Destra di Popolo.net

ELLY SCHLEIN ALL’ATTACCO: “MELONI ISOLATA IN UE, FDI VOLEVA USCIRE DALL’EURO”

Marzo 25th, 2023 Riccardo Fucile

“ITALIA COSTRETTA DIETRO I MURI CHE I NAZIONALISTI ALLEATI DI MELONI VOGLIONO COSTRUIRE”

Giorgia Meloni si dice “soddisfatta” del Consiglio europeo terminato ieri a Bruxelles. La leader del Pd, Elly Schlein, la pensa all’opposto: il governo, attacca la segretaria del Pd, ne esce isolato, schiacciato sull’asse di Visegrad e senza avere portato a casa risultati.
“È un misero bilancio quello con il quale la presidente Meloni torna dal Consiglio europeo – è l’affondo dell’inquilina del Nazareno – I nodi vengono al pettine e la mancanza di credibilità sulla scena europea è il risultato non solo delle scelte e delle alleanze strette in questi anni, ma anche dell’atteggiamento propagandistico ed euroscettico che ha portato spesso la leader di Fratelli d’Italia su posizioni vicine a chi vorrebbe l’uscita del nostro Paese dall’euro”.
Schlein, che giovedì ha esordito proprio a Bruxelles al vertice del Partito socialista europeo, dove ha incontrato i primi ministri Pedro Sanchez, Olaf Scholz e Sanna Marin e i commissari europei Frans Timmermans e Paolo Gentiloni, gioca sul dualismo con Meloni.
Sta tessendo la sua rete di relazioni internazionali e batte sul chiodo della solitudine della premier nel consesso europeo. “Il governo italiano – sostiene Schlein – resta isolato nella condivisione di responsabilità sull’accoglienza, con l’Italia costretta dietro i muri che i nazionalisti alleati di Meloni vogliono costruire. La propaganda non risolve nulla, gli italiani e le italiane se ne stanno accorgendo. In passato quando si è provato a riformare il Regolamento Dublino la destra non si è fatta trovare, i primi da convincere sono i loro alleati, chissà se con loro ha il coraggio di parlarne Giorgia Meloni”.
(da agenzie)

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UE, INTESA RAGGIUNTA CON LA GERMANIA SULLO STOP ALLE AUTO INQUINANTI

Marzo 25th, 2023 Riccardo Fucile

LA MELONI RESTA A MANI VUOTE

Dopo qualche settimana di stallo, il nuovo regolamento europeo sulle auto sembra destinato a diventare realtà. Il vicepresidente della Commissione europea Frans Timmermans ha annunciato oggi su Twitter di aver raggiunto un accordo con la Germania sullo stop, a partire dal 2035, alla vendita di nuove auto a benzina e diesel.
Salvo ulteriori sorprese, questa intesa dovrebbe portare al via libera definitivo alla riforma già la prossima settimana. Allo stesso tempo, la trattativa tra Bruxelles e Berlino lascia a mani vuote il governo italiano e gli altri Paesi scettici, che dovranno rassegnarsi di fronte all’approvazione del nuovo testo definitivo della riforma.
«La legge secondo cui il 100% delle auto vendute dopo il 2035 deve essere a zero emissioni sarà votata invariata entro martedì prossimo. Le regole sono chiare: il Parlamento deciderà a tempo debito sulle future proposte della Commissione sugli e-fuel», ha commentato il presidente della Commissione Ambiente Pascal Canfin.
Martedì il voto definitivo
Il regolamento sulle auto è stato approvato lo scorso 14 febbraio dal Parlamento europeo e fa parte del pacchetto di misure a favore del clima contenute nel Green Deal di Bruxelles. Il testo avrebbe dovuto ricevere l’ultimo via libera – apparentemente solo una formalità – da parte del Consiglio Ue.
Alcuni Paesi, però, si sono ribellati alla riforma, mettendo in stallo l’approvazione del testo e facendo saltare l’accordo definitivo. A pesare sono state soprattutto le posizioni scettiche di Italia e Germania. In particolare, il governo di Olaf Scholz chiedeva di introdurre una deroga per l’uso degli e-fuels, combustibili prodotti combinando idrogeno e carbonio provenienti da fonti non fossili.
L’Italia invece premeva per inserire i bio-fuels, ottenuti da scarti agricoli e organici. Alla fine, nel tentativo di raggiungere un’intesa definitiva, la Commissione europea ha deciso di accontentare soltanto uno dei due Paesi scettici – la Germania – lasciando inevase le richieste del governo italiano.
A questo punto, il via libera definitivo al regolamento potrebbe arrivare già al prossimo Consiglio Ue dei ministri dell’Ambiente, che si terrà martedì 28 marzo a Bruxelles.
«L’accordo tra Germania e Ue sull’uso dei carburanti sintetici, con l’esclusione dei biocarburanti, è semplicemente intollerabile», ha commentato Luca Squeri, deputato di Forza Italia e responsabile del dipartimento Energia.
(da agenzie)

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LA POLEMICA SUL DAVID DI MICHELANGELO

Marzo 25th, 2023 Riccardo Fucile

IN AMERICA I FESSI HANNO UN SERIO PROBLEMA CON LE STATUE

Ormai è appurato che in America i fessi hanno un serio problema con le statue. Mentre i fessi progressisti le fanno abbattere, quelli reazionari fanno licenziare la preside che ha osato tenere una lezione d’arte sul David di Michelangelo.
Siamo a Tallahassee, nella Florida di Ron deSantis, la versione «light» di Donald Trump, ma sarebbe potuto succedere in qualsiasi altro Stato dell’Unione, eccetto forse in quello di New York, in California e in qualche altro.
Ad accendersi di sacro sdegno sono stati i genitori dei ragazzi. Immaginate la scena: gli studenti tornano a casa e mostrano ai loro cari l’immagine del capolavoro rinascimentale come se l’avessero appena trovata su Onlyfans.
L’occhio di mamma e papà non indugia sull’armonia delle forme, ma va a cascare proprio là, dove si aspetterebbe di trovare delle mutande di marmo, magari sponsorizzate. Le chat dei genitori prendono fuoco: si chiede e si ottiene la testa della professoressa reproba, per propaganda e smercio di materiale pornografico.
Come passa (male) il tempo. Cinque secoli fa Firenze ospitò un dibattito sul luogo più adatto a ospitare il David di Michelangelo a cui parteciparono, tra gli altri, Botticelli e Leonardo.
Cinque secoli dopo, in Florida, si caccia da scuola chi lo mostra. Certo, quella era una élite di statura mondiale mentre costoro sono degli ignoranti. È proprio questo il problema: hanno censurato il David perché li disturba, ma li disturba perché non sanno che è il David.
(da Il Corriere della Sera)

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IRMA TESTA E’ ORO AI MONDIALI DI BOXE: “UNA VITA DI SACRIFICI, MA NE’ E’ VALSA LA PENA”

Marzo 25th, 2023 Riccardo Fucile

LA STRAORDINARIA PRESTAZIONE DELLA CAMPANA: IRMA “BUTTERFLY” SUL TETTO DEL MONDO

Irma Testa è la nuova campionessa del mondo di boxe femminile nella categoria dei 57 chilogrammi (pesi piuma). La 25enne boxeuse campana, nata a Torre Annunziata il 28 dicembre 1997, atleta delle Fiamme Oro da giugno 2015, attuale campionessa continentale e medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Tokyo 2020, si è imposta ai punti sulla kazaka Karina Ibragimova, ottenendo così il suo primo titolo iridato in carriera sul ring di Nuova Delhi.
I pugni d’oro di Irma: “Un premio per tutti i miei sacrifici”
Malgrado il nome che riporta a un grande film del 1963 diretto da Billy Wilder con protagonisti Jack Lemmon e Shirley MacLaine, la campionessa è ‘dolce’ solo fuori da ring.
Sul quadrato dove incrocia i guantoni con le sue pari-peso, invece, è una belva. E ne sa qualcosa la kazaka Ibraginova sconfitta oggi in India.
Irma Testa, nata in una terra che negli ultimi decenni e’ stata fucina di campioni di pugilato (da Patrizio Oliva a Clemente Russo, da Carmine Tommasone a Vincenzo Mangiacapre, da Carlo De Novellis a Vincenzo La Femmina) colleziona record: nel 2016 a diciotto anni appena compiuti, dopo aver vinto un Mondiale Junior, uno Youth e un argento ai Giochi Olimpici Giovanili, e’ stata la prima boxeuse italiana partecipare a un’Olimpiade.
Una passione per il pugilato che le è nata a 12 anni grazie alla sorella Lucia e poi valorizzata dal maestro Lucio Zurlo della Boxe Vesuviana di Torre Annunziata. Soprannominata Butterfly (farfalla) per la sua agilita’ e leggiadria nei movimenti, nel 2019 si è laureata campionessa europea nella categoria dei pesi piuma.
L’anno prima, nel 2018, è stata protagonista del docufilm ‘Butterfly’, diretto da Alessandro Cassigoli e Casey Kauffman e presentato in concorso alla Festa del Cinema di Roma nella sezione ‘Alice nella Citta”, che narra l’ascesa dell’atleta fino al raggiungimento della qualificazione alle Olimpiadi di Rio de Janeiro 2016 e tutte le vicissitudini personali vissute dopo la sconfitta nel torneo olimpico dove si e’ fermata ai quarti di finale, sconfitta dalla campionessa mondiale e futura campionessa olimpica dei pesi leggeri Estelle Mossely.
Una sconfitta che e’ stata motivo per ripartire e riuscire a conquistare nel 2021 a Tokyo la prima storica medaglia per l’Italia nella boxe femminile alle Olimpiadi. E oggi ha coronato un altro sogno: diventare la campionessa del mondo dei pesi piuma, la terza italiana dopo Stefania Bianchini e Simona Galassi.
(da La Stampa)

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LA RICETTA DI LOLLOBRIGIDA PER I MIGRANTI: FARE DELL’AFRICA UN SUPERMARKET UE

Marzo 25th, 2023 Riccardo Fucile

UNA VISIONE COLONIALISTA CHE CI RIPORTA INDIETRO NEL TEMPO

Quale può essere il primo scopo di un governo reazionario formato da partiti che da sempre sono inchiodati (al limite della nostalgia) a un periodo storico del nostro Paese?
Apparire moderni di fronte al mondo continuando a solleticare i proprio elettori. Così accade che fin dall’insediamento del governo Meloni ci ritroviamo di fronte a contorsioni logiche e linguistiche sul confine del paradosso.Per fortuna – loro – un bel pezzo di stampa volentieri s’offre per rendere dignitose idee che non lo dovrebbero essere.
Fuoriclasse in questo teatro dell’assurdo è il cognato d’Italia Francesco Lollobrigida, tra le altre cose ministro all’Agricoltura, che volentieri s’immola in conturbanti piani in difesa della Patria e della tradizione che agevola con levità su giornali e televisioni.
L’ultima grande idea del ministro è “un nuovo piano dell’Africa” per liberare le nostre coste del fastidioso incomodo di disperati che bussano alle porte dell’Europa per salvarsi. “La nostra ricetta base – dice Lollobrigida, sempre più immerso nel suo ruolo di alfiere culinario – è sempre: meno partenze, meno morti”.
La cognata presidente del Consiglio ha insistito per anni con il “blocco navale” (roba spietata da videogame che non esiste nel diritto internazionale) ma non ha funzionato. La nuova idea è sconfiggere la povertà in Africa
Proposito nobilissimo, non c’è che dire, se non fosse che nella testa di Lollobrigida e del governo il problema dell’Africa sarebbe soltanto la fame, in una banalizzazione degna dei calendari che andavano per la maggiore qualche anno fa per raccogliere fondi, con i bambini denutriti con la mosca al naso e l’Occidente colpevole che prometteva un po’ di elemosina.
Così il ministro ha deciso che “dobbiamo mandare i nostri tecnici, i nostri agricoltori ad implementare queste produzioni con le loro capacità per creare lavoro e ricchezza” perché “in Egitto, come nel Sahel, – spiega – ci sono spazi infiniti da utilizzare. Bisogna sostenere e formare questi popoli che hanno vissuto soprattutto di pastorizia”.
Al di là dell’evidente problema nel far di conto (l’agricoltura italiana vive sulle spalle afflitte degli stranieri per non vedere crollare l’intero settore) la proposta di Lollobrigida contiene un amaro retrogusto di colonialismo. Roba di cui ci siamo liberati – faticosamente – qualche decennio fa.
C’è nella proposta tutta la presunta “superiorità” di bianchi che istruiscono i neri considerati meno evoluti. A fugare ogni dubbio potrebbe bastare anche la dichiarazione successiva del ministro e cognato, quella in cui spiega che il rischio è di consegnare “ad altri quel continente che è uno straordinario magazzino di materie prime e produzioni”.
Sì, avete letto bene: il magazzino è l’Africa. E gli africani dovrebbero smetterla di spostarsi per la fame, per la siccità e per il piombo e dovrebbero rimettersi buoni a fungere da “magazzino” per le tavole europee. In cambio potremmo dargli qualche collana di perline finte, come si usava una volta.
La fulminante idea di Lollobrigida arriva pochi giorni dopo l’intervento del ministro al Consiglio Agricoltura e Pesca dell’Ue in cui aveva spiegato che non è vero che “i pesticidi fanno male alle api” e in cui aveva difeso la pesca strascico “perseguitata dall’Ue”.
Dichiarazioni “sorprendenti e preoccupanti” secondo il Wwf che ha risposto snocciolando decine di studi che da anni dimostrano il contrario. Incompetenza in purezza: solo che questa passa casualmente inosservata. Aspettando la prossima sparata.
(da La Notizia)

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IL COMPAGNO DI GIORGIA

Marzo 25th, 2023 Riccardo Fucile

MODERATORE, AL TAVOLO CON INTESA, FERROVIE… PNRR , APPALTI, AZIENDE: MR. MELONI E LO SPOT AL PANEL DI GOVERNO

Andrea Giambruno – first gentleman, compagno della premier Giorgia Meloni – si accontenta di moderare dibattiti sulle politiche economiche del governo. È successo ieri, nella Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani del Senato, dove il giornalista di Mediaset è stato invitato a moderare un panel su Pnrr e nuovo codice degli appalti.
Un dossier che Giambruno conosce bene visto che Meloni è in questi giorni alle prese con le trattative per l’arrivo della terza rata dei fondi europei, mentre martedì in Cdm si discuteranno proprio le nuove regole sugli appalti.
A organizzare l’evento-spot sono due società che potrebbero avere un interesse ad accreditarsi con l’esecutivo: European Brokers (assicurazioni) e Associazione Imprese d’Italia (Aidi), già presieduta dal senatore di FdI Marco Scurria e che ha l’obiettivo di fare “network” tra settori, ovvero “mettere in comune determinati servizi che potranno agevolare la vita dell’azienda” tra cui la “redazione di progetti per partecipare a bandi e finanziamenti”. La stessa associazione ha un Centro Studi “per preparare proposte legislative ed emendamenti a provvedimenti di Ue, Stato, Regioni e Comuni”.
Sarà che siamo in periodo di nomine, ma il parterre di Palazzo Giustiniani è delle migliori occasioni: oltre al Ceo di European Brokers, Carlo De Simone, c’è il viceministro Edoardo Rixi, il componente del Copasir renziano Ettore Rosato, il prefetto Francesco Messina, il Chief Strategy Officer di Ferrovie dello Stato, Fabrizio Favara, e la Responsabile Direzione Legal Advisor di Intesa Sanpaolo, Laura Segni. In prima fila non può mancare il direttore del Secolo d’Italia, Italo Bocchino, maître à penser del melonismo. Anche la sala è piena: ci sono imprenditori, avvocati e portatori d’interessi. Tutti accorrono alla corte del “compagno d’Italia”. Il dibattito può sembrare per addetti ai lavori, ma il moderatore Giambruno non si lascia scappare domande e commenti sull’operato del governo, presieduto dalla compagna Meloni. L’introduzione è tutta un programma: “Parliamo del Pnrr, soldi che tutti noi auspichiamo arrivino dall’Europa e che poi il Paese deve mettere a terra come volàno per la ripartenza”. Poi si passa alle domande agli ospiti. “Cosa intende fare Ferrovie dello Stato per spendere i soldi del Pnrr e quali saranno le opere che vedremo da qui al 2026?”, chiede Giambruno a Favara. Per il viceministro leghista Rixi, fedelissimo di Matteo Salvini, il trattamento è speciale: “Viceministro, come si intende ammodernare il Paese da qui al 2026 a livello infrastrutturale?”. E ancora: “Qual è l’aspetto che le piace di più del nuovo codice degli appalti?”. La risposta di Rixi non può che essere un inno al nuovo codice che “semplifica e snellisce” le procedure con postilla finale dedicata al Ponte sullo Stretto che farà diventare “l’Italia centrale nel Mediterraneo”. Giambruno sorride e annuisce. Visto che si parla di edilizia, non ci si può esimere dal tema Superbonus, che Meloni ha bloccato, criticando gli esecutivi precedenti e in particolare quello di Giuseppe Conte. Tant’è che nella domanda del moderatore c’è anche una critica al governo che la istituì: “De Simone, questa bolla speculativa legata al Superbonus era così difficile da ipotizzare?”. E le banche, chiede Giambruno a Segni di Intesa Sanpaolo, “che ruolo possono avere per sostenere le imprese?”. Dopo un’ora e mezzo, è il momento delle conclusioni patriottiche: “Chiudiamo qui – conclude Giambruno – grazie a tutti e viva l’Italia”. Lo stile è quello della casa.
(da Il Fatto Quotidiano)

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DAI PONTI ALLE DIGHE: SALVINI FA IL TERMINATOR DELLE LONTRE

Marzo 25th, 2023 Riccardo Fucile

SE NON SI FANNO LE OPERE LA COLPA E’ DEI PESCI, UCCELLI E MAMMIFERI: LA NUOVA OSSESSIONE DEL CAPITONE

Matteo Salvini sembra coltivare una nuova, peculiare ossessione per gli animali. Vorrebbe costruire tanto e ovunque, il ministro dei Trasporti, ma pare che a ostacolare l’opera di modernizzazione del Paese ci sia l’opposizione di implacabili e variegati gruppi faunistici. Uccelli, pesci, ora ci si mettono anche le lontre: l’ultimo cruccio del capo della Lega sono questi spietati mustelidi, insensibili alla crisi idrica e ai problemi del Paese.
Piccola parentesi: è un peccato che la maggior parte dei riflettori mediatici siano puntati sulla premier Giorgia Meloni; ci si sta distraendo da un Salvini in forma semplicemente straordinaria. L’ex vicepremier è ipercinetico: i cinque minuti da Bruno Vespa, in compagnia del plastico del Ponte sullo Stretto, sono appena un isolotto nell’arcipelago di salvinate che sta producendo a ritmi industriali.
Torniamo quindi alle lontre, cui il ministro dedica gustosi capitoli delle sue più recenti invettive. L’ha fatto cinque giorni fa a un evento organizzato dai Consorzi di bonifica, poi tre giorni fa a un convegno sull’acqua convocato da Ambrosetti a Roma e ancora giovedì a Palermo durante un incontro sullo sviluppo delle infrastrutture siciliane. Discorsi quasi identici: “Abbiamo dato il via libera ai soldi per la progettazione di 21 dighe e abbiamo scoperto i signori del ‘no’ sono contrari anche a questo”, ha detto Salvini, accorato. “Sull’Appennino Reggiano ad esempio, dopo 30 anni di chiacchiere, siamo pronti a costruire la diga di Vetto e si sono affacciati gli animalisti, dicendo che non si può fare perché ci sono le lontre. Noi non possiamo tenere a bocca asciutta decine di migliaia di cittadini e imprenditori agricoli. La lontra è intelligente e si sposterà da un’altra parte”. L’accusa ai mustelidi sarebbe esilarante se almeno fosse vera: la presenza delle lontre a Vetto è stata smentita nel 1992. I ricorsi degli ambientalisti sono stati poi respinti nel 1999: se la diga non s’è fatta, forse lo Stato c’entra più delle bestie.
Ma gli animali, per Salvini, sono un’ossessione da quando si è insediato a Porta Pia: “Sento dire che non si può fare il Ponte sullo stretto di Messina perché sennò gli uccelli ci vanno a sbattere contro”, ha ripetuto nello stesso convegno del 20 marzo. E ancora: “Lo stesso è avvenuto in Sardegna per un ponte i cui lavori erano bloccati a causa della presenza dei pesci. La lontra si sposta, come il pesce si sposterà da sotto al ponte e l’uccello svolazzerà da un’altra parte”. Gli animali e le loro lobby, insopportabili “signori del no”: un grande topos – non topo – salviniano.
Il nostro è scatenato. Ha smesso di contare in pubblico i giorni da cui si è insidiato al ministero – nei primi due mesi l’ha fatto con cadenza quotidiana – ma ora ripete con frequenza altrettanto ossessiva, praticamente ogni volta che parla, di avere “oneri e onori”. E quindi si attribuisce oneri e onori in praticamente tutte le battaglie politiche, piccole e grandi: promette a intervalli regolari il nuovo codice degli appalti, sgomita per la nomina a commissario per la siccità, si prepara a mettere mano al codice per la strada (occhio ai monopattini: “casco e targa per tutti”). Poi infierisce sulle “borseggiatrici incinte” (“Vittoria Lega! Detenzione e stop allo sfruttamento della gravidanza”) e si fa fotografare sorridente nell’aula bunker dell’Ucciardone per il processo OpenArms. Soprattutto, però, sono i giorni del ponte.
La fotografia di Salvini che guarda il plastico, da Vespa, con gli occhi di un bambino a Natale, l’ha fatto entrare per sempre nell’empireo dei generatori automatici di meme. Ma Salvini non s’è accontentato dei cinque minuti su Rai1. “Il ponte sullo Stretto è un diritto naturale del popolo siciliano”, ha dichiarato il giorno dopo a Palermo. “Dicono che c’è la mafia, questa cosa mi fa impazzire. Su questo mi sento più siciliano dei siciliani. Dire che non facciamo il ponte perché c’è la mafia, significa la resa morale, economica e sociale”. Di più, ancora di più: “Anzi il ponte, lo sviluppo della Sicilia, i centomila posti di lavoro, sono la principale cura antimafia per la Sicilia e per la Calabria! La mafia prospera dove non c’è lavoro”. Capito? Il Ponte sullo Stretto sarà il vaccino contro la criminalità organizzata. “Ma poi ormai la mafia c’è anche a Milano e a Berlino, non c’è un’esclusiva territoriale”. Vuoi mettere con le perfide lontre?
(da Il Fatto Quotidiano)

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PNRR, IL MINISTERO PIU’ IN RITARDO SUI PROGETTI E’ QUELLO DI SALVINI

Marzo 25th, 2023 Riccardo Fucile

SECONDO I TECNICI DIPENDE DAGLI ITER AUTORIZZATIVI E DAL RINCARO DEI MATERIALI

Il ponte sullo Stretto di Messina arriverà a breve, dice il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini. Sarà sicuramente così, ma nel frattempo proprio il suo dicastero è in ritardo sul Recovery Plan.
Secondo la Corte dei Conti ci sono 19 miliardi a rischio. Visto che soltanto due target sono stati raggiunti e la scadenza è fine marzo. Ma soprattutto, fa sapere oggi Repubblica, 11 progetti su 29 sono appannaggio delle Infrastrutture. E sono in ritardo.
Ieri è stato il presidente Sergio Mattarella a chiedere di mettersi sulla stanga. Citando Alcide De Gasperi. Tra il 2020 e il 2022, fa sapere la Corte dei Conti, sono stati spesi 20 miliardi. Ovvero il 49,7% delle risorse programmate e il 12% del totale considerando anche gli incentivi all’edilizia e all’industria. Senza queste voci la spesa si dimezza al 6%.
Lavorare con lentezza
E non sarà neanche possibile recuperare tutto quest’anno. La previsione, aggiunge il quotidiano, è che si rimarrà indietro di circa 15 miliardi, il 19,5% in meno rispetto al cronoprogramma. E quindi dal 2024 partirà la corsa alla spesa, con valori annuali che dovrebbero superare i 45 miliardi. Ma soprattutto sono indietro progetti che interessano molti. Come quello per ridurre le emissioni delle navi traghetto dello stretto di Messina attraverso veicoli ibridi. Così come i piani di edilizia carceraria. Il ministero di Salvini assomma il numero maggiore di progetti in ritardo. E spiega che la mancata realizzazione è dovuta alla complessità degli iter. Che prevedono autorizzazioni da parte di Bruxelles. Per evitare che le risorse spese siano considerate aiuti di Stato. Un altro problema è il rincaro dei materiali. Nel primo semestre 2023 sono 40 gli obiettivi non completati. A questi se ne aggiungono altri 37 rinviati. Ma che rientrano comunque negli impegni con l’Unione Europea.
(da Open)

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ACCUSE DI FRODI, RICICLAGGIO E PANIC SELLING: COSA C’E’ DIETRO IL CROLLO DI DEUTSCHE BANK

Marzo 25th, 2023 Riccardo Fucile

IN REALTA’ L’ISTITUTO TEDESCO HA AVUTO 5.7 MILIARDI DI UTILI NEL 2022. MA LA PAURA DEI MERCATI DIPENDE DAL PASSATO NON PROPRIO LIMPIDO

C’è una banca con 27,2 miliardi di ricavi e 5,7 di utili. Che nel 2022 ha fatto più profitti rispetto agli ultimi 15 anni. Una banca che annuncia di voler rimborsare in anticipo un bond subordinato Tier 2 da 1,5 miliardi di dollari. E proprio quella banca scatena il panico nelle Borse mondiali. E mette in croce l’intero comparto del credito.
Con il conseguente aumento del costo delle protezioni assicurative contro il rischio default.
La storia di Deutsche Bank è emblematica perché dimostra che nella crisi di fiducia nessuno è al sicuro. E che la reputazione oggi vale più dei conti. Come nel caso di Credit Suisse. Che non riesce a tranquillizzare i mercati nemmeno con l’annuncio di una fusione con Ubs. Perché se un istituto di credito è così potente qualche magagna potrebbe sempre averla.
La paura dei mercati
Sulla carta, spiega oggi La Stampa, i conti di Deutsche Bank sono a posto. I bilanci mostrano una solidità tutta tedesca. Ma dopo l’emersione di alcuni casi di riciclaggio e frode in cui erano coinvolti suoi clienti la Banca Centrale Europea e l’ente di vigilanza sul credito tedesco Bafin si sono dichiarati insoddisfatti del risanamento interno.
Nel 2012 e nel 2018 la polizia ha effettuato perquisizioni nell’istituto alla ricerca di prove di riciclaggio e frode. Mentre all’epoca dei mutui subprime Deutsche Bank aveva venduto ai clienti i titoli “tossici”. Ricevendo una multa di 7,2 miliardi di dollari dalle autorità Usa. Poi sono arrivate le sanzioni per aver truccato i dati di Libor ed Euribor, i due tassi di riferimento da cui dipendono i mutui a tasso variabile. E il riciclaggio di 10 miliardi per conto di grossi e danarosi clienti russi. Christian Sewing, amministratore delegato da cinque anni, ha rimesso a posto i conti.
Riciclaggio e frode
Ma la banca non ha raggiunto gli obiettivi fissati dalle autorità sul riciclaggio se non al 50%. Per questo il Consiglio di Sorveglianza della banca ha decurtato i compensi degli alti dirigenti. Mentre è saltata l’ipotesi di fusione con Commerzbank. Il cui azionista di maggioranza è dal 2008 lo Stato tedesco. La Germania trema perché il suo sistema creditizio ha perso in generale valore e soprattutto fiducia. Anzi, secondo il Fondo Monetario Internazionale le banche tedesche sono le meno redditizie d’Europa. Perché pensano a massimizzare i risultati interni piuttosto che i profitti. A difesa del colosso tedesco è sceso in campo il cancelliere Olaf Scholz: «Deutsche Bank ha modernizzato e riorganizzato in modo sostanziale il modo in cui lavora ed è una banca molto redditizia, non c’è motivo di preoccuparsi».
Rassicurazioni senza soluzioni
Mentre «il sistema bancario dell’Ue è robusto e sicuro» e possiede «le strutture di controllo necessarie». Sulla stessa lunghezza d’onda il presidente francese Emmanuel Macron, secondo cui le banche dell’eurozona «sono le più solide e in questo contesto abbiamo discusso di accelerare la creazione dell’unione bancaria». Mentre Christine Lagarde ha assicurato che la Bce segue da vicino la situazione sui mercati, pronta a intervenire in caso di necessità. Le banche europee hanno solide posizioni di capitale e di liquidità a fare da argine agli attacchi della speculazione, che si muove a suo agio in mercati poco liquidi come quelli dei credit default swap. Sui tassi Lagarde non si è legata le mani: in questo contesto di grande incertezza, la Bce deciderà di volta in volta in base alle condizioni finanziarie e macroeconomiche. Ma le rassicurazioni senza soluzioni non bastano.
(da Open)

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