Destra di Popolo.net

SALVINI E’ ANDATO A FARSI BENEDIRE A FATIMA: DAI “PIENI POTERI” ALL’INTERCESSIONE DELLA MADONNA CHE LO SALVI DALLA GALERA (E DALLA MELONI)

Maggio 28th, 2021 Riccardo Fucile

RISPOLVERA IL ROSARIO E VOLA IN PORTOGALLO: CONGRESSO DEL PARTITO SOVRANISTA CHEGA E VISITA AL SANTUARIO

È noto che nei momenti importanti Matteo Salvini si affida a chi sta molto più in alto di lui. Mostrò il rosario durante il comizione di chiusura della campagna elettorale per le ultime Europee: “La sera io mi metto nelle mani del buon Dio”.
Era il maggio 2019 quando il Capitano che allora sedeva al Viminale si fece “crociato”: qualcuno in Vaticano rimase perplesso, il cardinale Parolin e il vescovo Mogavero criticarono l’ostentazione pubblica, Avvenire titolò: “Salvini brandisce il rosario”.
Il ministro dell’Interno non si scompose. Pochi giorni dopo, a urne chiuse, celebrò il successo della sua Lega al 34% baciando il crocifisso in conferenza stampa: “A Maria ho affidato non il voto ma il futuro dell’Italia”.
Adesso l’Italia è nelle mani di Draghi, l’Europa chissà. Forse per questo Salvini concluderà il tour del fine settimana in Portogallo – per partecipare al congresso del giovanissimo partito nazionalista Chega! – con una visita al Santuario della Madonna di Fatima.
Del resto, il trittico Dio, patria e famiglia è un caposaldo del new deal sovranista: dal trumpiano Steve Bannon, alla linea di Le Pen e Orban, fino alle radici cristiane assai care a Marcello Pera, la cui dottrina ha colpito Salvini che lo ha incontrato un paio di anni fa.
Domenica il leader leghista parteciperà da Cascais a una videoconferenza di Identità e Democrazia con il presidente del partito di estrema destra belga Vlaams Belang Gerolf Annemans e con il conservatore estone Martin Helme.
Poi interverrà di persona a Coimbra al congresso di Chega! – traduzione in italiano: Basta! – il partito, su posizioni molto simili allo spagnolo Vox, guidato da Andre Ventura.
Nato a ridosso delle scorse Europee, a cui si presentò apparentato con i monarchici, Chega! non ha deputati a Bruxelles ma secondo i sondaggi è intorno all’8%, dunque ne avrà alle prossima tornata.
Lunedì mattina infine – secondo il programma della vista diffuso da Via Bellerio – la visita a Nostra Signora di Fatima, accompagnato dal capogruppo Marco Zanni.
Un altro filo per la tela sovranista che Salvini va tessendo in Europa. Con contorni, però, ancora non definiti. Da un lato, il chiodo fisso di Giorgetti – l’approdo graduale verso il Ppe – è finito in freezer in parallelo con l’ingresso al governo del numero due del partito e l’arrivo come responsabile Esteri del fedelissimo Lorenzo Fontana.
Giorgetti stesso, incontrando ieri gli europarlamentari del Carroccio a margine della vicenda Alitalia, ha chiarito: “Io ho la mia posizione, ma mi risulta che anche Matteo sta lavorando verso nuove prospettive e nuovi orizzonti”. Che, a quanto sembra, non coincidono.
Dall’altro lato, però, neppure Idea e Democrazia – l’eurogruppo con il Front National e la destra estone e ceca – in questi mesi è decollato.
Salvini ha incontrato pubblicamente il premier ungherese Orban, fresco di uscita dal Ppe, e il capo del governo polacco Mateusz Morawiecki (che però fa parte del gruppo Conservatori & Riformisti guidato da Giorgia Meloni) lanciando la suggestione di un nuovo gruppo che potrebbe chiamarsi “Rinascimento Europeo”.
Per ora, però, è rimasta appunto una suggestione. Così il fine settimana portoghese rappresenterà anche l’occasione per discutere di future collocazioni con i “ragazzi” di Chega! con cui le manovre di avvicinamento sono già cominciate.
Molte parole d’ordine sono in comune: nazionalismo, protezionismo, sovranismo, conservatorismo, cristianesimo. Il partito di Ventura però, oltre a porsi come baluardo della famiglia tradizionale, vuole eliminare il diritto di aborto, il diritto di cambiare sesso e i relativi sussidi pubblici.
In più, i “cugini” di Vox, per ora siedono sui banchi Ecr. Tuttavia, a fine anno ci sarà il valzer di cariche per la boa di metà legislatura, i partiti sono in fibrillazione e il “pacchetto Orban” fa gola. La partita a scacchi degli equilibri all’Europarlamento è agli inizi e per la Lega presenta molte incognite.
A partire dalla strategia: c’è chi sostiene che nella testa di Salvini più che un gruppo ci sia l’idea di una “federazione sovranista”. Obiettivo ambizioso. “E’ un cantiere aperto” sintetizza un leghista. Niente di più normale allora che il leader che tre anni fa chiedeva agli italiani i “pieni poteri” decida prudentemente di affidarsi all’Onnipotente.
(da Huffingtonpost)

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LA “CABINA DI REGIA” SUL RECOVERY DI CONTE PREVEDEVA 300 CONSULENTI, QUELLA DI DRAGHI SALE A 350, MA TUTTI ZITTI

Maggio 28th, 2021 Riccardo Fucile

RICORDATE IL DILUVIO DI CRITICHE DI SOVRANISTI E RENZIANI SUL NUMERO DEI COLLABORATORI PREVISTI DAL GOVERNO CONTE 2? ECCO, ORA TUTTI IN SILENZIO

Oggi non leggerò i giornali perché già so cosa scriveranno. Le stesse cose che scrissero quando Conte, a dicembre, annunciò una cabina di regia a Palazzo Chigi con il Mef, il Mise, 6 manager e 300 tecnici per vigilare sulle opere del Recovery, come richiesto a pagina 33 delle Linee guida dell’Ue.
I renziani, inorriditi, bloccarono il decreto e lo tennero in ostaggio un mese e mezzo fino alla crisi di governo. “Abbiamo tagliato 300 parlamentari e ora mettiamo 300 consulenti?”, tuonò l’Innominabile: “Grazie a noi il Parlamento non sarà commissariato”. Salvini: “Ma siamo matti, una task force di 300 persone?”. La Casellati: “Sul Recovery nessuna cabina di regia o gruppo di esperti può sostituirsi al Parlamento”. E il Sole 24 Ore: “Incredibile ma vero. Sei super manager e 300 tecnici per i fondi Ue”. Messina su Repubblica: “Più o meno gli stessi poteri che avevano i quadrumviri nell’ottobre del 1922: i quadrumviri di Mussolini alla marcia su Roma”. Sempre su Rep, Bei seppelliva “la prova muscolare (già fallita)… con quella pletora di manager che avrebbero commissariato di fatto sia i singoli ministri che la Pa”. Sul Corriere, Polito el Drito definiva “quasi una beffa la cabina di regia con 300 tecnici”. E Fu(r)bini: “Renzi non è il solo a trovare fuori luogo il tentativo di Conte di accentrare il controllo dei fondi”. Di nuovo il Rignanese: “No a inutili task force. Abbiamo fatto nascere questo governo per togliere i pieni poteri a Salvini, non per darli a Conte”. E Faraone, a pappagallo: “Basta con questi metodi. Abbiamo evitato che Salvini prendesse i pieni poteri, ma non per darli a Conte”. E Rosato, a stampino: “No a un esercito di burocrati al posto dei ministri”. Geremicca sulla Stampa: “Una piramide che Conte ha maturato in assoluta solitudine”. Le Brigate Partigiane De Benedetti dalla clandestinità, cioè su Domani: “Conte ha provato a prendersi quei ‘pieni poteri’ che il Parlamento ha negato a Salvini”.
E l’emerito Cassese, sulle barricate: “Troppi poteri a una sola task force incomprensibile. È una soluzione rococò, denota sfiducia nello Stato”.
L’Innominabile in tournée sul Paìs: “Conte non ha il mojito ma vuole pieni poteri come Salvini”. Poi, con un gesto estremo, ritirò le due ministre per salvarci dal “vulnus democratico” del tiranno Giuseppi che “vuole pieni poteri che non gli consentiremo e gli chiediamo di rispettare la Costituzione”.
Ora il dl Semplificazioni di Draghi prevede una cabina di regia a Palazzo Chigi per vigilare sulle opere del Recovery con non 300, ma “350 collaboratori, consulenti o esperti, anche estranei alla Pa”.
E adesso chi li sente i due Matteo, i renziani sfusi, i Cassese, i Messina, i Fu(r)bini, i Bei, i Polito, i Geremicca e i debenedettini?
Anzi, chi li ha sentiti?
(da “il Fatto Quotidiano”)

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ARRIVA LO “SBLOCCA TUTTO”, MANO LIBERA NEGLI APPALTI PER SEI ANNI

Maggio 28th, 2021 Riccardo Fucile

PER CHI NON AVESSE ANCORA CAPITO PERCHE’ QUALCUNO HA VOLUTO DRAGHI A PALAZZO CHIGI

Se, come si suol dire, tutto andrà come previsto, già oggi il governo potrebbe licenziare il decreto con le misure cardine del Piano di ripresa (Pnrr) che deve spendere i miliardi del Recovery fund.
Un unico provvedimento che disegna la governance, cioè il meccanismo di gestione e controllo dei fondi – incardinata a Palazzo Chigi e con i ministeri in mano ai tecnici scelti dal premier Mario Draghi – ma soprattutto le ennesime “semplificazioni” in materia di appalti.
L’ultimo decreto risale solo a luglio scorso ma stavolta, con la scusa della transizione ecologica e la fretta di spendere i fondi europei, lo “sblocca cantieri” arriva in un formato mastodontico e durata assai lunga: almeno i sei anni dell’arco di tempo del piano.
Queste semplificazioni disegnano un quadro che stravolge il sistema di appalti e regole, e quindi controlli, dando ai progetti del Pnrr una corsia preferenziale fatta di tempi dimezzati, autocertificazioni in deroga, autorizzazioni veloci (fast track) e silenzio-assenso potenziato, nell’idea, cara a tutti i governi, che ci siano forze ancestrali annidiate nella burocrazia che frenano l’economia.
Dal testo dovrebbero saltare alcuni dei punti più contestati negli ultimi giorni. Nelle bozze, per esempio, non compare più l’allargamento del massimo ribasso come criterio cardine per assegnare le gare.
La naturale conseguenza della misura, cioè la liberalizzazione totale del subappalto, è rimasta invece appesa al confronto con i sindacati, convocati ieri a Palazzo Chigi dopo la rivolta scoppiata all’uscita delle prime bozze che eliminavano qualsiasi vincolo. Il negoziato è andato avanti fino a sera. Palazzo Chigi insiste sul fatto che tetti rigidi violano le norme Ue e che basti “tutelare i lavoratori e la legalità”.
La realtà è che serve alle imprese per ridurre i costi esternalizzando i lavori. I sindacati aspettano i testi definitivi per oggi prima di esprimersi.
Il grosso del testo resta però sostanzialmente uguale, con tutte le norme critiche raccontate dal Fatto nei giorni scorsi. Palazzo Chigi insiste sulla possibilità di usare “l’appalto integrato”, cioè di affidare progettazione ed esecuzione dell’opera allo stesso soggetto, facendo saltare la distanza tra controllore e controllato. Già previsto dal governo Conte, ora viene esteso per sei anni.
È il famoso general contractor della Legge Obiettivo del governo Berlusconi, travolta dalle inchieste sulle grandi opere. È sempre alla Legge Obiettivo è ispirata la procedura lampo per le “opere di particolare complessità e rilevante impatto”: una lista (dall’Alta velocità Salerno-Reggio Calabria e quella Palermo-Catania) affidata a un “comitato speciale” che delibera in massimo 45 giorni (o si va col silenzio assenso).
Il parere delle Soprintendenze – ce ne sarà una “speciale” per il Pnrr che esautorerà quelle territoriali – e della Commissione Via per l’impatto ambientale (anch’essa costituita ad hoc per il Pnrr) arriveranno direttamente in conferenza dei servizi e avranno effetto di “variante urbanistica”, di fatto aggirando i Comuni e le stazioni appaltanti. Nel testo salgono poi i tetti per gli affidamenti senza gara sotto i 5 milioni di euro.
La parte più inquietante riguarda le opere “ambientali”, impianti per le rinnovabili e quant’altro. Viene dato un via libera semplificato (fast track) con tempi ridottissimi per una serie di opere (il famigerato “Allegato 1-bis”) che con la transizione ecologica hanno poco a che fare, dagli inceneritori (a cui ieri ha aperto il ministro Roberto Cingolani, come leggete a destra) ai grandi gasdotti, alla riconversione delle raffinerie e via discorrendo.
Il testo riduce anche al minimo o sostanzialmente elimina l’obbligo di dover bonificare i terreni agricoli limitrofi ai siti contaminati per poter realizzare impianti “rinnovabili”.
Viene poi confermato il sistema di autorizzazioni ambientali a misura di grandi imprese pensato da Cingolani: azzerati i controlli per gli impianti di energia rinnovabile fino a 10 MW (anche se limitrofi ad aree archeologiche) e consegnato alle Regioni il potere di decidere su quali rifiuti consentire il riciclo industriale (il cosiddetto end of waste), come chiedeva la Lega.
Il testo, come detto, contiene anche la governance del Piano. In cima a tutto ci sarà il premier e una cabina di regia composta dai ministri di volta in volta coinvolti dai progetti, per l’80% in mano ai tecnici, con la possibilità di affidare i poteri sostituivi per esautorare le amministrazioni inadempienti (o si procede con i soliti commissari). Monitoraggio e controllo spettano al Tesoro.
Arriva una prima infornata di assunzioni con un concorso semplificato: 350 tecnici, tutti con contratti a termine.
(da TPI)

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LA CLASSE NON E’ ACQUA: LIBERO CI TIENE A FAR SAPERE CHE CARLA FRACCI GLI STAVA ANTIPATICA

Maggio 28th, 2021 Riccardo Fucile

MENTRE TUTTO IL MONDO RICORDA LA PRIMA BALLERINA AL MONDO, CI VOLEVA IL SOLITO ELEGANTE COMMENTO DEL QUOTIDIANO SOVRANISTA

Per la voce polarizzazioni dell’audience non richieste, dobbiamo registrare in maniera notevole l’intervento di Libero su Carla Fracci.
Il quotidiano, che recentemente ha accolto la direzione di Alessandro Sallusti, ha deciso di intitolare il suo articolo di omaggio alla stella della danza che si è spenta ieri in un modo piuttosto provocatorio: «Brava Fracci, ma ci stavi antipatica».
Notazione che sicuramente invita il lettore ad aprire l’articolo (o ad acquistare il giornale in edicola), ma che suona quantomeno come strana in un momento in cui tutta l’Italia si è stretta attorno a una delle sue figure di riferimento dal punto di vista culturale.
Ovviamente, siamo andati a verificare la corrispondenza tra l’articolo redatto da Renato Farina e il titolo scelto da chi si occupa di realizzare la cucina giornalistica della prima pagina. Così, per vedere se c’era un rimando fedele anche all’interno del testo.
La risposta è positiva e si è basata, ancora una volta, sull’appartenenza ideologica di Carla Fracci all’universo della sinistra italiana.
Ci sono passaggi in cui la si definisce «pessima, divisiva, archetipo della superiorità morale ed estetica della sinistra».
Il resto, comunque, è una più misurata analisi della sua carriera fuori dai palcoscenici: gli scontri con il governo durante l’esecutivo di Silvio Berlusconi, accusato di non tenere per nulla alla cultura, la lite in pubblico con l’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno, la mancanza di simpatia con il direttore Riccardo Muti. Soltanto alla fine, le si concede un po’ di respiro: «Ora che gliene abbiamo cantate quattro, lo confesso: mi manca già».
(da Giornalettismo)

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MENTRE IN ITALIA DRAGHI BOCCIA LA TASSA DI SUCCESSIONE PER I PATRIMONI SUPERIORI A 5 MILIONI DI EURO, BIDEN NEGLI USA LA ALZA

Maggio 28th, 2021 Riccardo Fucile

“I PIU’ RICCHI PAGHINO LA RIPRESA DEI PIU’ POVERI”

Dice Draghi che non è tempo di chiedere soldi ma di dare soldi. Quando qualcuno dalle parti del Partito Democratico ha proposto di tassare i patrimoni immobiliari dei ricchi (dei pochi ricchi che ci sono nel Paese che, chissà perché, sono protetti da una schiera di non ricchi che si agitano con loro), in Italia si è levato il solito strepito di chi vede comunisti dappertutto, di chi grida al golpe senza mai avere letto della tassazione progressiva scritta nella Costituzione e ha giocato a dipingere Letta (e tutti quelli che erano d’accordo su un incremento dell’imposta di successione sui patrimoni superiori a 5 milioni di euro) come un politico “fuori dal tempo” e “fuori dalla storia”.
C’è da dire che la crociata difensiva dei ricchi, come accade quasi sempre, è funzionata benissimo e si potrà seppellire l’argomento per un po’, fino alla prossima volta, quando si troverà un altro buon motivo, uno qualsiasi, per dire che “non è ora il tempo di parlarne” e “ci sono altre priorità”.
Eppure basterebbe trovare un paio di minuti per leggere le notizie che arrivano dagli Stati Uniti, da quel presidente Biden che non è certo un rivoluzionario zapatista, per rendersi conto che ciò che qui è considerato un delitto da quelle parti è il cuore della discussione politica in questo momento.
“Non abbiamo avuto problemi a far passare un piano fiscale da 2 trilioni di dollari che è andato all’1% più ricco ma ogni volta che parlo di tagli alle tasse per la classe operaia la reazione è sempre ‘oh mio Dio cosa faremo?’. Bene, ci riprenderemo parte di quell’1% di denaro”, ha detto ieri Biden a Cleveland.
Immaginate cosa accadrebbe qui da noi con una frase del genere. Provate anche a immaginare perché quelli che, quando torna comodo, ci portano sempre gli Usa come esempio in questi giorni siano così straordinariamente distratti.
Biden ha in mente di andare a prendere dagli investitori più ricchi i soldi che occorrono per il suo “American Family Plan”, un progetto da oltre mille miliardi di dollari in investimenti sull’infanzia e sulla scuola. Tra le proposte c’è l’aumento della tassazione sui profitti da capitale per chi guadagna più di un milione di dollari all’anno: dal 23,8% di oggi (a cui si aggiunge il 3,8% voluto da Obama) fino al 39,6% sulle rendite. Mica roba da poco. In più c’è un progetto per alzare di 7 punti l‘aliquota sugli utili delle imprese.
“I ricchi paghino la ripresa dei più poveri”, ha detto Biden. E ad ascoltarlo da qui sembra un’indicibile bestemmia.
(da agenzie)

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DI MAIO FA AUTOCRITICA: “CHIEDO SCUSA A UGGETTI, MAI PIU’ GOGNA”

Maggio 28th, 2021 Riccardo Fucile

LA LETTERA A IL FOGLIO SUL SINDACO TRAVOLTO DA INCHIESTA GIUDIZIARIA E POI ASSOLTO

“Sull’arresto dell’ex sindaco di Lodi ho contribuito a esacerbare il clima. Mi scuso”. Così in una lettera a Il Foglio il ministro degli Esteri Di Maio fa le sue scuse a Simone Uggetti, esponente del Pd arrestato nel 2016 e costretto alle dimissioni un mese dopo.
“Ricordo bene quei giorni – scrive Di Maio – in cui la notizia dell’arresto portò diversi partiti italiani a chiederne le dimissioni. Nella stessa piazza, e nello stesso weekend, prima il Movimento 5 stelle con la mia presenza e il giorno dopo la Lega di Matteo Salvini, con Calderoli, organizzarono dei sit-in contro il dottor Uggetti fino a spingerlo, un mese dopo l’arresto, alle dimissioni”.
“Con gli occhi di oggi – continua Di Maio – ho guardato con molta attenzione ai fatti di cinque anni fa. L’arresto era senz’altro un fatto grave in sé, che allora portò tutte le forze politiche a dare battaglia contro l’ex sindaco, ma le modalità con cui lo abbiamo fatto, anche alla luce dell’assoluzione di questi giorni, appaiono adesso grottesche e disdicevoli”.
″È giusto che in questa sede io esprima le mie scuse”, conclude l’ex capo politico 5 stelle, aggiungendo di voler “aprire una riflessione”, ricordando che “il periodo dell’arresto di Uggetti coincise con le campagne elettorali che nel 2016 coinvolsero le città di Roma, Torino, Napoli, Milano e Bologna”.
(da agenzie)

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TENSIONI IN FORZA ITALIA DOPO LA NASCITA DELL’ENNESIMA STAMPELLA AI SOVRANISTI

Maggio 28th, 2021 Riccardo Fucile

GELMINI CONTRO TOTI E BRUGNARO: “LE MIE BATTAGLIE SONO QUI”

Sale la tensione dentro Forza Italia dopo la nascita di ‘Coraggio Italia’, il nuovo partito di Giovanni Toti e Luigi Brugnaro.
Pesano le fibrillazioni per la “campagna acquisti” del governatore ligure e del sindaco di Venezia. Il gruppo dirigente forzista, con Silvio Berlusconi in cima, infatti è infuriato per la fuga dei suoi undici parlamentari verso Coraggio Italia tanto da far saltare ieri il vertice di centrodestra sulle Comunali, altro tasto dolente dentro la coalizione.
In tanti dentro FI pensano che l’operazione di Toti e Brugnaro sia stata compiuta con il beneplacito dell’ala governativa azzurra, in particolare della ministra Mariastella Gelmini che è vicina ad alcuni dei transfughi.
Ma lei stessa smentisce e ribadisce la sua totale appartenenza al partito di Berlusconi: “Io fuori da Fi? Non escludo che qualcuno lo auspichi da tempo, ma questo qualcuno rimarrà ancora una volta deluso. Leggo su qualche quotidiano ricostruzioni fantasiose, quelle sì eterodirette, e lontane anni luce dalla realtà dei fatti. Io sono in Fi, ne faccio parte convintamente, e le mie battaglie politiche le porto avanti con determinazione nel partito e per il partito. Se qualcuno tenta di copiare Forza Italia, puntando al centro, vuol dire che noi dobbiamo accentuare e rimarcare i nostri valori moderati, europeisti, liberali”, precisa la ministra per le Autonomie.
L’iniziativa del governatore della Liguria e del sindaco di Venezia non è proprio piaciuta al leader azzurro, tanto che Il Cavaliere, malgrado le “pluripatologie” segnalate dal pm del Ruby Ter, ha telefonato personalmente da Arcore ad alcuni transfughi per spiegare che il passaggio a Coraggio Italia “è un errore”, perché Fi al governo è forte.
Al momento il raggruppamento moderato del centrodestra raccoglie 24 deputati tra cui ex grillini, ex forzisti e uomini di Tabacci. In undici hanno lasciato Silvio Berlusconi: Marco Marin è il presidente, poi Stefano Mugnai, Raffaele Baratto, Maurizio d’Ettore, Simona Vietina, Michaela Biancofiore, Cosimo Sibilia, Matteo Dall’Osso, Elisabetta Ripani, Maria Teresa Baldini, Guido Germano Pettarin. Fucsia Nizzolli Fitzgerald, eletta all’estero, all’ultimo ha deciso di rimanere fra gli azzurri.
Toti durante la presentazione di ‘Coraggio Italia’ (anche il nome ricorda molto il partito del Cavaliere), ha fatto sapere che “non sarà un nuovo partitino personale ma la gamba moderata del centrodestra” e che la nuova forza politica sarà presente alle amministrative di autunno. Gelmini, invece, aveva formalmente bocciato l’iniziativa del governatore ligure e del sindaco veneziano: “Brugnaro è un buon sindaco – aveva detto a La Stampa – ma se sceglie di incentivare il frazionamento in partitini dell’area moderata, commette un errore”.
(da La Repubblica)

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MORIRE SUL LAVORO: INAIL, 306 MORTI NEI PRIMI 4 MESI DEL 2021: +10% RISPETTO AL 2020

Maggio 28th, 2021 Riccardo Fucile

26 LE VITTIME IN PIU’, STABILE IL DATO SUGLI INFORTUNI

Le denunce di infortunio sul lavoro con esito mortale presentate all’Inail entro il mese di aprile sono state 306, 26 in più alle 280 registrate nel primo quadrimestre del 2020 (+9,3%) e in linea con quelle del primo quadrimestre 2019 (303 eventi mortali).
Il confronto tra il 2020 e il 2021 richiede però cautela, in quanto i dati delle denunce mortali degli open data mensili, più di quelli delle denunce in complesso, sono provvisori e influenzati fortemente dalla pandemia, con il risultato di non conteggiare un rilevante numero di ‘tardive’ denunce mortali da contagio Covid-19, in particolare del mese di marzo 2020, entrate negli archivi solo nei mesi successivi alla fotografia scattata il 30 aprile 2020.
Si fa notare, inoltre, che i decessi causati dal Covid-19 avvengono dopo un più o meno lungo periodo di tempo intercorso dalla data del contagio. Stabile invece il dato generale relativo alle denunce di infortunio: tra gennaio e aprile sono state 171.870 (-0,3% Rispetto allo stesso periodo del 2020).
Tornando ai dati sulle vittime, a livello nazionale i dati rilevati al 30 aprile di ciascun anno evidenziano per il primo quadrimestre di quest’anno un decremento solo dei casi in itinere, passati da 60 a 48, mentre quelli avvenuti in occasione di lavoro sono stati 38 in più (da 220 a 258).
L’aumento ha riguardato tutte e tre le gestioni assicurative dell’industria e servizi (da 253 a 263 denunce), dell’agricoltura (da 15 a 25) e del conto Stato (da 12 a 18). Dall’analisi territoriale emerge un aumento nel nord-est (da 51 a 66 casi mortali), nel centro (da 44 a 56) e al sud (da 62 a 87). Il numero dei decessi, invece, è in calo nel nord-ovest (da 104 a 80) e nelle isole (da 19 a 17).
L’incremento rilevato nel confronto tra i primi quadrimestri del 2020 e del 2021 è legato sia alla componente maschile, i cui casi mortali denunciati sono passati da 256 a 277, sia a quella femminile, passata da 24 a 29 casi.
L’aumento riguarda solo le denunce dei lavoratori italiani (da 237 a 267) ed extracomunitari (da 27 a 28), mentre calano quelle dei lavoratori comunitari (da 16 a 11). Dall’analisi per classi di età emergono decrementi per gli under 40 (-15 decessi), mentre tra gli over 40 si segnala l’aumento nella fascia 50-64 anni (da 143 a 172 casi).
(da agenzie)

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SALVINI SPENDE 351.000 EURO PER SPONSORIZZARE I PROPRI POST SU FACEBOOK E INSTAGRAM, MA MENO PARLA E MEGLIO E’

Maggio 28th, 2021 Riccardo Fucile

LA MELONI CON SOLI 46.000 EURO GLI E’ ORMAI CON IL FIATO SUL COLLO

Matteo Salvini dall’aprile 2019 al maggio 2021 ha investito 351 mila euro per sponsorizzare i propri post e aumentarne la visibilità su Fb e Instagram. Giorgia Meloni invece ne ha spesi appena 46mila.
Eppure, secondo l’ultima rilevazione Ipsos per il Corriere, Fratelli d’Italia è ormai a un passo dalla Lega: 18,9%, con Salvini sopra di appena due punti.
I dati li racconta oggi DeRev, società di strategia digitale e comunicazione, che ha analizzato per il Corriere della Sera i profili Facebook e Instagram di Meloni e Salvini, focalizzando l’attenzione tra il 19 febbraio e il 18 maggio scorsi, cioè da quando Draghi è premier.
Ed è impossibile non notare il cambio di passa tra i due leader fratelli coltelli del centrodestra. A marzo 2020 la distanza tra i due partiti era siderale: 31,1% per il Carroccio, 13,3% per Fdi. Da quel momento in poi c’è stata un’ascesa costante di Meloni e un altrettanto costante declino di Salvini.
Sempre secondo Ipsos, l’ultimo sondaggio fotografa il distacco più ampio nel gradimento dei leader tra Meloni (37) e Salvini (30).
E anche sui social network si ripete questo rapporto. Su Fb Meloni ha conquistato quasi 72 mila nuovi follower, mentre Salvini 34 mila.
Il segretario leghista rimane saldamente in testa con 4,5 milioni di fan, mentre la presidente di FdI è 1,8 milioni.
Ma nel rapporto con i fan emerge un dato chiave a favore di Meloni: l’engagement, ovvero la capacità di mobilitare e creare discussione: in media l’11% (con picco del 24%) per la leader di Fdi contro il 6,6% (con picco del 14%) del leader della Lega, che evidenzia come la spinta dal basso pro Salvini, sui social, si sia raffreddata.
Infine, la spesa. A fronte di una spesa superiore di 7,5 volte rispetto a FdI, per i leghisti i risultati non sono stati quelli attesi.
(da agenzie)

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