Dicembre 29th, 2021 Riccardo Fucile
“SERVE CORAGGIO, ANCHE PER QUELLO ANTIPOLIO I PEDIATRI AVEVANO PAURA”
Inutili misure graduali per spingere i quasi 6 milioni di non vaccinati a cambiare idea. Secondo il decano dei farmacologi italiani servono multe importanti e divieti di ingresso per chi non aderisce alla campagna di vaccinazione
Al governo Draghi il fondatore dell’Istituto Mario Negri, Silvio Garattini, chiede: «più coraggio» sul fronte dei vaccini anti Covid.
Soprattutto a fronte di una situazione sempre meno sostenibile, con quasi 6 milioni di italiani non ancora vaccinati e i contagi in aumento spinti dalla variante Omicron, con tutti i rischi che comportano sull’occupazione dei posti letto in ospedale: «Non c’è più tempo da perdere – spiega Garattini al Giorno – Non è accettabile che ancora così tante persone rifiutino l’antidoto incidendo sulla situazione generale».
Secondo Garattini, più del lockdown per i non vaccinati e l’abolizione dei tamponi per ottenere il Green pass, la strada da seguire è quella dell’obbligo vaccinale: «La maggior parte dei pazienti in terapia intensiva è No vax. Il governo deve avere il coraggio di prendere questa decisione».
L’idea del veterano dei farmacologi italiani non è di imporre il vaccino ai maggiorenni, perché sarebbe una misura inefficace: «Serve una legge che faccia vaccinare tutti – spiega – perché man mano che gli adulti si coprono, il virus circola nelle fasce d’età più basse. In più, aumenta il rischio ricovero per i giovani».
Finora l’obbligo vaccinale è stato introdotto solo in pochi Paesi nel mondo, come Austria, Ecuador e Indonesia. L’introduzione dell’obbligo in Italia, secondo Garattini, sbloccherebbe i tentennamenti degli altri governi europei: «Siamo in una situazione paradossale in cui i governi stanno fermi in attesa che qualcuno faccia la prima mossa». Basterebbe sforzare un po’ la memoria storica, spiega Garattini, e ricordarsi cosa accadde in passato per esempio con la vaccinazione che ha debellato la poliomielite: «Non venne accettata, i pediatri all’epoca avevano paura. All’epoca vaccinammo con due anni di ritardo».
(da agenzie)
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Dicembre 29th, 2021 Riccardo Fucile
LA LETTERA DI BONOMI E LA CONTROPROPOSTA
Non 302 euro, come prevede la riforma del Governo, ma uno sgravio molto più
consistente per i lavoratori con un reddito lordo di 24mila euro: 515 euro.
E per chi ha un reddito di 28mila euro, il beneficio in busta paga sarebbe stato di 601 euro, superiore di ben 371 euro rispetto all’importo dello schema inserito nella legge di bilancio.
Eccoli i numeri che il presidente di Confindustria Carlo Bonomi mette nero su bianco per bocciare “il paradosso incredibile” delle scelte fatte sulle tasse e per spiegare perché la proposta degli industriali sarebbe stata “la più conveniente, rendendo i lavoratori più occupabili e migliorando la competitività delle imprese”.
Con un titolo: le buste paga sarebbero state molto più corpose per i lavoratori con redditi medio-bassi, fino a 35mila euro.
Le simulazioni, elaborate dal Centro studi di viale dell’Astronomia, sono contenute nella lettera, di cui Huffpost è in possesso, che Bonomi ha inviato ai presidenti delle associazioni confederate del sistema confindustriale in occasione delle feste natalizie per tracciare un bilancio dell’anno.
Come si evince dalla tabella, l’impianto di Confindustria avrebbe generato un beneficio maggiore per tutte le fasce di reddito che vanno da 19mila a 35mila euro. Un altro esempio, proprio per chi ha un reddito di 35mila euro: avrebbe ottenuto 751 euro di sgravio invece dei 385 euro previsti.
Tutto vincolato, però, all’opzione degli industriali e cioè usare gli 8,5 miliardi disponibili per tagliare il cuneo contributivo, non come ha fatto il Governo, che ne ha utilizzati 7 per rimodulare le aliquote Irpef e ridisegnare le detrazioni (“un intervento minimale” lo definisce Bonomi alla luce di un gettito che nel 2019 è stato di circa 192 miliardi) e 1,5 per la decontribuzione in favore dei redditi dipendenti fino a 35mila euro lordi.
Lo sgravio sarebbe andato per due terzi ai lavoratori e per un terzo alle imprese. Prendiamo un’altra simulazione, quella per un reddito da 19mila euro: il risparmio per il lavoratore sarebbe stato di 408 euro (17 euro in più rispetto alla riforma del Governo) mentre quello per l’impresa avrebbe avuto un importo di 282 euro.
La lettera di Bonomi non si esaurisce nella forte critica all’impianto per il taglio delle tasse. Rimarca, in positivo, il cambio di passo sul Pnrr e sulla gestione della pandemia impresso da Mario Draghi (la lettera si chiude con le parole del premier sui corpi intermedi di Luigi Einaudi), oltre alla ritrovata credibilità dell’Italia sul piano internazionale.
Ma “la triplice dose di fiducia somministrata dal Governo”, che ha portato al rimbalzo del Pil superiore al 6%, deve fare i conti con “nuovi rischi da affrontare”.
Il problema è anche il metodo. Il presidente di Confindustria chiama tutti, a iniziare dai sindacati, a prendere coscienza del fatto che il Patto per l’Italia, proposto dagli industriali a metà del 2020, non ha preso forma.
È la “convergenza sociale e politica” che anche il premier si era impegnato a rilanciare e che adesso viene posta nuovamente come una via obbligata per orientare le prossime scelte su fisco, lavoro e welfare.
“O si lavora insieme – scrive Bonomi – modificando in maniera coerente e organica tutte queste leve, oppure l’effetto sulla crescita e la coesione sociale rischia di tornare minimale, con tassi di sviluppo inferiori al 2% annuo. Questo non ce lo possiamo permettere, anche in ragione dell’elevato debito pubblico, se non vogliamo condannarci a tassi di disoccupazione tre volte superiori a quelli della Germania”.
È la legge di bilancio la spia che per Bonomi indica “uno slancio iniziale che inizia a vacillare”.
Parla di “insofferenza crescente dei partiti” e di una manovra che invece di essere la prima del ciclo Pnrr, “un mattone fondativo della svolta, ha guardato più al breve periodo, di interesse della politica, piuttosto che al medio periodo, d’interesse per la crescita”.
Ai partiti viene imputata la logica delle bandierine che ha rifinanziato il reddito di cittadinanza, ma anche le misure per l’anticipo pensionistico.
Durissima la critica per i danni causati alle imprese: ”Il conto della maggior spesa corrente determinata in tal modo è stato presentato alle imprese: la soppressione del Patent Box, il più rapido calo pluriennale degli incentivi alla ricerca e all’innovazione, gli aggravi d’imposta dovuti al “dietrofront” sulla disciplina di riallineamento e rivalutazione dei beni immateriali d’impresa”.
Le imprese rischiano “impatti devastanti” sui conti per il caro energia. No a interventi tampone, raddoppiare la produzione di gas
Le imprese soffrono il caro energia, con il prezzo del gas cresciuto del 370% da inizio anno. Con la manovra il Governo ha stanziato altri 3,8 miliardi per calmierare i costi delle bollette di luce e gas, ma per Bonomi “gli interventi tampone”, principalmente a vantaggio delle famiglie, “non risolveranno affatto il problema”.
Il problema riguarda le filiere industriali, il rischio è quello di “impatti devastanti sui conti” e “addirittura sulla continuità produttiva”. La proposta: sbloccare l’estrazione di risorse aggiuntive di gas italiane, in modo da raddoppiarne agevolmente la produzione attuale, fino a un terzo e oltre dei consumi industriali annuali.
Lo sciopero generale di Cgil e Uil è bollato come “l’esatto opposto” della convergenza che serve al Paese, “come ha invece colto la Cisl” che non è scesa in piazza.
Bonomi ricorda le esperienze positive con i sindacati durante la prima ondata della pandemia, cioè il modello dei protocolli di sicurezza sul lavoro condivisi, ma poi le titubanze iniziali sui vaccini da parte delle organizzazioni sindacali, si legge sempre nella lettera, sono sfociate in “posizioni ideologizzate” che hanno impedito un confronto costruttivo sulle politiche attive del lavoro, ma anche sulla sicurezza.§
La convergenza auspicata da Bonomi tocca anche il tema del Quirinale. “Continueremo a batterci – scrive – perché lo spirito di responsabilità prevalga. E ad augurarci che, innanzitutto, tra poche settimane, nella scelta che il Parlamento dovrà fare per il Quirinale, sulle contrapposte pulsioni prevalga la maggior condivisione possibile. L’Italia è un grande Paese che, lo abbiamo visto, nel momento del bisogno sa esprimere profili di caratura mondiale al posto giusto. Dobbiamo augurarci che tutte le forze politiche tengano conto di questo”.
La necessità di rilanciare il Patto per l’Italia parte dall’orgoglio per la ripresa spinta dalla manifattura. Una riflessione che Bonomi pone al centro della sua missiva perché, spiega, “il pregiudizio antindustriale in Italia fa parte di un diffusissimo habitus culturale che stenta a tramontare”.
E invece ci sono i risultati: dopo il tracollo di oltre 40 punti percentuali a marzo-aprile 2020, la manifattura italiana non solo ha saputo recuperare stabilmente i livelli di attività precedenti allo scoppio della pandemia: è diventata uno dei principali motori della crescita industriale nell’Eurozona. “In Germania e Francia – scrive Bonomi – nonostante un calo meno drastico dei volumi di produzione nei mesi più critici del 2020, il pieno riassorbimento dello shock manifatturiero non si era ancora concretizzato a novembre 2021, con la produzione tedesca inferiore del 10% ai livelli pre-crisi e quella francese del 5%”. E la tendenza per il 2021 è di eguagliare o superare il record storico dell’export raggiunto nel 2017.
(da Huffingtonpost)
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