Dicembre 18th, 2019 Riccardo Fucile
NEANCHE A LORO PIACEVA IL SOGGETTO RITRATTO
Il Corriere Fiorentino oggi racconta una storia curiosa che ha come vittima Denis Verdini. I
ladri sono entrati nell’abitazione di Pian de’ Giullari la scorsa settimana, quando l’ex parlamentare e coordinatore di Forza Italia non si trovava in città .
E hanno anche annerito un dipinto che ritrae Matteo Salvini.
Secondo quanto ricostruito dai carabinieri del Comando provinciale, poi intervenuti sul posto, i malviventi avrebbero forzato una finestra della villa e a quel punto sono riusciti ad entrare all’interno dell’abitazione, dove hanno avuto tutto il tempo per mettere a soqquadro le stanze.
Che cosa i ladri abbiano portato via è ancora troppo presto per saperlo: soltanto nelle prossime ore si potrà stabilire con esattezza quali siano gli oggetti rubati.
Una cosa, però, è certa: i ladri sono stati attratti da un quadro raffigurante il segretario della Lega ed ex ministro dell’Interno Matteo Salvini, che non ha mai nascosto di vivere una storia d’amore con Francesca Verdini, figlia di Denis.
Che cosa avrebbero fatto i ladri? Avrebbero preso un accendino per poi annerire il dipinto che raffigura proprio Salvini.
Dopo aver messo a segno il colpo, i malviventi sarebbero poi passati dalla finestra che avevano forzato. Una volta dato l’allarme, sul posto sono intervenuti i carabinieri che hanno cercato di trovare qualche indizio utile attraverso eventuali impronte digitali.
Da alcuni giorni vengono passate al setaccio anche le immagini delle telecamere di sicurezza della zona.
(da agenzie)
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Dicembre 18th, 2019 Riccardo Fucile
PROVE CIRCOSTANZIATE INCASTRANO IL GOVERNO LEGA-M5S IN 14 CASI
“Qui MRCC Roma. A nome della Guardia costiera libica per la salvezza delle vite in mare vi preghiamo di procedere alla massima velocità per dare assistenza ad una barca in difficoltà con circa 70 persone a bordo. Vi preghiamo di contattare urgentemente la Guardia costiera libica attraverso questo centro di ricerca e soccorso ai seguenti numeri di telefono”. Ai quali rispondono sempre gli italiani
Un dispaccio del centro di ricerca e soccorso di Roma delle 19.39 del 7 novembre del 2018 dimostra che a coordinare l’operazione di salvataggio di un gruppo di migranti poi riportati in Libia dal mercantile Nivin battente bandiera panamense fu l’Italia.
In 93, segnalati prima da un aereo di Eunavformed, poi dal centralino Alarmphone, furono presi a bordo dal Nivin e, con l’inganno, sbarcati con la forza a Misurata dall’esercito libico dopo essere rimasti per dieci giorni asserragliati sul ponte del mercantile. Picchiati, feriti, rinchiusi di nuovo nei centri di detenzione in un paese in guerra.
Un respingimento di massa illegittimo, contrario al diritto internazionale, che sarebbe stato dunque coordinato dall’Italia secondo una strategia di salvataggio delegato ai privati per applicare il controllo delle frontiere.
Un “modello di pratica” che – secondo un rapporto redatto da Charles Heller di Forensic Oceanography, ramo della Forensic Architecture Agency basata alla Goldsmiths University of London – l’Italia e l’Europa avrebbero applicato ben 13 volte nell’ultimo anno, in coincidenza con la politica italiana dei porti chiusi.
Caso finora unico, alcune delle persone riportate in Libia sono state rintracciate nei centri di detenzione da Msf che ne ha raccolto le testimonianze che – incrociate con i documenti e le risposte alle richieste di informazione date da Eunavformed e dalla stessa Guardia costiera libica – hanno consentito di ricostruire quello che viene definito nello studio ” una pratica ricorrente di respingimenti, una nuova modalità di soccorso delegato ai privati” che verrebbe attuato quando le motovedette della guardia costiera libica, come avvenne nel caso del 7 novembre 2018, sono impegnate in altri interventi. “Impegnandosi in questa pratica – è l’accusa del report – l’Italia usa violenza extraterritoriale per contenere i movimenti dei migranti e viola l’obbligo di non respingimento”.
Per questo il Glan, l’organizzazione di avvocati, accademici e giornalisti investigativi Global Legal Action Network ha presentato una denuncia contro l’Italia al Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite per conto di uno dei migranti riportati indietro. E’ la prima volta che accade.
Ma ecco la ricostruzione dei fatti secondo le fonti di prova incrociate:
La partenza
Nella notte tra il 6 e 7 novembre 2018 dalla costa di Zlitan parte un gommone con 93 persone a bordo di sette nazionalità diverse. C’è anche una donna con un bimbo di quattro mesi. Alle 15.25 del 7 novembre la barca viene avvistata in zona Sar libica da un aereo spagnolo dell’operazione Sophia che – secondo quanto riferito da Eunavformed – “dichiara che non c’erano assetti navali nelle vicinanze”. Tramite il quartier generale della missione che, in quel momento, era sulla nave San Marco della marina italiana, l’informazione con le coordinate navali della posizione della barca viene passata al centro di ricerca e soccorso di Roma che le trasmette a quello libico. Il commodoro libico Masoud Abdalsamd riferisce che le motovedette libiche sono impegnate in altre attività e il gommone continua la sua navigazione.
La richiesta di soccorso
Due ore dopo, alle 17.18, dal gommone un primo contatto con il centralino Alarm Phone che comunica le coordinate al centro di soccorso di Roma e monitora la zona: non ci sono navi vicine e l’unica Ong presente, la Mare Jonio, è a Lampedusa. Roma ( che era già informata) chiama Tripoli, la guardia costiera libica identifica la Nivin, un mercantile già in rotta verso Misurata ma le manca l’attrezzatura per comunicare e dirigere la Nivin e chiede a Roma di farlo “a suo nome”. Da quel momento è MRCC a prendere in mano il coordinamento, dà istruzioni al comandante della Nivin e dirige il soccorso.
L’arrivo dei libici
Alle 21.34, un dispaccio del centro di ricerca e soccorso dei libici annuncia la presa del coordinamento delloperazione ma la comunicazione parte dallo stesso numero nella disponibilità della Marina italiana sulla nave di stanza a Tripoli. Alle 3.30 la Nivin soccorre i migranti. Saliti a bordo i marinai li tranquillizzano dicendo loro che saranno portati in Italia. Ma quando vedono arrivare una motovedetta libica i migranti capiscono di essere stati ingannati, rifiutano il trasbordo e si barricano sulla tolda della nave. I libici dopo un poò rinunciano e la Nivin prosegue verso Misurata dicendo ai migranti di essere in rotta verso Malta. Un’altra bugia.
Lo sbarco a Misurata
I migranti rimangono asserragliati anche quando la nave entra nel porto libico. Ci resteranno dieci giorni chiedendo disperatamente aiuto ai media internazionali con i telefoni cellulari. Il 20 novembre l’intervento di forza dei militari libici armati pone fine alla loro odissea. Alcuni migranti vengono picchiati, feriti, ricondotti nei centri di detenzione dove alcuni di loro vengono intercettati dall’equipe di Medici senza frontiere che raccoglie le loro testimonianze che si incrociano perfettamente con i documenti recuperati.
Il ruolo dell’Italia
Ne viene fuori un quadro che combacia perfettamente con quanto già evidenziato da un’inchiesta in via di conclusione della Procura di Agrigento coordinata dal procuratore aggiunto Salvatore Vella. Un quadro in cui l’Italia, nonostante gli accordi con la Libia, prevedono un ruolo di semplice assistenza e supporto tecnico alla Guardia costiera libica, di fatto svolge – tramite la nave della Marina militare di stanza a Tripoli – svolge una funzione di centro di comunicazione e coordinamento “dando un contributo decisivo – si legge nel report – alla capacità di controllo e coordinamento che ha saldamente in mano”.
“Quando i libici non sono in grado di intervenire – è l’accusa di Forensic Oceanography – Roma opta per una seconda modalità , quella del respingimento privato attraverso le mavi mercantili che – secondo un recente report semestrale di Eunavformed – ha prodotto 13 casi nell’ultimo anno con un aumento del 15-20 per cento”.
(da “La Repubblica”)
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Dicembre 18th, 2019 Riccardo Fucile
PENA FINO A 15 ANNI DI GALERA… NULLA RISPETTO A QUANDO DOVRA’ RISPONDERE DAVANTI AL TRIBUNALE INTERNAZIONALE DELL’AJA PER CRIMINI CONTRO L’UMANITA’
Bloccando a bordo della nave Gregoretti della Guardia costiera italiana 131 migranti Matteo
Salvini ” nella sua qualità di ministro dell’Interno, ha abusato dei suoi poteri”. E’ questa la motivazione con la quale il tribunale dei ministri di Catania chiede, per la seconda volta, al Senato di autorizzare il processo all’ex ministro dell’Interno contestandogli il reato di sequestro di persona.
I giudici del tribunale dei ministri di Catania, completata la loro istruttoria, sono giunti a conclusioni opposte a quelle del procuratore Carmelo Zuccaro che, come nel precedente caso della nave Diciotti, avevano chiesto l’archiviazione dell’indagine a carico di Salvini.
E adesso toccherà proprio a Zuccaro formulare comunque il capo di imputazione e chiedere l’autorizzazione a procedere alla giunta delle immunità di Palazzo Madama che già a gennaio scorso aveva negato il nullaosta al processo.
Nell’atto notificato a Matteo Salvini, che come sempre l’la ha reso pubblico, i giudici del tribunale dei ministri circoscrivono i giorni in cui si sarebbe compiuto il reato dal 27 al 31 luglio, cioè il lasso di tempo in cui la nave Gregoretti che aveva preso a bordo 131 naufraghi salvati in parte da un peschereccio di Sciacca in parte da un gommone, è rimasta bloccata nel porto di Augusta senza che il Viminale desse l’autorizzazione allo sbarco nell’attesa che la commissione europea trovasse i Paesi disposti a farsi carico dell’accoglienza dei migranti.
“In particolare – scrivono i giudici – il senatore Matteo Salvini, nella sua qualità di ministro, ha violato le convenzioni internazionali in materia di soccorso in mare e le correlate norme di attuazione nazionali non consentendo, senza giustificato motivo, al competente Dipartimento per le libertà civili e immigrazione di esitare tempestivamente la richiesta di Porto sicuro presentata formalmente dalla sala operativa del centro di ricerca e soccorso di Roma il 27 luglio. Salvini ha bloccato la procedura di sbarco dei migranti così determinando consapevolmente l’illegittima privazione della libertà personale di questi ultimi costretti a rimanere in condizioni psicofisiche critiche a bordo della nave Gregoretti ormeggiata al porto di Augusta fino al pomeriggio del 31 luglio”.
Il tribunae dei ministri contesta a Salvini il reato aggravato perchè commesso da un pubblico ufficiale e con l’abuso dei poteri inerenti alle funzioni esercitate ma anche per essere stato commesso in danno di minori.
(da agenzie)
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Dicembre 18th, 2019 Riccardo Fucile
INIZIA IL PIAGNISTEO PER SCAPPARE DAL PROCESSO… LA LEGGE E’ UGUALE PER TUTTI, NON CI DEVONO ESSERE CRIMINALI IN LIBERTA’ PERCHE’ HANNO L’IMPUNITA’ POLITICA
Il tribunale dei ministri di Catania ha chiesto al presidente del Senato l’autorizzazione a procedere per sequestro di persona nei confronti di Matteo Salvini, all’epoca dei fatti ministro dell’Interno. La vicenda è relativa al blocco della nave Gregoretti con 131 migranti a bordo.
A rivelarlo è stato questa sera lo stesso Salvini, ospite della trasmissione ‘Fuori dal Coro’ di Rete Quattro condotta da Mario Giordano.
Sulla vicenda la Procura di Catania aveva chiesto l’archiviazione, di parere opposto invece il tribunale dei ministri. L’atto notificato a Salvini porta la data del 12 dicembre, secondo quanto ha dichiarato lo stesso Salvini.
(da agenzie)
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