Agosto 17th, 2023 Riccardo Fucile
L’IMPRENDITORE SI LAMENTA PER GLI “INSULTI”,,, LA REPLICA: “PENSI AI BAGNI SPORCHI”
Flavio Briatore non ci sta. L’imprenditore non ha gradito per niente l’articolo di Fabrizio Roncone sul Corriere della Sera con argomento Twiga. E in particolare gli ha dato fastidio il body shaming nei confronti dei clienti. Non quindi la parte più interessante del pezzo. Ovvero i conti in tasca sulla concessione balneare. Che dicono che «con l’incasso relativo a un solo cliente, che per l’intero mese di agosto ammonta a 18.600 euro, il Twiga paga il canone d’affitto che deve allo Stato per la concessione annuale della spiaggia: 17.619 euro. Il resto è un fatturato che oscilla tra gli 8 e i 9 milioni». Per questo oggi l’imprenditore scrive al quotidiano. Ma la replica dell’autore dell’articolo forse lo farà arrabbiare ancora di più.
La lettera di Briatore
La lettera di Briatore: «Gentile direttore, a Ferragosto è uscito un articolo sulla sua testata riguardo il Twiga di Forte dei Marmi. Sorvolo sul tono sarcastico e sui contenuti volutamente “montati” e in certi casi assolutamente falsi, relativi alla qualità dei nostri servizi e della nostra struttura, perché francamente non ho nulla di cui scusarmi. La migliore risposta la danno il successo e i risultati che ogni stagione otteniamo e la nostra clientela, che ci segue e ci apprezza. Vorrei invece fare una considerazione: trovo fuori luogo e incivile che il Corriere abbia fatto “body shaming” verso i clienti del nostro stabilimento, al fine di “colorire” il proprio articolo: “La madre ha un viso da quarantenne montato su un corpo da settantenne”; “Sergio detto Sergione per la pinguetudine incipiente”; “la signora anziana della tenda accanto si stende chiedendo però che non le venga sfiorato il viso tirato da una ragnatela di fili sottocutanei”; “un tipo con la pancia gelatinosa legge la Guida Michelin”. In America un body shaming del genere, soprattutto da parte di una testata mediatica di tutto rispetto, avrebbe causato una denuncia, con conseguenze gravi su giornalista e testata. Infierire sui clienti di una spiaggia per il loro aspetto fisico non è giornalismo».
La replica di Roncone
La risposta di Fabrizio Roncone, autore dell’articolo: «Gentile Briatore, lasci stare il body shaming, è un tema importante che introduce senza alcun motivo: perché le eventuali vittime – qui non ci sono – devono essere identificate con nome e cognome. Piuttosto, parlando seriamente: ci è costato un botto di soldi, però al Twiga ho trascorso assolutamente ore strepitose tra giraffe, Ferrari e parvenu. Peccato solo per qualche disservizio, ad esempio i bagni: sporchi e con le serrature sfondate. Ma se è ancora a Montecarlo e non ha avuto modo di verificare, le invio volentieri tutte le foto».
La proprietà del Twiga
Nell’articolo Roncone ha raccontato che per entrare al Twiga attualmente c’è bisogno della prenotazione. Ogni tenda costa 600 euro al giorno. L’apertura risale al 2001. All’epoca tra i soci c’erano Daniela Santanchè, Paolo Brosio e Davide Lippi, il figlio dell’allenatore. Santanchè ha annunciato di aver venduto le quote senza dire a chi. Il segreto (di Pulcinella) è durato lo spazio di mezza giornata: le ha conferite (a pagamento) al suo compagno Dimitri Kunz e proprio a Briatore. Anche Lippi e Brosio nel frattempo si sono sfilati. Attualmente l’azionariato di Twiga s.r.l. è composto da:
Majestas Sarl, proprietaria di una quota del 56,925% del capitale;
Thor s.r.l., titolare della nuda proprietà di una quota pari al 22,05% del capitale;
Thor s.r.l., titolare di una quota del 3,75% del capitale (quella appena venduta da Immobiliare Dani);
Modi s.r.l., proprietaria adesso del 7,275% del capitale (sempre dopo la vendita di Santanchè)
Bruno Thierry Sebastien Michel, che possiede il 10% del totale.
La Majestas Sarl è naturalmente la società lussemburghese di Briatore e Francesco Costa. Il quale detiene le sue partecipazioni nel Twiga così come del Billionaire di Porto Cervo, di Crazy Pizza e di una dozzina di altre società tra Italia, Montecarlo ed Emirati Arabi.
(da Open)
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Agosto 17th, 2023 Riccardo Fucile
“CHI SI RIFIUTA DI COMBATTERE CON LORO VIENE TORTURATO CON SCARICHE ELETTRICHE SUI GENITALI. CI ODIANO, DICONO CHE SIAMO GAY DEPRAVATI SCHIAVI DEGLI EUROPEI. LE DONNE CHE VOGLIONO PARTIRE DEVONO LASCIARE I FIGLI NATI DOPO L’INVASIONE: PER LORO SONO RUSSI”
«Le autorità d’occupazione russe torturano in modo metodico gli uomini che rifiutano di fare il servizio militare. E per tanti sono sevizie sessuali continue, con scariche elettriche ai genitali e ogni tipo di violenza immaginabile. Una politica del disprezzo e dell’umiliazione di massa per imporre i loro piani di annichilimento della nostra identità nazionale», denunciano gli ucraini che riescono a uscire dai territori occupati e tornare nel loro Paese.
Negli ultimi mesi si è aperto a intermittenza un nuovo «corridoio verde» di gente che riesce a evacuare dal Donbass, Mariupol e dalle altre regioni occupate nel sud, entra in Russia vicino a Rostov, si sposta verso Belgorod, attraversa a piedi e sotto la minaccia degli spari per oltre 3 chilometri la «terra di nessuno» del confine tra il villaggio russo di Kolotilovka e quello ucraino di Pokrovka, per raggiungere la città di Sumy sulla via di Kharkiv.
«Parliamo di una media di 100 persone al giorno quando è possibile passare, per lo più anziani e donne. Però, tra le interruzioni per la guerra e gli alt improvvisi imposti dalle autorità russe, raramente superano i 1.000 al mese. Sappiamo che vorrebbero venire in decine di migliaia, ma scoraggia l’arbitrarietà degli ufficiali russi. In media da quando lasciano le loro case all’arrivo da noi impiegano tra i 5 e 10 giorni, per un viaggio che in tempi normali prenderebbe ben meno di 24 ore.
L’ultimo posto di blocco prima della frontiera è controllato dagli agenti del famigerato Fsb (il servizio segreto russo ndr ) e loro hanno l’autorità di fermare e arrestare chiunque al “filtration center”, come in effetti avviene regolarmente tutti i giorni: i desaparecidos abbondano», denuncia la 34enne Irina Dudkina, che ha l’incarico di accoglierli alla fine di quella che qui chiamano «la marcia della paura».
Uno dei motivi di rinuncia per le famiglie con neonati è che Mosca considera russi i bambini nati sotto occupazione
Per gli uomini sopra i 18 anni il motivo più frequente che induce a partire è la lettera di precetto. «Avrei dovuto andare a combattere contro i miei compatrioti ucraini. In caso contrario, sarei stato arrestato come disertore», dice il 30enne Artiom, appena arrivato a Kharkiv con la moglie 29enne Anastasia e i loro quattro bambini di età compresa tra 4 e 11 anni.
«I russi erano arrivati al nostro villaggio di Starobelsk il primo marzo 2022. All’inizio ci hanno ignorato, credevano di vincere facile. Poi la situazione è cambiata gradualmente, sono iniziate le perquisizioni e le minacce, specie da parte dei soldati ceceni e dei volontari filorussi locali. Gente violenta, che entra in casa e ruba a piacimento, specie se capisce che non hai il passaporto russo», aggiunge Artiom.
Per Anastasia il problema è cresciuto quando la sanità locale ha rifiutato qualsiasi assistenza medica ai figli, se non con la promessa che sarebbero diventati cittadini russi entro la fine dell’anno.
Ma la storia più drammatica la raccontano la 39enne Irina Golovko e il marito Grigori di 40 anni, appena arrivati con i due figli di 3 e 6 anni.
Lui è stato in carcere per 7 mesi. «Gli aguzzini torturano con l’elettricità. Lo fanno su tutto il corpo degli uomini, specie ai genitali. A giovani e vecchi, più volte al giorno. Ci odiano, dicono che siamo gay depravati schiavi degli europei. L’unico modo per essere libero è stato accettare di farmi riprendere in un video dove denuncio il nazismo ucraino», dice lui.
(da “Corriere della Sera”)
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Agosto 17th, 2023 Riccardo Fucile
POSSIBILE, SE È VERO CHE LA SORA GIORGIA HA VIAGGIATO CON UN TRAGHETTO DI LINEA, CHE NESSUNO L’ABBIA RICONOSCIUTA, VISTA, O FILMATA? L’IPOTESI DEL VIAGGIO CON UN’IMBARCAZIONE PRIVATA, E LE IMMAGINI, PUBBLICATE DALLA “STAMPA”, DEL GIRO CON UN MOTOSCAFO DI LUSSO
C’è un elicottero che atterra in un prato verde di Himara, prefettura di Valona. Scende l’ex premier britannico Tony Blair, che ha un rapporto di consulenza col primo ministro albanese Edi Rama. Il video dovrebbe essere datato 13 agosto. Viene rilanciato un paio di giorni fa dal sito Ora News e da altre testate albanesi, quindi ripreso da Dagospia .
Nel testo che segue le immagini si legge tra l’altro che Giorgia Meloni è in visita a Valona «un giorno dopo» che il teorico della Terza Via ha raggiunto l’Albania a bordo di un velivolo messo a disposizione dall’esercito albanese. Entrambi vengono dati ospiti del capo del governo di Albania.
La notizia sta nella coincidenza delle due visite e nell’indiscrezione di un incontro tra la premier italiana e Blair, nella villa di Rama, la sera del 15 agosto.
Non è semplice provare a ricostruire queste ferie d’agosto di Meloni, divise tra una lussuosa e blindatissima location a Ceglie Messapica, la masseria Beneficio, e un’inedita e nebulosa visita privata nella residenza di un premier straniero, accompagnata dalla famiglia, senza dettagli a spiegarne l’eventuale portata politica e altre indicazioni sui dossier su cui ragionare.
Si possono insomma solo mettere in fila alcuni passaggi.
Il 14 agosto Meloni accetta l’invito di Rama e si reca in Albania. In un primo momento, la versione che trapela è che raggiungerà le coste a bordo di uno scafo privato di proprietà di un amico imprenditore di Polignano, Pippo L’Abbate.
Nelle ore successive, fonti a lei vicine riferiscono che si sia invece recata a Valona in traghetto. Sei ore e mezzo di viaggio. Non circolano però in rete foto o immagini della sua presenza a bordo, anche se lo scafo è preso d’assalto da migliaia di turisti italiani
C’è però un video del premier albanese che la accoglie sul molo del porto di Valona. Nel frattempo, i media albanesi sostengono che Meloni stia invece visitando Valona «a bordo di un mezzo privato».
Poi, per due giorni, ancora riserbo e nessuna comunicazione ufficiale. Se non il fatto che la premier viene data comunque a bordo di una barca lungo le coste albanesi.
Si sa dunque che Meloni è in Albania dal 14. Che si muove anche su un’imbarcazione privata. Che potrebbe fare rientro in Italia a bordo di un motoscafo, forse dello stesso imprenditore con cui condivide le vacanze assieme alle rispettive famiglie. Quando sarebbe previsto il ritorno in Italia? Fino a ieri pomeriggio, nessuna conferma o avvistamento in Puglia. Secondo alcune fonti, il rientro sarebbe previsto per oggi. Secondo altre, addirittura domani.
Anche il format della (lunga) missione albanese è ufficioso: ci sarebbero di certo il giornalista e compagno, Andrea Giambruno, e la figlia Ginevra. Sono presenti anche la sorella Arianna e il marito Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura. Neanche l’incontro con Blair è confermato, a dire il vero. O meglio: non esiste alcuna comunicazione ufficiale, come per tutto il resto.
L’ex premier britannico collabora da tempo — e per questioni assai spinose — con il leader albanese. Il colloquio potrebbe essere avvenuto in una delle residenze di Rama. Di certo, Meloni lo citò nel 2020 in un’intervista alla Stampa : «L’Europa non si esaurisce in due opzioni, uscire o prostrarsi in ginocchio. Io rappresento la terza via blairiana di destra, sto in Europa con i partiti che condividono un modello confederale ».
(da La Repubblica)
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