessun cambiamento deve suscitare scandalo – disse nel pieno della “questione morale” – purchè sia assistito dalla razionalità e purchè il diritto, inteso come categoria del pensiero e dell’azione, non subisca sopraffazione dagli interessi”.
L’ultima lezione, inascoltata.
(da agenzie)
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Luglio 20th, 2019 Riccardo Fucile
ARBORE E LAURITO: “HA LASCIATO UN’ITALIA CATTIVA, CI RTROVEREMO A NAPOLI IN UN’ALTRA VITA”
Il feretro bianco arriva alle 10.50 tra gli applausi di migliaia di persone in attesa all’esterno della
chiesa, già gremita alle prime ore del mattino. La bara passa tra due ali di gente che scatta foto con gli smartphone. Il rito è celebrato da padre Giovanni Paolo Bianco davanti ai cittadini che hanno voluto rendere omaggio all’ingegnere filosofo che ha saputo interpretare l’animo partenopeo: “Ha dato onore alla città , sapeva parlare alla gente. Napoli perde un grande uomo, un uomo d’amore”. Le persone che non sono riuscite a entrare in chiesa ripetono le sue battute nel cortile esterno.
“Il mare nei suo occhi e il Vesuvio nel suo cuore” dice padre Bianco sull’altare.
Nella navata tre minuti di applausi. “Figlio di questa terra – aggiunge il parroco – Luciano De Crescenzo ha sempre sottolineato il suo essere napoletano. Pensava e lasciava pensare. Filosofo, ha saputo tradurre in linguaggio semplice i grandi pensatori e si è definito uomo d’amore, ha definito i napoletani un popolo d’amore. Faceva parte di una tv dove non si gridava, ed è bello consegnare il suo insegnamento a tanti giovani che oggi sono dietro una tastiera e perdono la bellezza dell’incontro”.
Padre Bianco poi legge alcuni versi di “Era de maggio”: “Napoli ha perso un grande figlio”.
In chiesa gli amici di una vita, quelli che ieri si sono recati alla camera ardente allestita in Campidoglio. Marisa Laurito e il sociologo Domenico De Masi, E Renzo Arbore, legato a De Crescenzo da un’amicizia fraterna.
La zona presidiata dalle forze dell’ordine, presente il presidente della Regione Vincenzo De Luca, mentre l’assessore alla Cultura Nino Daniele è stato delegato dal sindaco de Magistris, che si trova a Palermo per la commemorazione di Borsellino. Il Comune ha dichiarato il lutto cittadino, bandiere a mezz’asta.
“Vogliamo dedicare subito una strada della città a De Crescenzo, vico Belledonne perchè lui pensava che dobbiamo ricordarlo con un sorriso e quando c’è un sorriso c’è ancora speranza per il mondo” ha detto l’assessore Daniele scatenando un lungo applauso.
La figlia Paola: “Era un desiderio di papà , ringrazio la città “.
Arbore e Laurito hanno difficoltà a parlare per la commozione, l’attrice e la figlia cercano di sistemare sul feretro corone di fiori e una sciarpa del Napoli donata da un tifoso.
Appassionati i ricordi degli amici sull’altare. “Luciano tocca a me – urla Arbore quasi in lacrime – il regalo più bello è l’applauso della tua Napoli, non so come ricambiare. Penso a quello che vorresti sentirti dire, ma come faccio a sintetizzare la tua vita? Primo in tutto: nell’ingegneria, nello sport, nella filosofia. Non ti posso sintetizzare, posso dire solo alcune cose: la Napoli che hai cantato non è quella del passato, della nostalgia. Napoli ha avuto tante stagioni che ci hanno fatto soffrire: il terremoto, la bambina morta a Forcella, le disgrazie. Ma questa è la Napoli di sempre che sotterrerà tutti noi, la Napoli della bellezza, della cultura, del sole, della sensibilità , dell’amore per il pubblico. La Napoli che sopravvive agli intellettuali che non ti volevano bene. Ti sei vendicato Luciano, scusa se faccio il tuo avvocato”.
E ancora: “Rubavo le tue battute, sei stato un uomo d’amore. Generoso di cuore, meno di portafoglio – sorride – per farti brillare gli occhi bisognava dirti “ti portiamo a Napoli” ma non ti volevamo portare qui da morto. Adesso un regalo: per te il tuo popolo si scambia un segno d’amore”. Strette di mano e abbracci tra i presenti.
Marisa Laurito legge la prefazione di un libro del filosofo, “Panta rei”.
Le pagine ripercorrono velocemente – attraverso i ricordi – la vita di De Crescenzo, la lettura commuove: dalle dimissioni all’Ibm agli amori, dalla figlia agli amici, dai premi ai primi mali.
“Non cambierà mai l’amore che ti vogliamo – dice con voce rotta dal pianto Laurito – hai illuminato la mia vita con l’intelligenza, la cultura, e io ricorderò sempre i tuoi dolcissimi occhi. Se ci sarà una resurrezione, la prossima vita voglio nascere e vivere con te a Napoli, Luciano”.
Il sociologo Domenico De Masi: “Ci ha lasciato l’importanza delle radici, il messaggio dell’allegria – patrimonio dei napoletani – e il messaggio della convivialità . E’ stato sempre “il gruppo”, mai solo. Questi suoi amici carissimi, Renzo e Marisa, gli hanno cantato tutte le canzoni napoletane fino all’ultimo istante e forse , se ci pensate, ognuno di noi vorrebbe morire così. Luciano amava due poesie. La prima di Eduardo, del 1948, dolcissima: “Io vuless truvà pace”, ve la leggo io. La seconda Marisa”.
La seconda poesia dedicata dalla Laurito a De Crescenzo in vita. Gli amici del filosofo – Laurito, Benedetto Casillo, Marina Confalone e De Masi – leggono insieme i versi sull’altare. Glejeses prende la parola: “Voglio ricordare le parole di Luciano: ‘A forza di levare il trucco da Napoli, di dimenticarsi di mandolino, pizza, sole e mare, le stanno togliendo la pelle’ diceva. Noi, Luciano, quel trucco non ce lo toglieremo. E voglio dirvi una cosa: quando girammo la famosa scena del camorrista con Nunzio Gallo, voi non lo sapete, ma per quella scena Luciano fu minacciato dalla camorra. Non l’ha mai detto”.
Poi Vincenzo De Luca: “Ho visto migliaia di persone semplici venendo qui. De Crescenzo sembrava l’uomo di un mondo scomparso, oggi invece ci siamo resi conto che quella immagine gentile, semplice, persino debole, era una grande presenza che ci illuminava”. Il presidente della Regione ricorda il dialogo cinematografico del professor Bellavista con il dirigente milanese e il discorso al camorrista in “Così parlò Bellavista”: “‘I problemi non possono diventare un alibi’ diceva nel film De Crescenzo – sottolinea De Luca – perchè se ci diamo alibi pregiudichiamo il futuro dei nostri figli e rendiamo impossibile la vita nei nostri territori. Un messaggio di rigore dato con gentilezza. De Crescenzo è stato un maestro vero, un filosofo – conclude il governatore – ha lasciato una grande lezione. La grandezza è sempre legata all’umanità e alla semplicità “.
All’uscita del feretro un lunghissimo applauso. “Luciano, Luciano, Luciano” grida la folla che lo accompagna e cerca di toccare la bara all’esterno della basilica. Un corteo spontaneo di cittadini segue l’auto che si allontana tra gli applausi. E alcune donne intonano “Era de maggio”.
(da agenzie)
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