Luglio 27th, 2019 Riccardo Fucile
ABBIAMO IN ITALIA UN MINISTRO DELLA GIUSTIZIA SOMMARIA CHE BENEDICE CON IL ROSARIO … CI FOSSE MAI UN SOVRANISTA CHE ORGANIZZI BLOCCHI STRADALI CONTRO I MAFIOSI DEL LORO QUARTIERE O FACCIA SCRITTE SUI MURI CONTRO I BOSS
La tragica vicenda del carabiniere ucciso — i fatti e il loro trattamento mediatico — è, dolorosamente,
esemplare. Ci mette di fronte, con fastidiosa, perturbante evidenza, i punti oscuri e deboli del nostro mondo: un orribile compendio che meriterebbe di essere studiato nelle scuole. Eccoli:
1. La categorizzazione del presunto colpevole: immediata, totalizzante. Sono stati tutti i nordafricani, poi tutti gli americani. Come se qualcuno dicesse che Falcone e Borsellino sono stati uccisi da tutti i siciliani (ah, mi dite che qualcuno lo ha detto, e lo dice ancora? Appunto).
2. La semplificazione dei fatti, in aderenza ai copioni più comuni: il furto, il “cavallo di ritorno”, l’aggressione. Sappiamo tutti che, quando accadono fatti del genere, la prima versione raramente è quella corretta: è sibillina, di comodo, piena di vuoti, costellata di “accertamenti in corso”. Come è giusto che sia. Un tempo si aspettavano anche ore, in attesa di quegli accertamenti, e — quando c’erano molti più giornalisti di adesso nelle redazioni e nelle strade e certi lussi potevamo permetterceli (ps: ecco a cosa serve la libera stampa) — si andava in giro sul luogo del fatto, a cercare spunti, testimonianze, “farci un’idea”, comparare le versioni, e poi, solo poi, scriverne.
3. L’insistenza su una delle poche cose certe: la violenza dell’aggressione, gli otto fendenti. Che messi assieme all’origine nordafricana dei presunti colpevoli, condannati e giustiziati a mezzo social in meno di un’ora (c’è in giro un Ministro della Giustizia Sommaria che queste pratiche mette in atto, incoraggia e benedice col rosario) dipingono un quadro che fa appello direttamente agli archetipi che certa propaganda sollecita di continuo: l’aggressore barbaro, non civilizzato e brutale, che non avrebbe diritto a stare qui con noi e quel diritto se lo prende con la forza, grazie alla connivenza di “buonisti”, “bergogliani”, “sorosiani” e, ovviamente, “zecche” e “sinistri”.
4. L’uso strumentale, immediato e irriflessivo, di ogni notizia, fino allo stravolgimento del reale. Anzi, alla vera e propria creazione di “fatti alternativi” che continuano a propagarsi anche dopo le precisazioni e le ricostruzioni corrette. E non solo sui social e da parte di privati utenti: ci sono testate e blog che collaborano attivamente e massicciamente allo spaccio di notizie tossiche.
5. La totale assenza di riferimenti al problema reale di ordine pubblico nelle nostre città : il mercato della droga e il suo mostruoso indotto, anche occasionale.
Se avessimo su questo tema un decimo delle condanne, della riprovazione o anche della sola attenzione sociale che — orientata dalla serrata propaganda di questo governo — ottiene ogni giorno il tema dell’immigrazione, forse saremmo sulla buona strada (sogno scritte sui muri contro i boss, sassaiole contro gli spacciatori — e non contro gli immigrati raccoglitori di pomodori — , blocchi stradali contro gli estortori, manifestazioni spontanee contro i mafiosi di quartiere — e non i rom assegnatari di case popolari — , ronde notturne nelle piazze di spaccio — e non nelle spiagge, inseguendo gli ambulanti che vendono plastiche o ventagli. Ma soprattutto sogno decreti sicurezza che si occupino della sicurezza, e non solo di aumentare l’insicurezza).
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 27th, 2019 Riccardo Fucile
NELL’HOTEL DI LUSSO TROVATA L’ARMA DEL DELITTO … LA RICOSTRUZIONE DETTAGLIATA DEI FATTI
Si chiamano Christian Gabriel Natale Hjorth ed Elder Finnegan Lee i due giovani responsabili dell’omicidio del vicebrigadiere Mario Rega Cerciello.
Sono due americani della California di buona famiglia e hanno 19 e 20 anni.
Il loro fermo per omicidio volontario e tentata estorsione è arrivato al termine di un lungo interrogatorio in cui uno dei due ha confessato di aver affondato per almeno 8 volte la lama di un coltello nel corpo del carabiniere di 35 anni nella notte a cavallo tra il 25 e 26 luglio scorsi in pieno centro.
E dopo il ritrovamento del coltello usato per uccidere il militare nascosto dietro un pannello nel soffitto della stanza dove i due americani alloggiavano. A 24 ore dall’accaduto la dinamica comincia a diventare chiara.
L’appuntamento e l’estorsione
Tutto comincia dopo la mezzanotte quando i due americani sono a caccia di cocaina per sballarsi e cercano uno spacciatore. Si avvicinano a Sergio Brugiatelli (l’uomo a cui verrà rubato il borsello nero), in piazza Mastai, gli chiedono la droga. Lui non ne ha. Gli indica però il pusher da cui acquistarla. I due americani vanno dallo spacciatore, comprano per 100 euro la dose e se ne vanno. Quando consumano la droga i due si accorgono che la bustina che hanno acquistato non è cocaina ma aspirina. Tornano in piazza, non trovano più lo spacciatore e se la prendono con Brugiatelli. È stato lui a indicargli il pusher ed è lui a dover restituire i 100 euro. Gli prendono quindi il borsello di pelle e fuggono via. “Con la minaccia di non restituire altrimenti quanto sottratto, contattati telefonicamente, formulavano una richiesta di una ricompensa di 100 euro” , scrive poi il pm nel decreto di fermo.
Secondo la ricostruzione della Procura, dopo aver stabilito un appuntamento in zona Prati per la riconsegna dello zainetto rubato, “raggiunto il luogo concordato e avvicinatisi i due carabinieri Mario Rega Cerciello e Andrea Varriale in borghese allertati dal Brugiatelli, nonostante i due militari si fossero qualificati come appartenenti all’Arma dei carabinieri, dapprima ingaggiavano una colluttazione rispettivamente il Cerciello con Elder e il Varriale Andrea con Natale Hjorth” dopodichè Elder – si legge ancora nel decreto – colpiva con “numerosi fendenti il Cerciello” colpendolo “in zone vitali” tanto che a seguito dei fendenti inferti “il carabiniere Cerciello decedeva presso il pronto soccorso dell’ospedale Santo Spirito”. Dopo l’aggressione entrambi i responsabili scappavano “incuranti delle condizioni del Cerciello, esanime”.
Le testimonianze
Gli indizi di colpevolezza, raccolti dai carabinieri di via In Selci che hanno svolto le indagini, sono “gravi e concordanti” e si avvalgono di numerose testimonianze. Oltre alle dichiarazioni del derubato del borsello Sergio Brugiatelli, ci sono la relazione del carabiniere sopravvissuto, i ricordi del portiere dell’albergo dove la coppia alloggiava e, soprattutto, le dichiarazioni del facchino dello stesso hotel. Li ha visti rientrare intorno alle 2,45 e ha descritto l’abbigliamento di uno dei ragazzi e il passo veloce col quale è entrato nell’albergo.
La descrizione degli aggressori
Dopo l’omicidio la telefonata del carabiniere sopravvissuto al 112 indica negli assassini due magrebini (così si legge infatti nei brogliacci). Da qui l’equivoco durato qualche ora sull’identità dei responsabili dell’omicidio. Quel che rimane ancora da chiarire in questa storia è da quale telefono il Brugiatelli abbia contattatato i 2 americani che avevano il suo cellulare e come abbia chiesto i soccorsi ai carabinieri. Ci sono due versioni sul punto. La prima: ha chiamato il 112 (ma non risultano chiamate fatte da lui); la seconda ha fermato una pattuglia per strada la quale avrebbe diramato intervento, preso in carico dal vicebrigadiere morto e dal suo collega in servizio alla stazione Farnese.
Secondo la procura artefice dell’accordo estorsivo con la vittima del furto del borsello, “in termini di partecipazione al colloquio telefonico”, come scrivono anche il pm Calabretta e il procuratore aggiunto D’Elia nel decreto di fermo, è Natale “l’unico dei due in grado di comprendere la lingua italiana”.
Usciti dall’hotel in Prati per raggiungere il luogo deciso per lo scambio, i due americani si trovano davanti non il ragazzo dal quale pretendevano soldi e droga, ma i due militari in borghese, Mario Rega Cerciello e Andrea Varriale.
“A questo punto, le versioni dei due sono parzialmente coincidenti in quanto il Natale ammette che il carabiniere che gli si è avvicinato si è qualificato, benchè non fosse in divisa, mentre Elder nega la circostanza o comunque si nasconde dietro la propria difficoltà di comprendere la lingua italiana”.
Entrambi ‘singolarmente’ hanno una colluttazione con i carabinieri che gli avevano detto di fermarsi, una volta qualificatisi, e “benchè nessuno dei due avesse estratto un’arma, Elder, bloccato dal Cerciello, estraeva un coltello (che per dimensioni e tipo è certamente strumento idonei a cagionare grave offesa) colpendo più volte al tronco la vittima in zona vitale”.
Il vicebrigadiere ha urlato e solo a quel punto, dice Elder, “si fermava anche Natale”. I due a quel punto sono fuggiti in direzione dell’albergo in Prati per poi nascondere e ripulire il coltello. Anche sull’occultamento dell’arma i due forniscono versioni “assolutamente contrapposte, accusandosi reciprocamente”. Il coltello è stato trovato nella stanza dell’hotel, riconosciuta da Elder come propria “e l’ha indicata come arma del delitto” e comunque difficilmente non notata dall’amico che però ha negato la circostanza.
(da “La Repubblica”)
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Luglio 27th, 2019 Riccardo Fucile
IL PUSHER DENUNCIA LO SCIPPO MA NON DICE LA VERITA’ AI CARABINIERI… I DUE CARABINIERI SI PRESENTANO AL POSTO DELLO SPACCIATORE E SCATENANO LA VIOLENZA DEI DUE STUDENTI USA
Sono arrivati in caserma intorno a mezzogiorno e mezzo. Prelevati dalla stanza del loro albergo a
quattro stelle da più di 200 euro a notte a pochi passi dalla Corte di Cassazione, nel pieno centro di Roma.
Due ventenni americani, in vacanza in Italia. I carabinieri sapevano che i due erano coinvolti in qualche modo nella morte del loro collega, il vicebrigadiere Mario Cerciello Rega, ma non sapevano ancora come.
Pensavano che i due ragazzi fossero finiti in un brutto giro di droga e che, in qualche modo, avessero trascinato in un pasticcio i militari.
Li credevano vittime di questa brutta storia. Invece ieri sera, intorno alle dieci, uno dei due ha confessato: è stato lui ad accoltellare a morte il militare. Volevano cocaina, si sono ritrovati con un po’ di aspirina tritata. Hanno deciso di vendicarsi rubando la borsa allo spacciatore. Poi hanno perso la testa. E, alla fine, hanno ucciso un carabiniere.
Solo a sera ormai inoltrata, quando uno dei due americani, quello con i capelli tinti di biondo, ha confessato di essere l’autore dell’omicidio, si è chiarito cosa fosse successo.
Trastevere, giovedì sera. I due stranieri, nella capitale per turismo (non si sa se soli o in gruppo) comprano della droga. Poco dopo si rendono conto che non è cocaina, ma aspirina tritata. Tornano indietro per cercare il pusher e iniziano a discutere.
Sono furiosi, pretendono la “roba” che hanno pagato. Lo spacciatore fa il vago, non cede. E loro, per vendicarsi, gli rubano il borsello.
Dentro ci sono soldi, probabilmente altre sostanze da vendere, sicuramente il telefonino. Il pusher chiama il suo cellulare e i due rispondono: “So chi siete, se non mi restituite le mie cose vi vengo a cercare e vi ammazzo”.
I turisti insistono: vogliono la cocaina. E si accordano per uno scambio, sotto al loro albergo, a pochi metri da piazza Cavour.
Droga buona in cambio della borsa. Il pusher a quel punto contatta i carabinieri. Chiama il 112 ma omette la parte della droga, si presenta come un uomo derubato, racconta dell’accordo. Dice che i rapinatori vogliono 100 euro in cambio dei suoi effetti personali.
Tutto si svolge rapidamente. Non si sa chi decide, se i militari o un superiore. Sta di fatto che, invece del pusher, all’appuntamento vanno i due militari in borghese.
Gli americani, nel frattempo, sapendo di avere a che fare con uno spacciatore, si sono procurati un coltello.
Arriva l’ora dell’incontro, più o meno le tre di notte. I carabinieri si qualificano subito e chiedono i documenti ai due ragazzi. Tanto basta (forse insieme ad alcol e droga) a far perdere loro la testa.
Si avventano sulle forze dell’ordine. Uno tira fuori il coltello e, velocissimo, infilza Mario Cerciello Rega. Otto volte. Con violenza. Il vicebrigadiere inizia a urlare e cade a terra in una pozza di sangue. La sua agonia dura pochi minuti.
(da agenzie)
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