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CENTRODESTRA, SEPARATI IN CASA: COSA COVA DIETRO LE AMBIGUITA’ DELLE POSIZIONI DEI TRE LEADER

Febbraio 1st, 2021 Riccardo Fucile

LA MELONI PER SORPASSARE SALVINI HA BISOGNO DI ALMENO UN ANNO, QUINDI NON VUOLE IN REALTA’ ANDARE A VOTARE… SALVINI SI’, PRIMA DI PERDERE LA LEADERSHIP… BERLUSCONI ASPETTA DI VEDERE CHI VINCE

Mettiamoci nei panni presidenziali di Sergio Mattarella, quando venerdì si è trovato di fronte il centrodestra al gran completo.
Gli hanno detto che vogliono le elezioni (e fin qui niente di nuovo); però, se proprio al voto non si potesse andare, causa Covid o per altri impedimenti, a quel punto si riserverebbero di valutare una proposta eventuale del capo dello Stato.
Il quale non ha profferito verbo, come suo costume, ma si sarà  chiesto: che cosa diamine significa, concretamente?
Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi sarebbero per caso disposti a sostenere un governo “del presidente” guidato da qualche personaggio alla Mario Draghi?
O più banalmente darebbero una mano per andare appena possibile alle elezioni, magari a fine giugno o ai primi di luglio?
E se invece non fosse niente di tutto questo ma solo un gioco di parole per mascherare le loro diversità  di vedute?
Per rispondere, non c’è che un modo: andare oltre le parole pronunciate sul Colle e capire a destra cosa vogliono veramente.
Prendiamo per esempio Meloni. Da quando l’hanno eletta presidente dei Conservatori europei, Giorgia ha elevato di molto il livello delle sue ambizioni. Pensa che l’Italia meriterebbe una donna e lei sarebbe perfettamente in grado di guidarla
Salvini, per come viene percepito nel mondo, ci scatenerebbe addosso una rivolta delle cancellerie, dello spread, dei mercati, perfino più violenta di quella che dieci anni fa spazzò via Berlusconi.
Chiaramente un ruolo di vice a Meloni starebbe stretto; logico che di qui al voto voglia tentare di superare Salvini, in modo da mettersi lei il berretto da premier. Purtroppo, nei sondaggi sta ancora 7-8 punti indietro. Sono circolate stime su quanto ci vorrà  prima che Fratelli d’Italia possa scavalcare la Lega: al ritmo attuale non meno di un anno, forse addirittura due, è stato calcolato da chi se ne intende.
Dunque Giorgia ha bisogno che Conte sopravviva un altro po’, giusto il tempo necessario a consentirle il sorpasso.
Ma la vera, enorme, gigantesca botta di fortuna per lei sarebbe che Salvini commettesse suicidio, appoggiando qualche Governo di larghe intese.
La generosità  in politica di regola non paga, vedi cosa successe al Pci ai tempi della solidarietà  nazionale, e vedi il crollo di Forza Italia quando sostenne il professor Monti.
Se Matteo si infilasse in qualche Governo “del presidente”, perchè annoiato dall’opposizione o lusingato dalla prospettiva di tornare in gioco, allora sì che lei potrebbe mettere la freccia.
Guarda caso, quando si sono presentati venerdì pomeriggio al Quirinale, Giorgia non ha obiettato all’ambigua formulazione del comunicato finale, limitandosi a far sapere che in un Governo del presidente lei comunque non ci entrerà , vedano gli altri che cosa vogliono fare. Astutissima.
Ma davvero Salvini ci cascherebbe? Il suo interesse è diametralmente opposto.
A Meloni fa comodo comprare tempo, a lui converrebbe votare il prima possibile.
Però, cresciuto a pane e politica, sa perfettamente che pretendere le elezioni è il modo più certo per non ottenerle. Inoltre esistono difficoltà  oggettive: la pandemia ad esempio, e pure la richiesta di aiuti da presentare in Europa. Per cui, chi vuole andare davvero alle urne deve per forza concordare un percorso, scandire bene le tappe, all’occorrenza caricarsi le responsabilità  del caso. Altrimenti il voto lo vedrà  col binocolo.
Ecco perchè Salvini non disdegna a priori un Governo istituzionale: dipende per fare cosa. Ed ecco perchè Toti, fiutata l’aria, da giorni batte su quel chiodo.
Ricapitolando: Meloni chiede le elezioni ma preferirebbe un Governo istituzionale con dentro Salvini; Salvini potrebbe valutare un Governo istituzionale per ottenere le urne e tagliare le unghie alla Meloni.
E poi c’è lui, Silvio. Il quale s’illude di poter concludere la carriera nel palazzo dove un tempo abitavano i Papi e ora più modestamente alloggiano i presidenti della Repubblica. Per cui Berlusconi si butta ora di qua, ora di là , a seconda di come gira il vento.
Prima aveva ceduto alle lusinghe di Conte, lasciando immaginare che in caso di crisi Forza Italia si sarebbe accomodata in una “maggioranza Ursula” (prende il nome dall’alleanza anomala che ha permesso alla von der Leyen di diventare presidente della Commissione Ue).
Sembra incredibile, ma davvero Berlusconi pensava di diventare presidente anche con i voti di Cinque stelle e Pd.
Poi però Salvini gli ha fatto credere che, se andremo a votare entro qualche mese, tra un anno il centrodestra compatto lo acclamerà  presidente, e allora il Cav è diventato fautore delle elezioni subito, subitissimo, anche domani. Difatti Forza Italia s’è messa in riga.
Ma possiamo tranquillamente scommettere che, se Conte riuscisse a scamparla, e non si andasse presto a votare, l’uomo cambierebbe idea un’altra volta, e tornerebbe a flirtare con il Governo.
Perchè nella commedia degli equivoci che va in scena a destra, Berlusconi rimane indiscutibilmente il re.

(da “Huffingtonpost”)

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NEL M5S E’ GUERRA TRA BANDE A CACCIA DI POSTI NEL GOVERNO

Febbraio 1st, 2021 Riccardo Fucile

LA PRESUNTA FRONDA GRILLINA LAVORA PER AVERE PIU’ PESO PER DIGERIRE RENZI

Nel Movimento 5 stelle sta succedendo ciò che i vertici avrebbero voluto evitare. Una guerra tra bande alla ricerca di un posto nel Governo che verrà .
Lasciare tutto com’era avrebbe significato evitare scossoni e minacce di scissione che invece sono in corso.
Quindi ecco che la fronda grillina, ufficialmente contraria al ritorno di Italia Viva in maggioranza, si organizza per avere un suo peso nella trattativa e argine il leader di Italia Viva.
È chiaro che si potrebbe arrivare perfino a una spaccatura vera e propria dentro il mondo pentastellato se alcune di queste richieste non venissero recepite, ma intanto la riunione in programma questa mattina tra una ventina di deputati e senatori ribelli è stata annullata, secondo quanto riferito, a causa della fuga di notizie.
Per adesso si è fermi alle minacce, mentre cresce la paura che le condizioni che il leader di Italia Viva porrà  siano troppo alte.
Lo spiega all’Adnkronos il senatore grillino Matteo Mantero: “Il ritorno al governo con Renzi è un errore clamoroso, ma è inevitabile perchè è chiaro che senza Iv non ci sono i numeri, ma così ci troveremo ancora sotto il ricatto di un personaggio obnubilato dal suo ego che non rappresenta nessuno nel Paese se non se stesso”.
Per Mantero “ha senso fare un nuovo governo se vi è una visione comune, così sarà  un susseguirsi di ricatti e capricci. Meglio andare al voto”. E riguardo la fiducia al nuovo esecutivo con i renziani, il senatore risponde: “Vedremo come si evolve la situazione”.
Tuttavia la scelta di tornare a parlare con Renzi è apprezzata dalla maggioranza del gruppo parlamentare, che sin dall’inizio chiedeva di ritornare al tavolo con gli alleati senza esasperare gli animi.
Mentre una piccola parte, che però può fare la differenza in Senato dove i numeri sono ridotti, si è detta delusa da quello che considerano un ‘cambio di linea’ non concordato con parlamentari e iscritti, con un voto online.
Tra le uscite che hanno fatto più clamore ci sono quelle dell’ex ministra del Sud, Barbara Lezzi, e del presidente della commissione Antimafia, Nicola Morra. Alla prima non dispiacerebbe tornare a guidare il dicastero del Sud che controllava nel governo Conte I, e il secondo, secondo quanto viene riferito, sogna il dicastero della Giustizia.
Ma è soprattutto Alessandro Di Battista a picchiare duro, arrivando a ipotizzare un addio al Movimento, se i suoi continueranno a dialogare con Matteo Renzi, definito ‘accoltellatore professionista’.
Un ingresso nell’esecutivo dell’ex deputato più combattivo potrebbe voler dire ridimensionare il leader di Italia Viva e non spaccare i pentastellati.
A Palazzo Madama se quindici senatori portassero a termine la scissione, si tornerebbe al punto di partenza: il ritorno dei renziani non basterebbe a formare una maggioranza solida nonostante i responsabili.
Per questo la voce grossa utilizzata dalla fronda grillina suona anche come un invito a Renzi a non tirare troppo la corda perchè altrimenti il terreno può franare sotto i piedi.
Per ora comunque la posizione di Dibba non ha prodotto quell’effetto valanga che si poteva immaginare. A parte, per esempio, la condivisione di Rosa Silvana Abate.
Il messaggio però che arriva è il seguente: la fiducia non è scontata se Renzi dovesse esagerare nelle richieste soprattutto per quanto riguarda i ministeri delicati come quello della Giustizia ora a guida grillina.
Come dice Bianca Laura Granato, che ai tempi si era battuta contro la riforma renziana della scuola: “Se dobbiamo scegliere se far torto o patirlo, torniamo alle urne”. Tra i più critici anche Mattia Crucioli e Luisa Angrisani.
Bisognerà  capire come si evolverà  la trattativa e quanto peso avranno i temi cari ai grillini. Mettere da parte il Mes, per esempio, potrebbe essere un modo per sgonfiare la fronda ribelle, al netto del fatto che in tanti adesso sono alla ricerca di un posto al sole nel nuovo esecutivo.

(da “Huffingtonpost”)

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I GRANDI GRUPPI EDITORIALI REMANO PER DRAGHI

Febbraio 1st, 2021 Riccardo Fucile

I GIORNALI DEGLI ELKANN, DA REPUBBLICA A LA STAMPA RAPPRESENTANO GLI STESSI INTERESSI FINANZIARI CHE STANNO DIETRO A RENZI

I quotidiani del gruppo Gedi sono sicuri: Mario Draghi è la persona giusta per guidare il governo dopo il siluramento di Giuseppe Conte.
Talmente giusta che il Quirinale gli ha già  chiesto di prepararsi a entrare in campo. Un auspicio, un desiderio quello di Repubblica e la Stampa che diventa prima retroscena e poi notizia di cronaca politica con tanto di titolo.
Problema: si tratta di un’informazione completamente falsa. E smentirla tocca al Colle: “È destituita di ogni fondamento la notizia, apparsa oggi su alcuni giornali, che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella abbia contattato, da quando si è aperta la crisi di governo, Mario Draghi”, fanno sapere fonti qualificate del Quirinale.
Il riferimento è per alcuni articoli pubblicati dai quotidiani della famiglia Elkann.
Secondo Repubblica Conte “siccome avverte un progressivo sgretolarsi del Movimento, mette in guardia i grillini dallo scenario alternativo al suo ‘ter’: un governo di Mario Draghi.
In questa ricostruzione, l’ex presidente della Bce sarebbe già  stato preallertato dal Colle. Ma in realtà  non c’è alcun indizio concreto che ci sia stata una mossa del Quirinale in questo senso”. Quindi il Colle ha prealleartato Draghi, ma al rigo successivo questa “ricostruzione” viene negata perchè “non c’è alcun indizio concreto“: ma allora perchè dare un’informazione che si sa già  essere falsa?
Forse per mettere nero su bianco carburante per le teorie del direttore Maurizio Molinari? Il numero uno di Largo Fochetti, uomo degli Elkann e grande ammiratore di Draghi, firma un editoriale in cui non fa mai il nome dell’ex presidente della Bce. Ma ne evoca il volto ad ogni virgola.
Già  dal titolo pubblicato in prima pagina si scorge il profilo dell’Eurotower: “Un premier europeo per l’Italia“. Che vuol dire? Finora i capi di governo italiani erano extracomunitari?
Per Molinari bisogna chiedere al Colle visto che “l’europeismo che il Quirinale indica come identità  e obiettivo del nuovo governo non è la semplice adesione ai principi dei Trattati di Roma del 1957 o il mero rigetto di populismo e sovranismo che minacciano la democrazia rappresentativa. Queste sono le premesse. L’imperativo europeo oggi è saper essere protagonisti della ricostruzione dell’Europa devastata dalla pandemia ovvero essere consapevoli dell’urgenza di riforme nazionali capaci di aggredire gli ostacoli: corruzione, nepotismo, incompetenza, privilegi, burocrazia e carenza di crescita”.
Per Molinari, infatti, “il premier che serve al Paese deve dunque essere davvero europeo: avere volontà  personale e forza politica per affrontare tale agenda, altrimenti rischierà  di finire nella stessa scena che ha ingoiato il Conte bis“. Quindi si presume che per il direttore di Repubblica l’attuale premier non sia “davvero europeo“, qualunque cosa possa significare.
E se il giornale acquistato recentemente dagli Elkann non ha trovato “indizi concreti” sui contatti Draghi-Mattarella, quello storicamente della famiglia Agnelli è stato più fortunato. La Stampa, infatti, riporta i colloqui tra il Colle e Draghi addirittura in un titolo: “Quelle telefonate del Colle a Draghi che fanno tremare il Movimento”.
Quali telefonate? “L’ex presidente della Banca centrale europea, è sempre lì, al confine tra il sogno di chi lo evoca come salvatore della patria e la realtà  della politica come eterna incompiuta. Se ne parla, se ne riparla da mesi. Ma solo adesso, da pochi giorni, le voci hanno fatto spazio a indizi che portano a qualcosa di ben più concreto”, scrive il quotidiano diretto da Massimo Giannini.
Che poi esibisce i famosi “indizi”, dando un “buco” ai cugini di Repubblica: “Ci sono state telefonate. Tante telefonate. Lo ha chiamato Renzi, ma soprattutto lo ha sentito Sergio Mattarella appena tre giorni fa. Dal Quirinale precisano che non c ‘è stata alcuna volontà  di sondarlo, che non è quello il senso da ricercare nei colloqui abbastanza frequenti del Presidente della Repubblica con l’ex numero uno della Bce. Sta di fatto che la notizia dei contatti avvenuti nel bel mezzo delle consultazioni ha preso subito una circolare tra tutti i partiti, scoprendo timori e speranze, a volte mescolate all’interno delle stesse forze politiche. Anche Renzi ovviamente ne è stato informato, e lo considera un passo importante nella sua direzione: Draghi al governo, come premier“.
Tutto bene se non fosse che il Quirinale si è peremesso di turnare il sogno di Draghi salvatore della patria smentendo nettamente ogni contatto tra Mattarella e l’idolo di Stampa e Repubblica.
Ovviamente non c’è assolutamente niente di male a tifare per un governo Draghi. A patto di non trasformare un desiderio in una notizia di cronaca. Con tanto di indizi, completamente falsi.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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I TIMORI DI CRISANTI E GALLI: “CON LE RIAPERTURE, RISCHI MOLTO ELEVATI”

Febbraio 1st, 2021 Riccardo Fucile

“OCCORRE TENERA ALTA LA GUARDIA”

Da domani, lunedì 1° febbraio, l’Italia entrerà  quasi tutta in zona gialla, a eccezione di 5 tra regioni e province autonome in fascia arancione: Bolzano, Umbria, Sardegna, Puglia e Sicilia.
Nelle regioni gialle, individuate sulla base dei dati contenuti nel report della Cabina di Regia sull’andamento della pandemia di Coronavirus, sarà  consentito lo spostamento anche al di fuori del proprio comune, ma non ci si potrà  comunque muovere tra regioni differenti sino al 15 febbraio, salvo casi di comprovata necessità  di lavoro o salute. Sull’intero territorio nazionale continuerà  a valere il coprifuoco dalle 22 alle 5 del mattino, e per bar e ristoranti (in zona gialla) tornerà  a esser possibile il servizio al tavolo sino alle 18. Resta consentito il servizio di consegna a domicilio fino alle 22. Infine, potranno riaprire anche i musei.
In questo quadro, si registra la preoccupazione di diversi esperti.
Si teme che, ancora una volta, la zona gialla venga percepita come un liberi tutti, quando — di fatto — non lo è.
Andrea Crisanti, professore di microbiologia di Padova, sostiene che «i rischi della riapertura di tutto sono elevatissimi».
Il professor Massimo Galli, infettivologo dell’ospedale Sacco di Milano, ribadisce che «la zona gialla non può e non dovrà  essere un tana libera tutti», si legge sul Corriere della Sera.
«Stiamo facendo un errore ad allentare la presa», commenta l’epidemiologo Pier Luigi Lopalco.
Il primario di Malattie infettive del San Martino di Genova, Matteo Bassetti, avvisa: «Se la zona gialla sarà  un happy hour si creeranno nuovi focolai e torneremo presto in rosso»
Crisanti sulle zone gialle: «Staremo a vedere gli effetti»
I timori sembrano trovare riscontro nelle scene registrate già  durante questo fine settimana nei centri delle grandi città  da Nord a Sud, con vie dello shopping prese d’assalto e assembramenti in parchi e altre zone d’incontro. L’allerta tra gli esperti è massima, in un momento in cui le incognite sulla roadmap della campagna vaccinale e sul modo di operare le somministrazioni sull’intera popolazione sono ancora molte. È una fase di limbo, e come tale prevede il rischio che il Paese possa ricadere a breve in un regime caratterizzato da misure più stringenti. Come chiosa Crisanti, «è una delle fasi di questo stop and go. Staremo a vedere gli effetti».

(da Open)

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