Novembre 22nd, 2022 Riccardo Fucile
È UNA SCONFITTA PER IL GOVERNO MELONI, CHE PREFERIVA LA CORDATA DELLA COMPAGNIA DI CARGO INSIEME A LUFTHANSA E TRE SETTIMANE FA AVEVA RIMESCOLATO LE CARTE INTERROMPENDO LA TRATTATIVA ESCLUSIVA CON CERTARES… ORA IL FONDO E AIR FRANCE RIMANGONO GLI UNICI IN PISTA PER PAPPARSI LA COMPAGNIA AEREA
Il futuro di Ita Airways non parlerà italiano. Msc, il colosso dei trasporti
merci e passeggeri della famiglia Aponte, si chiama fuori dalla partita per la privatizzazione dell’ex compagnia di bandiera. Con una nota asciutta, il gruppo «conferma di aver già informato le autorità competenti di non essere più interessata a partecipare alla privatizzazione di Ita Airways, non ravvisandone le condizioni nell’attuale procedura».
Una chiusura netta, ma non definitiva a patto che il governo sia disposto a ripartire da zero. Una missione quasi impossibile dal momento che l’obiettivo dell’esecutivo è quello di chiudere la cessione entro la fine dell’anno. O comunque entro i primi mesi del 2023 per evitare di dover aprire un nuovo fronte con l’Unione europea sugli aiuti di Stato.
Archiviata, almeno per il momento, la grana Mps con la chiusura dell’aumento di capitale e mentre salgono le tensioni sul futuro dell’ex Ilva; scoppia la bomba Ita Airways.
A meno di una settimana dall’insediamento del nuovo consiglio d’amministrazione, la mossa di Msc lascia a piedi anche Lufthansa: dopo la fine del periodo di esclusiva concesso dal governo Draghi al fondo Certares, il vettore tedeschi ha ribadito più volte i proprio interesse per la compagnia italiana con la quale avrebbe sviluppato nuove rotte mediterranee utilizzando Fiumicino come quinto hub del gruppo.
A mettere il denaro necessario per l’operazione e lo sviluppo industriale di Ita, però, sarebbe stata Msc che valutava la compagnia circa 1,1 miliardi e aveva messo sul piatto 650 milioni in cambio del 60% del capitale. I tedeschi erano disposti a investire circa 200 milioni di euro per il 20% della società e in cambio di un posto di cda: un altro sarebbe andato al Tesoro e tre proprio a Msc.
L’annuncio di Msc ha colto di sorpresa anche il governo: il centrodestra, che non aveva gradito l’esclusiva concessa da Draghi a Certares, non ha mai fatto mistero di preferire la cordata italo tedesca.
E di fatto, tre settimana fa, il Tesoro a nuova gestione Giorgetti aveva rimescolato le carte. Peraltro, al nuovo presidente di Ita, Antonino Turicchi – scelto proprio da Giorgetti – sono state assegnate tutte le deleghe sulle operazioni strategiche.
Adesso, il futuro delle compagnia è un grande rebus in attesa di capire come si muoverà Certares che ieri non ha commentato il ritiro dei rivali. Di certo il fatto che non ci sia mai stato un incontro tra vertici del nuovo Mef e il fondo americano – che si muove in partnership, solo commerciale per il momento, con Air France e Delta – conferma la freddezza dell’esecutivo verso l’operazione, nonostante la più alta valutazione di Ita e le maggiori garanzie per lo Stato. Le carte nel mazzo del Tesoro però non sono molte. C’è Indigo Partners che controlla Wizz Air, ma dopo aver manifestato il proprio interesse non ha presentato offerte.
(da la Stampa)
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Novembre 22nd, 2022 Riccardo Fucile
TRA CARO BOLLETTE E SPESE DOVUTE ALLA PANDEMIA, LE STRUTTURE SANITARIE SPENDERANNO 5,7 MILIARDI DI EURO IN PIÙ RISPETTO ALL’ANNO SCORS… LE AMMINISTRAZIONI LOCALI CHIEDONO AIUTO AL GOVERNO MA DA ROMA ARRIVANO SOLO TAGLI
La sanità ha l’acqua alla gola e senza adeguati finanziamenti alcune Regioni rischiano di affogare. Cioè di chiudere il bilancio di quest’ anno in rosso e finire in piano di rientro. Ma anche chi ha numeri migliori chiede maggiori finanziamenti per coprire le tante spese eccezionali di questi mesi, così in queste ore è tanta la preoccupazione in presidenze e assessorati alla Salute.
Gli ospedali e le altre strutture sanitarie alla fine di quest’ anno spenderanno circa 1,7 miliardi in più rispetto all’anno scorso per le bollette, delle quali si è iniziato a parlare con il governo precedente ma che ancora non hanno avuto copertura. Riguardo al Covid, la pandemia ha costretto le Regioni a spendere più del previsto per personale, attrezzature, farmaci, tamponi e così via.
Nel 2021 la lotta contro il coronavirus è costata 8,5 miliardi, dei quali solo la metà sono stati coperti da Roma. Il resto è stato a carico delle Regioni, che quindi sono arrivate in affanno al 2022. E quest’ anno il virus ha provocato altre ondate. Manca ancora il calcolo preciso del valore delle spese Covid che verranno sostenute fino a dicembre, ma si stima che sia tra il 50 e il 70% dell’anno scorso, quindi tra i 4 e i 6 miliardi.
Se si prende la cifra più bassa e si somma ai costi energetici, si ottengono circa 5,7 miliardi di spese extra. Mancano 4 miliardi Il governo Draghi, in vari provvedimenti, per quest’ anno aveva stanziato 1,6 miliardi in più rispetto al fondo sanitario nazionale. Adesso le Regioni chiedono che il resto, circa 4 miliardi, arrivi da questo governo. Ma è impossibile che alla sanità vengano destinati così tanti soldi.
Se si resterà molto più sotto, da parte delle amministrazioni locali ci saranno dure proteste e sarà interessante vedere quale posizione prenderanno i presidenti delle Regioni guidate dal centrodestra e dalla destra. «Chiediamo al governo di guardare la situazione di ogni realtà locale – dice Raffaele Donini, assessore alla Salute dell’Emilia-Romagna e coordinatore dei colleghi in Conferenza delle Regioni –
Bisogna affrontare le criticità in modo che nessuno vada in disavanzo e in piano di rientro perché non c’è stato il rimborso per le spese del lavoro contro il Covid o per il costo esorbitante delle spese energetiche degli ospedali. Aspettavamo che arrivasse un segnale già nel decreto Aiuti quater ma non c’è stato. Non sono arrivati soldi».
In generale nelle stime di questo governo la spesa sanitaria è in discesa (quest’ anno vale 134 miliardi e il prossimo 132) e i motivi potrebbero essere due. Il primo è che si pensa che le spese Covid diminuiranno e il secondo, inquietante, è che l’esecutivo non voglia investire in questo settore.
(da la Repubblica)
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Novembre 22nd, 2022 Riccardo Fucile
LA MINISTRA DEL TURISMO, CO-PROPRIETARIA DELLO STABILIMENTO BALNEARE “TWIGA”, A FORTE DEI MARMI, GODE E SUBITO NE APPROFITTA PER LA SOLITA LAGNA: “NEL SETTORE TURISTICO QUEST’ANNO MANCAVANO 250 MILA ADDETTI” (CARA PITONESSA, SE AVESTE PAGATO DI PIÙ NON AVRESTE AVUTO PROBLEMI A TROVARLI)
“Come ha detto chiaramente il presidente Meloni parlando della legge
di bilancio noi elimineremo il reddito di cittadinanza per tutte quelle persone che possono essere forza lavoro. Ovviamente non lasceremo indietro i fragili, gli over 60, le donne, chi ha veramente bisogno e chi non può lavorare ma il 2023 sarà l’anno della fine delle reddito di cittadinanza. Ci sarà solo per 8 mesi, non abbiamo potuto toglierlo da subito perché abbiamo dovuto fare delle misure per non lasciare nessuno indietro”. Lo dice il ministro Daniela Santanchè rispondendo a una domanda dell’ANSA su come risolvere il problema della carenza di forza lavoro.
“Nel turismo quest’anno mancavano 250 mila addetti e abbiamo perso ben 6.3 miliardi di euro. Questi sono numeri che ci spiegano la situazione e ci dicono come la propaganda che era stata fatta sul reddito che aboliva la povertà e aumentava la forza lavoro ha fallito”.
Lo dice la ministra Daniela Santanchè parlando del problema della carenza di personale che colpisce in modo particolare il mondo del turismo, della ristorazione e dell’intrattenimento. La Santanchè aggiunge poi che nella manovra intanto sono stati inseriti i buoni di lavoro: “Un modo più veloce e pratico di assumere le persone anche da parte delle imprese”.
(da Dagoreport)
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Novembre 22nd, 2022 Riccardo Fucile
DOPO CHE HA PROVATO A SPIEGARE COME DOVREBBE FUNZIONARE SI E’ COMPRESO CHE NON LO SA NEANCHE LEI, TALE E’ IL CASINO PROCEDURALE
Doveva esserci il taglio (arrivando quasi all’azzeramento) dell’IVA – l’imposta sul valore aggiunto – sui beni di prima necessità come pane, pasta e latte. Poi, però, la differenza tra la propaganda elettorale e le casse dello Stato hanno portato il governo Meloni a rimettere nel cassetto quella proposta (annunciata dagli stessi esponenti dell’esecutivo anche attraverso un’intesa campagna fatta di card social) diventata irrealizzabile.
E Palazzo Chigi, al termine del Consiglio dei Ministri che ha approvato la Manovra 2023, ha deciso di optare per quella che è stata chiamata “Carta Risparmio Spesa”. Questa mattina, in conferenza stampa, la Presidente del Consiglio ha provato a spiegarne il funzionamento (anche se il tutto è ancora in fase di studio), ma neanche a lei sembrano chiarissimi gli obiettivi e le azioni da compiere.
Nel corso della conferenza stampa, è stata la stessa Giorgia Meloni ad anticipare le domande dei cronisti cercando di dare una risposta agli interrogativi sul funzionamento di questa “Carta Risparmio Spesa”. E ne ha parlato così:
“L’attenzione alle fasce più deboli è protagonista anche dello stanziamento di 500 milioni di euro contro il caro-carrello. Noi avevamo ragionato della possibilità di azzerare l’IVA su pane, pasta e latte. Dopodiché non abbiamo fatto questa scelta perché ovviamente potendo distinguere il reddito di chi acquistava quei beni, la misura si sarebbe spalmata anche su chi non aveva bisogno di una misura del genere. E quindi le stesse risorse avrebbero impattato meno su chi aveva bisogno, invece, di un aiuto concreto”.
Fino a qui tutto bene. Giusto tutelare le fasce più deboli e i nuclei familiari che hanno maggior bisogno di un aiuto da parte dello Stato. Poi, però, tutte le perplessità sono arrivate con il tentativo di spiegazione del principio alla base della “Carta Risparmio Spesa”:
“Abbiamo in mente di selezionare, con decreto alcuni alimenti, e utilizzare questi 500 milioni di euro per abbassare il prezzo di quei beni per gli incapienti attraverso la rete dei Comuni. Ma abbiamo in mente, su questo, anche di fare un appello appello ai produttori e ai distributori per aiutarci in quest’opera: noi diremo, in base a chi aderirà dandoci una mano, calmierando a sua volta il prezzo (dei beni, ndr), diremo quali sono quei produttori e quei distributori che hanno aderito a questa nostra iniziativa e dove si potranno spendere queste risorse. E racconteremo, ovviamente, anche all’Italia quale sono state le persone che in un momento di difficoltà, mentre il governo cercava di fare la sua parte, hanno dato una mano per aiutare le persone a calmierare i prezzi per le persone maggiormente in difficoltà su alcuni beni fondamentali”.
Insomma: il governo mette 500 milioni, indica dei beni di prima necessità. Poi utilizza la rete dei Comuni per distribuire la “Carta Risparmio Spesa”. Poi dipenderà dai singoli esercizi commerciali decidere se partecipare all’iniziativa oppure no.
Quindi, in un piccolo Comune con un solo supermercato, potrebbe accadere che non ci sia questo accordo e che i cittadini “incapienti” non abbiamo alcuna possibilità di utilizzare quella carta.
E chi accetterà? Sarà citato.
(da NextQuotidiano)
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Novembre 22nd, 2022 Riccardo Fucile
LA PASSIONE PER LA MUSICA E QUELLA PER LA VELA: “HO APPENA FATTO LA TRAVERSATA DELL’ATLANTICO CON ALTRE SEI PERSONE. HO IMPIEGATO SEDICI GIORNI. AVEVO IL RUOLO DELLA GUARDIA”
Nel dicembre 2018 Roberto Maroni, ospite di Un Giorno da Pecora, su
Rai Radio1, raccontava il suo passato ‘oltre il Pci’ e la sua passione per la barca a vela. L’ex Ministro, Governatore della Lombardia e segretario della Lega, ospite di Giorgio Lauro e Geppi Cucciari, aveva infatti parlato delle sue passioni e di alcuni aneddoti inediti della sua vita.
A partire da quella che, al momento dell’intervista, era stata la sua ultima ‘impresa’: “ho appena fatto la traversata dell’Atlantico in barca a vela con altre sei persone”.
E lei che ruolo aveva? “La guardia, per vedere che non ci sono altre barche intorno”. Quanti giorni ha impiegato? “Sedici”.
E’ vero che da ragazzino , negli anni ’70, era più che di sinistra? “Contestavo il Pci perché ero troppo moderato, figuriamoci. Compravo ‘il Manifesto’ e lo nascondevo nell’Eskimo o nella Gazzetta dello Sport, altrimenti i fascisti mi rincorrevano. Avevo la barba, ero l’unico tra i miei compagni, che invidiosi mi avevano soprannominato ‘Bosco’”.
Un passato molto lontano… ”Si, ma vi confesso una cosa: due settimane fa, a Genova, ho comprato da due ragazzi ‘Lotta Continua’. Non ho resistito, sono tornato indietro di 50 anni!”. (era Lotta comunista in realtà n.d.r.)
Tra le sue tante passioni c’è quella per la musica: è vero che ama suonare molti strumenti? “Suono l’organo hammond, pezzi rock e r&b, alla Bruce Springsteen. Invece non è vero che suono il sax, ho fatto solo una foto con quello strumento e per molto tempo la gente me li regalava, pensando ne fossi appassionato…”, aveva spiegato Maroni a Un Giorno da Pecora.
(da Pecora – Radio1)
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Novembre 22nd, 2022 Riccardo Fucile
LOTTAVA DA TEMPO CONTRO UN TUMORE AL CERVELLO
“Questa notte alle 4 il nostro caro Bobo ci ha lasciato. A chi gli chiedeva come stava, anche negli ultimi istanti, ha sempre risposto ‘bene’. Eri così Bobo, un inguaribile ottimista. Sei stato un grande marito, padre e amico” .
Queste le parole scelte dalla famiglia per annunciare la scomparsa di Roberto Maroni. “Chi è amato non conosce morte, perchè l’amore è immortalità, o meglio, è sostanza divina (Emily Dickinson). Ciao Bobo”, si conclude.
La vita
Nato a Varese il 15 marzo 1955, Maroni ha dedicato tutta la vita alla politica: segretario federale del Carroccio dal 2012 al 2013, è stato ministro dell’Interno nei governi Berlusconi I e Berlusconi IV, risultando il primo politico esterno alla Democrazia Cristiana a ricoprire l’incarico nella storia repubblicana, ministro del lavoro e delle Politiche sociali nei governi Berlusconi II e Berlusconi III. Ha inoltre ricoperto il ruolo di presidente della Regione Lombardia dal 2013 al 2018, succedendo a Formigoni.
Gli studi classici al liceo Ernesto Cairoli di Varese, un’esperienza come conduttore radiofonico in una radio libera, ‘Radio Varese’ e una laurea in giurisprudenza. Il 1979 è l’anno dell’incontro con Umberto Bossi. Dieci anni più tardi partecipa alla fondazione della Lega Nord, di cui ricopre dal 2002 l’incarico di coordinatore della segreteria politica federale presieduta dal segretario federale Bossi.
Il battesimo alla Camera dei deputati avviene nel 1992, dove ricopre la carica di presidente del gruppo parlamentare leghista. Da tempo Maroni lottava contro una malattia. Nel 2020, in un’intervista alla ‘Prealpina’, aveva ufficializzato la sua candidatura a sindaco di Varese, in vista delle elezioni comunali del 2021 ma poi si era ritirato dalla corsa per gravi problemi di salute. L’ultimo suo impegno, un libro a quattro mani con Carlo Brambilla, un thriller fantapolitico dal titolo evocativo, “Il Viminale esploderà”.
(da agenzie)
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Novembre 22nd, 2022 Riccardo Fucile
FDI 30,4%, M5S 16,9%, PD 16,2%, AZIONE 7,9%, LEGA 7,6%, FORZA ITALIA 6,4%, VERDI-SINISTRA 4%, + EUROPA 3%
Non si ferma Fratelli d’Italia. Il partito della premier Giorgia Meloni
continua a guadagnare e ora tocca il 30,4% (+0,3).
Il M5S è sempre secondo, ormai da qualche settimana: ora si attesta a 16,9% (-0,1). Il Pd prova a recuperare terreno e accorcia le distanza – anche se ancora di poco: il partito di Enrico Letta reduce dall’assemblea di sabato scorso ora è al 16,2% (+0,2).
La scorsa settimana tra gli ex alleati, 5S e dem, c’era uno stacco di un punto netto. Questi i dati dell’ultimo sondaggio di Swg di lunedì 21 novembre.
Che mostra una novità: il sorpasso del Terzo Polo sulla Lega. Iv e Azione sono al 7,9% (-0,1) e il Carroccio a 7,6% (-0,5).
In sesta posizione, Forza Italia al 6,4 (-0,4%).
A seguire i partiti più piccloli: l’Alleanza Verdi-Sinistra al 4,0% (+0,2), +Europa al 3% (+0,1), Italexit al 1,9% (-0,2), Unione Popolare all’1,5% (+0,2) e gli altri al 4,2 (+0,3).
(da agenzie)
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Novembre 22nd, 2022 Riccardo Fucile
GIU’ LE TASSE ALLE PARTIRE IVA DEI REDDITI MEDIO ALTI, SOLDI AI PENSIONATI ANTICIPATI, VIA AL REDDITO DI CITTADINANZA TRA 8 MESI, CONDONO AGLI EVASORI
Soldi ai pensionati, via il reddito di cittadinanza. E ancora: giù le tasse alle partite Iva dei redditi medio-alti, tregua fiscale a chi non è in regola col fisco e nessuna misura redistributiva all’orizzonte. Anche con poche risorse a disposizione la destra ha mostrato il suo vero volto: quello dei maschi ricchi e anziani.
È una legge di bilancio per ricchi e anziani, la prima del governo guidato da Giorgia Meloni. E se non lo è come ci si aspettava, è perché di soldi ce ne sono davvero pochi, al netto delle misure per fronteggiare il caro energia, e perché alle porte di un anno di vacche magrissime, calcare troppo la mano su giovani e poveri sarebbe stato eccessivo.
Eppure le tracce ideologiche della maggioranza di destra si leggono tutte, in controluce. E sono tracce che, in assenza di abbastanza denaro per sostanziarla, raccontano comunque una visione della società dominata dal capofamiglia, in cui sono le nonne a badare ai nipoti, in cui essere giovani e disoccupati equivale a essere fannulloni, e in cui comunque è sempre il Padre – e non lo Stato – che si deve occupare di te.
Andiamo con ordine.
Dei 14 miliardi circa che il governo ha usato per aumentare le proprie spese, buona parte se ne vanno per mandare in pensione in anticipo i sessantaduenni con quota 103 e le cinquantottenni con Opzione Donna, ma solo se hanno abbastanza figli. Il messaggio è fin troppo chiaro: il buco del sistema pensionistico italiano – il più costoso in Europa dopo quello greco – lo pagheranno i giovani, quando sarà il loro turno. Per ora, bisogna far smettere di lavorare più boomer possibili, e pazienza se così facendo si aumenta il debito pubblico e si drenano risorse altrove.
Anche per quanto riguarda la povertà il discorso non cambia. Se sei povero e pensionato, ti alzo la pensione minima da 500 a 570 euro (compreso aumento inflazione, bada bene).
Se sei povero e giovane e disoccupato, ti cancello il reddito di cittadinanza, ossia il sussidio universale contro la disoccupazione che hanno tutti i Paesi d’Europa.
Tra otto mesi, potrà averlo solo chi risulta inabile al lavoro, mentre per tutti gli altri si tornerà ai sussidi previsti dai contratti di riferimento, con tanti saluti ai lavoratori precari. Giovani, ovviamente.
Anche per le partite Iva la musica non cambia. I soldi si trovano solo per abbassare le tasse ai lavoratori autonomi che dichiarano tra i 65mila e gli 85mila euro di reddito. Una misura, quest’ultima che, dati alla mano, privilegia, dati alla mano, un ben preciso gruppo sociale. Indovinate quale? Esatto: quello dei professionisti maschi con un età compresa tra i 50 e i 60 anni.
Rimangono un paio di pannicelli caldi, certo, giusto per dire che qualcosa è stato per poveri e giovani. Un’ulteriore taglio del cuneo fiscale, rispetto a quello già previsto dal governo Draghi, che passa dal 2% al 3% per i redditi sotto i 20mila euro. E la decontribuzione totale agli imprenditori che assumono gli under 36. Ma sono, per l’appunto, pannicelli caldi. Perché le tasse sul lavoro si possono drasticamente abbassare solo se si comincia a tassare sul serio il patrimonio, cosa che la destra ha sempre combattuto con tutte le sue forze. E perché nessun incentivo fiscale, tanto più se di breve durata, è in grado di orientare le scelte di un’imprenditore.
Quasi ce ne dimenticavamo: dietro ai pannicelli caldi c’è l’ennesimo condono, pardon pace, pardon tregua fiscale dedicato a chi non ha pagato le tasse in questi ultimi anni. Indovinate chi ne beneficerà?
(da Fanpage)
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