Destra di Popolo.net

ELODIE SU GIORGIA MELONI: “VEDO UNA DONNA MOLTO ARRABBIATA. ANCHE IO SONO ARRABBIATA, MA VADO IN TERAPIA”

Giugno 24th, 2022 Riccardo Fucile

DOPO AVER PICCONATO SALVINI ALLA VIGILIA DEL PRIDE, LA CANTANTE COMMENTA IL DISCORSO DELLA MELONI IN SPAGNA

Dopo il colpo assestato a Matteo Salvini alla vigilia del Roma Pride, del quale era “madrina”, Elodie si esprime anche sull’altra rappresentante della destra istituzionale italiana, Giorgia Meloni.
Lo fa intervistata da Sette del Corriere della Sera, al quale rivela le sue sensazioni dopo aver visto il discorso della leader di Fratelli d’Italia alla convention dell’ultradestra spagnola di Vox a Marbella: “Vedo una donna molto arrabbiata, mi dispiace per lei, non dovrebbero esserci queste distinzioni, e mi spiace ci siano persone che le fanno. Famiglie di serie A, serie B, serie Z… I diritti sono per tutti e poi bisogna capire come vivere bene, in società, assieme. C’è troppa rabbia in queste persone. Io pure sono arrabbiata, ma vado in terapia e non la sfogo sugli altri. Solo che devi essere cosciente di questo problema con la rabbia”.
“Quando c’è amore e comprensione – argomenta – e ci si ascolta sei nel posto giusto, è bello. È brutto quando le persone limitano la libertà degli altri, è la parte sbagliata. Possiamo chiamare i filosofi, i plurilaureati e parlarne per anni, con chiunque, anche con dio se scende in terra, se esiste… c’è poco da fare: dobbiamo tutti avere gli stessi diritti”. Tra questi anche quello ad “essere scorretti”, specie per le donne. “È importantissimo. Per capire cosa è giusto o sbagliato devi sbagliare, non puoi solo leggerlo nei libri. Abbiamo diritto a non essere sempre gentili, brave, dolci, mai sboccate… Devi darti la possibilità di avere difetti per poter essere onesta e provare a limarli, i difetti, se li neghi no, non ci puoi lavorare”.
(da NextQuotidiano)

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NEL 2021 SONO TRIPLICATI I SEQUESTRI DELLE DROGHE DELLO STUPRO

Giugno 24th, 2022 Riccardo Fucile

IN CRESCITA LO SPACCIO DIGITALE, E’ RECORD ANCHE PER LA COCAINA

Nel 2021 sono triplicati i sequestri di Gbl (90 litri) e di Ghb (5 litri), sostanze liquide note anche come droga dello stupro per il loro potente effetto sedativo, spacciati principalmente attraverso siti di vendita online. Internet, infatti, è diventato un contesto particolarmente funzionale allo sviluppo di attività di spaccio anche a livelli più amatoriali, soprattutto grazie alla garanzia di anonimato e comunicazione criptata o a eliminazione automatica offerta da molti servizi di messaggistica istantanea.
A dirlo è la relazione annuale della Direzione centrale per i servizi antidroga. Secondo il report, sono state individuate anche 32 nuove sostanze psicoattive, per la maggior parte di origine sintetica, «ottenute attraverso un’insidiosa manipolazione delle strutture chimiche di base di psicotropi sottoposti a vigilanza».
L’obiettivo è aggirare i controlli attraverso la diffusione sul mercato nero di sostanze non ancora comprese nelle tabelle internazionali sulle sostanze stupefacenti e psicotrope. Di tutte queste sostanze, cinque non erano mai state rilevate prima in Italia. Ora sono state incluse negli elenchi delle sostanze dal ministro della Salute.
Nei primi sei mesi del 2022 sono state sequestrate anche 21 tonnellate di cocaina, una quantità che supera quella di tutto il 2021 quando i sequestri erano arrivati a 20,7 tonnellate. A confermarlo anche Antonino Maggiore, direttore dell’Antidroga: «Il totale di questo primo semestre conferma l’accelerazione registrata negli ultimi anni. Un dato che dipende in gran parte dall’affinamento dell’analisi dei rischi, soprattutto per quanto riguarda il porto di Gioia Tauro, dove ogni anno transitano 3 milioni di container e dove quest’anno sono state sequestrate già 14 tonnellate di cocaina».
(da agenzie)

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ALTRO CHE RIFARE LE FACCIATE, L’OBIETTIVO ERA RIFARSI IL PORTAFOGLIO ALL’ESTERO: NELLA CACCIA AI SOLDI SOTTRATTI DAI BONUS EDILIZI, SI È SCOPERTO CHE MOLTI FONDI SONO STATI DIROTTATI FUORI DALL’ITALIA

Giugno 23rd, 2022 Riccardo Fucile

LA FRODE IN TUTTO AMMONTA A 5,6 MILIARDI… QUELLE STROMBAZZATE SUL REDDITO DI CITTADINANZA 288 MILIONI

«Persone nullatenenti che avevano nel portafogli crediti fiscali per milioni di euro. Siti web creati ad hoc, pagine sui social network per sponsorizzare quelle che spesso si sono rilevate truffe».
Per capire quanto è grande la parte grigia dietro il sistema dei bonus edilizi bisogna seguire le parole del colonnello Paolo Consiglio, capo dell’ufficio tutela Entrate del Comando generale della Guardia di Finanza.
SUPERBONUS FRODI
L’ufficiale, che insieme con i finanzieri sparsi nei comandi di tutta Italia, sta dando la caccia ai predoni dei crediti fiscali. Ieri – in occasione del bilancio che le Fiamme Gialle hanno pubblicato in contemporanea con il 248mo anniversario della loro fondazione – è emerso come i 5,6 miliardi di euro finora accertati come fittizi nei controlli sui bonus edilizi rappresentino soltanto la punta di un iceberg (il valore delle truffe è aumentato del 25 per cento in pochi mesi), una delle emergenze più importanti per le nostre casse pubbliche.
Le leggi, ora, è vero sono cambiate. «E il rafforzamento dei presidi preventivi – spiega Consiglio – ha mitigato i rischi di frode e di riciclaggio. Ma continuiamo a scoprire irregolarità, seppur per fatti precedenti a novembre», quando sono entrate in vigore le nuove norme.
La Finanza – su input del comandante generale Giuseppe Zafarana – ha creato una task force e un protocollo specifico di intervento. «Le indagini – spiega Consiglio – si concentrano su quei profili anomali, desumibili delle banche dati fiscali. Incrociamo poi il dato con le segnalazioni per operazioni sospette e un’attenzione particolare è stata data a quei crediti acquistati con capitali di possibile origine illecita».
Un faro è stato acceso «sui canali di finanziamento alle imprese da poco attive nel settore dell’edilizia o che hanno ripreso a operare dopo un periodo di inattività, proprio in coincidenza con l’introduzione dei bonus».
La scommessa è recuperare il denaro che, in molti casi, va verso l’estero. «Stiamo lavorando proprio per questo – spiega Consiglio – insieme con l’intelligence e la cooperazione internazionale».
La partita, in fondo, è sempre quella della lotta all’evasione. Che resta il problema principale del nostro Paese. Dall’inizio del 2021 a fine maggio di quest’anno sono 5.762 gli evasori totali scoperti mentre 1.615 sono stati i casi di evasione internazionale, tra residenze fittizie all’estero (molti i pensionati) e conti correnti nascosti.
Al di là dei bonus sono stati sottratti alla spesa pubblica quasi 6 miliardi tra truffe alla Comunità europea, contributi a fondo perduto e finanziamenti bancari assistiti da garanzia. Sul reddito di cittadinanza sono stati scoperte truffe per 288 milioni (171 quelli già incassati).
Resta poi l’allarme sulla partita più delicata del futuro prossimo: il Pnrr. Da un lato il rischio è l’eccessiva burocratizzazione, e dunque i ritardi sull’attuazione dei progetti.
Dall’altro c’è l’enorme tema della corruzione. Nell’ultimo anno le persone indagate per reati contro la Pubblica Amministrazione sono state oltre 3.400, di cui 397 arrestate.
(da agenzie)

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TUTTI VOGLIONO I RIGASSIFICATORI, BASTA CHE NON SIANO VICINO CASA

Giugno 23rd, 2022 Riccardo Fucile

PROTESTA A PIOMBINO CONTRO LA DECISIONE DEL GOVERNO DI PIAZZARE UNA NAVE LUNGA QUANTO TRE CAMPI DA CALCIO: “SARÀ ANCHE SICURO MA SEMPRE UNA BOMBA È”; “VA BENE CHE NON DOBBIAMO PIÙ DIPENDERE DA PUTIN, PERÒ…”

«Deh, sarà anche sicuro ma sempre una bomba è», allarga le braccia passeggiando lungo il molo delle barche della paranza Massimo, ex pescatore, oggi dipendente del porto di Piombino.
Lui è uno dei tanti che non riesce a spiegarsi come mai il governo non capisca quanto sia «ingiusto» – dice – piazzare in una banchina a 300 metri da qui una nave rigassificatore lunga quanto 3 campi da calcio, tanto più proprio ora che la speranza di rifarsi una vita col turismo e l’itticoltura sembrava assicurata, per la vecchia capitale dell’acciaio italiano.
«Va bene che non dobbiamo più dipendere da Putin ma siamo sicuri che non ci siano rischi?» si fa avanti Paolo Brancaleone mentre ripara le reti danneggiate del suo peschereccio, il “Gabbiani II”.
E tutto il porto ribolle: «Io ho 30-40 amici che lavorano negli allevamenti di cozze o orate. I ristoranti in centro sono pieni, negli ultimi anni è arrivato un turismo sano, che dà lavoro. Il primo suicidio di un operaio disoccupato della Lucchini invece l’ho visto che avevo 8 anni.
Dal 1992 la storia dell’acciaio a Piombino è finita. Io non ho strumenti per giudicare rischi e benefici del rigassificatore, dico solo che adesso non possiamo di nuovo andare a complicarci la vita », scuote il capo Alfonso, 40 anni appena fatti, mentre serve caffè e poncini coi suoi baffi alla Dalì al bar “Chalet”, con vista perfetta sulla banchina “Pim”, dove presto potrebbe arrivare la nave “Golar Tundra”.
Solo il nome incute un qualche timore, ma alla mega imbarcazione il governo attribuisce un valore enorme: ha una capacità di rigassificazione di 5 miliardi di metri cubi l’anno, il 6% del fabbisogno nazionaale
Snam l’ha comprata per 330 milioni di euro, in 9 mesi potrebbe essere operativa e la dipendenza italiana dal gas russo inizierebbe a ridursi.
La ragion di Stato non basta a scalfire i dubbi e le paure, che soffiano come brezza marina nei capannelli piombinesi, dal centralissimo bar Cristallo alla piazza di Cotone, il vecchio quartiere operaio: «Perchè qui? Noi abbiamo già dato».
Ma la decisione a Roma pare presa: Piombino dovrà avere «compensazioni adeguate», ha promesso nei giorni scorsi il ministro della transizione ecologica Roberto Cingolani di fatto confermando che il governo Draghi più che discutere del se sta pensando al come.
Un migliaio di persone sono scese in piazza sabato scorso mentre una cinquantina di barche di pescatori protestavano contemporaneamente in mare. E i negozi sono pieni di cartelli “no rigassificatore”.
Il sindaco Francesco Ferrari, l’avvocato di Fratelli d’Italia che nel 2019 ha mandato a casa la sinistra dopo 70 anni, spalleggiato dalla leader Giorgia Meloni (ma non dalla Lega) si è messo a capo della rivolta e dice di «non escludere nemmeno le vie legali» contro un’operazione che danneggerebbe «porto, pesca e turismo».
Lo sfida il governatore Eugenio Giani, nominato commissario da Draghi e fin da subito disposto a trattare nonostante la contrarietà del Pd piombinese e dell’ex presidente Rossi. Il governatore emiliano Bonaccini dice che «se Piombino non prende il rigassificatore Ravenna si candida a prenderne due». Ma Giani non molla: ieri è andato da Cingolani con un memorandum di richieste di compensazioni per la città e la val di Cornia: «Bonifiche nell’area del porto per 200 milioni.
I due lotti della nuova strada 398. Un parco eolico e fotovoltaico nell’area ex Lucchini che alimenti il nuovo forno elettrico atteso da Jindal per il rilancio delle acciaierie. E sarebbe il caso anche di pensare ad una riduzione della bolletta energetica per i piombinesi in cambio di un sacrificio per la nazione» invoca il governatore. «Non offendiamo l’intelligenza della mia comunità. So di non avere poteri di veto ma nessuna compensazione sarà mai possibile» ribatte Ferrari, che oggi vede Cingolani.
Mentre il comitato del no per sabato prepara chiusure stradali. Opportunità o condanna? La vecchia Lucchini è un gigante di lamiera che occupa tre quarti dell’area portuale ma non riesce a risorgere: un tempo ci lavoravano 8 mila operai, oggi è ferma, con 1.660 dipendenti quasi tutti cassintegrati. Il turismo e le crociere invece prosperano, come l’itticoltura: il 60% delle spigole e delle ricciole prodotte in Italia sono allevate qui.
Snam spiega che l’impianto sarebbe sicuro e non ci sarebbero ripercussioni per pesca e rotte navali. «Niente assistenzialismo nelle compensazioni: l’unica cosa da fare è dare una prospettiva a questo territorio», dice il capo dei balneari Fabrizio Lotti. «Io non sono per il no a prescindere» dice anche il segretario Fiom David Romagnani. Chissà, forse per farsi una nuova vita Piombino dovrà ingoiare un altro rospo.
(da agenzie)

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È STATO FERITO CON DEI COLPI DI ARMA DA FUOCO VADIM ZIMIN, IL COLONNELLO CHE SEGUIVA COME UN’OMBRA PUTIN E TRASPORTAVA LA VALIGETTA CON I CODICI NUCLEARI

Giugno 23rd, 2022 Riccardo Fucile

ZIMIN È RICOVERATO IN GRAVISSIME CONDIZIONI IN TERAPIA INTENSIVA: L’HANNO RITROVATO MORENTE NELLA SUA CUCINA A KRASNOGORSK: CHI L’HA FATTO FUORI? STAVA INDAGANDO SU UN PRESUNTO CASO DI CORRUZIONE

Stare vicino a Vladimir Putin diventa ogni giorno che passa sempre di più un pericoloso. Lo sa bene Vadim Zimin, colonnello trovato moribondo nella sua casa vicino alla capitale russa. Il 53enne aveva il compito di trasportare la valigetta contenente i codici per attivare le armi nucleari. L’ultima volta era stato visto in pubblico ai funerali di Zhirinovsky, fedelissimo di Putin.
Zimin è ora ricoverato in gravi condizioni in terapia intensiva, lotta tra la vita e la morte dopo essere stato ferito a colpi di arma da fuoco. L’uomo, appartenente al Servizio di sicurezza federale, era stato incaricato di custodire la valigetta che il leader del Cremlino porta sempre con sé, contenente i comandi per azionare i missili atomici. Zimin è conosciuto anche per essere stato uno dei più stretti collaboratori dell’ex presidente Boris Eltsin. Dopo questo incarico è arrivato al ruolo di colonnello sotto Vladimir Putin, anche se la sua funzione non è del tutto chiara.§
Dopo essere stato trovato morente nella sua cucina a Krasnogorsk, il fratello che si trovava in bagno al momento della sparatoria, l’ha soccorso raccogliendolo da una pozza di sangue. Era assente invece la moglie, un medico impegnato a salvare i feriti di guerra in Ucraina. Secondo quanto riportano le indagini, Zimin stava indagando su un presunto caso di corruzione dopo essersi unito al servizio doganale di un ruolo di alto livello.
(da agenzie)

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SALA COMMENTA LE INDISCREZIONI: “PARLO CON TUTTI, DI MAIO DEVE FARE DELLE SCELTE”

Giugno 23rd, 2022 Riccardo Fucile

CON UN POST SUI SOCIAL, IL SINDACO HA RISPOSTO ALLE VOCI SUL NUOVO PROGETTO POLITICO DI CENTRO

«Sono il Sindaco di Milano e sicuramente continuerò a svolgere questo ruolo». Sono le parole di Giuseppe Sala arrivate a seguito delle voci girate che lo vedrebbero protagonista in un progetto politico di centro, assieme a Luigi Di Maio, Dario Nardella e l’ex pentastellato sindaco di Parma Pizzarotti.
Specifica di essere interessato al futuro dell’Italia e che per questo «parla con tutti», ma al tempo stesso sottolinea: «I centristi per governare dovrebbero stare con altri. Io non potrei mai stare con la destra e con i populisti, ma solo con chi ha veramente un animo popolare».
Espressioni che ha utilizzato anche oggi durante un comizio a Verona per appoggiare il candidato sindaco del centrosinistra, Damiano Tommasi. Sala, sollecitato in merito alla questione sul possibile nuovo centro con il ministro degli Esteri, ha risposto: «Non è il tema di Di Maio o quello che è successo nell’ambito del M5s. Io lo stimo Di Maio, non c’è dubbio, però il punto è che tutti parlano del centro, ma io non so esattamente cosa voglia dire. Devi fare delle scelte e la nostra deve essere quella di stare chiaramente in un ambito».
Sui suoi profili social ha ribadito quanto detto a Verona: a suo avviso la richiesta dei cittadini non è quella di «posizionamenti orizzontali», ma di risposte concrete. A questo proposito, fa riferimento a politiche di sostegno dei redditi, alle necessità delle infrastrutture italiane e, infine, alla questione ambientale, di cui dice di essersi occupato nella sua esperienza politica.
«In questi ultimi anni mi sono confrontato con Ed Markey, il padre del Green New Deal, e con Al Gore. Ho imparato dai Verdi Europei. Ho guidato la task force mondiale di C40, per un “Green and just recovery” e – scrive su Instagram – seguiterò ad impegnarmi in questo senso. Con il realismo che orienta la mia azione a Milano».
Il sindaco uscente di Parma, Federico Pizzarotti, tra i fondatori del movimento dei sindaci Italia in Comune, ha riferito che con Di Maio e Sala ci sono dialoghi in corso, ma ancora prematuri.
(da agenzie)

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“QUEL RAGAZZO È PROPRIO BRAVO”: SILVIO BERLUSCONI NON HA MAI NASCOSTO LA SUA SIMPATIA PER DI MAIO E IN QUESTE ORE FREME

Giugno 23rd, 2022 Riccardo Fucile

FORZA ITALIA RESTA VINCOLATA ALL’ALLEANZA CON SALVINI E MELONI, MA IL CAV GUARDA CON INTERESSE ALLA NASCITA DI UN POLO MODERATO… I PONTIERI CI SONO GIÀ: BRUGNARO, TOTI, TABACCI

“Quel ragazzo è proprio bravo”. Silvio Berlusconi ha una vecchia simpatia per Luigi Di Maio, narrata dallo stesso ministro degli Esteri nel suo libro: il Cavaliere, nella primavera del 2019, lo inseguì nei corridoi di Mediaset per fargli i complimenti.
E con soddisfazione, racconta chi l’ha sentito, l’ex premier ha commentato in queste ore la scissione dei 5S voluta dal suo “pupillo”: l’idea di Berlusconi, al di là del giudizio personale su Di Maio, è che comunque sia positivo il fatto che la parte più moderata del Movimento si sia messa in proprio, staccandosi dai colleghi radicali che in passato l’hanno demonizzato.
Possibilità di dialogo fra il tycoon di Arcore e il giovane scalatore di Pomigliano? Solo una suggestione, al momento, anche perché Forza Italia resta vincolata all’alleanza di centrodestra con Lega e Fdi.
I primi a fare da pontieri verso Di Maio, in ogni caso, sono i centristi della coalizione di Berlusconi, i fondatori di Coraggio Italia Giovanni Toti e Luigi Brugnaro che proprio ieri hanno dovuto registrare il fallimento della loro creatura nata poco più di un anno fa: il gruppo alla Camera è destinato a sciogliersi dopo gli ultimi due addii che ne hanno ridotto la consistenza a 18 deputati.
Il Centro che si riorganizza è il vero punto di approdo di Insieme per il futuro: interlocutori naturali sono Sala, Pizzarotti, un po’ più difficile il rapporto con Calenda e Renzi. Un deciso sostegno, a Di Maio, lo dà Bruno Tabacci, grande orditore di manovre centriste e da diversi mesi consigliere del ministro, con cui i contatti e gli incontri sono stati frequenti anche nel periodo della corsa al Quirinale.
Proprio Tabacci potrebbe mettere a disposizione il suo simbolo per far decollare un gruppo dei dimaiani anche al Senato. Molto dipenderà dalla legge elettorale: una riforma in senso proporzionale accrescerebbe il peso di un’operazione del genere. Ci crede poco Antonio Tajani, coordinatore di Fi: “Il polo di Centro? Un luogo dove ci sono molti generali e pochi soldati”.
Definita è l’area politico-culturale in cui si muove Di Maio: le linee guida sono quelle dell’atlantismo, che lo avvicinano al ministro leghista Giancarlo Giorgetti, già compagno di pizza durante le trattative per il Quirinale (comune predilezione per il Mattarella bis e per Giuliano Amato).
Giorgetti martedì ha ribadito la sua collocazione parlando all’assemblea di AmCham Italy, affiliata alla Confindustria statunitense: “Abbiamo due punti di forza, i nostri imprenditori e l’alleanza con gli Usa. Quest’ultimo è un elemento di grande importanza”.
In questo scenario prende forma la Cosa di Di Maio. Il primo passo fondativo di un nuovo gruppo parlamentare, formalità burocratiche a parte, è rappresentato dall’apertura di una nuova chat. Se nel M5S una delle lamentele più frequenti era l’idiosincrasia di Giuseppe Conte per il telefono e per whatsapp (“non risponde mai!”), in Insieme per il futuro è Di Maio stesso – attentissimo nel dare un po’ di corda a tutti – ad aprire il gruppo social.
Uno per il Senato e uno per la Camera, con un messaggio di saluto e un caldo invito: ora cominciamo ad organizzarci, qui dentro il palazzo ma non solo. “Non cadiamo nelle provocazioni – ha detto il ministro ai suoi – manteniamo la calma e guardiamo avanti per aggregare e costruire qualcosa di nuovo”.
Quotato l’arrivo dell’ex ministra Lucia Azzolina.
In missione in Serbia, Di Maio ha tenuto comunque un filo diretto con Roma, ricatapultato nel ruolo di capo politico, o qualcosa del genere. E va bene che il ministro ha spergiurato di non voler fare un partito personale, ma intanto questi 61 parlamentari strappati al Movimento sono davvero “suoi”, lui ha scelto il percorso, lui ha dettato i tempi, lui ha spiegato i motivi pubblicamente martedì sera. Lui si intesta onori e oneri di questa scommessa.
(da la Repubblica)

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DITE AL “CAPITONE” CHE LA SUA “QUOTA 100” È STATA UN DISASTRO

Giugno 23rd, 2022 Riccardo Fucile

IL PROVVEDIMENTO DI BANDIERA DELLA LEGA SULLE PENSIONI, TANTO CAVALCATO DA SALVINI DURANTE IL GOVERNO GIALLOVERDE, HA PORTATO SOLO 380 MILA PENSIONATI IN TRE ANNI CONTRO GLI OLTRE 950 MILA ATTESI E 23,2 MILIARDI DI SPESA

Il flop di Quota 100 è nei numeri dell’Inps e dell’Ufficio parlamentare di Bilancio: 380mila pensionati in tre anni contro gli oltre 950mila attesi e 23,2 miliardi di spesa.
Il provvedimento di bandiera della Lega, varato dal governo giallo-verde nel 2019 ha coinvolto un numero di persone «ampiamente al di sotto delle attese» con un risparmio di circa 10 miliardi rispetto alla stime iniziali.
Secondo lo studio nel complesso con le persone che hanno maturato i requisiti entro il 2021 e che faranno domanda solo successivamente si potrebbe arrivare alla fine del 2025 a 450mila pensionati con Quota 100.
Abbastanza perché la Cgil tornasse a sottolineare come si trattasse di un intervento marginale, mentre serve una riforma strutturale della Legge Fornero.
«I 10 miliardi di euro risparmiati su Quota 100, consentono di continuare a introdurre una flessibilità di accesso più diffusa al pensionamento nella prossima Legge di Bilancio», ha commentato il segretario confederale della Uil, Domenico Proietti, mentre secondo la Cisl una riforma «non è più procrastinabile».
A ricorrere a Quota 100 sono stati soprattutto gli uomini con metà delle richieste arrivate da dipendenti privati: poco più del 30% proviene da lavoratori pubblici, mentre gli autonomi sono stati circa il 20%.
In media – si legge nel report – gli autonomi ricevono 1.376 euro lordi al mese, i dipendenti privati 2.088 euro e i dipendenti pubblici 2.161 euro. La media complessiva dell’assegno mensile lordo è di 1.971 euro (1.829 le donne, 2.035 gli uomini).
Sono invece meno di 4mila le domande arrivate all’Inps per Quota 102 (64 anni di età e 38 di contributi) nei primi cinque mesi del 2022 poiché la misura riguarda di fatto solo coloro che avevano già raggiunto l’età nel triennio di Quota 100 ma non ancora i contributi.
Per il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, introdurre la possibilità di andare in pensione con 41 anni di contributi indipendentemente dall’età costerebbe 18 miliardi di euro in tre anni, mentre l’ipotesi di andare in pensione con 64 anni di età e 35 di contributi – purché si sia maturato un assegno pari ad almeno 2,2 volte l’assegno minimo – unico potrebbe costare nel triennio circa sei miliardi di euro.
(da La Stampa)

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GRILLO SI DEFILA, RABBIA TRA I 5S: “PERCHÉ CI HAI ABBANDONATI?”

Giugno 23rd, 2022 Riccardo Fucile

“ORMAI E’ DISINCANTATO DA TEMPO”

È nella pace apparente di Sant’ Ilario, cinquecento chilometri dal terremoto romano di queste ore, che si respira più da vicino il senso di distanza tra le tante anime del M5S (quelle che rimangono, come quelle in fuga) e il suo stesso fondatore.
Nelle prime ore del day after della scissione, in questo angolo silenzioso di Genova, la villa vista mare di Beppe Grillo rimane nascosta da cancellate e gelsomini, il figlio Ciro si allontana in moto, la domestica di casa prova a difendere la privacy del fondatore a modo suo, con schema a confusione: «Il signor Grillo non c’è, – assicura alla porta – è in vacanza in Sardegna, non andrà a Roma, rimarrà in Toscana».
La conferma di una decisione già presa nella serata della rottura, il rinvio (salvo sorprese) dell’attesa visita a Roma del garante, arriverà in tarda mattinata. Troppo fresca la ferita, serve tempo.
Ma basta la notizia, di fatto, per certificare una volta per tutte stati d’animo e posizioni. Da una parte il padre del Movimento, che viene raccontato «dispiaciuto» per l’addio di Luigi Di Maio ma anche «deluso e irritato» con entrambi i protagonisti dello strappo.
Dall’altra il rimpianto trasversale di un intero partito, forse l’ultimo sentire ad accomunare ancora fuoriusciti e ortodossi, neo scissionisti e contiani. «Beppe, – si chiedono i più – perché ci hai abbandonato? ».
La discesa mancata di Grillo nella capitale di oggi, in realtà, un “alibi” ce l’avrebbe. La riunione era già stata programmata da tempo, sul tavolo avrebbero dovuto esserci il confronto sul tonfo alle Comunali e (soprattutto) il contratto da 300mila euro siglato per il supporto alla comunicazione del M5S fornito dal blog.
Il precipitare degli eventi, seppur in qualche modo atteso («Lo abbiamo perso», aveva sentenziato Grillo su Di Maio nei giorni del Quirinale), ha portato al rinvio.
Un dietrofront condiviso con Giuseppe Conte, farà capire l’ex premier in serata («Beppe è umanamente dispiaciuto, ma sta dalla parte del Movimento»), però diventato rappresentazione plastica della crisi, e soprattutto il via libera ai malumori incrociati.
«È furioso con Conte, gli ha messo in mano il Movimento e in un anno guardate che casino», si assicura da una parte. «Andate a chiedere se si sono parlati, con Di Maio: il loro è un rapporto interrotto, non si sentono più», si azzarda dall’altra.
In mezzo, un leader che alcuni, tra i più vicini, descrivono come «ormai disincantato».
A dirlo, in fondo, era stato lo stesso Grillo con il suo ultimo post, martedì. «Siamo tutti qui per andarcene, ma possiamo scegliere di lasciare una foresta rigenerata o pietrificata ».
Un messaggio per Di Maio, forse anche per Conte, due facce diverse di un gioco che al garante – al netto delle rassicurazioni di rito – pare interessare sempre meno.
Che forse ancora conviene («Raderebbe al suolo tutto, ma l’ingaggio per il blog è stata la trovata di Conte per tenerlo a bordo nonostante tutto», sibilano le malelingue di più parlamentari), ma di sicuro non appassiona. E se a testimoniarlo è stata ancora una volta Genova, città simbolo delle mille mutazioni e delle prime crepe del M5S, dove Grillo non è neanche andato a votare per il suo partito alle Comunali, è però questa stessa distanza a unire un’ultima volta un Movimento dilaniato.
Il sentimento nei confronti di Grillo, nel M5S, è infatti trasversale e mischia delusione e dispiacere.
«Ha lasciato le chiavi di casa al primo che passava, e ci ha lasciato soli », si nota in quota Ipf. «È sparito, chi lo sente più?», si accusa tra i reduci. «Crimi è stato commissario un anno, Grillo doveva intervenire in quel momento, perché – ci si chiede – non l’ha fatto?».
Nella sua Genova, dopo il crollo al 4 per cento al voto di inizio mese, serpeggia persino un po’ di risentimento
«Non è andato a votare? È il meno. Il problema è che sembra non fregargliene più niente», si sfogano i grillini in città, tutti, rigorosamente in forma anonima.
A dirla tutta con nome e cognome, l’unica a poterlo fare, sarà così da Milano la sola Enrica Sabatini, Associazione Rosseau, signora Casaleggio. «Beppe sconta il fatto di non aver agito nel momento giusto: avesse deciso in tempo per un organo collegiale, si sarebbe creato un altro percorso della storia». Non c’è stato, chissà se mai ci sarà.
(da “la Repubblica”)

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