Luglio 14th, 2020 Riccardo Fucile
E’ MORTO SOLO, SENZA NESSUNO: A SCOPRIRLO SIMONA, UNA OPERATRICE DELLA CARITAS
È morto solo, all’interno di un assolato appartamento della Capitale e al suo funerale non si è
presentato nessuno.
La Caritas Diocesi di Roma ha raccontato la storia di Ettore, uno dei nonni dimenticati, che viveva nella solitudine della sua abitazione, assistito dai volontari, che se ne è andato ‘senza disturbare’.
Non c’era nessuno a stringergli la mano mentre chiudeva gli occhi per l’ultima volta, nè alla Messa d’addio. I volontari della Caritas lo hanno conosciuto il 26 febbraio scorso, qualche settimana prima del lockdown.
Un incontro durante il quale “ci ringraziò della visita ma ribadì più volte di non aver bisogno di nulla e di essere in grado di cavarsela da solo” spiegano i volontari.
“Non ci siamo arresi e la settimana successiva l’operatrice Simona è tornata da lui e l’ha convinto a riordinare casa insieme”. Così tra i due è nata una simpatia e una collaborazione tale da consentire i volontari di aiutarlo, nonostante il suo carattere introverso e riservato, e di assisterlo anche durante i mesi in cui i cittadini itailiani sono stati costretti a restare in casa per l’emergenza coronavirus.
Poi dal 10 giugno non si sono più avute sue notizie: “Simona, come di consueto, è andata a casa e ha più volte citofonato, l’ha cercato per il quartiere ma nessuno sembrava vederlo da giorni. Ci siamo allarmati”.
Poi la tragica scomperta: Ettore è stato ritrovato morto nel suo letto, da solo. “Come ha detto Papa Francesco durante l’Angelus, la solitudine degli anziani, lasciati soli, come se fossero materiale di scarto, è un grande male dei nostri tempi in cui la vita dei figli e dei nipoti non si fa dono per loro” scrive la Caritas in un post pubblicato su Facebook, con un messaggio di cordoglio: “A noi Ettore piace ricordarlo così, mentre si prende cura della sua casa, nell’ottica di relazione che è cura”.
(da “Fanpage”)
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Luglio 14th, 2020 Riccardo Fucile
RICORDIAMO CHE IN UNO STATO CIVILE (DI QUALSIASI ORIENTAMENTO POLITICO) CHI DIFFONDE NOTIZIE ATTE A TURBARE L’ORDINE PUBBLICO NE RISPONDE DAVANTI ALLA LEGGE, IN ITALIA SI PERMETTE DI FOMENTARE DISORDINI VEICOLANDO NOTIZIE FALSE
Da qualche giorno la pagina facebook di Matteo Salvini e quella della Lega hanno ricominciato a martellare sull’«invasione» in corrispondenza dell’aumento delle notizie sugli sbarchi in Italia.
Magari cominciare a spiegare quello che sta accadendo e confrontare i numeri con quelli degli anni precedenti può aiutare a capire qualcosa di più.
Cosa non vuole farvi sapere la Lega sull’«invasione» degli sbarchi
Il primo punto di un qualche interesse è notare che il magico mondo della comunicazione della Lega (la cosiddetta Bestia) è assolutamente fuori controllo, nel senso che nemmeno si rendono conto di quello che fanno.
E non solo perchè spacciano foto-bufala su pakistani che molestano donne in quel di Gallipoli ma che Facebook non rimuove come fake news.
Soprattutto perchè urlano “SIAMO ALLA FOLLIA” se il governo pensa di approntare una nave quarantena quando attualmente il presidente della Regione Sicilia Nello Musumeci, che governa
con i voti del centrodestra e della Lega, il 24 giugno scorso approntava una nave-quarantena (la Moby-Zazà ) per i 28 naufraghi sbarcati dalla Sea Watch e scriveva che si trattava di una “soluzione che con caparbietà abbiamo preteso il 12 aprile scorso dal governo centrale per evitare che si sviluppassero focolai sul territorio dell’Isola, senza poterli circoscrivere e controllare. Oggi si capisce meglio quella nostra richiesta.“.
Ora, delle due l’una: se è una follia preparare navi-quarantena allora è folle anche Musumeci. Se non lo è, perchè almeno non la smettete con questi caratteri cubitali che sembra di avere a che fare con un bimbominkia? Era meglio quando usavate le faccine. Ciò detto, è interessante notare come la comunicazione salviniana e leghista diventi sempre più ansiogena — nel senso che trasmette una genuina ansia di perdere il posto — man mano che il partito scende nei sondaggi e il leader nel gradimento degli italiani mentre Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia sono in rapida ascesa rubando voti in massima parte alla Lega.
Ma al di là del richiamo emotivo, proprio ieri il Corriere della Sera ha pubblicato un’infografica che paragona gli sbarchi in Italia negli anni, facendo notare che sì, è vero, nel periodo da gennaio e luglio del 2020 gli sbarchi sono aumentati rispetto al 2019, ma rimangono più bassi rispetto allo stesso periodo del 2018. E in particolare, se si confronta proprio il mese di luglio, non c’è nessuna crescita esponenziale (e quindi nessuna invasione).
Se poi si volesse allargare davvero lo sguardo al di là del banner su Facebook si potrebbe confrontare la media degli sbarchi in Italia nei tre anni di crisi (2014-2016) con quelli del 2020, come ha fatto Matteo Villa in un’elaborazione di ISPI su dati del ministero dell’Interno.
Gli sbarchi “fantasma” c’erano anche quando Salvini era al Viminale
Ma proviamo anche a guardare altro. L’articolo di Fiorenza Sarzanini che accompagnava ieri l’infografica del Corriere della Sera spiegava che nelle ultime ore sono stati almeno 800 i migranti sbarcati, anche in maniera autonoma, su spiagge e insenature, e circa 80 quelli risultati infetti da Covid-19.
E aggiungeva: “Il timore è che in realtà siano molti di più, sfuggiti ai pattugliamenti e tuttora in giro. Ecco perchè è stata segnalata a questori e prefetti la necessità di intensificare i controlli sul territorio e segnalare l’identità di chi risulta giunto recentemente nel nostro Paese in modo da effettuare le verifiche e scongiurare il pericolo che si tratti di positivi”.
Perchè c’è il timore che siano molti di più? Per lo stesso motivo per cui erano in aumento, come si vede dal grafico, durante il periodo del lockdown: con la chiusura delle frontiere e dei voli causata dall’emergenza Coronavirus, ovvero perchè sono aumentati i cosiddetti sbarchi “fantasma”.
Sono quelli di barchini che arrivano davanti alle coste dell’Italia e poi o vengono segnalati, soccorsi e “contati” oppure si dileguano: ovvero proprio il timore espresso nell’articolo.
Giusto un esempio per dare l’esatta dimensione del fenomeno: dal 1 gennaio al 1 settembre 2019 (un periodo nel quale il ministro dell’Interno era un certo Matteo Salvini) in Italia sono sbarcati 5.025 migranti (tutti mentre Salvini era al governo).
Di questi però solo 472 sono arrivati a bordo delle imbarcazioni delle ONG. Gli altri 4.553 sono arrivati in un altro modo.
All’epoca, mentre Salvini ingaggiava furiose battaglie di chiacchiere con le ONG, si arrivava con i barchini che hanno una curiosa caratteristica: non possono essere respinti perchè quando vengono avvistati si trovano già nelle acque italiane e non è possibile ingaggiare una tarantella con Malta tirando fuori il centimetro per misurare la distanza dal “porto sicuro” più vicino.
Per questo Salvini non ne parlava. E quelli di oggi? Anche gli ultimi di cui Salvini si è lamentato non sono sbarchi che arrivano dalle navi delle ONG: quelli di Roccella Jonica sono arrivati con un barchino. Se non fossero stati visti sarebbero sbarcati tranquillamente (come succede da sempre in Italia a prescindere da chi sia il ministro dell’Interno) e anche i 28 attualmente positivi al Coronavirus sarebbero stati liberi di girare per il paese (esattamente come l’imprenditore vicentino che ha rifiutato il ricovero dopo il test del tampone che ne accertava la positività ) invece che in quarantena.
Tutto questo però Salvini non ve lo dice. Chissà perchè, eh?
(da “NextQuotidiano”)
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Luglio 14th, 2020 Riccardo Fucile
“GIOCHIAMO A CRICKET, ABBIAMO REGOLARMENTE ACQUISTATO IL MATERIALE, ECCO LO SCONTRINO, NON SI ACCUSANO LE PERSONE SENZA MOTIVO”… E DI FRONTE ALLA MINACCIA DI QUERELA, “L’ACCUSATORE” CHIEDE SCUSA
Una storia molto divertente, raccontata ieri dal Corriere Vicentino, è accaduta sul gruppo pubblico Facebook Sei di Arzignano se…: un utente ha pubblicato un video e raccontava di aver visto “nei pressi del parco dello sport” tre persone che trasportavano un rotolo di erba sintetica, “quella del campo nuovo per intenderci”. L’utente si lamentava di come gli agenti di polizia municipale l’avessero liquidato senza dargli troppa attenzione. L’utente sembrava proprio voler dare l’idea che i tre tizi avessero fatto qualcosa di male
Tra i commenti si presenta Arif Mohammed, 22enne di origini bengalesi, che, avendo riconosciuto il cugino tra i tre ragazzi, spiega che non si trattava assolutamente di un furto, ma bensì di materiale per giocare a cricket
regolarmente acquistato.
Arif posta quindi le foto delle mazze, del rotolo e soprattutto lo scontrino del negozio in cui è stato acquistato, minacciando di denuncia l’autore del post che considera a questo punto diffamatorio.
Naturalmente il post a quel punto sparisce. E nel frattempo l’autore si palesa nei commenti di un altro post per far sapere che “Ho già chiesto scusa per questo, ho mandato un messaggio con il mio numero di telefono all’intertessato per aver sospettato, aspetto risposta o telefonata”. E ancora: “sono disposto a incontrarli, intanto se vuoi dai il mio numero di telefono fammi sapere il loro”.
Ma poi Arif fa sapere che il contatto non c’è stato e invita il “signore” alla partita di cricket: “Sabato alle 17 giocheremo una partita di cricket, io ho provato a mettermi in contatto con il signore, ma non c’è stato nulla da fare. Spero che possa leggere quest’articolo e accogliere l’appello a presentarsi per porgere le sue scuse, chiediamo solo questo”.
(da “NextQuotidiano”)
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Luglio 14th, 2020 Riccardo Fucile
TOGLIERE LA CONCESSIONE AI BENETTON PUO’ COSTARE 23 MILIARDI ALLO STATO… L’ORGANISMO METTE IN GUARDIA DAI RISCHI PER I COSTI E PER LA FUTURA GESTIONE DELLA RETE
Togliere le autostrade ai Benetton può costare caro allo Stato. Anzi carissimo. Qualcosa come 23
miliardi. Più del triplo rispetto a quei 7 miliardi che il Governo ha indicato nel decreto Milleproroghe, abbassando unilateralmente il tetto del risarcimento ad Autostrade. Eccolo l’avvertimento a Giuseppe Conte.
Piomba sul tavolo del Consiglio dei ministri notturno chiamato a capire come chiudere la pagina che si è aperta quasi due anni fa con il crollo del ponte Morandi a Genova. L’avvertimento arriva dall’Avvocatura dello Stato.
Riportato in una lettera, di cui Huffpost è entrato in possesso da fonti parlamentari, che la ministra delle Infrastrutture Paola De Micheli inviò a Conte il 13 marzo.
Pagina 4: “Il predetto Organo legale (l’Avvocatura ndr)” evidenzia “come non si possa escludere che, in sede giudiziaria (nazionale o sovranazionale) possa essere riconosciuto il diritto di Aspi all’integrale risarcimento”.
Il premier spinge per la revoca, ma l’Avvocatura dello Stato è perentoria nel sostenere che bisogna andare con i piedi di piombo.
Il passaggio sul fatto che lo Stato potrebbe sborsare l’intero risarcimento è legato proprio alla debolezza della scelta fatta dal Governo con il Milleproroghe.
Scrive sempre la ministra a Conte, riferendosi al parere dell’Avvocatura datato 19 febbraio: il rischio di sborsare 23 miliardi è riferito “a un’eventuale deliberazione negativa della conformità dell’art.35 del decreto legge c.d. “milleproroghe” rispetto ai parametri normativi”.
Ed ecco la conclusione dell’Avvocatura. Nella lettera compare uno stralcio del parere. Questo: “Ogni eventuale intervento di codesta Amministrazione dovrà , pertanto, tenere nella dovuta considerazione anche tale rischio”. Il messaggio è chiaro: occhio a procedere con la revoca.
C’è un altro passaggio del parere dell’Avvocatura che paventa altrettanti rischi e anche la possibilità che la scelta della revoca sia quella giusta da intraprendere.
Anche in questo caso la ministra riporta un passaggio del parere dell’organo legale: ”…l’adozione concreta di una simile misure (n.d.e. la risoluzione)…presuppone una rigorosa ponderazione di codesta Amministrazione. Ciò, sotto il duplice profilo delle conseguenze economiche…e dell’esistenza stessa di un prevalente interesse pubblico alla cessazione del rapporto concessorio, anche alla luce delle effettive prospettive immediate di immediato esercizio da parte di diversi gestori della rete autostradale”.
Questo passaggio dice tre cose. La prima: il Governo è invitato a una “rigorosa ponderazione”. La seconda: ci saranno conseguenze economiche da non sottovalutare. La terza: non è detto che la revoca sia la scelta migliore per tutelare l’interesse pubblico.
Questo ultimo aspetto impatta fortemente sulle valutazioni e sulle considerazioni di Conte che negli ultimi giorni va ripetendo che togliere le Autostrade ai Benetton è un obiettivo dettato dalla necessità di tutelare l’interesse pubblico.
E invece l’Avvocatura dice che non è detto, anche perchè una volta tolte le autostrade ai Benetton si apre un problema di “effettive prospettive immediate di immediato esercizio”. In pratica il rischio è che l’interesse pubblico non sia tutelato perchè non c’è la possibilità di trovare subito un soggetto in grado di gestire immediatamente autostrade e caselli.
E questo aspetto lo ricorda anche la ministra nell’ultima pagina della lettera: “Ti ricordo che, nell’ipotesi di risoluzione della Convenzione Unica del 2007, dovrà essere dedicata particolare attenzione ai successivi aspetti amministrativi connessi alla gestione della rete autostradale oggi affidata ad Aspi”.
De Micheli ricorda a Conte che serve un decreto interministeriale Mit-Tesoro per approvare il decreto dirigenziale di risoluzione della convenzione. E poi serve un decreto legge per “le modalità di gestione della rete autostradale”.
Si parla di “uno o più commissari straordinari” che devono provvedere alla “temporanea gestione” della rete fino alla stipulazione dei contratti con i nuovi gestori, che altro non sono che i vincitori delle gare che saranno bandite “sui diversi lotti in cui verrà frazionata la rete autostradale”.
La disposizione dei commissari e dello spezzettamento della rete per procedere a più gare è stata nel frattempo superata, ma il punto è che serve comunque qualcuno che prenda in mano le autostrade. L’ipotesi è quella di un commissario unico, ma la questione è ancora oggetto di valutazione e sarà tema del Consiglio dei ministri.
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 14th, 2020 Riccardo Fucile
“AVEVA SENSO CHIEDERMELO NEL 1944, CE LI VEDETE OGGI GIANI E RENZI SUI MONTI A FARE LA RESISTENZA?”… DIMENTICA UN DETTAGLIO: NON CI VEDIAMO NEANCHE SALVINI CHE SCAPPEREBBE AL PRIMO SCOPPIO DI MORTARETTO (BOLOGNA INSEGNA PER CHI HA POCA MEMORIA)… PER NON DIRE CHE SE L’ANTIFASCISMO NON HA SENSO LO STESSO VALE PER L’ANTICOMUNISMO CHE LEI EVOCA OGNI GIORNO
«Ma io sono antifascista. Solo che aveva senso chiedermelo nel 1944, quando voleva dire rischiare sulla propria pelle. Oggi è troppo facile». Susanna Ceccardi ci ripensa e dopo l’intervista a Repubblica Firenze in cui diceva che non aveva senso definirsi antifascisti, dice che lei è antifascista.
Lo fa durante il confronto con il candidato del centrosinistra Eugenio Giani organizzato da La Nazione che oggi il quotidiano riporta e nel quale utilizza la tecnica di andare all’attacco per uscire dal buco in cui si è infilata con la difesa:
«Ce li vedete oggi Enrico Rossi, Matteo Renzi o Eugenio Giani col fucile a Monte Morello o sulla Linea Gotica a fare la Resistenza? Ed essere antifascisti non è solo andare a Sant’Anna di Stazzema una volta l’anno».
Pensare che le parole di Ceccardi a Repubblica ieri erano state apprezzate sia da Fratelli d’Italia che Forza Italia e anche tra i leghisti avevano riscosso successo. Tanto che il consigliere regionale del Carroccio Jacopo Alberti in un’intervista a Rtv 38 aveva difeso la linea Ceccardi: «Ha ragione Susanna a dire che sono fuori moda il fascismo e l’antifascismo».
Nel pomeriggio però arriva il colpo di scena. Prima in una diretta Facebook e poi nel faccia a faccia con lo sfidante moderato dalla direttrice della Nazione Agnese Pini, Ceccardi si riposiziona dicendosi sì antifascista ma rinnovando i suoi dubbi sul senso di prendere una posizione oggi. È Giani che la spinge a farlo. Prima si presenta regalandole “Bella Ciao”, un testo sulla Resistenza. Poi la incalza: «Sui valori dell’antifascismo siamo distanti». E Ceccardi sbotta: «Io sono antifascista, mai avuto problemi a definirmi anche in passato»
Prosegue quindi la strategia di Salvini & Ceccardi per cercare di guadagnare voti “di sinistra” sul modello — che non ha funzionato, chissà perchè — di Lucia Borgonzoni in Emilia-Romagna.
(da agenzie)
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Luglio 14th, 2020 Riccardo Fucile
“SE SI TRATTA DI ISOLARE SALVINI E MELONI TRANGUGIO ANCHE BERLUSCONI AL GOVERNO”… “SALVINI E’ UN SELVAGGIO PRIVO DI QUALSIASI CULTURA, CONTE E’ UNA NULLITA'”… “BERLUSCONI E’ UN GRANDE IMBROGLIONE, MA COMUNQUE UN GRANDE”
L’Ingegner Carlo De Benedetti, nume tutelare del giornale prossimo venturo, il Domani, in una
intervista al Foglio apparecchia la sua prospettiva politica.
“Se si tratta di isolare Salvini e Meloni trangugio anche Berlusconi al governo con la sinistra – dice-. Ma accompagnato dal benservito a Conte che rappresenta il vuoto pneumatico. Mai avrei immaginato di dire che al mondo esiste qualcosa di peggiore di Berlusconi. E sia chiaro continuo a pensare che il livello di corruzione morale che lui ha introdotto nel paese abbia costituito un periodo nero della nostra storia. Se non era per Scalfaro avremmo avuto Previti ministro della Giustizia. Eppure sono pronto a trangugiare il rospo”.
De Benedetti non ha alcuna stima degli attori politici del tempo presente. Meloni? “E’ figlia del fascismo – aggiunge- e io il fascismo me lo ricordo da bambino con orrore”. Salvini? “E’ un selvaggio privo di qualsiasi cultura”.
Conte?
“Quanto a Conte, basta il caso Autostrade per qualificare la sua nullità . E’ l’unico che ha beneficiato del Covid!”.
Per cui non resta che Silvio:
“Berlusconi rappresenta nel mondo dell’economia e della politica quello che Alberto Sordi è stato nel cinema. L’arciitaliano -osserva l’Ingegnere-. Un grande artista, Sordi. E un grande imbroglione, Berlusconi. Ma comunque un grande”.
(da agenzie)
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Luglio 14th, 2020 Riccardo Fucile
L’ESPERTO DI ECONOMIA DEI TRASPORTI: “LO STATO POTREBBE DOVER PAGARE 23 MILIARDI”
A un mese esatto dall’anniversario del crollo del Ponte Morandi, la tragedia del 14 agosto 2018 in cui sono morte 43 persone, il consiglio dei ministri si riunisce per discutere della revoca della concessione ad Aspi, Autostrade per l’Italia. Il capo dell’esecutivo, Giuseppe Conte, pare deciso a procedere con la revoca: la società del gruppo Atlantia, holding della famiglia Benetton, ha consegnato al governo una proposta definita dallo stesso premier «uno scherzo».
«Lo Stato non può essere socio di chi prende in giro le famiglie del governo», ha aggiunto Conte. La maggioranza, però, potrebbe spaccarsi proprio per la fermezza del presidente del Consiglio nel togliere la concessione: Italia viva e parte del Partito democratico sostengono che la revoca è troppo onerosa per i cittadini e sarebbe auspicabile lasciare la concessione ad Aspi, con un ingresso da parte dello Stato nella società .
Il professore Marco Ponti, esperto di Economia dei trasporti, intravede un grosso rischio nella scelta tranchant di Conte: «Il pericolo di dover pagare quei 23 miliardi ad Autostrade è reale se non si trova un accordo».
Professore, la revoca della concessione ad Aspi è una soluzione percorribile?
«Conte, nelle sue dichiarazioni, non sottolinea il rischio di un contenzioso. Io, come privato cittadino, mi auguro che la concessione sia tolta e si cominci a gestire la rete autostradale difendendo gli utenti, che pagano pedaggi troppo elevati. Ma non è questa la soluzione migliore».
In che senso?
«Lo Stato ha firmato con Autostrade un pactum sceleris. Arriveranno, e costeranno care, le cause da parte del gruppo dei Benetton. Anche in caso di gravi mancanze, come potrebbero essere quelle per il Ponte Morandi, questo contratto scellerato è ambiguo e sembra garantire Aspi per i mancati profitti».
Eppure Conte è certo che, nel caso di una revoca, non sarà il pubblico a dover dare dei soldi ai Benetton ma, al contrario, «cattive o mancate manutenzioni legittimano lo Stato ad avanzare pretese risarcitorie consistenti».
«Sottovaluta le cause che il gruppo porterà nelle sedi europee ed è qui che lo Stato potrebbe uscirne sconfitto. Non è che Bruxelles sia insensibile al grido di dolore dei cittadini italiani, ma tende a essere particolarmente sensibile al venir meno di un patto che il pubblico ha fatto con un privato. È il rischio regolatorio a cui l’Europa è molto attenta perchè, se passa questo concetto della “revoca facile”, i privati tendono a non fidarsi più dello Stato italiano perchè ha dimostrato di poter cambiare le regole in corso d’opera. L’Europa non entra nel merito della vicenda che giustificherebbe eccome una revoca, ma è attenta che i patti, seppur scellerati ma firmati da ambo le parti, vengano rispettati».
Lei è certo che Aspi farebbe ricorso?
«Ripeto, la revoca non solo di questa, ma di quasi tutte le concessioni in Italia sarebbe un bene per il Paese. Sennonchè Aspi ricorrerebbe su tutta la linea per vedere tutelati i suoi interessi. E sia chiaro, la soluzione non sarebbe mica quella di riaffidare al ministero delle Infrastrutture la gestione della rete autostradale: al ministero non sono stati in grado di controllare che il concessionario facesse la giusta manutenzione, figuriamoci gestirla in proprio. E mi piace pensare che il controllo inadeguato sia riconducibile a un’insipienza tecnica. Ma restiamo fermi su un punto: il ministero non può gestire la baracca autostradale».
Allora qual è, secondo lei, la soluzione?
«Prima è necessaria una premessa: gli utenti hanno già pagato e strapagato tutte le autostrade italiane, una gallina dalle uova d’oro. Ma nessuno si è mai speso per difenderli, e c’è una ragione. Lo Stato, dai profitti autostradali, guadagna metà della torta: basta sommare il quasi 50% dei profitti, più i canoni sulla concessione, più l’Iva. Diciamo che, se la torta diventasse più grossa a discapito degli utenti delle autostrade, lo Stato ci guadagnerebbe. Entrambi gli attori in gioco sono contenti se si riescono a fare più guadagni sui pedaggi, anche lo Stato, e gli autisti sono inconsapevoli di questo sistema di profitti».
Premessa recepita. E la soluzione?
«I pedaggi autostradali sono diventati una tassa iniqua che fa pagare agli utenti una cosa che è stata già ampiamente pagata. Detto ciò, io non vorrei che il ministero gestisca alcunchè. Si limiti piuttosto a mettere in gara quei pochi investimenti che sono necessari nell’immediato, visto che il traffico è crollato con il Coronavirus. Come viene fatto per le strade statali. Poi, metta in gara dei tratti di tutta la rete autostradali e ripeta la gara periodicamente ogni 5-7 anni. L’importante è che la gestione sia a spezzatino e contendibile dopo un tempo relativamente breve: solo così si evita il rischio di cattura. Quando appaltante e appaltatore stringono un contratto che supera i 10 anni, aumenta vertiginosamente il rischio di cattura, o regulatory capture se volete dirlo all’inglese».
Resta appetibile per i privati una concessione che scade dopo soli 5 anni?
«A parte che i primi soggetti da tutelare — dopo anni in cui le autostrade sono state strapagate — sono i cittadini, un sistema di gare si apre molto di più al mercato: sia per la costruzione che per la manutenzione e la gestione. Anzi, in Italia i pedaggi dovrebbe essere annullato come in Spagna».
E come si finanzia così la manutenzione che deve essere costante?
«Dalla benzina! Dal carburante, ogni anno, lo Stato incassa circa 40 miliardi. Si finanzi la manutenzione, che così è sempre pagata dagli automobilisti, devolvendo una piccola quota di quei ricavi»
Come finirà la trattativa in corso tra governo e Autostrade?
«È imprevedibile. Mi auguro solo che non si passi da un soggetto che mangiava sugli utenti a un altro che faccia la stessa cosa. Eliminiamo i pedaggi, almeno da una buona parte della rete autostradale».
(da Open)
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Luglio 14th, 2020 Riccardo Fucile
IL PREMIER LA IGNORO’
Una lettera di Paola De Micheli mette nei guai Giuseppe Conte sul dossier riguardante Autostrade
per l’Italia. Ormai non c’è più nemmeno l’ombra di un dubbio: la responsabilità dei ritardi sul caso dei Benetton coinvolge il premier, che ha scelto di non prendere una decisione quando i tempi erano maturi per farlo.
Repubblica ha messo le mani sulla missiva che la ministra dei Trasporti ha inviato al capo del governo lo scorso 13 marzo: probabile che a farla filtrare sia stato proprio il Mit, che ha così sbugiardato Palazzo Chigi, che da giorni tenta di scaricare ogni responsabilità sulla De Micheli e su Gualtieri, ritenuti i due ministri più direttamente competenti.
E invece dalla “riservata personale” indirizzata a Conte si evince chiaramente che la ministra già quattro mesi fa aveva prospettato le due opzioni che saranno stasera sul tavolo del Cdm e soprattutto aveva chiesto la convocazione immediata di un vertice di maggioranza per giungere a una decisione rapida e condivisa.
E invece con la scusa del coronavirus il premier ha fatto sì che la situazione precipitasse: il primo riscontro alla lettera della De Micheli è arrivato solvato il 27 maggio, quando viene convocato un vertice che si conclude con un nulla di fatto.
Poi il 25 giugno si consuma un altro confronto che non produce risultati, infine l’ultimatum dei giorni scorsi inviato ai Benetton da Conte, che improvvisamente si è svegliato e ora spinge per chiudere la questione.
Ma non è detto che ci riesca: la spaccatura nella maggioranza è forte sulla questione della revoca, non a caso il Cdm previsto per la mattinata di oggi è stato posticipato alle 22 di stasera. Un altro rinvio che non stupisce più nessuno
(da agenzie)
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Luglio 14th, 2020 Riccardo Fucile
L’EROISMO DEL NOSTRO MILITARE CHE RIESCA A TRASCINARE IN SALVO DUE CORPI QUASI INERMI
L’eroismo di un uomo della Guardia Costiera che ha salvato contemporaneamente due migranti nell’ambito di una operazione più vasta di recupero di naufraghi.
Questa mattina, infatti, dopo un avvistamento da parte di un velivolo Frontex sono state soccorse 17 persone, di cui 6 già in acqua, a poche miglia dall’isola di Lampedusa.
Intorno alle 10.00 un velivolo dell’Agenzia Frontex — stando a quanto riportato dalla Guardia Costiera — ha avvistato 6 migranti in acqua a circa 4 miglia da Lampedusa e, poco distante, un barchino con altre 11 persone a bordo. La motovedetta CP311 di Lampedusa, che si trovava in zona in attività di pattugliamento, è stata allertata prontamente, in modo tale da raggiungere immediatamente l’area della segnalazione.
I 6 naufraghi sono stati recuperati dai soccorritori marittimi presenti a bordo della motovedetta CP311 che ha successivamente recuperato anche le altre 11 persone che erano alla deriva sul barchino.
Ma in questo frangente, è stato proprio l’eroismo di un uomo che faceva parte della motovedetta di pattugliamento a fare il giro della rete.
Le immagini postate dalla Guardia Costiera mostrano un soccorritore impegnato nel recupero di due ragazzi in estrema difficoltà nelle acque di Lampedusa. Grazie alla sua azione di recupero, due giovani sono stati salvati contemporaneamente dall’uomo che è riuscito a trascinarsi due corpi quasi inermi e a peso morto.
Un’operazione che ha avuto un esito felice, alla fine, e che mostra come — in alcune circostanze — l’Italia possa davvero essere considerato un paese dell’accoglienza.
(da agenzie)
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