Settembre 10th, 2020 Riccardo Fucile
LETTERA A 400 SEZIONI PER FAR VOTARE LA LISTA DELLA LEGA NEL TIMORE CHE QUELLA DI ZAIA PRENDA PIU’ VOTI, CON LA MINACCIA DI PROVVEDIMENTI DISCIPLINARI
Di fronte alla previsione di un successo personale della lista del governatore, una decina di giorni fa il commissario Lorenzo Fontana aveva scritto ai segretari delle oltre 400 sezioni invitandoli a far votare la lista Salvini-Lega Veneta.
La mossa ha scatenato i colonnelli del presidente: “Zaia e il Carroccio sono la stessa cosa”. E il commissario trevigiano avvisa: “Parole divisive. Ci sono delle regole, i provvedimenti disciplinari sono previsti per tutti”
La divisione tra Matteo Salvini e Luca Zaia a questo punto diventa evidente, anche se sembra covare sotto la superficie della macchina elettorale leghista lanciata in Veneto verso la vittoria.
I diktat di Salvini cominciano a far emergere qualche crepa nella base leghista, soprattutto tra i fedelissimi del presidente uscente. Una decina di giorni fa il commissario veneto Lorenzo Fontana aveva scritto ai segretari delle oltre 400 sezioni del Carroccio invitandoli a far votare la lista Salvini-Lega Veneta e non quella Zaia Presidente che il governatore ha costruito su immagine di se stesso, per attrarre consensi anche da elettori non leghisti.
La galassia del Carroccio è completata da una terza lista autonomista che ospita soprattutto amministratori locali. L’invito a snobbare Zaia, privilegiando la lista che porta il nome del segretario, è stato lo strappo più importante di un confronto a distanza tra il potentissimo presidente della giunta regionale e il l’ex ministro dell’Interno, che comincia a vedere come fumo negli occhi il successo personale di Zaia.
In precedenza c’era stata un’altra prova di forza, quando Salvini aveva imposto che gli assessori regionali uscenti si candidassero nella lista della Lega e non in quella di Zaia. Un modo per dare più peso alla sigla che cinque anni fa raccolse solo il 17,82 per cento dei voti, a fronte del 23,08 della lista personale del presidente.
Salvini non vorrebbe che si ripetesse una situazione del genere. Anzi, alcuni sondaggi pubblicati nelle scorse settimane darebbero addirittura Zaia da solo al 44 per cento, Salvini fermo al 14. Quasi tre volte tanto.
Per questo il segretario ha fatto inserire nella lista di partito gli uscenti di peso come gli assessori Roberto Marcato, Giuseppe Pan, Federico Caner, Elisa De Berti, Manuela Lanzarin, Cristiano Corazzari e il capogruppo regionale Nicola Ignazio Finco. Per evitare ingorghi nelle province, solo l’ex assessore Gianpaolo Bottacin e il presidente del consiglio regionale Roberto Ciambetti sono stati candidati nella lista Zaia.
Ma adesso il diktat di Salvini evidenzia le prime crepe nel quadro perfetto di Zaia vincente e di una Lega senza polemiche.
L’ex presidente del consiglio provinciale di Treviso (ha rivestito la carica per 16 anni), Fulvio Pettenà , è trevigiano come Zaia, ma soprattutto è indicato tra gli Zaia Boys, ovvero quegli esponenti della Lega nella Marca che si affacciarono assieme alla politica. Quello che ha fatto più carriera è stato Zaia, ma anche gli altri hanno ricoperto cariche importanti.
Dopo la lettera di Fontana, Pettenà ha dichiarato che Zaia e la Lega sono la stessa cosa, che non si può invitare a votare solo la lista di partito e non quella del governatore uscente.
Una presa di posizione che non è piaciuta in via Bellerio a Milano. Pettenà , d’altra parte, incespicò in una intervista anche nel 2014 quando venne sospeso per sei mesi (ma allora il segretario veneto era Flavio Tosi, poi fatto fuori da Salvini) per aver dichiarato che Tosi non aveva messo in luce — come meritava — l’onestà di Zaia e l’estraneità della Lega dallo scandalo Mose, che aveva portato alla richiesta di arresto per Giancarlo Galan, con cui Zaia, da vicepresidente, aveva condiviso per alcuni anni il governo del Veneto.
L’uscita di Pettenà ha indotto il commissario trevigiano Gianangelo Bof a diffondere un comunicato eloquente. “A Pettenà dico di concentrarsi sulle elezioni, abbiamo già l’opposizione che ci critica. Non abbiamo bisogno dell’opposizione interna”. Inoltre: “Apprendo le considerazioni legate alle disposizioni della Lega da parte del militante Fulvio Pettenà . Non ha alcun ruolo all’interno della struttura della Lega che gli consenta di esprimere indirizzi politici, quindi lo invito a parlare esclusivamente a titolo personale e non a nome e per conto della Lega”.
Ancora: “Chiarisco al militante Fulvio Pettenà che un segretario di partito regionale, l’onorevole Lorenzo Fontana, o il segretario Nazionale onorevole Matteo Salvini, da segretari, invitino i militanti del movimento a sostenere e votare per la Lega, è cosa ritenuta assolutamente normale anche dal governatore Luca Zaia. Forse mi scandalizzerei se non fosse così”.
Secondo Bof, le parole di Pettenà sono “divisive”. Per questo sul suo capo potrebbe addensarsi qualche nuvola: “Pettenà è un militante storico, sta nella Lega da prima di me. Sa quindi quali sono le regole. L’ho già richiamato una volta, in privata sede. I provvedimenti disciplinari sono previsti per lui, come per me e per tutti quelli che hanno certi comportamenti”.
Un avvertimento a tutta la base del partito in Veneto. Troppo entusiasmo per Zaia può risultare ostile al segretario.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Settembre 10th, 2020 Riccardo Fucile
UN COLLEGA INTERVIENE: “A LEI COSA IMPORTA SE E’ BIANCO O NERO?”… LA PROSSIMA VOLTA CACCIATELO A CALCI IN CULO, CON CERTA FECCIA NON SI DISCUTE PIU’
“Signore cosa desidera?”. “Guarda, non mi devi servire perchè sei nero”. Questa la frase razzista pronunciata da un cliente nei confronti di un cameriere di colore nel ristorante di un albergo di San Benedetto del Tronto (Ascoli Piceno).
Lo ha riferito il direttore della locale Caritas Diocesana, don Gianni Croci, informato tramite un vocale in chat di gruppo realizzato dal diretto interessato, Mohamed.
Il giovane cameriere da tempo vive in Riviera in una casa di accoglienza e prende parte a tirocini formativi presso strutture ricettive
“In quel momento volevo sparire”, ha confidato dopo l’accaduto anche a un suo collega. Quest’ultimo lo aveva difeso, rivolgendosi direttamente al cliente: “Signore, lei non deve dire queste cose perchè non è giusto. Che importa se lui è nero o bianco?”.
A quel punto si sarebbe scatenato parecchio trambusto nel locale.
“Il cliente ha iniziato a gridare che non gli si doveva parlare così, perchè era più anziano – ha riferito il giovane cameriere – e infine è arrivato anche lo chef. Mah, siamo nel 2020 ed esiste ancora gente così? Comunque vi giuro che questa cosa mi ha toccato molto, perchè c’era tanta gente lì e mi guardava”
“Un episodio di questo genere si commenta da solo. Abbiamo pensato di condividerlo perchè possa aiutare a riflettere e soprattutto a far risorgere, nella testa e nel cuore, quel po’ di umanità che ogni persona ha in dotazione”, ha commentato don Gianni.
(da agenzie)
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Settembre 10th, 2020 Riccardo Fucile
RAZZISTI ALLA CANNA DEL GAS, NON SANNO PIU’ COSA INVENTARSI… QUANDO LA MAGISTRATURA INDAGHERA SULL’INTERNAZIONALE CRIMINALE CHE DIFFONDE FAKE NEWS SARA’ SEMPRE TROPPO TARDI
Oltre alla bufala sul fatto che la donna di origini congolesi che ha strappato la camicia a Matteo Salvini nella giornata di ieri avesse presunti precedenti penali per spaccio, sfruttamento dell’immigrazione e della prostituzione, ecco arrivare anche un altro meme artefatto che ha contribuito a creare ancora una volta confusione in merito all’episodio avvenuto ieri mattina a Pontassieve.
In modo particolare, la donna è stata ‘identificata’ come una collaboratrice Kyenge.
L’ex ministro dell’integrazione del governo di Enrico Letta, tuttavia, è stata contattata dall’agenzia Adnkronos che ha avuto modo di farle alcune domande su quanto accaduto ieri a Pontassieve, con la 30enne che ha strappato la camicia a Salvini e gli ha rotto un paio di catenine con il rosario e il tau dei francescani.
«La signora congolese una mia collaboratrice? Non rispondo neanche” — ha detto Cecile Kyenge
La donna che ha aggredito Salvini nella giornata di ieri lavora per il servizio civile all’interno del comune di Pontassieve e non ha mai incrociato professionalmente l’ex ministro Cecile Kyenge. Un’altra bufala montata ad arte che funziona sempre con lo stesso schema e meccanismo di altre di matrice sovranista: individuare un personaggio politico non particolarmente amato dagli elettori di destra per potervi costruire su delle teorie rispetto a un fatto di cronaca recente come l’aggressione di Pontassieve.
(da agenzie)
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Settembre 10th, 2020 Riccardo Fucile
LA DISSIDENTE: “HANNO TENTATO DI PORTARMI IN UCRAINA CON UN SACCO IN TESTA”… QUESTI SONO I METODI SOVRANISTI DEGLI AMICI DI PUTIN
La dissidente bielorussa Maria Kolesnikova denuncia che gli agenti del Kgb che hanno tentato di portarla in Ucraina contro la sua volontà le avevano messo un sacco in testa e minacciavano di ucciderla.
«Dicevano che se mi fossi rifiutata di lasciare volontariamente la Bielorussia, sarei stata comunque portata fuori dal Paese: viva o a pezzi», racconta dicendo di aver strappato il passaporto per non essere portata all’estero.
«Ho preso queste minacce in modo serio», spiega Kolesnikova in una dichiarazione al Comitato Investigativo bielorusso ripresa dall’agenzia di stampa Interfax. «Nello specifico – racconta la dissidente – Minacciavano anche di farmi condannare a 25 anni di reclusione, di crearmi problemi nel centro detentivo e in prigione. Ho preso anche queste minacce in modo serio».
L’oppositrice, che lunedì era stata sequestrata in pieno giorno da uomini in abiti civili neri che l’avevano costretta a salire su un pulmino, racconta che dopo che si è rifiutata di lasciare il Paese è stata chiusa in una cella e tenuta lì per un’ora. «Quando sono stata detenuta illegalmente nel centro di reclusione del Kgb – sottolinea Kolesnikova – ho sfruttato ogni occasione per dire ai funzionari che passavano dalla mia cella che ero stata rapita e per chiedere loro di informare il mio avvocato e mio padre di dove mi trovassi».
Secondo il presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko, Kolesnikova era stata arrestata per aver tentato di uscire dal Paese illegalmente. Ora è in carcere con l’accusa di incitamento all’usurpazione del potere.
(da “La Stampa”)
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Settembre 10th, 2020 Riccardo Fucile
DALLA DIFESA DISPERATA DEI FEDELISSIMI AGLI ATTACCHI DI BIDEN, UN TERREMOTO POLITICO
Lo scandalo Trump ha scatenato reazioni estreme, come estreme sono state le rivelazioni arrivate dagli estratti del libro di Bob Woodward “Rage”.
E così se il nucleo dei fedelissimi prova una disperata difesa, resa nettamente più difficile dalla presenza degli audio, Joe Biden e l’opposizione cavalcano lo scandalo accusando il presidente di aver tradito gli Stati Uniti.
“Donald Trump non ha fuorviato intenzionalmente gli americani sulla gravità del coronavirus”. Così la portavoce della Casa Bianca, Kayleigh McEnany, prova a difendere il presidente dopo le anticipazioni del libro di Bob Woodward. Una difesa generosa, che però i reporter presenti nella stanza stroncano subito facendo notare che ci sono gli audio. E proprio gli audio sono la carte che cambia tutto, perchè fanno saltare la strategia usata da Trump e dai suoi: la smentita a qualunque costo.
E così mentre i programmi più vicini al presidente su Fox News cercano di parlare della sua candidatura al Nobel per la Pace, i senatori repubblicani che solitamente si nascondevano dietro al solito “non credo sia andata proprio così” o “non credo abbia usato quelle parole” stavolta non possono farlo.
E devono fingere di non sentire i conduttori delle trasmissioni che ricordano loro l’esistenza degli audio mentre ripetono “non sono appassionato di questo tipo di libri” come il senatore repubblicano della Lousiana John N. Kennedy sulla Cnn.
Joe Biden all’attacco dopo lo Scandalo Trump
Chi però non perde tempo ad attaccare per lo scandalo Trump è il suo sfidante Joe Biden, che prima accusa il presidente degli Stati Uniti di aver “infranto ogni promessa fatta ai lavoratori americani” e di aver offerto “contratti redditizi e agevolazioni fiscali alle grandi corporation che hanno portato il lavoro all’estero” ma poi arriva alle rivelazioni del libro di Woodward accusando il rivale di non aver fatto il proprio lavoro di proposito e parlando di “tradimento gravissimo del popolo americano” e “vergogna”.
“Tutto era puntato a non far crollare il mercato delle azioni e a non far perdere soldi ai suoi amici miliardari — attacca Biden — Ha alzato bandiera bianca e si è fatto da parte senza fare niente. È quasi criminale”.
E anche lo storico collega di Woodward nello scoop sul Watergate, Carl Bernstein, ha parole durissime per il presidente Trump, definendo il contenuto degli audio “il presidente che mette in pericolo della sicurezza nazionale degli Stati Uniti” e “la pistola fumante della sua negligenza”.
(da agenzie)
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Settembre 10th, 2020 Riccardo Fucile
HA SULLA COSCIENZA ALMENO 100.000 VITTIME PER AVER INDOTTO GLI AMERICANI A NON ADOTTARE ADEGUATE MISURE DI PROTEZIONE
Donald Trump era consapevole della gravità del pericolo legato al Covid ma ha scelto lo stesso di minimizzare. A rivelarlo è il nuovo libro di Woodward “Rage”, nel quale uno dei due autori dello scoop sul Watergate riporta una sua conversazione col presidente nella quale Trump ammette di conoscere i rischi e la gravità della minaccia legata al virus ma anche di aver “sempre voluto minimizzarlo per non creare il panico”.
Le parole di Trump rivelate dal libro di Woodward sono un brutto colpo che il presidente che, nel libro, confida al giornalista che sapeva settimane prima del primo decesso negli Stati Uniti quanto il Covid 19 fosse pericoloso, spiegando al giornalista che è trasmissibile per via aerea, altamente contagioso e “più fatale di una forte influenza”.
Frasi che il presidente non può neanche smentire perchè, insieme agli estratti del libro, Woodward ha pubblicato anche l’audio della conversazione avuta col presidente.
Tantissimo il materiale raccolto nel libro di Woodward, che riporta che già il28 gennaio la Casa Bianca era stata avvisata che il Covid sarebbe stata la principale minaccia della presidenza Trump e che nella serie di interviste ottenute col presidente riesce a far ammettere a Trump che “questa è roba mortale” (7 febbraio 2020) e che l’inquilino della Casa Bianca è ben consapevole del livello di minaccia del virus che, ammette Trump negli audio, è forse cinque volte più mortale dell’influenza. Ammissioni che avvenivano a porte chiuse, mentre davanti ai microfoni Trump continuava a insistere che il virus “sarebbe scomparso” e a ribadire che “tutto andasse bene”.
Eppure nel libro di Woodward Trump conferma che il compito di un presidente è “mantenere il nostro Paese al sicuro”, mentre il 19 marzo ammette di aver tenuto nascosta la pericolosità dl virus al pubblico e di voler continuare a farlo “perchè non voglio creare panico”. Frase, quest’ultima, che nel pomeriggio Trump ha rivendicato nel tentativo di limitare i danni.
Tante altre rilevazioni nel libro di Woodward
Nel libro di Woodward però non ci sono solo le rivelazioni sulla consapevolezza di Trump sulla pericolosità del Covid, ma anche una serie di giudizi durissimi sul presidente di molti ex membri della sua amministrazioni. Dall’ex segretario alla difesa James “Cane Pazzo” Mattis, che lo definisce “pericoloso” e “inadatto” a guidare le truppe, all’ex capo della National Intelligence Dan Coat che, secondo il libro, “continua a coltivare la segreta convinzione, benchè senza alcuna prova di intelligence, che Putin abbia qualcosa su Trump” perchè “non è in grado di vedere altre spiegazioni” al comportamento del presidente. Ma ci sono anche estratti dei controversi pensieri di Trump sulla questione razziale, oltre ad alcuni estratti delle lettere che Trump ha scambiato con il leader nordcoreano Kim Jong-un.
(da agenzie)
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Settembre 10th, 2020 Riccardo Fucile
IL GIOVANE CHE AVEVA AVUTO IL CORAGGIO DI DENUNCIARE IL CRIMINE ORGANIZZATO ERA STATO PREMIATO RECENTEMENTE DA MATTARELLA…IL SEDICENTE CENTRODESTRA HA DIMOSTRATO DA CHE PARTE STA, LA CRIMINALITA’ ORGANIZZATA RINGRAZIA
Mattarella nel febbraio 2017 gli ha conferito l’onorificenza di Cavaliere della Repubblica. E il Comune di Lecce, martedì scorso, 8 settembre ha voluto riconoscere la cittadinanza onoraria., perchè, si legge nelle motivazioni, “Jean-Pierre Yvan Sagnet rappresenta il protagonista e il simbolo della battaglia civile, sindacale, politica per i diritti dei lavoratori migranti in agricoltura».
La cosa non è piaciuta al centrodestra, che ha abbandonato l’aula al momento della votazione. Atteggiamento doppiamente vergognoso, se si pensa che anche il conferimento dell’onorificenza era intesa anche come un tributo a Paola Clemente, la bracciante salentina morta cinque anni fa nei campi di Andria, dove lavorava per due euro all’ora, per il caldo.
Allora, il reato di caporalato non era ancora stato introdotto nel nostro ordinamento giuridico, lo è stato dopo anche grazie alle lotte di Sagnet.
Chi è Yvan Sagnet
In una nota, il Comune ricorda che Yvan Sagnet è nato il 4 aprile del 1985 a Douala (Camerun), ed è giunto in Italia per motivi di studi nell’agosto 2008. Nel 2013 ha conseguito la Laurea in Ingegneria delle Telecomunicazioni presso il Politecnico di Torino. Nel 2011 è stato portavoce dei braccianti durante lo sciopero alla masseria Boncuri (Nardò) durato un mese contro i caporali e gli imprenditori agricoli.
Lo sciopero portò all’introduzione del reato di caporalato e al primo processo in Europa sulla riduzione in schiavitù. Sagnet ha lavorato come sindacalista per la Flai-Cgil ed è tra i fondatori dell’associazione internazionale anti caporalato No-Cap.
“La proposta del conferimento della cittadinanza onoraria a Sagnet», scrive Repubblica, era partita da un gruppo di consiglieri comunali — primo firmatario Gabriele Molendini di Lecce città pubblica — ma, appunto, non ha incontrato il favore della minoranza di centrodestra.
“A me appariva importante coinvolgere tutti su una proposta di civiltà e dal forte senso di aderenza ai valori di legalità e della nostra Costituzione — commenta ora Molendini su Facebook — Credevo che il richiamo e la dedica a una lavoratrice come Paola Clemente, italiana, pugliese, morta di lavoro, morta di caporalato nelle campagne andriesi cinque anni fa avrebbe soverchiato ogni dubbio. Credevo, e mi sono sbagliato. Totò diceva in un film memorabile: “Siamo uomini o caporali?”, invitando a prendere posizione. Qualcuno ieri ha scelto di stare dalla parte sbagliata”.
L’atteggiamento del centrodestra coerente con la propaganda xenofoba
I consiglieri di centrodestra che sono usciti dall’aula, secondo la Cgil salentina, “è un brutto segnale e un gesto preoccupante”. Per il sindacato «Il punto è il seguente: perchè una destra moderna, sensibile alle questioni sociali del Paese, dovrebbe prendere le distanze da un fatto nobile come quello di conferire la cittadinanza onoraria a un uomo che ha avuto l’incredibile merito di aver dato una spallata a un sistema malato e soverchiante sottaciuto per troppo tempo?».
E’ la stessa Cgil, in un comunicato, a suggerire la risposta più plausibile
Quella fuga da Palazzo Carafa è sembrata purtroppo un messaggio all’elettorato che loro stessi hanno contribuito ad impaurire in questi anni. In vista della scadenza del 20 e 21 settembre, uscire dall’aula deve essere sembrato più “coerente” con la propaganda xenofoba che i partiti più rappresentativi del centrodestra conducono da anni sui migranti. Per “coerenza” avrebbero fatto meglio a votare contro, come già fecero in Commissione Statuto. Abbandonare l’aula non li risparmia dalle proprie responsabilità , specie in un momento particolare come questo, in cui in Italia ci stiamo domandando cosa stia succedendo, cosa ci stia portando ad odiare così tanto al punto da massacrare di botte un ragazzo di origine capoverdiana, cosa ci sia dietro all’emersione del culto della violenza.
(da “NextQuotidiano”)
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Settembre 10th, 2020 Riccardo Fucile
I QUATTRO TESTIMONI CHE INCASTRANO I FRATELLI BIANCHI… I VERBALI DELLE TESTIMONIANZE
Le voci che accusano i fratelli Bianchi vanno tutte nella stessa direzione: hanno preso Willy alle spalle, senza un avvertimento, quando la discussione che aveva cercato di calmare era già finita
Non una ma ben quattro testimonianze di persone presenti sulla scena. Più le parole dell’indagato Francesco Belleggia, l’unico indagato al quale il gip di Velletri Giuseppe Boccarato sembra credere, tanto più che oggi ha deciso di concedergli gli arresti domiciliari.
Se non è ancora chiaro chi abbia infierito sul corpo di Willy Monteiro Duarte quando era già a terra esanime, è invece un quadro accusatorio molto pesante quello che emerge dalla ricostruzione contenuta nell’ordinanza di custodia cautelare che tiene oggi in carcere sia i fratelli Gabriele e Marco Bianchi, sia il loro amico Mario Pincarelli che avrebbe certamente partecipato all’aggressione.
Soprattutto a proposito dei fratelli Bianchi. Gabriele e Marco Bianchi sarebbero stati i primi ad aggredire il giovane Willy che sabato sera era andato in soccorso di un’amico che discuteva con Pincarelli e Belleggia di fronte ad un locale della movida di Colleferro. Un’aggressione a sangue freddo, quando Willy si era già allontanato dal locale e stava per entrare in macchina. Senza una parola di avvertimento.
Gli sono passati sopra
Il primo a raccontare nel dettaglio l’accaduto e il ruolo dei fratelli Bianchi è Emanuele C. un amico di Willy, che ha anche provato a difenderlo:
Il mio amico Willy si avvicinava al suo vecchio compagno di scuola che chiamava col nome Federico per capire cosa stesse accadendo e se avesse bisogno di aiuto Anche io mi avvicinavo e cercavo di dissuadere Willy dal interessarsi alla vicenda, aggiungendo che ritenevo opportuno andarcene a casa. Willy mi assecondava e andavamo verso la sua auto una Fiat Punto di colore grigio parcheggiata distante pochi metri. A quel punto, senza che io e Willy potessimo accorgersi di ciò che stava accadendo, venivamo entrambi aggrediti da alcuni ragazzi sai quali riconoscevo subito i due che stavano poco prima discutendo con il Federico amico di Willy. Ricordo subito l’immagine di Willy steso a terra circondato da 4 o 5 ragazzi che lo colpivano violentemente con calci e pugni. Il mio istinto di protezione mi spingeva a gettarmi addosso Willy per cercare di proteggerlo dai colpi che stava ricevendo, urlando agli aggressori che io e Willy non c’entravamo niente con quanto eventualmente era accaduto prima. Ho un vivido ricordo di un paio di loro non ricordo per occhi di preciso che addirittura saltavano sopra il corpo di Willy steso in terra è già inerme.
Sentito una seconda volta con le foto dei fratelli Bianchi e di Pincarelli davanti, Emanuele C. sarà anche il più preciso nel ribadire che Willy è stato colpito più volte anche quando era a terra ansimante. Addirittura, aggiunge, gli aggressori «saltavano sul corpo» del ragazzo ormai inerme.
Non è l’unico racconto in questo senso, però. Ci sono almeno altri tre testimoni che dicono cose molto simili. Uno è un amico del primo ragazzo aggredito che conosce Willy solo di vista. Eppure anche lui ricorda bene il calcio.
L’altra è una ragazza, presente sulla scena fin dal principio e che ha anche prestato i primi soccorsi: «Chi materialmente ha picchiato Willy è stato Gabriele Bianchi che da prima gli ha dato un calcio in pancia, quindi Willy si è accasciato a terra dopodichè si è rialzato ed è stato colpito nuovamente da Gabriele. Gabriele L’ha picchiato da terra per qualche istante dopo di che quando è arrivata la sicurezza dei locali lui è scappato insieme agli altri», dice.
Sono arrivati “a palla”
Poi ci sono le altre due voci degli amici di Willy, Matteo e Marco e la ricostruzione è sempre la stessa: Willy aggredito alle spalle, il primo colpo di Gabriele Bianchi e poi il gruppo che si accanisce sul ragazzo inerme, anche quando è già fermo a terra. E’ Matteo a raccontare anche della foga con cui il Suv guidato da uno dei fratelli Bianchi è arrivato sulla scena, «a palla».
Insomma un quadro d’accusa davvero difficile da scalfire, in cui colpisce la violenza dei colpi sferrati contro Willy, tanto più assurda perchè avviene quando la discussione davanti al locale della “movida” di Colleferro era già finita. Se non è stata dimostrata l’aggravante razziale, è certo però che nel tornare sulla scena, “a palla” i fratelli Bianchi che lo aggrediscono per primo e poi Pinciarelli, cercavano proprio lui, Willy Monteiro Duarte.
Le parole di Belleggia
In questo quadro, il gip di Velletri inserisce anche il racconto dell’unico indagato che abbia deciso di parlare almeno in parte. Senza assumersi resonsabilità ma accusando chi era con lui. Le sue parole potrebbero essere importanti nel determinare chi tra gli aggressori abbia infierito su Willy quando era già a terra. Lui, in particolare, punta il dito sull’altro del gruppo, Pincarelli e su Marco Bianchi, più che sul fratello Gabriele. Ma su questo sarà determinante l’autopsia. E un processo, che senza immagini (al momento) ma basato esclusivamente sulle testimonianze, sarà comunque combattuto.
(da Open)
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Settembre 10th, 2020 Riccardo Fucile
LA GIOVANE CHE HA STRATTONATO SALVINI E’ INCENSURATA, ECCO COSA STANNO FACENDO GIRARE I SOVRANISTI SUI SOCIAL
Vittima di razzismo nel 2019 e incensurata, dopo l’aggressione a Salvini gli utenti la trasformano in una delinquente pluri condannata
Il 9 settembre 2020 Matteo Salvini, leader della Lega, è stato strattonato a Pontassieve (Firenze) da una donna originaria del Congo maledicendolo e strappandogli di dosso il rosario. La donna, secondo quanto riportato dal Corriere, sarebbe impegnata nel servizio civile per il Comune di Pontassieve, ma su di lei stanno circolando alcuni post social che non trovano riscontro.
Su Instagram, così come su diversi post Facebook, circola un testo in cui viene accusata di essere stata condannata per spaccio, favoreggiamento all’immigrazione clandestina e sfruttamento della prostituzione.
Tre accuse gravi che, come ho detto in precedenza, non si trova alcun riscontro. Nessuna testata giornalistica riporta un’informazione del genere che, se fosse vera, sarebbe stata cavalcata come minimo dalla persona aggredita: Matteo Salvini.
Come riporta La Nazione, la donna risulta essere incensurata:
La 30enne, che non ha precedenti penali, rischia una denuncia per violenza privata e resistenza a pubblico ufficiale: accertamenti in tal senso sono in corso da parte della Digos. La donna avrebbe agito da sola e non aveva preso parte alla manifestazione che questa mattina si è tenuta a Pontassieve contro la presenza di Salvini.
A tracciare un profilo della donna è stato anche Il Corriere Fiorentino:
La giovane che ha aggredito il leader della Lega, A.F.B, strappandogli camicia e rosario, è originaria del Congo, dove è nata 30 anni fa. Attualmente è impegnata nel servizio civile per il Comune di Pontassieve, nel progetto «La scuola, l’ambiente e la comunicazione istituzionale». La ragazza è una giovane ben inserita, laureata e incensurata, che partecipa spesso alle iniziative del comitato Bianco e Nero che si occupa di progetti di solidarietà verso l’Africa. Lei stessa, in passato, si è impegnata in progetti come quello per la creazione di una scuola di cucito per ragazze madri a Kinshasa. È un volto noto in paese, ha anche lavorato come cameriera in una piccola enoteca del centro storico di Pontassieve.
Effettuando un’ulteriore ricerca, in un articolo di Firenze Today del 2019 si parla di una ragazza congolese di 29 anni che venne attaccata in stazione da un’altra donna con riferimenti razzisti:
Appena scesa dal treno alla stazione di Pontassieve, una studentessa di origini congolesi che frequenta l’università di Firenze, è stata avvicinata da una persona che le ha sputato addosso ed ha iniziato ad inviarle contro: “Vattene, sei nera”.
Secondo quanto riportano i due quotidiani, ad aggredire la studentessa, 29enne residente a Firenze da vari anni, è stata una donna.
La conferma che si parli della stessa persona arriva dall’intervento di Monica Marini, sindaco di Pontassieve:
«La conosciamo — spiega Marini — svolge oramai da qualche mese il servizio civile in Comune insieme ad altri ragazzi, è stata selezionata col bando della leva civile nazionale. In passato lei è stata oggetto di pesanti discriminazioni: una persona gli ha sputato addosso ingiuriandola perchè di colore, chiamandola scimmia, offendendola pesantemente. Questo può avere influito sul suo stato d’animo di oggi, era visibilmente confusa dopo l’episodio, sembrava non si rendesse conto.”
Ecco il post Instagram, che mi hanno segnalato per la verifica, dove leggiamo il testo che circola online:
“Favoreggiamento dell’immigrazione illegale e sfruttamento della prostituzione. Assunta come mediatrice culturale nel comune di Pontassieve (dopo aver collaborato con la Kyenge). Solo in Italia può capitare.”
Cercando su Facebook troviamo altre versioni del testo, come la seguente (post delle ore 20:38) dove invece di parlare dell’ex parlamentare europea Kyenge si parla di Don Benzi:
“Dice di chiamarsi Fatima (30 anni). Condannata per spaccio, favoreggiamento dell’immigrazione illegale e sfuttamento della prostituzione (poi ha conosciuto Don Benzi). Assunta come mediatrice culturale nel comune di Pontassieve. Solo in Italia può capitare .. ”
Ecco un’altra versione, pubblicata dall’utente Paola nel gruppo Facebook «Dalla vostra parte», dove viene definita «clandestina»:
LA CLANDESTINA CHE HA AGGREDITO SALVINI È UNA PLURIPREGIUDICATA CONDANNATA PER SPACCIO DI DROGA, SFRUTTAMENTO DELLA PROSTITUZIONE, ED È STATA FATTA ASSUMERE AL COMUNE DALLA SINISTRA!! #CLANDESTINIASSUNTI E ITALIANI ALLA FAME!! #PARASSITI
Paola aveva condiviso a sua volta un altro post, ma risulta non disponibile. Troviamo, a tal proposito, uno screenshot in cui è visibile: si tratta del post della pagina Facebook di Nicola Costanzo, attualmente irraggiungibile.
In diversi post, invece, viene associato il volto di una donna che però non risulta essere lei (la spiegazione nell’ultimo capitolo di questo articolo):
Tra i post più vecchi riscontrati su Facebook trovo quello della signora Roberta delle ore 16:49, ma che nel finale riporta il nome della presunta autrice: una tal Luciana Sasso.
LA POVERA RAGAZZA CONGOLESE… CHE TANTO S’OFFRE… (non è un’errore di ortografia) Condannata per spaccio, favoreggiamento dell’immigrazione illegale e sfuttamento della prostituzione. Assunta come mediatrice culturale nel comune di Pontassieve (dopo aver collaborato con la Kyenge). Solo in Italia può capitare…Luciana Sasso
La foto falsa
Tra i post Facebook circola anche una foto attribuita alla donna. Ecco un esempio:
Assunta come mediatrice culturale nel comune di Pontassieve (dopo aver collaborato con la Kyenge)!!…… questo e’ il volto dell’odio che i penta-pd-oti e tutte le sinistre della nostra politica stanno scatenando contro Salvini!!…. ma attenti maledetti cani randagi se il Capitano si fa male ….. molti di voi non staranno meglio!!…
Ecco un altro post, con un più esplicito «Ecco l’aggressore», dell’utente Raffaele che non si risparmia: «:cco la luri*aputr*da risorsa sinistra che ha assalito Salvini».
Tra i post più vecchi troviamo quello delle 17:34 di Maria dove scrive «Questa è la gentile ed elegante ventenne che ha aggredito Salvini. Ecco il volto della sinistra….».
La stessa foto venne usata in passato per parlare di una donna nigeriana, ma in realtà si tratta della protagonista di uno spot americano della Pepsi datato 2011:
Chissà cosa potrebbe pensare oggi l’attrice dello spot americano ritrovandosi accusata di essere lei la persona che ha strattonato Matteo Salvini.
(da “Open”)
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