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SCURDAMMOCE ‘O PASSATO

Gennaio 21st, 2022 Riccardo Fucile

IERI INCONTRO SALVINI-CONTE, OGGI LETTA-RENZI: TUTTI ILLESI

Scendono in campo i leader di partito per sbrigliare le trame del Quirinale. E a tre giorni dal voto, sbiadiscono anni di rancori
«Enrico stai sereno». Oggi come allora, non può essere certo la calma la virtù con cui Letta incontra Matteo Renzi. Ma in virtù di una partita che si gioca ogni sette anni, «una finale di Champions League» l’ha definita il leader di Italia viva, il segretario del Partito democratico ha dovuto incontrare anche il suo più acerrimo nemico.
Stanno preparando – per usare un termine calcistico -, il biscotto che porterà Mario Draghi al Quirinale? Di primo mattino, intorno alle 8, i due si sono incontrati a Palazzo Giustiniani nell’ufficio di Renzi: Letta ha scelto di giocare fuori casa.
Ma la partita del Colle è troppo importante per non andare in trasferta sul campo più scivoloso di tutti, quello su cui inciampò e che lo fece retrocedere nel 2015 dalla politica attiva all’insegnamento, per carità prestigiosissimo, al Sciences Po di Parigi.
Riconvocato durante la crisi di governo dello scorso anno per sostituire Nicola Zingaretti alla segreteria del Pd, Letta ha colto l’indicazione lasciata da Renzi, questa mattina, in un’intervista a La Stampa: «Se si porta Mario Draghi come candidato allo scrutinio segreto, lo si elegge, anche perché esporlo a una bocciatura dell’Aula significherebbe perderlo sia per il Colle, sia per il governo. E l’Italia una cosa non se la può permettere: rimettere Draghi in panchina».
Un’apertura finalmente esplicita che, però, non può prescindere da un accordo politico per l’esecutivo che verrà dopo il governo Draghi. Più instabile, sì, e per questo sono da discutere insieme all’elezione che inizia lunedì 24 gennaio i margini di un patto di fine legislatura.
L’accelerazione di Letta
Al momento, il segretario dei Dem ha agito in maniera più silenziosa rispetto ai suoi omologhi. Ma ha l’esigenza di accelerare per decidere lo schema di gioco da schierare domenica 23, prima delle 17, quando dovrà dare le ultime indicazioni all’assemblea del Pd. Il segretario avrà un colloquio già nelle prossime ore con Matteo Salvini. Ieri, il capo della Lega aveva incontrato Giuseppe Conte: un altro sforzo degno di nota di questi leader costretti a mettere da parte anni di rancori. «Devo fare nomi e cognomi», fu l’esordio dell’accusa mossa dall’ex premier a Salvini e Meloni, in conferenza stampa a reti unificate. A distanza di quasi due anni, proprio per farlo un nome, gli attriti sono stati archiviati.
Ed è l’unico modo che i protagonisti di questi incroci inaspettati hanno per non essere lasciati in tribuna mentre gli altri partiti decidono chi salirà al Colle per il post Sergio Mattarella.
Il leghista teme che, alle sue spalle, Silvio Berlusconi possa giocargli un brutto scherzo e intestarsi una candidatura in solitaria – o con Fratelli d’Italia – come autoricompensa per la sua mancata investitura. Che il Cavaliere, da un momento all’altro, per farsi almeno riconoscere come salvatore della patria possa dare in autonomia il suo endorsement a Draghi, è una possibilità che circola negli ambienti di destra.
Letta è preoccupato che il Movimento 5 stelle, trainato dalla corrente dimaiana, possa stringere accordi con il centrodestra relegando i Dem all’isolamento nel campo del centrosinistra. Conte ha bisogno di mostrarsi come unico interlocutore di un gruppo parlamentare che non l’ha mai riconosciuto, unitariamente, come suo leader. E Renzi, che fu il kingmaker delle passate presidenziali, portando Mattarella a essere eletto a colpo sicuro nel quarto scrutinio, sa di poter giocare in quello stesso ruolo nonostante sia trascorso un settennato.
(da agenzie)

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QUIRINALE, SONDAGGIO SKY-YOUTREND: GLI ITALIANI VOGLIONO UN MATTARELLA BIS O DRAGHI AL COLLE

Gennaio 21st, 2022 Riccardo Fucile

SEGUONO GENTILONI; BONINO E CARTABIA… MOLTO DISTANIATO BERLUSCONI

Un Mattarella bis o l’arrivo di Mario Draghi al Colle. Sono queste le due soluzioni preferite degli italiani per il Quirinale secondo un sondaggio di Quorum/Youtrend per Sky Tg 24.
Il sondaggio dice che una rielezione di Sergio Mattarella vedrebbe soddisfatto il 65,1% del campione.
Segue Draghi con il 57,1%, quindi Paolo Gentiloni (38,3%), Emma Bonino (32,2%), Marta Cartabia (29,0%), Silvio Berlusconi (25,7%).
In lizza ci sono anche Maria Elisabetta Alberti Casellati (25,7%), Pierferdinando Casini (21,6%), Giuliano Amato (18,9%), Paola Severino (18,2%), Letizia Moratti (17,3%), Franco Frattini (16,6%).
Invece alla domanda su chi sarà il nuovo inquilino del Quirinale, per il 18,8% del campione al Colle salirà Draghi. Per il 14,7% sarà Berlusconi, seguono poi ancora Mattarella all’11,1%, Gentiloni al 4,1%, Casellati al 4%.
Infine Marta Cartabia al 3,8%, Pierferdinando Casini al 2,4%, Emma Bonino al 2,1%, Giuliano Amato all’1,7%, altri nomi all’1,6%, Paola Severino allo 0,9%, Letizia Moratti allo 0,9%, Franco Frattini allo 0,5%. Non sa rispondere il 33,4%.
(da agenzie)

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GUIDO DE MARTINI, IL LEGHISTA CHE NON VOTERA’ PER IL QUIRINALE PERCHE’ “SI RIBELLA“ AL GREEN PASS

Gennaio 21st, 2022 Riccardo Fucile

BRAVO, STATTENETE A CASA

Il deputato leghista Guido De Martini è uno dei Grandi Elettori con il problema del Green pass. Attualmente l’oculista in aspettativa dalla Asl si trova infatti in Sardegna: «Non posso raggiungere Roma», dove da lunedì si vota per il Quirinale. Ma non vuole far sapere se è vaccinato o meno: «Potrei aver fatto due dosi e non la terza, aver diritto a un’esenzione che non mi è stata concessa… La mia è una battaglia di principio, di libertà. Io non sono contro i vaccini, sono contro l’obbligo vaccinale». Che «è stato messo solo in Turkmenistan, Tagikistan, Indonesia e Micronesia. Una compagnia esigua e un po’ strana». In realtà giusto ieri l’obbligo vaccinale è stato approvato in Austria.
De Martini avrebbe potuto partire prima: «Ma poi come sarei tornato in Sardegna? Potevo risolvere con una tenda sotto un ponte, ma sarei dovuto rimanere lì fino al 31 marzo».
Le soluzioni alternative proposte sono state giudicate non fattibili: «Qualcuno proponeva di volare all’estero: per i voli internazionali basta il tampone. C’è un volo che in giornata fa Cagliari-Bruxelles-Roma o uno che passa da Cracovia. Però una volta in Italia ci sono cinque giorni di isolamento e il tampone per uscire…».
Con i colleghi nelle sue stesse condizioni «avevamo pensato di affittare un aereo-taxi. Costava 15 mila euro, da dividere. Ma alla fine anche quelli ci hanno chiesto il Super Green Pass…». E allora niente Quirinale.
De Martini fa sapere che se arrivasse comunque in Aula voterebbe per Berlusconi.
(da agenzie)

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IL GOVERNO UFFICIALIZZA GLI INDENNIZZI PER I DANNEGGIATI DA VACCINI

Gennaio 21st, 2022 Riccardo Fucile

RESTA SEMPRE ATTUALE L’IPOTESI OBBLIGO VACCINALE

Il governo Draghi apre agli indennizzi per i danneggiati dai vaccini contro il Coronavirus. Nel Decreto Ristori oggi al voto in consiglio dei ministri saranno previsti indennizzi per risarcire gli eventuali danneggiati dalla vaccinazione.
Ma la norma potrebbe fare da apripista a un progetto che il premier Draghi accarezza da tempo: l’obbligo vaccinale per tutti gli italiani. Imposto in maniera graduale per fasce d’età. E del quale l’obbligo per gli over 50 rappresenterebbe soltanto un primo passo.
Il Decreto Ristori
Salvo sorprese dell’ultim’ora, quindi, il Decreto Ristori porterà in dote gli indennizzi per le conseguenze più gravi del vaccino. Ovvero, spiega oggi il Corriere della Sera, le infermità e le menomazioni permanenti secondo la bozza che circola in queste ore. E questo nonostante gli indennizzi per i vaccinati siano già previsti.
Come ha ricordato qualche tempo fa la professoressa di storia della medicina Eugenia Tognotti, e come sostengono del resto le sentenze e i costituzionalisti, già oggi lo Stato è obbligato al risarcimento degli eventuali danni fisici da vaccinazione anti Covid-19. Anche se non è in vigore l’obbligo vaccinale e la legge 25 febbraio 1992 n. 210 stabilisce che «chiunque abbia riportato, a causa di vaccinazioni obbligatorie per legge o per ordinanza di una autorità sanitaria italiana, lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente della integrità psico-fisica, ha diritto ad un indennizzo da parte dello Stato, alle condizioni e nei modi stabiliti dalla presente legge».
E questo perché la Corte Costituzionale ha spiegato che tra obbligo e “raccomandazione” – quella in vigore nel caso della campagna di vaccinazione di massa per il Coronavirus – non c’è alcuna differenza: «La ragione che fonda il diritto all’indennizzo del singolo non risiede allora nel fatto che questi si sia sottoposto a un trattamento obbligatorio: riposa, piuttosto, sul necessario adempimento, che si impone alla collettività, di un dovere di solidarietà, laddove le conseguenze negative per l’integrità psico-fisica derivino da un trattamento sanitario (obbligatorio o raccomandato che sia) effettuato nell’interesse della collettività stessa, oltre che in quello individuale».
Il piano per l’obbligo
Ma cristallizzare gli indennizzi può costituire il primo passo per l’imposizione dell’obbligo vaccinale per tutti in Italia. Come è successo in Austria. Di un piano di Draghi per l’obbligo si era cominciato a parlare all’epoca dell’estensione del Green pass sul lavoro. La proposta era alternativa alla certificazione e all’epoca sembrava più una pistola messa sul tavolo per vincere le resistenze di alcuni settori del governo rispetto al Pass. Successivamente è emerso che proprio l’obbligo per gli over 50 costituiva, in caso di peggioramento dei numeri della pandemia, un primo passo da approfondire per step. Con l’obbligo per gli over 40, poi per gli over 30 e così via. Una direzione approvata da molti esperti, alcuni membri del Comitato Tecnico Scientifico e dal ministro della Salute Roberto Speranza.
(da agenzie)

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CASALEGGIO AMMETTE LA CRISI

Gennaio 21st, 2022 Riccardo Fucile

“LA MIA AZIENDA E’ IN DIFFICOLTA’, ANCHE PER GLI ATTACCHI MEDIATICI”

“Casaleggio Associati, come molte Pmi, ha attraversato un momento di difficoltà negli ultimi due anni di pandemia, in particolare per la situazione creditizia di alcuni dei suoi clienti. A questo si sono sommati i costanti attacchi mediatici che sembrano rispecchiare il modo scientifico che qualcuno suggeriva di attuare con una ‘character assassination contro Davide Casaleggio e la sua società’.
Questi due aspetti, uniti a una volontà di riorganizzare le modalità di lavoro in un’ottica di smart working, hanno determinato la ovvia e responsabile decisione – che oggi provoca così intenso e surreale interesse – di ridimensionare gli spazi fisici lavorativi e cambiare ufficio”. Così Davide Casaleggio, presidente della Casaleggio Associati.
“Negli ultimi giorni le rassegne stampa sono nuovamente piene del nome di Casaleggio Associati. Molte persone vicine mi hanno chiesto delucidazioni e ho pensato, quindi, sia necessario scrivere qui qualche chiarimento. Non penso che esista un caso simile, in cui uno studio di consulenza sia oggetto da dieci anni di un ossessivo e costante discredito mediatico di tale portata senza alcuna base oggettiva. A questo si somma la campagna di fango sui falsi finanziamenti venezuelani che viene portata ancora avanti da parte dello sciacallaggio mediatico italiano contro mio padre, la cui foto, anche oggi, viene pubblicata e associata alla solita calunnia ormai smentita. Servirebbe il senso della misura”, ha dichiarato.
Per quanto riguarda la recente inchiesta su Moby, “Casaleggio Associati, soci o dipendenti non sono indagati, come d’altronde riportato nelle carte del decreto. Sono stati ovviamente acquisiti dati ed informazioni presenti in azienda perché frutto delle attività previste nel contratto di consulenza di comunicazione e strategie digitali regolarmente sottoscritto tra due società. Alcuni giornali riportano che è stata acquisita una ‘mole importante di materiali’ perché in effetti tali sono state le attività messe in campo per il cliente. Questo lavoro, non essendo stato pagato dal cliente per diversi mesi, ha causato la sospensione delle attività e l’applicazione di penali”.
“Nell’affaire” Moby Casaleggio Associati “è parte lesa in quanto oggi i crediti ai quali dovrebbe accedere sono, invece, oggetto di un concordato di continuità di Moby che sostanzialmente ha portato allo stralcio quasi totale del credito vantato causando così una condizione di forte tensione finanziaria per la nostra società. Una situazione che le diffamazioni mediatiche non aiutano di certo a risolvere”.
“Lo ribadisco per l’ennesima volta: nessun nostro cliente ha mai avuto dei favoritismi politici grazie a me. È un fatto incontestabile, non una opinione. Non è più tollerabile dovermi difendere da accuse per fatti che non ho mai commesso”. “Il 2022 sarà un anno di cambiamenti”, conclude il figlio del cofondatore del Movimento 5 Stelle.
(da agenzie)

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FRACCARO BALLA DA SOLO MA ADESSO TRABALLA

Gennaio 21st, 2022 Riccardo Fucile

RISCHIA L’ESPULSIONE DAL M5S PER AVER CERCATO DI VENDERE A SALVINI UNA PARTE DEI VOTI PER L’ELEZIONE DEL PRESIDENTE, DELEGITTIMANDO CONTE

Lo chiamavano il “sottosegretario alla presidenza di sé stesso” quando era stato spedito a Palazzo Chigi per controllare un po’ Giuseppe Conte e un po’ il Partito democratico ai tempi dell’alleanza giallorossa, oggi hanno aperto una procedura per valutarne l’espulsione.
Galloni non lusinghieri guadagnati sul campo da Riccardo Fraccaro, mesi e mesi nei quali è stato accusato dal suo stesso partito di non avere minimamente il polso di quel che succedeva a Palazzo Chigi, imputandogli di non esercitare il potere che quella casella da sempre ha conferito a chi l’ha occupata.
C’entra probabilmente il fatto che Conte, come sovente gli è successo, subì quella nomina anziché orchestrarla. Tra le condizioni che aveva posto per il ribaltone dalla Lega ai Dem c’era quella di scegliersi un suo uomo di fiducia, dopo aver capito dal fine lavorio di Giancarlo Giorgetti quanto potessero essere incisive e dunque pericolose le leve tirate da quella postazione di comando.
Conte incassò e si ritrovò Fraccaro a qualche corridoio di distanza, un rapporto cordiale ma un feeling mai sbocciato fino in fondo.
L’allora premier non lo coinvolse mai appieno sulle partite scottanti, il nostro continuò a lavorare silenziosamente intestandosi alcuni dossier specifici, lamentandosi con più di un interlocutore di essere depotenziato, non ascoltato dal presidente del Consiglio.
Si occupò in particolar modo di due temi, quello dello spazio, di cui aveva le deleghe, ma soprattutto il superbonus, che in poco tempo è diventato una bandiera per il Movimento, brandito come una clava nell’ultima e fallimentare campagna elettorale delle amministrative.
Chi stava al governo in quegli anni lo racconta così: “Riccardo è un lavoratore ma politicamente non è un falco. Da sottosegretario è stato abbastanza irrilevante, sapevamo che non si poteva contare su di lui”.
Qualche giorno fa ha incontrato Matteo Salvini. A via della Scrofa, a poca distanza dallo studio che fu di Giulio Tremonti, e fonti sia M5s sia leghiste sono concordi nel dire che proprio del ministro di Silvio Berlusconi si sia parlato. Fraccaro assicura che le ricostruzioni “sono fantasiose”, che il suo obiettivo era quello di “consigliare a Salvini di aprire un canale con Conte”, che al presidente del Movimento rimane in capo la facoltà di “prendere ogni decisione in merito al Quirinale”.
Ma ancora oggi suoi compagni di partito sono convinti: “C’è stato un sondaggio per capire se poter convergere su Tremonti, forse nella stessa occasione i due lo hanno pure incontrato”. Fin qui nulla di strano.
Fraccaro ha una consuetudine con il sottosegretario del Carroccio per averci passato due anni al governo, il primo da ministro dei Rapporti con il Parlamento (e della Democrazia diretta, quella smontata da Vito Crimi con l’ammissione che la rete potè dire la sua su Rodotà perché allora non si contava nulla), il secondo da ministro dell’Interno.
Il problema è che l’operazione, raccontano sostenuta anche da Carlo Sibilia e Dalila Nesci, è stata messa in piedi senza che il capo politico ne sapesse nulla. Conte è furioso, ai vertici del Movimento c’è chi parla di espulsione, ma a due giorni dal primo scrutinio sarebbe come lanciare una bomba termonucleare in mezzo ai gruppi, senza contare che Fraccaro è uno dei probiviri del partito, e si ritroverebbe a decidere del suo stesso caso.
“Ma se non fai nulla apri il recinto, ognuno si sentirà legittimato a fare di testa sua”, commenta un influente parlamentare pentastellato, opinione che circola assai nel Movimento. L’ex sottosegretario è letteralmente sotto processo, la sua posizione aggravata dal fatto che avrebbe condotto una trattativa spericolata su un nome indigeribile per i 5 stelle: “Avesse cercato un’intesa su Zagrebelsky capirei, ma così è una cosa gravissima”, dice un suo collega. Le agenzie tacciono, nel Movimento c’è la consegna del silenzio, ma tutti mormorano, aspettando una mossa di Conte che al momento non sembra essere in programma, anche se dai vertici trapela che è stata aperta una procedura per valutarne il caso.
L’occasione è giusta per rispolverare antichi veleni, quelli che si sono un po’ da sempre addensati sul Fraccaro di governo: è attento alle sirene dei sovranisti, ha sfruttato le leve di un partito che era commissariato da un reggente per ritagliarsi un suo orticello, è stato un “sottosegretario alla presidenza di sé stesso”.
A lungo gli è stato rimproverato il rapporto con Antonio Rizzo, assurto alle cronache come gola profonda di Mps. I due hanno gestito per mesi una sorta di centrale delle nomine del Movimento 5 stelle e insieme spedirono Guido Bastianini proprio al Monte dei Paschi. Di Fraccaro anche la scelta di Michele Crisostomo quale presidente dell’Enel, un rapporto privilegiato con Antonio Agostini, direttore generale di Palazzo Chigi che fu nominato dal sottosegretario al Demanio.
Scelte che in molti gli rimproverano di aver preso in autonomia, tagliando fuori i compagni di partito, anche quelli che avevano voce in capitolo, mentre i dossier di governo gli sfrecciavano sopra la testa senza che riuscisse ad intercettarli e dunque senza che il partito riuscisse a influenzarne gli esiti.
Senza il partito e senza il suo capo avrebbe incontrato Salvini per trattare su Tremonti, Conte è furioso, uno schema che permette ai suoi avversari interni di tornare alla carica: è tornato il sottosegretario alla presidenza di sé stesso.
(da agenzie)

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LANCET: “LA LOMBARDIA FU TRAVOLTA DAL COVID PER L’IMPREPARAZIONE DELLE AUTORITA'”

Gennaio 21st, 2022 Riccardo Fucile

LA TITOLATA RIVISTA SCIENTIFICA ATTACCA GOVERNO E REGIONE

“La popolazione della Lombardia fu sconvolta dagli eventi e dall’inconsistenza della risposta da parte della sanità pubblica e delle autorità di governo, oltre che da un piano pandemico obsoleto e non attuato”.
È quanto riportato in articolo pubblicato dalla rivista scientifica inglese ‘The Lancet’ dal titolo Riconoscere gli errori del Covid nella sanità pubblica in risposta al Covid-19 e scritto da Chiara Alfieri, Marc Rgrot, Alice Desclaux e Kelley Sams.
“I cittadini lombardi vennero messi di fronte all’orrore: ai propri affetti morti in casa senza cure e soli in ospedale – proseguono gli autori – alla scarsità di ossigeno e bombole e alla confusione nell’identificare i corpi cremati”.
L’articolo prosegue, spingendosi anche a fare un’ipotetica analisi politica di quanto accadde: “La decisione di non creare la zona rossa ad Alzano e Nembro da parte del Governo e della Regione Lombardia quando il Covid-19 fu diagnosticato ad alcune persone alla fine di febbraio 2020 viene vista come direttamente responsabile della diffusione dell’infezione in altre città attraverso la provincia di Bergamo (in modo particolare la Val Seriana) e poi in tutta Europa”.
L’articolo elogia poi l’attività portata avanti dall’associazione ‘Sereni e sempre Uniti’ che raggruppa i familiari delle vittime del Covid, soprattutto quelle della prima ondata.
“L’evidenza dimostra che il ruolo di associazioni come quella dei familiari italiani delle vittime del Covid è cruciale per le istituzioni al fine di identificare e correggere gli errori nella risposta della sanità pubblica, necessaria per supportare le comunità a prepararsi a future minacce infettive, come raccomandato dalla Community Preparedness Unit dell’OMS”.
L’analisi della rivista continua affermando che, di fronte a quella che l’Istituto Nazionale di Statistica definì “terza guerra mondiale”, “la società civile di Bergamo si organizzò in un movimento per avere giustizia, verità, risarcimento, dignità e per offrire un supporto emotivo in risposta al dolore, alla confusione e alla rabbia delle famiglie”.
Come riporta l’Agi, l’avvocato dei familiari delle vittime Consuelo Locati dichiara: “Quello di The Lancet è uno straordinario riconoscimento istituzionale che corona un lavoro certosino di ricerca documentale fatto negli ultimi due anni, ma è soprattutto un riconoscimento per quei cittadini che hanno deciso di portare in giudizio le istituzioni per fare in modo che si assumano le responsabilità di quanto avrebbero dovuto fare e non hanno fatto a scapito della vita di migliaia di persone che oggi potrebbero essere ancora tra noi”.
(da agenzie)

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“SILVIA FOR PRESIDENT“: IL MURALES SATIRICO DELLO STREET ARTIST TVBOY

Gennaio 21st, 2022 Riccardo Fucile

IN EFFETTI SPIEGA QUESTE ELEZIONI

“Una donna al Quirinale”: è il leitmotiv di una fetta di Parlamento, in particolare quella riconducibile al Movimento 5 Stelle, ma che rimbalza da destra a sinistra (letteralmente) più come una bandierina da piantare in nome dell’uguaglianza di genere che come vera e propria battaglia ideologica.
Al punto da lasciar filtrare il messaggio “una donna, purché sia”, banalizzando il ruolo che andrebbe a ricoprire e gettando soltanto ulteriore discredito sui nomi circolati (che, al momento, sono quelli di Casellati, Moratti e Severino).
Un concetto sintetizzato perfettamente dallo street artist palermitano Tvboy, pseudonimo di Salvatore Benintende, che nel quartiere Cinque Vie a Milano ha raffigurato Silvio Berlusconi in versione femminile, con un cartello “Silvia for President”.
Il corpo di donna è particolarmente sessualizzato, ed è impossibile non leggerci un riferimento al trascorso a luci rosse dell’ex Cav.
L’opera di Benintende si inserisce in un filone – quello di paragonare Berlusconi ad una donna in vista delle elezioni per il Presidente della Repubblica – già percorso da Sabina Guzzanti a Propaganda Live.
Ospite di Diego Bianchi, Guzzanti – a nome di B. – aveva lanciato una provocazione esilarante: “Mi candido ad essere il primo presidente donna della storia repubblicana, una proposta che la sinistra non potrà rifiutare”. “Nessuno mi potrà accusare di aver comprato i voti in parlamento. Come si fa a impedire a una donna di fare shopping?”. Berlusconi-Guzzanti aveva bene in mente chi sono i responsabili del suo insuccesso: “Vi trovo invecchiati” disse salutando senza però avere alcuna intenzione di mollare la presa in vista delle elezioni per il Quirinale. E si congedò con una promessa che sembrava più una minaccia: “Mi ricandiderò tra sette anni”.
(da agenzie)

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