Dicembre 30th, 2022 Riccardo Fucile
“MIO PADRE VUOLE CHE SMETTA, MA IO VOGLIO VOLARE”… IL SOGNO DI DIVENTARE PILOTA DI LINEA
Si chiama Silvia De Bon e ha 22 anni la pilota che ha effettuato un atterraggio d’emergenza sulle Dolomiti.
L’aereo da lei pilotato è atterrato a 2.100 metri di quota sul gruppo montuoso del Lagorai, in Trentino. Illesi il fratello Mattia De Bon e la sua fidanzata Giorgia Qualizza che si trovavano a bordo.
Lei è stata trattenuta in ospedale per alcuni controlli. Dopo l’atterraggio i tre hanno raggiunto sani e salvi il bivacco «Paolo e Nicola». Quindi, attorno alle 16.25, hanno dato l’allarme.
Secondo le prime informazioni, l’atterraggio d’emergenza si sarebbe reso necessario a causa di un calo di potenza del motore. Il Piper Pa 28 è un aereo da turismo di proprietà dell’Autoclub Belluno. L’Associazione Nazionale Sicurezza sul Volo e la procura di Trento hanno aperto un’inchiesta sull’incidente.
Silvia De Bon ha invece parlato di quello che è successo in due interviste rilasciate a La Stampa e al Corriere della Sera. «Stavamo passando poco sotto la vetta di Cima Cece, ma tra il freddo e l’aria rarefatta il motore ha perso potenza. Ero a circa 80 chilometri orari e ho provato a tirare verso l’alto il mio aereo muovendo all’indietro la cloche, ma dopo che il motore diminuisce di potenza a una certa velocità inizia a precipitare. Ho pensato dentro di me “c…o, adesso mi schianto”. Poi ho solo tentato di appianare l’aereo al pendio. Dal momento del botto all’istante successivo ho il vuoto», racconta oggi dall’ospedale di Trento dove è ricoverata per accertamenti.
La manovra che ha effettuato «di norma è sbagliata, perché più si tira, più la velocità diminuisce e l’aereo cade. Sapendo di andare contro alla montagna, ho fatto di tutto per atterrare con la pancia dell’aereo rispetto al pendio. Se mi fossi schiantata in maniera dritta, avrei distrutto il muso e le conseguenze sarebbero state peggiori. Uguale se avessi provato a tornare indietro: avrei centrato il costone di roccia. La cosa più giusta probabilmente era fare così».
La pilota ora ha alcune ferite sul volto: «Non so come me le sono fatte perché il vetro dell’aereo sembra intatto. Forse ho sbattuto sul cruscotto. Ho un po’ di dolori alla schiena e alle costole. Niente di grave». Ma smentisce i problemi di accensione all’aereo: «È stato un fraintendimento. Quando siamo partiti da Trento il motore era freddo e faceva fatica a partire. Ma questo fatto non è collegato o collegabile con quanto accaduto in volo».
Il padre di Silvia, Ettore, vorrebbe che lei smettesse di volare: «Ma io non lo ascolto. Se tutti quelli coinvolti in incidenti stradali smettessero di guidare cosa succederebbe?».
Silvia invece ha un sogno: «Diventare pilota di linea. Per il momento ho il brevetto di aviazione generale italiano e quello statunitense. Per diventare pilota di linea devo studiare ancora, ma sono pronta. Io voglio volare».
(da agenzie)
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Dicembre 30th, 2022 Riccardo Fucile
LA RIVOLTA DELLE ONG E L’INTERVENTO LEGALE: “L’ITALIA NON PUO’ IMPORRE LE MODALITA’ DI SVOLGIMENTO DELLE OPERAZIONI DI SOCCORSO IN ACQUE INTERNAZIONALI”
Le Ong dichiarano guerra al decreto sicurezza. Il governo Meloni ha
deciso che le navi che salvano i migranti in mare potranno transitare e intervenire solo per i soccorsi sotto il controllo e le indicazioni delle autorità territoriali. E che saranno tenute a formalizzare la richiesta di un porto sicuro già subito dopo la prima operazione di salvataggio. Senza sostare in mare per giorni. In caso contrario, si prevedono sanzioni per il comandante, l’armatore e il proprietario. Ovvero una multa fino a 50 mila euro e la confisca del mezzo. Che deve anche avere una «idoneità tecnica» per la sicurezza nella navigazione.
La norma voluta dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha già ricevuto le critiche della Cei: «È basato sul nulla. Cadrà presto».
I salvataggi in mare
La prima nave che sbarcherà in Italia con il nuovo provvedimento già approvato è la Ocean Viking della Ong francese Sos Mediterranée, con 113 migranti a bordo, a cui è stato assegnato il porto di Ravenna. L’arrivo è previsto nella tarda mattinata di sabato 31 dicembre. Si tratta della stessa nave che fu accusata proprio da Piantedosi di aver generato la lite con il governo francese.
La Sea Eye ha invece annunciato che seguirà la legge tedesca e non le nuove norme del governo italiano. Che prevedono, implicitamente, norme in grado di mettere in pericolo la vita dei naufraghi. Perché non potranno fermarsi a raccoglierne altri dopo aver mandato la comunicazione ai ministeri. E perché con l’assegnazione di porti lontani rispetto a quelli della Sicilia e della Calabria rischiano di passare giorni a navigare in mare. Secondo Valentin Schatz, giurista dell’Università di Luneburg e membro del team giuridico della Ong tedesca, «l’Italia non può imporre le modalità di svolgimento delle operazioni di soccorso in acque internazionali».
L’invito a Piantedosi
Caterina Bonvicini, scrittrice e giornalista che ha lavorato sulle navi delle Ong come volontaria, invita oggi lo stesso Piantedosi a salire sulle imbarcazioni «per aiutarci a decidere chi deve vivere o morire».
In un commento pubblicato su La Stampa punta il dito prima sulle indicazioni del porto sicuro: «La Spezia? Ravenna? Perché non Trieste? Avete paura che portino quelli della rotta balcanica in Sar libica? Anche se è tragico, sui porti – quando non muore qualcuno – riesco ancora a scherzare. L’ho fatto addirittura in nave. Per esempio dopo avere riportato a bordo un ragazzo che si era appeso fuori e si voleva buttare fra le eliche. Magari non voleva davvero morire, ma basta un piede in fallo, basta uno scivolone, basta una mano umida che non tiene la presa». Poi la scrittrice immagina un soccorso in mare con il ministro: «Chi c’è, c’è. Chi non è pronto, resta sulla nave. È un peccato rimanere sulla nave, il Mediterraneo va visto molto da vicino. Lei mi ringrazia, l’aiuto a vestirsi in fretta, non è facile mettersi quei pantaloni, le stringo le bretelle. Mentre la gru ci cala nel buio, lei mi chiede: “Cosa faranno? Andranno verso il naufragio o verso il barchino pieno di acqua?”. “Non lo so”, le rispondo, “adesso si concentri su questo soccorso, agli altri penseremo dopo. Anche uno è tanto. Facciamone uno alla volta”».
(da La Repubblica)
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Dicembre 30th, 2022 Riccardo Fucile
CHI PUO’ ATTERRARE SENZA PASSARE I CONTROLLI: EQAUIPAGGIO E PERSONALE
Da poche ore in Italia si tenta di arginare quella che il ministro della Salute Schillaci ha chiamato «la tempesta perfetta cinese». Poca copertura vaccinale contro Covid-19, scarsa protezione: l’ondata di contagi che per questo ha colpito di nuovo Pechino viene rimandata al mittente negli aeroporti italiani con l’obbligo di tamponamento per tutti i viaggiatori provenienti dalla Cina.
«Dobbiamo difenderci», ripete Schillaci, firmando un’ordinanza valida su tutto il territorio nazionale.
Ma da Malpensa a Capodichino, il documento del ministero della Salute permette di fatto a una parte di viaggiatori arrivati dalla Cina di sviare ai controlli. «Ai fini dell’identificazione e del contenimento della diffusione di possibili varianti del virus Sars-Cov-2», il ministero della Salute impone nei confronti di «tutti i soggetti in ingresso dalla Cina» l’obbligo di sottoporsi a un tampone antigenico «al momento dell’arrivo in aeroporto», e qualora ciò non fosse possibile, «entro 48 ore dall’ingresso nel territorio nazionale presso l’azienda sanitaria locale».
Dov’è il problema
Ma nella seconda parte dell’ordinanza il testo firmato dal ministro Schillaci presenta un elenco di profili che, nonostante la presenza sugli aerei dalla Cina, non risultano coinvolti nella direttiva del governo. «A condizione che non insorgano sintomi», recita il testo, «le disposizioni non si applicano ai minori di sei anni, ai membri dell’equipaggio e al personale viaggiante dei mezzi di trasporto di persone e merci». E ancora: «Ai funzionari e agli agenti dell’Unione europea o di organizzazioni internazionali, agli agenti diplomatici, al personale amministrativo e tecnico delle missioni diplomatiche, al personale delle Forze di Polizia». Un gruppo di persone che, trovandosi sugli stessi voli messi sotto controllo dal governo, corrisponderebbero a tutti gli effetti alla definizione di contatti stretti dello stesso ministero della Salute.
La definizione di contatto stretto
Le indicazioni del ministero della Salute su «Test diagnostici, contact tracing, isolamento e autosorveglianza», datate settembre 2022, forniscono una chiara definizione di contatto stretto di un positivo a Covid-19. «Il “contatto stretto” (esposizione ad alto rischio) di un caso probabile o confermato è definito come»:
una persona che vive nella stessa casa di un caso COVID-19
una persona che ha avuto un contatto fisico diretto con un caso COVID-19 (per esempio la stretta di mano)
una persona che ha avuto un contatto diretto non protetto con le secrezioni di un caso COVID19 (ad esempio toccare a mani nude fazzoletti di carta usati)
una persona che ha avuto un contatto diretto (faccia a faccia) con un caso COVID-19, a distanza minore di 2 metri e di almeno 15 minuti
una persona che si è trovata in un ambiente chiuso con un caso COVID-19 in assenza di DPI idonei
un operatore sanitario o altra persona che fornisce assistenza diretta ad un caso COVID-19 oppure personale di laboratorio addetto alla manipolazione di campioni di un caso COVID-19 senza l’impiego dei DPI raccomandati o mediante l’utilizzo di DPI non idonei
una persona che ha viaggiato seduta in treno, aereo o qualsiasi altro mezzo di trasporto entro due posti in qualsiasi direzione rispetto a un caso COVID-19; sono contatti stretti anche i compagni di viaggio e il personale addetto alla sezione dell’aereo/treno dove il caso indice era seduto
Secondo l’elenco fornito dal ministero di cui il firmatario dell’ordinanza Schillaci è rappresentante, anche il personale addetto e i viaggiatori, «entro due posti in qualsiasi direzione rispetto a un caso covid19», sono considerati quindi soggetti ad alto rischio di contagio.
Appare chiara anche l’assenza di alcuna differenza di età, minori compresi, se si tratta di soggetti «presenti nello stesso ambiente chiuso con un caso Covid-19 in assenza di DPI idonei».
Eccezioni dunque che appaiono in netta contraddizione con le regole di contact tracing finora stabilite dal ministero stesso. E che, come se non bastasse, risultano del tutto assenti nella direttiva inviata all’Ats Insubria dalla Regione Lombardia, in cui la procedura di screening ha dichiaratamente coinvolto anche tutti gli operatori.
(da Open)
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Dicembre 30th, 2022 Riccardo Fucile
I RUSSI IN RITIRATA DA KREMINNA NON RIESCONO A SFONDARE A BAKHMUT DOVE I SOLDATI VENGONO MANDATI ALLO SCOPERTO E FINISCONO FALCIATI DAI COLPI
A questo punto la battaglia per la piccola città di Kreminna e quella per la
città di Bakhmut, ottanta chilometri più a Sud, sono diventate le due sfide gemelle che decideranno chi si prende l’intero Donbass.
I soldati ucraini sono in vantaggio attorno a Kreminna, tenuta ancora in queste ore dai soldati russi, e se la prendessero potrebbero avanzare in profondità nella regione di Lugansk. Fonti locali dicono a Repubblica di avere visto militari e mezzi russi lasciare Kreminna e spostarsi verso Est, ma non è una prova definitiva e se la città fosse caduta gli ucraini lo avrebbero già annunciato su tutti i canali: per ora non è successo.
Tra aprile e giugno i governi occidentali realizzarono che gli ucraini erano in grado di vincere uno scontro convenzionale contro i russi e cominciarono a mandare armi pesanti ai soldati ucraini nel Donbass, inclusi pezzi d’artiglieria e lanciarazzi Himars, ma era ormai troppo tardi per rovesciare sul breve termine il rapporto di forze con le divisioni russe.
I soldati di Putin conquistarono tutte le città della regione di Lugansk – come Kreminna, Rubizhne, Lysychansk e Severodonetsk – e cacciarono indietro gli ucraini di una quarantina di chilometri prima che la situazione si stabilizzasse.
Adesso i soldati ucraini stanno facendo in avanti le stesse strade che in estate avevano fatto all’indietro. Come scrive il Washington Post, dispongono di una mappa digitalizzata del territorio che consente di vedere in tempo reale gli spostamenti e le posizioni di ogni singola unità russa – anche di un solo carro armato – grazie al sostegno dei militari e dell’intelligence americana.
L’intelligenza artificiale esamina le foto satellitari (non soltanto quelle militari, ma anche quelle dei satelliti commerciali) e riconosce, metro per metro, la presenza militare della Russia in Ucraina.
Questo tipo di intelligence, così minuziosa e localizzata, consente agli ucraini di vedere dove le difese russe sono più deboli. È così che a settembre hanno sfondato nella regione di Kharkiv, ma il Donbass è sempre una faccenda differente, i russi hanno preparato molte linee fortificate di difesa e il governo Putin ha ordinato negli ultimi tre mesi una mobilitazione di massa proprio per non cedere più terreno.
Più a Sud, i russi tentano da sei mesi di conquistare la piccola città di Bakhmut. Se riuscissero, questa volta sarebbero loro ad avanzare in profondità nella regione di Donetsk. Non sta andando bene per loro. I soldati ucraini in queste settimane descrivono lo spettacolo senza senso delle ondate successive di soldati russi mandati avanti a morire su terreno scoperto, una dopo l’altra.
Questa ostinazione suicida è frutto di un calcolo politico: il capo della forza mercenaria Wagner, Evgenij Prigozhin, vuole provare a Putin di essere più efficiente e quindi più utile dell’esercito regolare. Bakhmut doveva essere il trofeo di Prigozhin, entrerà nella storia russa come il luogo di una strage senza significato.
Due giorni fa il capo dell’intelligence militare ucraina, il generale trentaseienne Kyrylo Budanov, è andato a visitare i soldati a Bakhmut. Si è fatto fare foto davanti a un edificio che è a circa 500 metri dalle linee russe. È una beffa, considerato che Budanov da anni è sulla lista dei leader ucraini che il Cremlino vuole eliminare. Nel 2019 un sicario russo piazzò una bomba sotto la sua automobile in un parcheggio di Kiev, ma l’ordigno esplose in anticipo.
Il generale dell’intelligence ieri in una intervista alla Bbc ha detto che la guerra è arrivata a un punto di stallo e che gli ucraini potranno rompere questa parità soltanto se riceveranno aiuti militari adeguati. Anche Budanov, insomma, che prometteva l’arrivo in Crimea nell’estate 2023 si adegua alla linea comune dei comandanti ucraini, che da settimane, per esempio sull’Economist, usano toni poco trionfalistici e parlano di un possibile nuovo attacco da parte della Russia.
La parola d’ordine è chiara: parlare troppo delle vittorie sul campo finisce per rallentare gli aiuti militari da parte degli alleati. Budanov tuttavia esclude per ora un attacco dalla direzione della Bielorussia, perché ancora non vede una quantità di forze russe sufficiente all’operazione.
È una manovra diversiva, dice, li abbiamo visti scendere da un treno e poi andarsene di nuovo via nello spazio di un pomeriggio. Dopo la liberazione di Kherson nel Sud, Kreminna e Bakhmut sono diventate il centro della campagna di terra. L’altra campagna è quella dei missili russi contro la rete elettrica dell’Ucraina, che procede a ondate regolari: ieri è arrivato un nuovo attacco, con sessantanove missili. Un missile della contraerea ucraina è caduto per errore in Bielorussia, il 15 novembre era successa la stessa cosa in Polonia.
(da La Repubblica)
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Dicembre 30th, 2022 Riccardo Fucile
IL COMITATO NORD CREATO DA BOSSI NON HA ANCORA SCIOLTO LA RISERVA, E POTREBBE ANCORA SOSTENERE LETIZIA MORATTI… GLI “SCISSIONISTI” VORREBBERO COINVOLGERE GIORGETTI
Dopo l’incontro dello scorso 20 dicembre al Pirellone, questa volta è stato Attilio Fontana ad andare a Gemonio, a casa del senatùr, per proseguire il dialogo in vista delle regionali del prossimo febbraio. Il presidente di Regione Lombardia e candidato per il centrodestra a un secondo mandato è uscito sorridente dalla villa del Varesotto di Umberto Bossi riferendo di essere venuto a fare gli auguri e spiegando di essere al lavoro per «unire».
All’incontro hanno partecipato anche i promotori del Comitato Nord, l’eurodeputato Angelo Ciocca e l’ex segretario della Lega Lombarda Paolo Grimoldi. L’intenzione del Comitato – riferiscono fonti vicine – sarebbe quella di coinvolgere il vice segretario leghista Giancarlo Giorgetti, chiedendogli di partecipare a un nuovo incontro proprio con il tramite di Fontana.
La data dovrebbe essere definita nei prossimi giorni, quando il ministro dell’Economia avrà terminato i lavori d’aula per l’approvazione della manovra economica.
Orientativamente, i tre dovrebbero vedersi «al Nord» dopo l’Epifania, anche se un primo contatto potrebbe avvenire già dopo il 31 dicembre. Il numero due del Carroccio, quindi, dovrebbe perorare con il suo segretario federale Salvini la causa “nordista” per la candidatura di singoli consiglieri nella lista Fontana.
Così come emerso dopo il primo incontro al Pirellone, Bossi e i suoi avevano dato la piena disponibilità a sostenere la ricandidatura del leghista alla presidenza di Regione Lombardia in cambio di qualche casella nei listini elettorali. Ma dalla Lega, allo stato attuale le porte sono chiuse a una eventuale lista «scissionista».
Il timore è quello che fenomeni come quello del Comitato Nord possano essere di «cattivo esempio» e che portino ad altre spaccature interne o correnti. Fatto sta, come riferiscono ancora dal Comitato di Bossi, che «molto dipenderà dai sondaggi. Da quanto questa Lega riuscirà ad attirare voti nei suoi territori». Per questo, sostengono dal Comitato Nord, la loro presenza è fondamentale.
(da La Stampa)
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Dicembre 30th, 2022 Riccardo Fucile
AL POSTO DI DIPENDENTI PUBBLICI E ASSESSORI CI SONO I TECNICI MEDIASET DI BERLUSCONI, QUELLO PER CUI LAVORAVA TOTI QUANDO FACEVA IL GIORNALISTA
Questo è un ufficio pubblico: la poltrona di raso rosa, lo specchio ovale,
un altro specchio a lato per vedersi di profilo e capire l’effetto che fa. Magari darsi un colpetto di cipria, un ritocco con il mascara. Intanto c’è anche la cassettiera per i trucchi. E se sei stanco ti riposi sul bel divanetto di pelle bianca.
Strabuzzo gli occhi. Ero entrato nel palazzo della Giunta della Regione, in piazza De Ferrari, per andare all’ufficio dell’assessore e invece trovo un boudoir stile primi Novecento. Mica male per un ufficio pubblico. Ma che succede? Sono impazzito io?
No, a Genova siamo nel mezzo di un esperimento unico: gli uffici pubblici della Regione sono stati trasformati in un gigantesco camerino TV. Direte voi… è il teatrino della politica.
Continuo a camminare e le sorprese non finiscono: semplicemente gli uffici pubblici hanno chiuso baracca e burattini per lasciar posto ai camerini della festa di Capodanno. Gli impiegati e dirigenti sono spariti (spediti a casa!) per far posto a tecnici e ballerine. I computer e le scrivanie sono tutti imballati e nascosti per essere sostituiti da specchiere, armadi per il trucco, luci da palco, monitor e console per radio e TV.
Accanto all’ufficio dove campeggia la targa dell’assessore Scajola c’è un post it sulla porta: Patty Pravo. Nelle stanze della segreteria c’è scritto Leali e Facchinetti.
Scusi, ma io volevo chiedere una mappa catastale… Niente da fare, risponde una truccatrice. È tutto sigillato, rinchiuso chissà dove in qualche armadio.
Ripassi dopo Capodanno, magari dopo l’8 gennaio, adesso si fa festa.
Nei corridoi, tra cassoni da cui emergono tutù e costumi con le paillettes si aggirano gli ultimi funzionari. “Credevo di aver visto di tutto… sa, io sono uno di quei dipendenti pubblici vecchio stile”, dice uno osservando la targa scintillante del camerino di Federica Panicucci al posto dell’ufficio del segretario. Niente pratica e mappe, al massimo ti danno un po’ di cerone.
Il funzionario non è il solo un po’ spaesato. Forse siamo in tanti vecchio stile. Forse è davvero vecchio stile chiedersi quanti soldi pubblici costerà.
È vecchio stile stupirsi vedendo un palazzo istituzionale che chiude le porte al pubblico e si trasforma in un camerino.
Sì, siamo noi fuori posto che storciamo il naso vedendo che al posto di dipendenti pubblici e assessori ci sono i tecnici Mediaset di Berlusconi. Già, quello per cui lavorava Toti quando faceva il giornalista. Quello che era il suo padrino politico.
Vabbè dai, sciocchezze.
Ora brindiamo. Allegria. Buon anno.
Ferruccio Sansa
(da Fb)
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Dicembre 30th, 2022 Riccardo Fucile
LA FESTA DEGLI ESTREMISTI DEL GRUPPO DORA
Il gruppo di estrema destra filonazista dei Do.Ra ha realizzato una locandina dell’evento di capodanno previsto nella loro nuova sede di Azzate, in provincia di Varese, con una foto che ritrae quattro membri delle SS naziste che brindano durante una festa al centro di sterminio di Sobibor, nella Polonia occupata dai tedeschi, come ricorda Varesenews. È solo l’ultima provocazione dell’organizzazione che ha scatenato le proteste di diverse associazioni, a cominciare da Memoria Antifascista, seguita dall’Anpi di Milano e della Lombardia che hanno chiesto, attraverso un post firmato dal presidente milanese dell’associazione dei partigiani, Roberto Cenati, che questa «pericolosa setta venga sciolta dalla magistratura in base alle leggi Scelba e Mancino».
Le associazioni esprimono «profonda preoccupazione» per la vicenda, la quale vede coinvolto un gruppo che, tra l’altro, «inneggia alla lotta armata e si contrappone ai principi della nostra Carta Costituzionale». Cenati ricorda che il 27 dicembre di quest’anno è stato il 75° anniversario della promulgazione della Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza.
E commenta: «Il modo più significativo per celebrare questa importante ricorrenza sarebbe quello di mettere in atto le necessarie misure per sciogliere la setta nazista dei DO.RA che offende la memoria di coloro che furono perseguitati per la sola colpa di essere nati e di quanti si opposero alle nefandezze del nazifascismo».
Il Pd: «Un insulto immondo ai morti per mano nazista»
La locandina indica che i festeggiamenti del gruppo neonazista inizieranno alle 19 del 31 dicembre presso il circolo culturale Fratelli Gervasini, la nuova sede della Comunità Militante, dopo la chiusura di quella di Caidate di Sumirago (Varese), nel 2017, a seguito di un’inchiesta della Procura di Busto Arsizio. La sede di Azzate è recente, inaugurata a fine ottobre. A unirsi alle associazioni antifasciste è anche l’ex deputato del Pd Emanuele Fiano, secondo il quale quella locandina e quell’evento di fine anno rappresentano «un immondo insulto alla morte per mano nazista di milioni di persone».
La replica di Do.Ra§
Non si è fatta attendere la risposta del gruppo di estrema destra. «È un clamore immotivato – ha dichiarato il presidente di Do.Ra Alessandro Limido – perché quella legata ai soldati delle SS è un’iconografia che ci rappresenta da 29 anni. Inoltre si tratta di soldati e non di gerarchi». Per quanto riguarda la serata ha riferito che sarà un capodanno nella loro sede con i militanti e le loro famiglie, circa 40 persone. «La polemica o la si fa sempre o non la si fa mai. La nostra associazione ha 400 iscritti che provengono anche da fuori Varese ma i militanti sono in tutto 32, siamo un gruppo microscopico», aggiunge.
Non si tratta, però, della prima provocazione del gruppo in questione. Già lo scorso maggio il leader ha avuto una condanna a 4 mesi per oltraggio a pubblico ufficiale. Inoltre, come sottolinea l’Anpi, si sono resi più volte protagonisti di «sistematiche violenze, intimidazioni, minacce, rivolte tra l’altro in modo continuativo nei confronti del giornalista Paolo Berizzi».
(da agenzie)
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Dicembre 30th, 2022 Riccardo Fucile
IL LEADER DEI GRILLINI ACCUSA LA PREMIER DI AVER MENTITO E OMESSO COSE RILEVANTI NELLA CONFERENZA STAMPA DI IERI
Dopo le tre ore di conferenza stampa di Giorgia Meloni, sono arrivati
quasi 30 minuti di diretta social di Giuseppe Conte.
Il già due volte presidente del Consiglio, con i suoi follower, ha commentato l’operato della nuova inquilina di Palazzo Chigi. I termini usati sono stati molto duri.
Riferendosi a Fratelli d’Italia, ha detto: «Questi apprendisti stregoni della politica hanno tagliato il Reddito di cittadinanza, togliendo fondi alle fasce più deboli e a chiunque possa trovarsi in difficoltà. Invece vogliono stendere tappeti rossi ai responsabili della corruzione, ai cosiddetti colletti bianchi della pubblica amministrazione, ma soprattutto alla malavita organizzata che ha già messo gli occhi da tempo sulla torta del Piano di resistenza e resilienza».
In materia di giustizia, il presidente del Movimento 5 stelle ha accusato la maggioranza di voler abolire l’abuso di ufficio che, ricorda, è stato già «fortemente circoscritto nella sua discrezionalità originaria» da un decreto del governo Conte.
«Si vuole assolutamente introdurre una forte stretta sulle intercettazioni. Per il ministro Nordio le intercettazioni si prestano ad abusi, quindi le buttiamo via. Nordio sembra ignorare che ancora oggi sono lo strumento migliore per contrastare la mafia».
«Si propone, si coltiva e si rafforza la cultura dell’omertà – ha aggiunto Conte -. Poche ore fa è stato votato un ordine del giorno proposto da Calenda e Renzi che ha visto l’appoggio delle forze di maggioranza, che vuole spazzare via il blocco della prescrizione introdotto con il ministro Bonafede. In sostanza si sta andando verso un sistema della giustizia che distingue cittadini di serie A e cittadini di serie B. Nella fascia di serie A ci sono coloro che possono disporre di collegi difensivi molti agguerriti, oltrepassando la soglia dell’impunità, dall’altro lato cittadini di serie B che non potranno pagarsi avvocati che stanno a cercare tutti i cavilli possibili o addirittura le vittime dei reati che non potranno ottenere giustizia».
Con uno slogan, ha chiosato: «Noi stiamo passando dalla legge “spazza corrotti” che abbiamo introdotto col ministro Bonafede, che ha conquistato gli elogi a livello nazionale e internazionale di osservatori ed esperti, al piano salva corrotti».
«Meloni dice bugie, o meglio omette»
Conte ha dichiarato di aver ascoltato tutta la conferenza stampa di Meloni. Ha definito il capo dell’esecutivo «una presidente “scordarella”».
Il motivo sarebbe che «ancora una volta, ha cercato di dire una bugia, o meglio un’omissione. Ha detto che lei i soldi del Next generation Eu non li ha contrastati. Ha motivato l’astensione sul voto in parlamento con il fatto che il Pnrr fosse arrivato poche ore prima, ma ha omesso di ricordare che i parlamentari di Fdi, per tante volte all’Europarlamento, non hanno votato a favore di Next generation. Se fosse stato per loro, i soldi non sarebbero arrivati».
Infine, il leader dei 5 stelle ha concluso con un monito al presidente della Camera Lorenzo Fontana, suggerendogli di non ricorrere alla cosiddetta ghigliottina parlamentare per il percorso di approvazione del decreto rave.
«Decreto rave è norma da stato di polizia»
«Abbiamo un decreto, il decreto rave, che nasce da un’occasione contingente, il rave di Modena. Una norma scritta malissimo, da stato di polizia, tant’è vero che il governo è tornato sui suoi passi denunciando la propria imperizia. L’ha riformulata per renderla minimamente accettabile. Il ministro Ciriani ha dimostrato scarsa conoscenza e scarsa sensibilità istituzionale perché ha invocato a nome del governo l’applicazione della cosiddetta ghigliottina che è uno strumento per contingentare, silenziare le forze politiche d’opposizione come la nostra, e che è prerogativa del presidente della Camera. Ha invaso le prerogative del presidente della Camera. Noi confidiamo che il presidente della Camera non attiverà la ghigliottina e continueremo a parlare in aula nelle prossime ore e siamo disposti a farlo per tutta la prossima notte».
(da agenzie)
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Dicembre 29th, 2022 Riccardo Fucile
MA DESIDERO NON AVERE NULLA A CHE FARE CON COLORO CHE OGGI, DOPO AVERNE TRADITO L’IDENTITA’ SOCIALE PER ATTOVAGLIARSI ALLA GREPPIA DEL POTERE, LO RICORDANO SENZA VERGOGNA
Venti anni di militanza politica, di giornate a macchiarsi con l’inchiostro del ciclostile, di serate ad attaccare manifesti, di interventi alle assemblee scolastiche in contrapposizione agli esponenti di Lotta Continua, di pomeriggi passati in volantinaggi o in sede a discutere di politica, di presenza ai comizi dove sulle nostre teste volavano pietre “democratiche”.
Fino a rappresentare il Msi, a soli 29 anni, come capogruppo in consiglio provinciale a Genova, portando avanti istanze sociali, ambientaliste, culturali, rispettando le altrui opinioni e ricevendo altrettanto rispetto. Passando per la creazione di un circolo di cultura politica, un centro librario, rassegne editoriali, pulizia delle spiagge, organizzazione di concerti, confronti con altre forze politiche anche di sinistra, cene sociali con presentazioni di libri, creando comunità.
In una città egemonizzata allora dalla sinistra ufficiale del Pci e da quella extraparlamentare di Lotta Continua, poi teatro delle azioni “militari” delle Brigate Rosse.
Con corollario di molotov contro la sede del circolo e un paio di tentativi di aggressione armata che ricordo come mero dato statistico. Mai lamentato e mai chiamato in soccorso “i tutori dell’ordine” o denunciato qualcuno. Chi fa una scelta di campo ne conosce le conseguenze, rinunce comprese.
La premessa finisce qui, con una considerazione: non ho nulla di cui vergognarmi.
Come chi legittimamente ha militato nel Pci o nei gruppi extraparlamentari, ognuno seguiva i propri ideali di società, giusti o sbagliati che fossero. Chi oggi dipinge il Msi come un mero partito di nostalgici non sa di cosa parla, bisogna averlo vissuto dall’interno, conoscerne le varie anime e le pulsioni. Lo stesso errore di chi a destra, ha dipinto per anni il Pci come emanazione perenne del Cremlino.
Ma proprio perchè si chiamava Movimento “sociale” non desidero essere accomunato a coloro che in questi giorni hanno ricordato il 76° anniversario della sua nascita, ovvero a soggetti che ne hanno tradito l’identità sociale per un posto in parlamento o in qualche greppia di potere.
Il Msi non era un partito di destra conservatore, non ha mai difeso gli evasori fiscali e i poteri forti, non ha mai fatto favori al neocapitalismo d’assalto e alle lobby, non ha mai condotto guerre contro i deboli e i poveri.
Questo andrebbe ricordato, altro che “le radici profonde non gelano mai”, qualcuno si è scongelato da tempo grazie a un posto vicino a un caldo caminetto borghese.
Se qualcuno ha usato il Msi come rampa di lancio per planare su una poltrona, abbia il buon gusto di non parlare a nome di una comunità dissolta in mille rivoli.
Tanti non entrarono in una sede del Msi per affogare dei disperati o per condonare chi danneggia lo Stato non pagando le tasse.
Eravamo “un’alternativa al sistema”, non un “sistema per garantirsi una poltrona”, non dovevamo “conservare” privilegi, li combattevamo, non dovevamo accreditarci con il “vestito buono” nei salotti che contano, venivamo dai quartieri popolari e ci siamo rimasti.
Non ci interessano le nostalgie, guardiamo avanti, oggi come allora.
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