Settembre 21st, 2020 Riccardo Fucile
VITTORIA PERSONALE DI ZAIA IN VENETO, AL CENTRODESTRA SOLO LIGURIA E MARCHE… DE LUCA 66,8% CALDORO 19,2% – EMILIANO 46,8% FITTO 38%- GIANI 47,2% CECCARDI 40,8%
Chi parlava di un 6-0 si deve ricredere: secondo gli exit poll finirà 3-3, il centrodestra nelle regioni chiave di Puglia, Toscana e Campania registra una sconfitta clamorosa.
In Campania De Luca viene dato al 66.8% Caldoro al 19,2%, addirittura tre volte il candidato del centrodestra in una regione dove alle Europee la Lega aveva ottenuto il 19,2%, Forza Italia il 13,6% e Fdi il 5,8%, mentre il Pd era al 19,1%
In Puglia Emiliano è dato al 46,8% mentre Fitto al 38% in una regione dove il centrodestra alle Europee aveva il 45% e il Pd +Leu al 19%
In Toscana Giani è al 47,2% Ceccardi si ferma al 40,8% con la Lega che scende dal 31,5% delle Europee di un anno fa al 20,7%.
In Veneto la lista Zaia è data al 41,2% mentre la Lega si ferma al 15,8%
(da agenzie)
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Settembre 21st, 2020 Riccardo Fucile
SI ASPETTA PRMAI SOLO L’OK DELLO SPALLANZANI
La partita contro il coronavirus nei lunghi mesi che ci separano dall’arrivo del vaccino, si giocherà con la diagnosi veloce. Le scuole sono già le candidate naturali per l’utilizzo di uno dei più attesi: il test veloce della saliva.
La Regione Lazio è in attesa dell’ok dell’istituto delle malattie infettive Spallanzani di Roma, per dare il via all’attività di screening attraverso i test rapidi salivari utili all’identificazione del virus SARS CoV-2.
Il monitoraggio riguarderà , appunto, anche le scuole. Nel sempre più ampio armamentario diagnostico per individuare le persone infettate dal coronavirus ci sono ormai circa 100 test, spiega Walter Ricciardi, membro del comitato esecutivo dell’Oms e consulente del ministro della Salute Roberto Speranza.
Lo strumento principe, spiega, resta il tampone ma assieme ai test sierologici e a quello della saliva, le possibilità di azione si moltiplicano considerando la possibilità di avere risultati in tempi sempre più brevi.
Il test della saliva, tutto italiano, è capace di dire in soli 3 minuti se si è positivi o meno al Sars-Cov-2 e funziona prendendo un campione di saliva con un cotton-fioc, che si appoggia sul tampone e dà la risposta in soli tre minuti, grazie all’utilizzo congiunto di tre reagenti.
Il risultato si legge come un test di gravidanza: due strisce è positivo, una è negativo. Altro vantaggio del ‘Daily Tampon’ e’ il prezzo molto contenuto, meno della meta’ di quelli attualmente utilizzati, e ha un’affidabilità vicino al 100%.
Questo test si aggiunge agli altri rapidi che danno i risultati in un tempo che oscilla tra i 60-90, come quello dell’azienda Oxford Nanopore, e i 15 minuti di quello della Abbott, che ne ha sviluppati sei diversi.
Anche la rivista Nature dedica un articolo all’utilizzo dei test veloci, come appunto quello della saliva.
Diversi esperti hanno promosso l’idea di sviluppare un test dell’antigene che sia economico e abbastanza semplice da usare a casa, senza che un operatore sanitario lo somministri.
“Rendere i test più veloci, più economici e più facili è sicuramente l’obiettivo e penso che il test dell’antigene sia il modo per arrivarci”, afferma sulla rivista Martin Burke, chimico dell’Università dell’Illinois a Urbana-Champaign, che sta sviluppando test rapidi, compresi i test basati sull’antigene.
“Questa non è affatto la soluzione perfetta, è solo la cosa più veloce che possiamo ottenere ora”. Secondo Burke. “I test dovrebbero diventare una parte della vita: al mattino prendi i cereali, le vitamine e controlli rapidamente il tuo stato”. In attesa delle validazioni ufficiali, al di là delle preoccupazioni sui costi e sulla disponibilità , i ricercatori temono che, se il test potesse diventare di grande utilizzo, addirittura un prodotto da banco, le persone con risultati positivi possano non contattare le autorità sanitarie pubbliche, e che quindi i loro contatti si possano perdere. Un altro rischio potrebbe essere che le persone convincano qualcun altro a fare il loro test, in modo da poter essere sicuri di un risultato negativo ed evitare la quarantena. Il problema è comunque a livello globale. Un’altra preoccupazione è che le persone otterranno un falso senso di sicurezza. I test, aggiunge, “non possono sostituire le misure di controllo di base che devono essere messe in atto per mantenere il controllo di questo virus”.
(da “Huffingtonpost”)
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Settembre 21st, 2020 Riccardo Fucile
UN GIRO DI FONDI ATTRAVERSO UN’IMPRESA EDILE
Appena 16 giorni dopo che la Fondazione Lombardia film commission a guida leghista ha versato 800 mila euro per la nuova sede di Cormano, apparentemente senza una ragione l’impresa che ristrutturerà l’immobile «regala» centomila euro a Alberto Di Rubba e Andrea Manzoni, poi arrestati per peculato e altri reati per le trame dell’operazione.
È una delle sospette forme di «restituzione» ai due commercialisti legati al Carroccio su cui punta l’attenzione la Procura di Milano.
L’idea degli investigatori è che in questa vicenda ci sia un sistema di vasi comunicanti, di fondi, pubblici in questo caso, che entrano da una parte per uscire da un’altra, a volte con un filo diretto, altre no.
Protagonista in questo via vai di denaro è anche la Barachetti Service che «negli ultimi anni – si legge negli atti – si è annoverata tra gli abituali fornitori» della Lega. Frequentatore abituale di via Bellerio a Milano, tra i 2015 e il 2019 Francesco Barachetti ha fatturato più di 2,2 milioni di euro per lavori commissionati dal Carroccio.
Le indagini della Guardia di Finanza di Milano hanno accertato che ha ristrutturato anche immobili di esponenti del calibro del tesoriere Giulio Centemero e del vice presidente del Senato Roberto Calderoli, i quali hanno pagato le relative fatture. Il 5 dicembre 2017 Lombardia film commission salda l’acquisto del capannone ad Andromeda srl (di cui è amministratore di fatto Michele Scillieri, terzo commercialista arrestato) la quale tra il 13 e il 18 dicembre gira 390 mila euro all’impresa di Casnigo (Bergamo) per la ristrutturazione.
(da agenzie)
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Settembre 21st, 2020 Riccardo Fucile
LA VERGOGNA DELL’EQUIPAGGIO SEQUESTRATO E PORTATO A BENGASI: “LA GUARDIA COSTIERA LIBICA? DELINQUENTI TRAVESTITI DA MILITARI”
Chiede di non essere citato. E non per “codardia”, parola che non esiste nel vocabolario di chi ha trascorso una vita in prima linea.
Chiede di non essere citato perchè “non riuscirei a trattenermi, a contenere la rabbia e l’indignazione per ciò che stiamo subendo in Libia. I nostri connazionali, i pescatori di Mazara del Vallo, sono stati sequestrati da pirati, perchè tali sono, che si spacciano per militari. Non mi sono mai sottratto alle mie responsabilità , ho sempre parlato a viso aperto, assumendomene tutte le responsabilità . Ma questo prendilo come uno sfogo…”.
Onore, per chi ha indossato per una vita la divisa e ricoperto incarichi di comando apicali, non è una parola vuota, retorica. E ‘ un codice di comportamento.
“ Da tre anni — dice a Globalist — centocinquanta persone operano nell’ospedale da campo aperto a Misurata dai nostri soldati. In quell’ospedale sono stati curati centinaia di feriti che altrimenti erano destinati a morire. Nessuno ha chiesto loro se stavano con Sarraj o Haftar, erano persone che andavano soccorse. Molte di queste persone, quelle più gravi, sono state curate nell’ospedale militare del Celio, a Roma. Non è possibile, non è accettabile che non vi sia un minimo di riconoscenza”.
Dov’è la nostra marina militare?
E’ uno sfogo, certo. Ma va colto in tutta la sua potenza, perchè riflette un sentire diffuso tra quanti, donne e uomini in divisa, operano in Libia e nel Mediterraneo. “Ho sempre ritenuto — dice il nostro interlocutore — quello militare uno strumento e mai un fine. Non ho mai creduto che la stabilizzazione di un Paese possa avvenire con la forza, senza una strategia politica alla quale lo strumento militare deve subordinarsi. Ma a volte questo strumento va utilizzato, messo in campo, quanto meno come deterrente. L’Italia non può sottostare al ricatto di questi delinquenti travestiti da militari. So bene che esiste da tempo un contenzioso aperto tra Italia e Libia su dove finiscono le acque internazionali e dove iniziano quelle libiche. Ma questo non giustifica in alcun modo il sequestro dei due motopesca di Mazara del Vallo e dei loro equipaggi. Questo è un atto di banditismo al quale non si deve soggiacere.”
Non si tratta di fare la guerra, ma di dimostrare che l’Italia non abbandona i suoi connazionali. “Il segnale deve venire dal governo — rimarca la nostra fonte — che deve mostrare di avere schiena diritta. Non si tratta solo di liberare i nostri connazionali ma anche evitare che episodi del genere si ripetano. In che modo? Delle due, l’una: o si decide che pescare in quelle acque è pericoloso, e allora lo si deve proibire, sostenendo economicamente pescatori e armatori, oppure quelle imbarcazioni vanno accompagnate, protette, usando la nostra marina militare”.
Ma ciò non avviene. E così il Mare nostrum è un mare dove si ha paura, sì paura, di intervenire per non dovere incrociare i boat people di migranti e doverli salvare e accogliere.
Nel frattempo il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha sentito le famiglie dell’equipaggio dei pescherecci sequestrati in Libia, il sindaco di Mazara del Vallo e gli armatori, ai quali ha assicurato il massimo impegno del governo per una risoluzione positiva della vicenda.
Ma i familiari cercano risposte immediate e celeri dall’esecutivo romano. “Il governo promette? Ma al momento cosa ha fatto? Noi siamo stanchi delle parole. Faremo di tutto per riportare i nostri parenti a casa. Ci sentiamo abbandonati. Proprio per questo andremo a Roma“, afferma Rosaria Giacalone moglie del direttore di macchina del peschereccio Medinea.
Ha le lacrime agli occhi Rosetta Ingargiola, la mamma del comandante della Medinea. “Non è giusto. Siamo stanchi, abbiamo bisogno di aiuto. I nostri familiari stanno perdendo la salute in Libia e di conseguenza noi la stiamo perdendo qui ad aspettare delle certezze che non arrivano“.
“Devono avere pazienza”, afferma Domenico Asaro, un pescatore siciliano che nel 1996 è stato incarcerato con il suo equipaggio per sei mesi a Misurata. ”Ho perso quasi 22 kg durante la mia detenzione. Devi sperare che l’accordo venga risolto il prima possibile. Tuttavia, se, purtroppo, la questione dovesse diventare politica, allora tutto ciò che possiamo fare è pregare “.
Un alto ufficiale dell’autoproclamato Esercito nazionale libico (Lna), generale Khaled al Mahjoub, ha dichiarato che i pescatori italiani trattenuti dal primo settembre scorso a Bengasi, il capoluogo della Cirenaica sotto il controllo di Khalifa Haftar, sono attualmente indagati dalla Procura. In una dichiarazione ad Agenzia Nova, Al Mahjoub ha affermato che la principale accusa contro i pescatori è di essere entrati senza autorizzazione nella zona di pesca esclusiva libica (dichiarata unilateralmente a partire dal 2005 fino a 74 miglia dalla propria costa, atto in contrasto con le norme che regolano il diritto del mare e mai riconosciuta da paesi terzi).
L’intercettazione, il sequestro e la detenzione dei pescherecci stranieri e dei loro equipaggi da parte delle autorità libiche e delle milizie locali è frequente, ma generalmente si risolve nel giro di pochi giorni. Rispondendo a una domanda sull’accusa di presunto possesso di materiali proibiti che potrebbe essere diretta ai pescatori, Al Mahjoub ha aggiunto che qualsiasi altro capo d’imputazione sarà reso noto dalla magistratura non appena le indagini delle autorità competenti saranno terminate, incluso l’esame di quanto rinvenuto a bordo dei pescherecci.
Due circostanze rendono il caso inusuale: la tempistica e le richieste per il rilascio. Il fermo è avvenuto nel giorno della quarta visita in dieci mesi del ministro degli Esteri Luigi Di Maio in Libia: il titolare della Farnesina si è recato sia a Tripoli che a Qubba, roccaforte del presidente del parlamento di Tobruk, Aguila Saleh, ma non dal generale Haftar. In seconda istanza, da Bengasi chiedono la liberazione di calciatori libici condannati in Italia con l’infamante accusa di traffico di esseri umani.
Al livello ufficiale, l’Italia non può protestare con il governo libico “ad interim” dell’est, il braccio politico di Haftar, perchè non lo riconosce. Tra l’altro, la sera del 13 settembre, il primo ministro “orientale” in carica dal 2014, Abdullah al Thinni, ha presentato le sue dimissioni dopo le proteste tenute nell’est della Libia contro il suo governo per la mancanza di servizi.
L’unico canale ufficiale possibile in Libia per la liberazione dei pescatori è al momento il parlamento di Tobruk presieduto da Saleh, che però è in rotta di collisione con Haftar. L’Italia ha fatto di più, contattando i “padrini” internazionali di Haftar: Di Maio ha discusso della questione con i colleghi Emirati Arabi Uniti e Russia, rispettivamente Abdullah bin Zayed al Nahyan e Sergej Lavrov.
Quello compiuto dagli uomini di Haftar è “un sequestro che sa di ricatto. Non possiamo permetterci di farci ricattare dalle milizie libiche in conflitto tra loro”, afferma in una nota il deputato di LeU (Liberi e uguali) Erasmo Palazzotto. “Si faccia tutto il possibile per far tornare in tempi rapidi i nostri pescatori a Mazara del Vallo, dalle loro famiglie. E si affermi la dignità e la credibilità del nostro Paese nel Mediterraneo”, sottolinea Palazzotto
In merito alla vicenda è intervenuto anche il vescovo della Diocesi di Mazara, Mons. Domenico Mogavero: “Non è più tollerabile questa situazione — sostiene con toni molto duri il prelato – che è fondata su una palese violazione del diritto internazionale e della navigazione; i pescatori mazaresi, senza la protezione del governo, pagano le spese in quanto categoria debole e indifesa. Il Mediterraneo una volta spazio di incontro e scambio fra i popoli è diventato un teatro di guerra, questo è intollerabile per la nostra storia, per il presente e per il futuro”.
Navi umanitarie bloccate Intanto, un nuovo naufragio di una nave di migranti al largo delle coste libiche è stato denunciato dalla Ong tedesca Sea Watch.
Secondo alcune testimonianze – che risalgono a ieri sera – decine di persone sarebbero rimaste aggrappate ai resti del barcone senza alcun aiuto. La Sea Watch accusa la Guardia costiera italiana di impedire con pretesti burocratici la partenza delle navi soccorso delle Ong. Sono già cinque le navi umanitarie bloccate negli ultimi mesi: “Ci impediscono di salvare vite in mare ” hanno detto i portavoce dell’organizzazione umanitaria.
E Roma tace. Mentre le nostre navi militari sono ferme in porto, in attesa di ordini. Che non arrivano mai.
(da Globalist)
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Settembre 21st, 2020 Riccardo Fucile
LA CAZZATA GIORNALIERA DI CHI NON CONOSCE NEANCHE IL TESTO DELLA LEGGE
Un titolo così, a urne ancora aperte fino alle 15, rischia di essere fortemente fuorviante. Il quotidiano Libero ha voluto parlare del referendum e ha fatto un’apertura di giornale che rischia di confondere le idee ai suoi lettori (ed elettori) che ancora non si sono recati ai seggi. Libero referendum titola così: «Se oggi vincono i sì, bisogna andare al voto».
Il perchè di questa affermazione è specificato nell’occhiello del quotidiano: «La riduzione dei parlamentari rappresenterebbe una modifica della Costituzione e renderebbe illegittime le attuali camere. Di qui l’esigenza di eleggerne di nuove».
Nei fatti, questa affermazione è giornalisticamente scorretta.
Il taglio eventuale dei parlamentari non renderebbe affatto illegittime le attuali camere, dal momento che — nelle pieghe della riforma — è specificato che quest’ultima entrerà in vigore alla prossima legislatura, previo adeguamento della legge elettorale.
Il taglio dei parlamentari (che complessivamente porterà la pattuglia dei nostri rappresentanti a seicento, 400 deputati e 200 senatori) sicuramente non rispecchia l’attuale composizione del parlamento. Ma l’approvazione della riforma non lo rende affatto illegittimo. Insomma, il cambiamento che si andrà a configurare sarà più o meno simile al cambiamento delle forze politiche dopo qualche anno di legislatura: non è sempre detto che il Paese mantenga gli stessi equilibri, nelle preferenze degli elettori, per tutti e cinque gli anni successivi al voto.
Per questo motivo, il messaggio lanciato da Libero non risulta essere corrispondente alla realtà e potrebbe anzi condizionare l’esito delle elezioni: in molti, potrebbero essere convinti di votare sì, con l’idea di mandare a casa i rappresentanti politici attuali. Al contrario, in tanti potrebbero essere portati a votare no perchè magari si trovano d’accordo con l’attuale conformazione politica delle camere.
(da “NextQuotidiano”)
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Settembre 21st, 2020 Riccardo Fucile
LAMORGESE OTTIENE IL RADDOPPIO DEI RIMPATRI RISPETTO ALL’INETTO SALVINI… MA SULLE ONG L’ATTEGGIAMENTO DEL GOVERNO RIMANE VERGOGNOSO: DOVRESTE ANDARLI A SALVARE VOI NON LE ONG, FICCATEVELO IN TESTA
Si raddoppia. L’Italia rimanderà indietro da 5 a 600 tunisini al mese aumentando le quote previste dall’accordo bilaterale sui rimpatri.
Visti i flussi particolarmente rilevanti che nel 2020 hanno portato in Italia più di 2000 persone provenienti dalla Tunisia con sbarchi autonomi, la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese è riuscita ad ottenere il nullaosta ai rimpatri straordinari.
Nelle prossime settimane partiranno dall’Italia una serie di voli charter che si aggiungono ai due voli bisettimanali già previsti e ripresi il mese di luglio dopo l’interruzione causata dall’emergenza Covid-19.
Gli accordi in vigore prevedono la possibilità di rimpatriare 80 persone a settimana in due voli da 40. L’obiettivo dell’Italia è quello di rimandarne indietro il doppio con questi voli straordinari. Ovviamente osservando, come nel caso dei voli ordinari, le norme del rispetto del diritto internazionale e della dignità umana.
Un primo impegno ad autorizzare i voli straordinari di rimpatrio – in seguito all’incremento degli sbarchi autonomi di migranti tunisini in Sicilia – era stato preso il 27 luglio, in occasione della prima visita a Tunisi di Luciana Lamorgese, ed è stato poi confermato negli incontri tenuti a Tunisi il 17 agosto dallo stesso ministro dell’Interno insieme al ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, e ai commissari dell’Unione europea, Ylva Johansson e Oliver Varhelyi.
Un risultato importante per l’Italia che guarda con estrema attenzione al piano per l’immigrazione dell’Unione europea che verrà presentato mercoledi.
Un piano che, oltre ad un meccanismo di redistribuzione obbligatoria dei migranti, dovrebbe prevedere anche un analogo obbligo di suddivisione di responsabilità dei rimpatri.
Secondo una delle ipotesi previste i Paesi che rifiutano di accogliere i migrati potrebbero doversi accollare l’onere dell’organizzazione dei rimpatri di chi non ha diritto che, però, nel frattempo rimarrebbe nel Paese di primo approdo.
Soluzione, questa, che non soddisfa affatto l’Italia che dunque, intanto, cerca di provvedere da sè a rispedire indietro un numero più consistente di persone a cui non verrà riconosciuto alcun tipo di permesso di soggiorno.
Ancora nel weekend sono stati ben 26 gli sbarchi a Lampedusa, quasi tutti cittadini tunisini ora ospiti dell’hotspot di nuovo sovraffollato
Ferma davanti all’isola c’è anche la nave Alan Kurdi della Ong tedesca Sea eye che ha a bordo 133 migranti salvati nel corso di tre interventi, 62 dei quali minori. E tra questi anche un bimbo di 5 mesi. Il comandante della nave ha chiesto l’autorizzazione allo sbarco ma la Guardia costiera lo ha invitato a rivolgersi al Centro di coordinamento marittimo di competenza, quello di Brema, visto che la nave è di bandiera tedesca.
I salvataggi, si legge nella mail inviata da Roma e diffusa dalla ong, sono infatti avvenuti al di fuori della zona Sar italiana, che non ha coordinato nulla, visto che gli interventi sono stati gestiti autonomamente dalla Alan Kurdi.
E l’Italia ieri ha fermato anche la Sea Watch 4, così come temeva la Ong tedesca dopo aver ricevuto l’ispezione della Guardia costiera. È la quinta nave umanitaria che viene bloccata con fermo amministrativo. “Era ciò che ci aspettavamo dopo un’ispezione il cui chiaro scopo era quello di trovare delle motivazioni pretestuose per impedirci di tornare a salvare vite”, l’accusa della Ong.
(da agenzie)
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