Novembre 9th, 2022 Riccardo Fucile
DOPO AVER FATTO CILECCA AI RAVE PARTY, CON LA “SELEZIONE DEI MIGRANTI” PIANTEDOSI HA TOCCATO IL FONDO
Dopo aver fatto cilecca nella caccia ai rave party, il ministro Piantedosi – nuova specie di Salvini in doppiopetto – con l’invenzione dell’odiosa selezione medica dei migranti a bordo delle “navi pirata” ha di nuovo sbagliato i calcoli.
L’Italia del 2022 non è l’Italia sovreccitata dall’allarme sicurezza montato ad arte nel 2018. Di mezzo ci sono i due anni della pandemia, nel corso dei quali è venuta a noia la favola secondo cui, se stiamo peggio, la colpa sarebbe della troppa immigrazione. L’accoglienza senza traumi di 150 mila profughi ucraini in quattro mesi, poi, ha evidenziato che non siamo una penisola a rischio di invasione. Nessuna inchiesta giudiziaria, infine, è riuscita a dimostrare che le Ong del soccorso in mare agiscano per fini di lucro, tanto più che le loro navi trasbordano solo una minima quota dei disperati che raggiungono le nostre coste grazie alla rete degli scafisti.
Restiamo tutto sommato un Paese civile. La quota di italiani che gongolano di fronte alla cattiveria ostentata dai politici di destra – perché si sentono vendicati così dallo straniero che piscia sul marciapiede di fronte a casa – è certo tuttora cospicua, ma non supera un terzo dei votanti.
Lo certificano i risultati elettorali del 25 settembre. Lo stesso M5S, che a suo tempo trovò conveniente far sua la propaganda contro i “taxi del mare”, ora non asseconda più la replica stanca della criminalizzazione delle “navi pirata”.
L’aver imposto alla Ocean Viking, con le sue 234 persone da venti giorni a bordo, un’ulteriore lunga navigazione da Catania a Marsiglia – in deroga al diritto del mare che contempla lo sbarco nel porto sicuro più vicino – è solo una disonorevole meschinità, non certo un atto di difesa dei “sacri confini della patria”.
La pretesa di rispedire in mare 35 adulti maggiorenni lasciati a bordo della Humanity 1, dopo che i medici militari dell’Usmaf si sono prestati a vidimarne il respingimento, non poteva che essere rimangiata perché cozza contro le direttive Ue.
Una inutile carognata, seguita da inevitabile marcia indietro: impossibile sostenere che non abbiano diritto di chiedere accoglienza uomini già reclusi nei campi di prigionia libici e provenienti da Paesi martoriati come il Burkina Faso, la Siria o il Bangladesh.
Su questo impulso discriminatorio si fonda la ricerca di consenso della destra suprematista, ultima declinazione del sempiterno razzismo: dividere anche questi poveracci fra profughi di serie A e profughi di serie B, il più delle volte – anche se non lo si ammette – in base al colore della pelle.
Forse che un ucraino di religione cristiana avrebbe più diritto all’asilo di un siriano di religione musulmana? Perché mai un ragazzo in fuga dal Gambia o dal Mali andrebbe considerato “migrante economico” anche se laggiù corre pericoli uguali se non maggiori di chi vive in Ucraina?
Ma tant’è, si fa ricorso a un’applicazione formalistica delle normative vigenti – peraltro già corrette in numerose sentenze della magistratura che ormai fanno giurisprudenza – fingendo di ignorare la situazione drammatica in cui versano il Medio Oriente, l’Africa subsahariana o l’Asia meridionale.
Quanto siano pretestuose tali argomentazioni è confermato dall’ipocrisia con cui, tutto a un tratto, il governo Meloni s’è messo a fare appello all’Ue per una revisione della Convenzione di Dublino che consenta un’equa ricollocazione dei migranti; dopo che per anni quegli stessi partiti ne avevano impedito la modifica.
La verità indicibile è che la destra suprematista resta propensa a pagare qualunque prezzo in termini di vite umane – annegati nel Mediterraneo, morti di sete nel deserto, uccisi a casa loro – nell’illusorio tentativo di bloccare il flusso migratorio. Cos’altro lascia intendere la battente propaganda “stop all’immigrazione clandestina”, finora abbinata con una netta opposizione a ripristinare vie legali di accesso per i migranti?
Prese di mira le navi delle Ong battenti bandiera straniera, con un’esibizione di nazionalismo degna di miglior causa, ora vedrete che inizierà il solito piagnisteo: “L’Italia non può diventare la vittima sacrificale dell’Europa”
Tutto vero (e inaccettabile). Ma le colpe altrui non possono venir adoperate come scusanti per le proprie. Tanto più quando si innalza lo sdrucito vessillo della cattiveria nell’illusione di riunirvi attorno la maggioranza degli italiani.
Il ministro Piantedosi finge di indignarsi dopo che la sua uscita sul “carico residuale” della Humanity 1 ha suscitato vasto imbarazzo. È un burocrate circondato da ideologi, che ha già procurato non pochi guai al governo. Avanti così, faranno vergognare la maggioranza degli italiani perbene.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Novembre 9th, 2022 Riccardo Fucile
IL NIPOTE LEGHISTA DI SALLUSTI E’ DIVENUTO PORTAVOCE DEL MINISTRO VALDITARA
Se non si chiamasse ministero dell’Istruzione e del Merito non ci
faremmo caso, la politica è piena di “figli” e “nipoti di” e non solo a destra.
Ma, insomma, il neo portavoce del professor Giuseppe Valditara, docente di Diritto romano a Torino, già consigliere di Matteo Salvini e ministro appunto dell’Istruzione e del Merito, è il collega Giovanni Sallusti. Arriva da Libero, il giornale diretto dallo zio Alessandro, dove fino a qualche giorno fa firmava commenti. Non tutti indimenticabili: “Ieri ogni orecchio non deviato ideologicamente non poteva che registrare una consonanza inedita e rigenerante”, scriveva il 14 ottobre celebrando gli interventi di Liliana Segre e Ignazio La Russa in Senato.
Nato a Como nel 1983, figlio di Maurizio Sallusti che è fratello di Alessandro ed era primario di Chirurgia d’urgenza al Policlinico di Milano, studi in Filosofia, sposato, due figli, autore di Politicamente corretto – La dittatura democratica (Giubilei Regnani, 2020), Sallusti jr. è vicino alla Lega “ma non ho mai avuto la tessera”.
Ha diretto per qualche anno il sito nordista L’Intraprendente e da lì nel 2013 polemizzò pure con lo zio, titolando “Berlusconi tradisce” dopo che Il Giornale aveva scritto “Alfano tradisce”, ma non certo per difendere Angelino.
È un estimatore del modello americano e di Donald Trump, “ma l’ultima fase di Trump – dice – era un po’ crepuscolare”. Padania first? “L’espressione Padania è fuorviante”.
Cominciò a Libero nel 2007, giovanissimo, con Vittorio Feltri e lo zio Alessandro. Poi il sito, L’Ordine di Como e al Il Giornale diretto dallo zio. Ma è tornato a Libero prima di Sallusti senior.
“Nel 2017 con Feltri e Senaldi”. Mai fatto il portavoce? “Di un ministro no. Sono stato il portavoce di candidati, ho lavorato anche per Giorgia Meloni, da anni il mio lavoro principale è la comunicazione politica, con quello mangiano i miei figli, ho un’agenzia, facciamo campagne elettorali, seguiamo parlamentari, consiglieri regionali…”.
È Idein Communication e ha clienti di tutti gli schieramenti. Nessuna incompatibilità, si può fare il giornalista e il comunicatore politico, oltre che aziendale, anche contemporaneamente. La nostra curiosità non lo sorprende: “Ero nipote anche nel giornale, ora sono nipote distaccato”, ironizza. Senz’altro è più che qualificato per fare il portavoce, ma si è mai occupato di scuola? “Come redattore della cultura, non come dossier”.
E il ministro del Merito come la vede? “La prossima volta assumo il figlio di Travaglio”, ci ha risposto via sms il professor Valditara, senza però spiegarci perché abbia scelto Sallusti jr. Certo Libero, il cui editore Antonio Angelucci è un big della sanità privata nonché parlamentare oggi salviniano, potrebbe avere qualche remora in più quando si tratterà di scrivere dei guai della scuola pubblica. “Ma questo – ride Sallusti jr. – ora è un problema del Sallusti più illustre”.
(da il Fatto Quotidiano)
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Novembre 9th, 2022 Riccardo Fucile
GODENDO DELLA MAGGIORANZA IN PARLAMENTO, NON RISPONDONO DEI REATI
Sulle Ong la linea del governo Meloni è quella della diffamazione e del tentativo di gettare discredito su chi salva vite in mare.
E siccome il loro tasso di innovazione nella politica e nel linguaggio della politica viaggia con 100 anni di ritardo la retorica di Giorgia Meloni e di tutto il codazzo di estrema destra che la segue – compreso Matteo Salvini e il sedicente moderato Antonio Tajani – è tutta basata sul complotto e la macchinazione.
Da giorni i reazionari al governo e i loro galoppini dicono a destra e a manca che le Ong non sono organizzazioni umanitarie ma sono parte integrante di un patto scellerato e criminale con gli scafisti con i quali si danno appuntamento in mare aperto per prendere in consegna non già i naufraghi ma una sorta di ‘merce’ umana utile ai guadagni.
La famosa tesi delle Ong taxi del mari a suo tempo tirata fuori da Giggino Di Maio a imperitura onta della sua parabola politica e che ora tutti vanno ripetendo, da Calderoli a Salvini, da Tosi al ministro degli esteri Antonio Tajani.
Menzogne, bugie, diffamazioni. Tutte tra l’altro – a proposito del garantismo della nostra destra che riguarda solo ricchi, tangentisti e indagati per prostituzione minorile – ampiamente smentite proprio dalla stessa magistratura, visto che alcune inchieste giudiziarie partite con annunci roboanti poi sono miseramente naufragate nel nulla (naufragio è la parola giusta) perché si è trattava di teoremi e di ipotesi d’accusa che si sono rivelati inesistenti e non di altro.
Ora al governo reazionario non resta che la diffamazione. E si sentono protetti dall’immunità.
Del resto il coraggioso Matteo Salvini, a processo per diffamazione per le false accusa a Carola Rackete è riuscito a far sì che il Tribunale sospendesse il procedimento e rimandasse tutto al Senato per verificare se gli insulti e le bugie rientrassero nei suoi diritti di parlamentari.
E cosa deciderà il Senato? Metterà una pietra tombale sulle diffamazioni contro Carola Rackete, assolta da tutte le accuse ma oggetto di una campagna d’odio senza eguali.
Si sentono protetti e diffamano.
(da Globalist)
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Novembre 9th, 2022 Riccardo Fucile
IL CENTRODESTRA CERCA DI DISSIMULARE LA SCONFITTA: BRUXELLES HA INCHIODATO PALAZZO CHIGI ALLA LEGGE. IL CRITERIO PREVALENTE È TERRITORIALE (COMPRESE LE ACQUE TERRITORIALI) E NON QUELLO DELLA BANDIERA BATTUTA DALLE IMBARCAZIONI
L’Italia viola la legge. L’Ue stavolta è esplicita. E assesta uno
schiaffone alla linea del governo di Roma sui migranti. Tanto forte che alla fine il governo Meloni incassa la botta e cede: tutti i passeggeri della Geo Barents scendono. Stesso destino, poco dopo, per la nave Humanity1.
Il centrodestra cerca di dissimulare la sconfitta: «Il nostro obiettivo – scrive la premier – è difendere la legalità, la sicurezza e la dignità di ogni persona”. Ma i fatti dicono che l’esecutivo italiano ha dovuto ingranare la retromarcia. Il silenzio di Salvini è assordante.
Bruxelles ha inchiodato Palazzo Chigi alla legge. Perché il criterio prevalente è territoriale, comprese le acque territoriali, e non quello della bandiera battuta dalle navi. «I cittadini di Paesi terzi presenti sul territorio, incluse le acque territoriali – ha puntualizzato una portavoce della Commissione – possono fare domanda di asilo e, in quel caso, è richiesto agli Stati membri di dare effettivo accesso alle procedure d’asilo. Abbiamo un chiaro quadro giuridico in vigore».
A questo punto bisogna capire se la faglia tra il nuovo governo e l’Ue si possa chiudere. Se la squadra meloniana insisterà, infatti,le conseguenze potrebbero essere piuttosto pesanti. In primo luogo questo braccio di ferro va inserito in un contesto cambiato rispetto a soli otto mesi fa.
Le richieste di distribuzione avanzate da Palazzo Chigi per gli arrivi sulle coste siciliane vengono dunque considerate a dir poco intempestive e non proporzionate. I dati Onu, del resto, confermano che l’Italia non rappresenta un’emergenza: 191 mila rifugiati, 53 mila richiedenti asilo. La Germania, ad esempio, ospita 1,5 milioni di rifugiati ricevendo 232 mila richieste d’asilo.
Ma c’è un altro aspetto, forse ancora più delicato. Ed è del tutto politico. La linea “salviniana” del governo sta già provocando una reazione simile a quella del 2018 quando al ministero degli Interni sedeva proprio Matteo Salvini.
Alcuni dei 12 paesi (nella lista figuravano anche Germania e Francia) che a giugno scorso avevano firmato un accordo per la distribuzione volontaria dei migranti stanno iniziando a valutare la possibilità di ritirare la loro disponibilità. Soprattutto se l’atteggiamento italiano non cambierà. Un’intesa faticosissima, dunque, potrebbe saltare.
Non solo. Da tempo la Commissione cerca di far approvare dal Consiglio la sua riforma del diritto d’asilo. Si tratta di un intervento che potrebbe in una certa misura rivedere il principio base del Paese di primo approdo previsto dall’Accordo di Dublino. A questo punto anche questa riforma rischia di finire dritta nello scaffale delle occasioni perdute.
A dicembre si terrà il vertice dei ministri degli Interni Ue. Lì si consumerà il primo redde rationem. Il pericolo maggiore è che l’Ue sarà più severa nei nostri confronti anche sugli altri dossier.
La linea dello scontro – se la Meloni la manterrà – si rifletterà sui dossier più delicati per il nostro Paese: dal debito pubblico e al Pnrr. Palazzo Chigi faccia bene i suoi calcoli.
(da La Repubblica)
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Novembre 9th, 2022 Riccardo Fucile
“UNA FEROCIA CONCEPITA DALLA SPENSIERATEZZA DEGLI IGNORANTI”
Secondo Roberto Saviano il problema dei sovranisti, più che logistico, è morale. Questo perché, a suo dire, chi parla di «emergenza migranti» fa solamente «propaganda anti-immigrato in maniera del tutto strumentale». E, inoltre, «danneggia il Paese anche economicamente».
Lo dichiara in un’intervista alla Stampa, in cui parla di «ferocia» concepita «dalla spensieratezza degli ignoranti».
Ma non risparmia nemmeno il centro-sinistra, contestandole «il piglio dell’amministratore del potere» e il suo evitamento di «ogni questione che considera divisiva, perdendo consenso, elettori e faccia».
Il Movimento 5 Stelle, rispetto alla questione dell’immigrazione, secondo lui ha invece «poco da dire», considerando che «scansa ogni questione internazionale (fatta eccezione per la guerra in Ucraina)». L’Europa, in questo contesto, ci ha voltato le spalle? Secondo Saviano, il problema risiede nella sua disomogeneità: «al suo interno ci sono anche capi di Stato cari al Signor Presidente Meloni. Mi riferisco a Orban».
L’attacco a Salvini e agli «sbarchi selettivi»
Ma il vero bersaglio dell’attacco dello scrittore è «la propaganda sovranista». Citando Matteo Salvini, spiega che «le Ong salvano un decimo degli immigrati che via mare raggiungono le coste italiane». Ma rappresentano la possibilità di «raddoppiare il consenso» per il leader leghista: «migranti stranieri portati in salvo da navi straniere, ergo stranieri al quadrato. Per lui il ragionamento è semplice».
In riferimento alle manovre del governo negli ultimi giorni, in particolare al braccio di ferro sugli sbarchi a Catania e Reggio Calabria, lo scrittore parla di una linea «inaccettabile». In particolare i cosiddetti «sbarchi selettivi» di migranti dalle navi Geo Barents e Humanity 1 rappresenterebbero «una selezione su base discrezionale».
«Chi determina la fragilità? Con quali parametri?», è la domanda retorica del giornalista. La selezione, sostiene, ha fatto finire l’inferno per qualcuno, ma lo ha fatto cominciare per altri.
«Madri e figli separati», aggiunge, nonostante «questi ministri» abbiano fatto vedere agli italiani «che per loro la famiglia è tutto».
E ora, prosegue, «separano famiglie? E allora l’unica famiglia a cui tengono è la propria».
Il neo ministro dell’Interno Piantedosi, che aveva definito i migranti rimasti sulle navi «carico residuale», secondo Saviano ha una «colossale inadeguatezza» rispetto al ruolo che ricopre. I suoi decreti, aggiunge, sono destinati alla bocciatura della Corte Costituzionale, perché «incompatibili con la Carta». Il riferimento è anche al Decreto anti-rave: «Una pagliacciata incostituzionale adatta a una democratura».
Dal punto di vista di Saviano, i problemi della destra travalicano infatti i confini della questione migratoria. Il modo in cui quest’ultima viene affrontata, per esempio, e «la ferocia con cui si attaccano i percettori del reddito di cittadinanza», non sono che «due facce della stessa medaglia». Accuse dure, che non temono la reazione degli attuali premier e vice-premier, verso cui rivendica la sua «indignazione» e il suo «più grande disprezzo».
«Fiero per tutto il fastidio che gli do. Ai loro livelli si querela quando non se ne può più, quando si crede di doverne intimidire uno – magari con più visibilità – per intimidirne cento», conclude.
Non si mostra in soggezione neanche rispetto alle querele del ministro Sangiuliano: «Ho solo descritto il suo percorso. Deve essersi offeso. Ma non è che uno può cancellare il suo passato, anche se è costellato di Cosentino, Landolfi, Laboccetta et similia; non sarebbe dignitoso. E io sono certo che Genny agli amici che tanto hanno fatto per lui tiene ancora, sotto sotto».
A questo proposito, Saviano ricorda come la democrazia italiana sia a rischio in quanto «il primo motore economico del paese sono quelle mafie ancora del tutto assenti dal dibattito politico».
(da agenzie)
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Novembre 9th, 2022 Riccardo Fucile
L’ECONOMISTA: “IL NOME DI MORATTI E’ INACCETTABILE”… “ERO DISPONIBILE SOLO IN UNA ALLEANZA TRA TERZO POLO E PD”
Brusco dietrofront dell’economista Carlo Cottarelli per le elezioni
regionali in Lombardia.
All’inizio del mese aveva infatti dichiarato di essere disposto a considerare l’ipotesi di correre per la presidenza della Regione. Oggi però, in un’intervista a Repubblica, il neo deputato Pd annuncia il suo ritiro, puntualizzando che le condizioni per la sua discesa in campo risiedevano nell’esistenza di un’alleanza ampia e con una condivisione forte di programma. Che a suo dire non si sarebbe creata.
«Al momento non ci sono le condizioni, dato che il Terzo polo ha annunciato sostegno per la Moratti», ha spiegato Cottarelli. L’alleanza di cui a suo dire ha bisogno «la Lombardia e in generale l’Italia» è quella «tra liberal democratici (il Terzo polo) e social democratici (il Pd)».
Una candidatura inaccettabile
Tre giorni fa, il leader di azione Carlo Calenda aveva aggiunto, commentando l’appoggio del Terzo Polo alle candidature di Alessio D’Amato e dell’ex prima cittadina di Milano: «Rimaniamo aperti alla discussione con tutti per costruire coalizioni ampie (Moratti-Cottarelli sarebbe perfetto) che parlino a mondi diversi e a programmi inclusivi. Ma è ora di rompere gli indugi e iniziare a lavorare».
Ma la figura di Letizia Moratti risulta indigeribile per i dem, «per validi motivi vista la sua storia politica, anche recente».
Questo perché, spiega, «ha sempre militato nella destra e non solo come tecnico, compreso negli ultimi due anni». E ancora: «Come vice presidente di Fontana, è stata criticata pesantemente sia dal Pd sia dal rappresentante di Azione per le sue decisioni politiche. Quindi non rappresenta quel rinnovamento di cui la Lombardia ha bisogno. In generale, ora sarebbe difficile spiegare all’elettorato di centro sinistra questa candidatura».
Non basta secondo lui il recente allontanamento dal governatore della Regione Lombardia per scagionarla: «è andata ancora di recente a parlare con Salvini, ha cercato fino all’ultimo di avere il sostegno della destra, e quando all’ultimo ha visto che non ci riusciva, ha cambiato interlocutore».
Il dialogo interrotto con Calenda
Cottarelli racconta di aver anche dialogato con Calenda nei giorni scorsi, ma «prima della discesa in campo» della candidata contestata. Riguardo all’ipotesi di correre da solo, sembra esclusa dell’economista: «Per me era importante che ci fosse questa alleanza fra le due anime della politica italiana, anime che io non vedo bene a combattersi una contro l’altra». E dunque, conclude, non se la sente di partecipare alla lotta «tra le due anime politiche» a cui «sente di appartenere». Tuttavia, conclude (nonostante sia impossibile negare la delusione), «ho comunque un lavoro di grande responsabilità al Senato. E sono in ogni caso onorato che il mio nome sia stato considerato».
(da agenzie)
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Novembre 9th, 2022 Riccardo Fucile
“ALLA CAMERA SI PARLA ITALIANO”: BENE, ORA GLI ITALIANI HANNO RISOLTO IL LORO PROBLEMA PIU’ GRANDE
Dopo l’intransigenza mostrata dalla Premier Giorgia Meloni in merito all’utilizzo della forma maschile quando ci si riferisce a lei (che esige di essere chiamata con l’ormai nota dicitura “Signor Presidente del Consiglio”), oggi Fratelli d’Italia ha palesato un’altra urgenza linguistica, ovvero quella di ridurre al minimo (se non di cancellare completamente) l’utilizzo degli anglicismi all’interno delle Aule del Parlamento.
Una misura per nulla anacronistica in una società globalizzata come la nostra, verrebbe da dire. Una priorità assoluta che tutti attendevamo, verrebbe da aggiungere.
In ogni caso, se è vero che il linguaggio è lo specchio della società, allora è chiaro come il sovranismo di Meloni e dei suoi si esprima anche attraverso certe scelte che sono chiare dichiarazioni di intenti, ormai lo si è capito.
Nello specifico, è stato il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli (FdI) che, durante le operazioni di voto per la nomina dell’ufficio della presidenza, si è lasciato inavvertitamente scappare la parola straniera “dispenser”. Immediato il pentimento e la correzione: il termine corretto è dispensatore, come la lingua italiana insegna.
“Alla Camera dei deputati italiana si parla italiano. Non dovrebbe essere una novità! Eppure si fa fatica anche qui. Prosegue la battaglia sull’utilizzo della nostra lingua al posto dell’inglese. Nuova legislatura, vecchi vizi. Non si capisce perché il dispensatore di liquido igienizzante per le mani debba essere chiamato ‘dispenser’”, ha affermato il meloniano Rampelli pubblicando il video del suo intervento in Aula sui social.
(da agenzie)
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Novembre 9th, 2022 Riccardo Fucile
LE ONG: “TORNEREMO IN MARE PER SALVARE VITE”
Con le navi ong ancora bloccate in porto, reduci da un braccio di
ferro vittorioso durato giorni con il governo Meloni, si continua a morire di freddo nel Mediterraneo.
Una donna, arrivata questa notte a Lampedusa, è morta poco dopo l’arrivo sull’isola. Inutilmente i medici hanno tentato di rianimarla, la donna – anzi, una ragazza neanche ventenne secondo le prime indiscrezioni – si è spenta al Poliambulatorio di Lampedusa
Sulla più grande delle Pelagie era arrivata su uno dei barchini intercettati questa notte al largo dell’isola, una carretta del mare con a bordo 41 persone, tra cui 14 donne e un minore, e un’altra barchetta con a bordo quarantatré persone, fra cui 21 donne e 5 minori.
A Catania hanno toccato terra dopo settimane i 246 naufraghi per giorni rimasti bloccati sulle navi umanitarie attraccate al porto di Catania. Per quel decreto interministeriale che li ha bollati come non abbastanza fragili per poter sbarcare, sono stati costretti per giorni a rimanere a guardare la banchina senza poter lasciare il ponte delle navi. Solo ieri, dopo una seconda ispezione medica – ripetutamente sollecitata – sono stati autorizzati a scendere.
Tra gli applausi dei manifestanti in presidio permanente da sabato notte, da Geo Barents prima, quindi da Humanity1 i migranti sono scesi giù dalle scalette delle navi, diretti agli autobus che li hanno condotti al Palaspedini. Lì, filtra dalla Prefettura, non resteranno a lungo. Già in giornata dovrebbero partire per centri d’accoglienza di tutta Italia.
A bordo delle navi, gli equipaggi finalmente hanno tirato il fiato. “Ci riposeremo qualche giorno, poi torneremo in mare a salvare vite”, ha annunciato già ieri sera il capomissione di Geo Barents, Juan Matias Gil. E anche Sos Humanity non sembra avere intenzione di fare passi indietro: “Non importa quale sia la situazione politica in Italia o nell’UE in questo momento, le persone stanno fuggendo dalla Libia perché lì vengono maltrattate e non hanno altra scelta che intraprendere il viaggio pericoloso per la vita attraverso il Mediterraneo”, spiega il direttore delle operazioni, Till Rummenhohl
E per l’ong tedesca continua anche la battaglia legale con Roma. Venuta meno la procedura d’urgenza per “liberare” i 35 naufraghi rimasti in ostaggio a bordo dopo lo “sbarco selettivo” di sabato notte, rimane in piedi il ricorso al Tar del Lazio contro il verbale notificato al comandante per andare via con la nave e le 35 persone rimaste a bordo che erano stati fatti scendere 144 migranti valutati ‘fragili’.
“La contestazione sul verbale – spiega l’avvocato Riccardo Campochiaro – è anche una contestazione sul decreto ministeriale che, secondo pareri di illustri giuristi italiani e internazionali, fa acqua da tutte le parti. E un provvedimento del Tribunale amministrativo regionale sarebbe decisivo sulla sua applicazione. Abbiamo tempo: la legge prevede 60 giorni per la presentazione di un ricorso”.
Il legale segnala, intanto, che “la sanzione prevista, di 50mila euro, non potrà essere applicata alla Humanity 1 perché lascerà il porto di Catania”.
(da agenzie)
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Novembre 9th, 2022 Riccardo Fucile
SMENTITI I SONDAGGIO, NESSUNA ONDA TRAVOLGENTE, I CANDIDATI REPUBBLICANI TRUMPISTI HANNO PAGATO L’APPOGGIO DEL CRIMINALE
Per le elezioni midterm negli Usa (che eleggono la nuova Camera dei rappresentanti, 1/3 del Senato e 36 dei 50 governatori) i sondaggi avevano parlato di una travolgente onda repubblicana pronta a prendersi il Congresso e gli Stati.
Nella realtà, però, le cose non sono andate proprio così, visto il testa a testa che si è protratto fino all’ultimo contro i democratici. Se alla Camera dei rappresentanti i repubblicani sono riusciti a strappare la maggioranza, seppur non netta come quella che ci si aspettava, per il Senato il discorso è stato diverso.
Nello specifico, alla Camera 193 seggi sono stati assegnati con certezza ai repubblicani e 169 ai democratici. La maggioranza è a quota 218 e, stando alle proiezioni, è senza dubbio alla portata dei primi (seppur risicata). Al Senato sono 48 i seggi dei dem e 47 quelli dei repubblicani. Qui a tenere i giochi aperti è la sfida in Georgia, dove nessun candidato ha ottenuto la maggioranza assoluta e dove, quindi, sarà necessario andare al ballottaggio.
Con tutta probabilità, bisognerà attendere il 6 dicembre per comprendere chi la spunterà. “Non so se più tardi, o domani, o tra quattro settimane, ma so una cosa: avremo più voti del nostro avversario e andremo avanti insieme”, ha detto il senatore democratico Raphael Warnock, impegnato nel testa a testa in Georgia contro il candidato trumpiano Herschel Walker. I due sono divisi da appena quattordicimila voti a favore di Warnock.
Eletti 140 repubblicani negazionisti, ma non c’è stata nessuna “ondata rossa”. Trump non sfonda
Al momento, stando a RaiNews, sono circa 140 i repubblicani “negazionisti” dei risultati delle elezioni del 2020 (quelle che portarono alla Casa Bianca Joe Biden) che hanno conquistato seggi al Congresso e in ruoli chiave (come quelli di supervisione di prossime elezioni). Lo hanno riportato alcuni media statunitensi sottolineando che erano “quasi 300 i repubblicani negazionisti in corsa”.
Anche se, e questo lo evidenzia un’analisi di SkyNews sulla base dei primi risultati, non c’è stata l’esaltante performance che ci si aspettava dai candidati di Donald Trump. Nelle aree dei candidati sostenuti dal tycoon, infatti, il voto ai repubblicani è aumentato del 3,2% rispetto al 2020, contro l’aumento del 6,9% registrato dai candidati rep che non hanno ricevuto il suo appoggio.
Nonostante questo, l’ex presidente ha affermato che farà “un grandissimo annuncio” il prossimo 15 novembre, in riferimento probabilmente ad una sua ricandidatura alle presidenziali del 2024.
Sottotono la performance elettorale dei repubblicani in generale, per cui ci si aspettava decisamente di meglio. “Sicuramente l’ondata repubblicana non c’è stata” ha detto il senatore rep Lindsey Graham facendo i conti dei possibili seggi al Senato. “Penso che alla fine arriveremo a quota 51 o 52”, ha concluso.
Andando ad analizzare i nomi degli eletti, va sottolineata la riconferma del repubblicano DeSantis in Florida e della dem Nancy Pelosi in California, la vittoria in Massachusetts di Healey, prima donna e prima omosessuale alla guida dello Stato, il trionfo del democratico Moore che si è imposto come primo governatore afroamericano in Maryland e l’entrata al Congresso del primo gen Z, il 25enne dem Frost. Non solo: il repubblicano Mullin sarà il primo nativo americano, da circa un secolo, a rappresentare l’Oklahoma al Senato Usa.
(da agenzie)
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