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“MIO FIGLIO HA IL CORAGGIO DELLE SUE IDEE”

Luglio 5th, 2020 Riccardo Fucile

SELVAGGIA LUCARELLI: “SALVINI, IL BULLETTO STRAFOTTENTE SENZA MASCHERINA E I POLIZIOTTI CHE HANNO CERCATO DI INTIMIDIRE MIO FIGLIO: MI SPIACE, NON CI SIETE RIUSCITI”

Spenderò poche parole sulla vicenda perchè ho sempre pensato che in fatto di idee i figli non siano un prolungamento, ma un pianeta indipendente, anche quando l’anagrafe dice il contrario.
Stamattina facevamo colazione al bar sotto casa e c’era un gazebo della Lega a 50 metri da noi. Abbiamo sentito un applauso e capito che era arrivato Salvini, senza che nessuno lo avesse annunciato.
Io già  che ero lì gli ho chiesto perchè non si mette la mascherina, solita aria strafottente ed è finita lì (con un paio di buuuu e cretina, ma chi se ne frega).
Mio figlio ha espresso il suo desiderio di dirgli quello che pensa, quello di cui parla in casa, quello di cui discute con i suoi amici della scuola
Quello che spesso commenta sotto i post di Salvini, senza mai insultare perchè sa che se alza i toni gli mozzo le dita con la sua squadra da disegno. Certo. Conosce le mie idee, parliamo di politica, ma le sue convinzioni le ha sviluppate tanto in modo del tutto indipendente, con la foga e anche le ingenuità  di un quindicenne (che magari dice “governo” anzichè “partito”).
Ho apprezzato quello che ha fatto e non per i contenuti espressi (non sapevo cosa gli avrebbe detto, che comunque condivido), ma per il coraggio con cui ha provato a confrontarsi con Salvini, in mezzo a 100 persone, alcune delle quali ostili e rumorose. Non è un ragazzo perfetto, mio figlio, ma ha il coraggio delle proprie idee, ha il coraggio di essere ciò che è anche fuori dai social e di somigliare alle parole che scrive. Non ha smanie di apparire come ho letto qua e là , non ha social aperti, non posta sue foto, è totalmente indifferente al mio lavoro e alla fama. Ha solo un abbozzo di fervore idealista che spero lo accompagni tutta la vita.
Detto ciò, ha detto a Salvini che è razzista e omofobo, che usa gli immigrati per fare propaganda e lo ha detto senza aggredire o alzare la voce.
Ho trovato squallide due cose: la prima è che Salvini abbia fatto il bulletto strafottente che fa finta di non ascoltare e gli abbia detto un “Ti voglio bene”, a cui Leon ha risposto “io no”.
La seconda, più seria, riguarda i poliziotti in borghese che poi gli si sono avvicinati per identificarlo. Dicendo a me — a quel punto mi sono messa a riprendere la scena — che non potevo filmare per motivi ignoti (ho continuato a farlo).
È stata una scena pietosa. Fermare un ragazzino di 15 anni per chiedergli i documenti dopo che civilmente aveva espresso le sue idee, costringendolo per giunta a dire nome e cognome in pubblico, visto che i documenti li aveva lasciati a casa, è un pessimo segnale. Il tutto mentre un tizio esagitato, adulto, alle sue spalle gli gridava “zecche!”.
Sia chiaro. Non c’è un’ombra di vittimismo in quello che dico.
Leon si è difeso benissimo da solo, non è traumatizzato, non sta leggendo gli insulti sui social perchè come avrete capito si fida più di quello che vede che di quello che legge e non è permeabile all’odio leghista, ma una cosa è certa: cercare di intimidirlo, è stato squallido.
E no, non gli hanno messo alcun timore addosso. Forse un po’ più di fervore.
P.s. Ringrazio la pagina ufficiale Lega-Salvini premier per aver pubblicato la foto di Leon, 15 anni, con la mascherina. Chissà  che Salvini, vedendo che riesce a farlo pure un adolescente, non impari a mettersela.

Selvaggia Lucarelli
(da TPI)

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IL FIGLIO QUINDICENNE DI SELVAGGIA LUCARELLI HA FATTO BENE: I CITTADINI PERBENE NON DEVONO ESSERE DISTURBATI SOTTO CASA E HANNO DIRITTO A DISSENTIRE DALLA PRESENZA DI SALVINI

Luglio 5th, 2020 Riccardo Fucile

LA POLIZIA CHE IDENTIFICA UN RAGAZZO CHE NON HA COMMESSO ALCUN REATO E’ UN CATTIVO SEGNALE… LA POLIZIA POSTALE PUTTOSTO DENUNCI QUELLA FOGNA SOVRANISTA CHE SUI SOCIAL INSULTA LEON

In un video di Localteam possiamo vedere lo scontro tra il figlio di Selvaggia Lucarelli Leon, 15 anni, e il leader della Lega, Matteo Salvini, al gazebo del partito allestito questa mattina davanti a un centro commerciale di Milano.
Tutto è successo non appena finito il comizio improvvisato e non previsto del politico a cui il ragazzo, 15 anni, aveva assistito insieme alla madre, giornalista e scrittrice, che aveva domandato a Salvini perchè in mezzo a tutte quelle persone non indossasse la mascherina ed era stata poi contestata dai sostenitori di Salvini.
Mentre il politico ha iniziato a farsi i selfie con i supporter, il giovane lo ha incalzato: “Volevo ringraziarla per il suo governo omofobo e razzista”. “Si, dai, anche un po’ fascista”, gli ha risposto l’ex vicepremier. “Lei vuole il male delle persone che arrivano da altre nazioni”, ha aggiunto, di rimando.
Dopo lo scambio di battute con Salvini, il ragazzo è tornato dalla madre ed è stato raggiunto dalla polizia, a cui ha fornito le sue generalità .
“Mi hanno fermato così, senza alcun tipo di insulto personale, attacco o parolaccia, ho detto la mia opinione, ho detto che molte persone della comunità  di colore non lo sopportano per il suo comportamento razzista, mi hanno provato a cacciare e adesso mi ha fermato la polizia. Non c’è libertà  di espressione, sono stato fermato prima dalle guardie del corpo e poi dalla polizia, è una cosa ridicola”, ha detto poi il giovane ai giornalisti che gli hanno chiesto cosa fosse successo.
“Lui ha fatto quello che si sentiva di fare, non sapevo quello che avrebbe detto, ma lo condivido. Ho cresciuto un ragazzo libero e con il coraggio delle proprie scelte”, ha spiegato all’Adnkronos Selvaggia Lucarelli, contattata a proposito dell’episodio che ha visto protagonista suo figlio questa mattina, a un gazebo della Lega.
La giornalista e scrittrice era lì per caso e ha assistito al breve comizio perchè il centro commerciale si trova sotto casa sua. “Ci tengo a precisare che non siamo andati apposta lì per Salvini. Il gazebo si trovava a due passi da casa nostra, di fronte al bar dove andiamo di solito a fare colazione”.
Autorizzato dalla madre, il ragazzo ha precisato di non essere pentito di quello che ha fatto. “Rifarei quello che ho fatto, non sono pentito e non cerco visibilità . Trovo ridicolo che mi abbiano identificato”, ha concluso.
Lucarelli è stata sentita anche dall’agenzia di stampa ANSA: “Mio figlio ha detto la sua, non c’è nulla di lesivo della sua reputazione nel fare il suo nome, anzi… Certo sono stupita che un ragazzino di 15 anni che esprime la sua opinione in modo civile e pacifico, e nei limiti del confronto democratico, venga identificato da due poliziotti in borghese come un delinquente”.
“Se decidi di scendere in piazza e di confrontarti con i cittadini lo fai con tutti, non puoi scremare”, ha detto Lucarelli. E ha aggiunto: “Penso che Salvini sia un razzista e un omofobo ma io non avevo idea di cosa mio figlio avrebbe detto a Salvini, pur condividendolo. Mio figlio è un appassionato di politica, inoltre conosce le dinamiche del web, si aspetta quello che ci si può aspettare dai leghisti: sicuramente ci saranno migliaia di insulti. Se ha deciso di agire così è perchè vola più in alto di questo”.
Anche la pagina della Lega ha messo il video: in poco tempo i commenti si sono riempiti di insulti nei confronti del ragazzo.
Ora ci aspettiamo che la polizia postale faccia il suo dovere.

(da agenzie)

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SONO SPARITI 25.000 CAMICI: UN TERZO DELLA FORNITURA DIVENTATA DONAZIONE DA PARTE DELLA SOCIETA’ DELLA MOGLIE E DEL COGNATO DI FONTANA NON E’ MAI STATA CONSEGNATA

Luglio 5th, 2020 Riccardo Fucile

IL CONTRATTO DI VENDITA CHE DOPO L’INCHIESTA DI REPORT DIVENTA DONAZIONE, ORA PURE LA MANCATA CONSEGNA DEI CAMICI SANITARI ALLE EMERGENZE

Nelle more della vicenda di Dama SPA, l’azienda di proprietà  della moglie e del cognato del presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana, e dei camici per i quali oggi la procura di Milano indaga ipotizzando il reato di turbativa d’asta, martedì prossimo M5S e Pd presenteranno due interrogazioni in Consiglio regionale per capire che fine abbiano fatto gli oltre 25 mila camici restanti che Dama aveva inizialmente deciso di regalare, ma che non sono mai stati consegnati.
Racconta oggi Il Fatto Quotidiano:
Erano l’ultima parte della famosa fornitura: 75 mila camici e 7 mila set di cappellini e calzari che il Pirellone   aveva ordinato a Dama il 16 aprile scorso, attraverso un affidamento diretto.
Materiale che Dama, subito dopo la firma del contratto, inizia a consegnare con scadenza quotidiana, emettendo regolari fatture per complessivi 359 mila euro.
A fine maggio però (dopo l’inizio delle   investigazioni di Report, dicono i maligni), la stessa Dama dichiara di essersi sbagliata: quella fornitura onerosa è una donazione.
Il documento che sancisce la metamorfosi è una mail, datata 20 maggio, che l’amministratore della Dama, Andrea Dini, invia ad Aria,   dove si ufficializza la volontà  “di trasformare il contratto di fornitura in una donazione”, aggiungendo: “Certi che apprezzerete la nostra decisione Vi informiamo che consideriamo conclusa la nostra fornitura”
Che tradotto significa: non vi manderemo nulla oltre quanto già  inviato. Ovvero, alla data del 20 maggio, 7 mila set completi e 49.353 camici, per un totale di 359.482 euro (l’esatto importo delle due fatture inviate). All’appello quindi, rispetto al capitolato originale che di camici ne prevedeva 75 mila, mancano ancora 25.647 camici, per un valore di circa 153 mila euro: non arriveranno mai. E nessuno si aspetta che arrivino, del resto.
Sicuramente non Aria, che dal 20 maggio ritiene conclusa la partita.
La beneficienza di Dama si ferma così in concomitanza con i primi rumors dell’indagine della trasmissione tv: regala ciò che ha già  consegnato, e non completa la fornitura prevista e promessa.
“Ma se Aria aveva dato senza gara a Dama   un appalto per 75 mila camici, significa che quello era il numero di camici ritenuto necessario — rag io na Fumagalli — e se, come sembra, 25 mila non sono mai arrivati, significa che i medici lombardi avranno dovuto fare senza… È incredibile: qui siamo davanti a una donazione, ma solo a metà ! Hanno cambiato idea anche su questo”.

(da agenzie)

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IL MEDICO CHE SI E’ DIMESSO DALL’OSPEDALE DI ALZANO: “GIA’ IL 15 FEBBRAIO UN COLLEGA AVEVA DIAGNOSTICATO CHE ERA COVID”

Luglio 5th, 2020 Riccardo Fucile

NEGLI ULTIMI GIORNI SI E’ SCONTRATO CON ASST E HA DECISO DI DIMETTERSI

Nadeem Abu Siam, medico palestinese di 29 anni e padre di tre figli, casa a Nembro, era in servizio sabato 15 febbraio. Il caso del paziente 1   a Codogno sarebbe esploso solo 5 giorni dopo.
Oggi in un’intervista al Corriere della Sera Bergamo dice che si è scontrato negli ultimi giorni con la direzione dell’Emergenza dell’Asst e ha deciso di dimettersi. E aggiunge che già  dal 15 febbraio tra i colleghi si sospettava che i pazienti con polmoniti interstiziali potevano essere affetti dal Coronavirus SARS-COV-2:
Torna con il pensiero e gli occhi un po’ lucidi a quel sabato 15 febbraio, Nadeem. «Orlandi mi diceva anche in dialetto ‘go mia ol fiat…’. Ho chiamato la radiologia e gli ho fatto fare la lastra a letto. Non sono un intenditore ma qualcosa non andava. Quindi ho chiamato un internista di Medicina, esperto. Ha guardato la lastra e ha detto ‘questa per me è sars-cov’. Poi il paziente è andato in reparto».
Le informazioni raccolte consentono di ricordare che Orlandi morì il 25 febbraio e che l’esito del tampone eseguito il 23, positivo, arrivò poco dopo il decesso.
Eppure l’esame si sarebbe potuto fare molto prima, 8 giorni in anticipo. Lo snodo decisivo dell’inizio dell’emergenza sta in questa storia e in altre simili.
Non si facevano i tamponi, secondo la direzione dell’Asst, perchè le circolari del ministero dicevano di non farli in assenza di contatti o rapporti del paziente con la Cina. «Il coraggio di violare i protocolli», come l’ha definito il presidente della Regione Attilio Fontana, aprì le finestre sull’epidemia già  in corso grazie all’anestesista di Codogno, il 20 febbraio, rompendo gli argini per tutti.
«Non c’era neanche la preparazione per affrontare tutto, però – racconta Abu Siam –. Il 23 febbraio dovevo fare il turno di notte, fino a lunedì mattina. Alle 17 ero stato chiamato e mi avevano detto “siamo chiusi, non venire nemmeno”. Alle 19, un’altra telefonata, per dirmi di andare al lavoro. Avevano già  riaperto. Appena entrato nessuno sapeva cosa fare, il flusso di pazienti era ancora   fermo. Fino a quel momento non avevamo mai usato mascherine in modo generalizzato e in tutto avevamo 10 tamponi. Li abbiamo usati sul nostro personale.

(da agenzie)

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ZAIA DICE CHE UN PO’ SE NE INTENDE DI VIRUS PERCHE’ HA FATTO DUE ANNI DI VETERINARIA

Luglio 5th, 2020 Riccardo Fucile

AVEVAMO UNO SCIENZIATO IN CASA E CI SIAMO RIVOLTI AD ESPERTI ESTERNI

In un’intervista rilasciata ad Alberto Mattioli e pubblicata oggi su La Stampa il presidente della Regione Veneto Luca Zaia attacca il governo, che è a suo dire responsabile dei focolai perchè ha deciso che chi viola la quarantena non commette più reato, e poi spiega come ha fatto a diventare virologo sul campo:
«Dopo l’ultimo decreto chi scappa dalla quarantena non commette più un reato. Visto che non siamo tutti disciplinati come giapponesi e che aleggia sul Covid una certa aria complottista e negazionista, chiedo che il Governo si dia una mossa. Delle   due, l’una: o l’isolamento fiduciario è una passeggiata o siamo seri e allora bisogna fare delle scelte forti».
Insomma, Conte ha sbagliato?
«Sì. Ma è un errore facilmente rimediabile. E, già  che c’è, il Governo dovrebbe risolvere pure un altro problema».
Quale?
«L’imprenditore di Vicenza rientrava da un viaggio di lavoro in Serbia. Bisogna chiarire le regole per chi rientra dall’estero. Chi si sposta per lavoro non può restare nell’incertezza»
E mentre Giorgio Palù, uno degli esperti più consultati da Zaia, chiama Crisanti “zanzarologo”, il governatore spiega da cosa deriva il suo attuale expertize che gli ha fatto affermare, tra l’altro, che se il Coronavirus perde forza “vuol dire che è artificiale”:
Ma insomma, perchè lei e Crisanti avete litigato
«Io non litigo mai».
Allora, perchè non è più il suo consigliere?
«Non ho nemmeno consiglieri. La Regione si è sempre confrontata con tutta la comunità  scientifica».
Di cui lei però non parla bene.
«Mi sembra che in questa crisi abbia dato risposte spesso contraddittorie. O no?».
Ormai lei parla come un virologo.
«Non sono un super esperto ma la materia la conosco. Sono laureato in Scienza della produzione animale, ho fatto due anni di Veterinaria, un po’ me ne intendo».
Vuoi mettere con l’Imperial College?

(da NextQuotidiano”)

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“VOGLIONO CHIUDERCI IN CASA”: SALVINI CAVALCA L’ONDA COMPLOTTISTA MENTRE ZAIA IN VENETO ANNUNCIA NUOVE RESTRIZIONI

Luglio 5th, 2020 Riccardo Fucile

CORTO CIRCUITO SOVRANISTA. DICONO TUTTO E L’OPPOSTO DI TUTTO PUR DI CARPIRE VOTI AGLI ITALIANI

Qualcuno dovrebbe dire a Matteo Salvini che mentre arringa le esigue folle di Piazza del Popolo dicendo che “riproveranno a chiuderci in casa, a isolarci e a trasformarci in numeri, confusi e incerti”, Luca Zaia in Veneto ha annunciato misure più severe a causa di un focolaio causato da un manager che ora è in rianimazione.
Salvini sostiene che “questa piazza è la dimostrazione che siamo una grande comunitè e un grande popolo. Con la memoria delle trentamila vittime vogliamo ricostruire questo paese più bello e sano di prima”.
Ecco, se magari riuscissimo a non averne altre di vittime a causa dell’irresponsabilità  delle sue parole, il Paese lo riusciremmo a ricostruire anche più velocemente.
Ma pur di accaparrarsi voti e di recuperare tutta la popolarità  che ha perso negli scorsi mesi, Salvini è disposto a cavalcare le teorie complottiste della ‘dittatura sanitaria’.
Peccato che poi, quando sorgono i problemi e la vita delle persone è davvero a rischio, bisogna mettere da parte il populismo e lasciare spazio alle persone serie.

(da agenzie)

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STABILIMENTI BALNEARI, IL PARLAMENTO SI INVENTA “IL CONDONO”: CONCESSIONI A PREZZI IRRISORI E SENZA GARE

Luglio 5th, 2020 Riccardo Fucile

VERGOGNOSO CHE LO STATO INCASSI SOLO 100 MILIONI DI CANONI A FRONTE DI UN AFFARE DA 15 MILIARDI DI EURO L’ANNO CHE VANNO IN TASCA AI PRIVATI

Ombrellone, lettino, cabina: per molti stabilimenti balneari in Italia, un simile pacchetto può rendere dai 500 ai 1.000 euro al mese, quanto l’affitto di un appartamento in una città . Un business molto redditizio, se pensiamo che i gestori degli stabilimenti pagano canoni di utilizzo del suolo molto ridotti, facendo profitto grazie alla concessione di un bene pubblico (le spiagge e il demanio) a canoni incredibilmente bassi.
Il più famoso è il caso del Twiga, lo stabilimento toscano che fattura oltre 4 milioni di euro, pagando un canone annuale di circa 17mila euro. Meno di un affitto annuale di un trilocale di 70 metro quadri a Milano.
Ad oggi lo Stato incassa infatti 100 milioni di euro di canoni per un mercato che vale oltre 15 miliardi di euro l’anno (l’equivalente di 3 misure di reddito di cittadinanza, superiore a quanto versato in 15 anni in contributi pubblici ad Alitalia).
La battaglia politica che combattono gli stabilimenti balneari per mantenere la propria condizione ha un nome preciso: quella contro la direttiva Bolkestein, normativa dell’Ue che prevede che il suolo pubblico sia concesso ai privati secondo specifiche regole di gara pubblica, con scadenze delle concessioni e l’esigenza di preservare l’interesse collettivo, prevalente su quello del privato.
La direttiva Bolkestein ha subito, negli anni, diversi tentativi di attacco, l’ultimo solo dieci giorni fa, con l’iniziativa della Lega, bocciata dal Parlamento Europeo e dagli esponenti italiani di Movimento 5 Stelle e Italia Viva, che chiedeva di escludere le concessioni demaniali marittime dal campo di applicazione della direttiva.
Come accade per molte categorie professionali ben organizzate, anche quella dei balneari può vantare un peso politico significativo, che giustifica i continui interventi della politica. Così la Commissione trasporti ieri alla Camera ha approvato un emendamento, a firma Deborah Bergamini (Forza Italia), che impegna lo Stato ad estendere le concessioni balneari con una proroga fino al 2033.
Questo significa che gli stabilimenti balneari continueranno a pagare gli stessi canoni. L’emendamento sostiene una proroga già  varata dal Conte 1, che però contrasta con la normativa europea e che ha già  portato l’Ue ad annunciare l’avvio di una procedura di infrazione contro l’Italia.
La nostra Costituzione prevede infatti che vengano rispettate le fonti di diritto superiore, in particolare il diritto dell’Unione Europea, che ha una prevalenza di applicazione rispetto agli atti del Parlamento italiano.
L’emendamento quindi, porterà  a conseguenze molto semplici da prevedere: l’aggravio della procedura di infrazione (che potrebbe comportare una multa per l’Italia), il mancato introito di fondi nelle casse dello Stato, e l’ennesima conferma che una parte della politica lavora, evidentemente, per soddisfare interessi corporativi e privilegi di pochi, piuttosto che fare l’interesse di tutti.

(da TPI)

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ANCORA UN PAPEETE E IL VIRUS SCOMPARE

Luglio 5th, 2020 Riccardo Fucile

NELLO STABILIMENTO LEGHISTA LE ORDINANZE NON CONTANO: ASSEMBRAMENTI, BALLI E POCHISSIME MASCHERINE

C’è ancora una volta un Papeete nelle cronache estive del Paese. Torna alla ribalta lo stabilimento di Milano Marittima reso celebre dagli show di Matteo Salvini l’anno scorso, l’inno di Mameli declamato a torso nudo tra le cubiste, il simbolo dei “pieni poteri” che portarono il leader leghista a far cadere il governo gialloverde e a passare all’opposizione.
Questa volta cambia il contesto, è la pandemia e il suo sperabile post a farla da padroni, e il Papeete diventa simbolo del laissez faire all’italiana, del me-ne-frego del Covid, dei suoi divieti, del distanziamento, delle mascherine, insomma di tutto il corollario dei comportamenti responsabili che le autorità  sanitarie e politiche auspicano per gli italiani.
Così bando alle regole del Comitato tecnico scientifico, alle ordinanze del governatore Bonaccini, a proposito, come suonano superate disposizioni tipo “nei bar tornano i quotidiani sui tavolini e si può rigiocare a carte. E in auto si viaggerà  anche con i non conviventi” emanate dalla Regione al cospetto di mojito, deejay e cubiste.
Come suonano desueti e paternalisti gli appelli di scienziati come Locatelli che paventano un nuovo devastante lockdown.
Non c’è ordinanza o buon senso che tenga, su quel punto esatto della riviera romagnola, terra franca alle leggi degli uomini, occorre ballare, bere, divertirsi come se nulla fosse accaduto. Assembrati e leggeri.
Secondo l’ordinanza del comune di Cervia che regola la stagione balneare estiva in tempo di Covid “si potranno svolgere intrattenimenti musicali o dal vivo, nella sola modalità  di musica d’ascolto, con postazioni sedute che garantiscano il distanziamento interpersonale e senza incitamento alcuno al ballo”.
Invece durante l’orario dell’aperitivo, sotto la consolle del dj, dove lo scorso anno si esibì persino l’ex ministro dell’Interno, centinaia di ragazzi quasi tutti senza mascherina (come accade in molti altri luoghi della movida) ballano scatenati sotto lo sguardo vigile delle ragazze immagine (anche loro senza mascherina) e degli steward del locale.

(da agenzie)

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LA GIUSTIZIA SECONDO IL SOVRANISTA ORBAN: IL SUO AMICO DIPLOMATICO CONDANNATO PER PEDOPORNOGRAFIA A SOLO UN ANNO E NIENTE CARCERE

Luglio 5th, 2020 Riccardo Fucile

SUL PC DELL’EX AMBASCIATORE UNGHERESE IN PERU’ TROVATI 19.000 FOTO E VIDEO DI ATTI SESSUALI SU BAMBINI, MA SE LA CAVA PERCHE’ AMICO DEL PREMIER…. COME MAI MELONI E SALVINI   NON FANNO UN POST DI CONDANNA ?

Un ex diplomatico ungherese accusato di pedofilia è stato condannato a un anno di carcere con sospensione della pena.
La condanna, giudicata troppo morbida, ha suscitato indignazione nell’opinione pubblica, specie quando la stampa locale ha rivelato che si trattava di un personaggio molto vicino al premier ungherese Viktor Orban.
L’appartenenza di Gabor Kaleta, ex ambasciatore in Perù, a una rete internazionale di pedopornografia è emersa nel corso di una indagine condotta da autorità  americane.
Sul suo computer sono stati trovati ben 19mila fotografie e video di atti sessuali con minori. Kaleta è stato rimpatriato da Lima (Perù), sua sede diplomatica, con un’operazione dei servizi ungheresi, e processato a Budapest.
Il tribunale penale, su proposta della procura, controllata dal governo Orban, l’ha condannato appunto a un anno, di cui però non sconterà  nemmeno un giorno in carcere.
Organizzazioni per la difesa dei minori e la rappresentanza dell’Unicef a Budapest hanno protestato contro una sentenza giudicata incongrua rispetto alla gravità  del reato.
Il governo Orban, secondo quanto riportato dai media, voleva mantenere segreta la vicenda, ma la stampa investigativa ungherese l’ha scoperta e resa pubblica.

(da agenzie)

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