Agosto 17th, 2023 Riccardo Fucile
SUL PROFILO UFFICIALE DI INSTAGRAM L’ULTIMA FOTO RISALE AL 27 GIUGNO SCORSO, POI IL SILENZIO: 9 MILIONI BUTTATI NEL CESSO
Ci immaginiamo già Sandro Botticelli negli studi di “Chi l’ha visto?” chiedere se qualcuno ha notizie della sua Venere. Da un mese e mezzo si sono perse le tracce della ‘virtual influencer’, volto protagonista della campagna Open to Meraviglia promossa dal ministero del Turismo guidato da Daniela Santanché.
Sulla criticatissima pagina Instagram @venereitalia23 l’ultimo post è del 27 giugno, a stagione appena iniziata: “Taormina. Need I say more?”. E, in effetti, da allora non ha letteralmente detto più nulla.
Il feed è vuoto e alcuni utenti chiedono come mai la virtual influencer sia in silenzio stampa. Nonostante nel video di lancio, il primo pubblicato da questo account, la Venere invitasse gli italiani a seguirla.
I nostri influencer preferiti pubblicano generalmente post in continuazione, o almeno mettono qualche storia su Instagram per mostrare i luoghi delle loro vacanze. Dall’account della Venere invece nulla. Possiamo fare riferimento solo a quello di Instagram, naturalmente, perché è l’unico social su cui la Venere si è riuscita a piazzare, dal momento che, come alcuni ricorderanno, su Twitter il dominio era già preso da un account
Oltre alla naturale preoccupazione per la sorte della povera Venere, viene anche da chiedersi perché una campagna presentata come un’importante operazione social e per cui sono stati stanziati 9 milioni sia invece ferma dal 27 giugno. Dal ministero del Turismo ci dicono che “la campagna Open to meraviglia è tutt’altro che accantonata”, ma sulle ragioni di questa bizzarra assenza, in piena stagione estiva, non si sa altro.
(da il Foglio)
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Agosto 17th, 2023 Riccardo Fucile
È IN PROFONDO ROSSO IL BILANCIO 2022 DELLA “SOCIETÀ EUROPEA DI EDIZIONI”: 12,2 MILIONI DI PERDITE… I RICAVI SONO STATI 18,3 MILIONI, -7,5% SUL 2021, SOPRATTUTTO A CAUSA DEL CALO DELLE VENDITE – STABILE LA RACCOLTA PUBBLICITARIA, PER IL 2023 PREVISTI TAGLI AL PERSONALE E AI COSTI PER I SERVIZI
Il bilancio di esercizio 2022 della Società europea di edizioni spa (See), ovvero la casa editrice del quotidiano Il Giornale, è anche l’ultimo sotto la guida della famiglia Berlusconi, poiché nella primavera 2023 il gruppo Angelucci ha rilevato il 70% della See, lasciando il 30% a Paolo Berlusconi.
Diventa quindi un bilancio piuttosto simbolico, dopo quasi 45 anni di controllo della famiglia Berlusconi […]. Anche i conti 2022 sono all’insegna delle perdite, come purtroppo è accaduto quasi sempre nella storia del Giornale: 12,2 milioni di euro di rosso, dopo gli 8,1 milioni di rosso del 2021.
I ricavi complessivi ammontano a 18,3 milioni, -7,5% sul 2021 principalmente a causa di una riduzione delle vendite del quotidiano diretto da Augusto Minzolini (da settembre gli subentrerà Alessandro Sallusti) e di minori ricavi di vendita di prodotti collaterali. La raccolta pubblicitaria, invece, è stabile.
Si è passati dalle 37.700 copie medie diffuse giornalmente nel 2021 alle 31.100 copie del 2022 (-17,6%). I ricavi dalle vendite in edicola calano a 10,6 milioni di euro (-17,6%), quelli pubblicitari si attestano a 4,3 milioni (come nel 2021), le vendite di prodotti collaterali portano a casa solo 209 mila euro (-56,3%), gli abbonamenti hanno ricavi per 322 mila euro (-15,2%).
I costi della produzione, invece, salgono a 31 milioni di euro (+12,3%), sulla spinta dei costi per il personale (12,1 milioni di euro, anche a seguito dei piani di incentivazione all’esodo. Per il 2023 si prevede una forte riduzione dei costi per il personale), dei costi per servizi (9,7 milioni, una delle voci che sotto la gestione Angelucci subirà i tagli maggiori) e oneri diversi di gestione (tre milioni di euro, di cui 1,8 milioni pagati all’Inpgi a seguito di un accertamento).
Tra il 28 marzo e il 20 aprile 2023 la Paolo Berlusconi finanziaria (Pbf srl) ha rilevato le quote di See detenute da Periodica srl e da Mondadori, diventando azionista unico del Giornale. Successivamente, il 28 aprile, Pbf ha sottoscritto un contratto preliminare per la vendita del 70% di See al gruppo Angelucci.
Per coprire le perdite 2022 gli azionisti hanno versato in conto capitale 7,7 milioni di euro nel 2022 (sei milioni nel 2021) da sommare ad altri 2,1 milioni di versamenti a fondo perduto a copertura perdite. Nell’aprile 2023 versati altri 2,5 milioni in conto capitale. Inoltre, il 18 aprile 2023 gli azionisti hanno deliberato un ulteriore versamento in conto capitale per 4,2 milioni di euro per garantire alla società adeguate risorse finanziarie.
(da ItaliaOggi)
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Agosto 17th, 2023 Riccardo Fucile
L’ABI FARÀ RICORSO PER FAR DICHIARARE ANTICOSTITUZIONALE LA NORMA
Ora che si è passati dalla teoria alla pratica, “l’operazione trasparenza” del governo Meloni sui prezzi dei carburanti ha dimostrato di essere una misura fallimentare. Da quando i distributori hanno l’obbligo di esporre i prezzi medi regionali vicino a quelli praticati, i rialzi sono stati costanti.
A certificarlo sono i dati dello stesso governo, pubblicati sui siti dei ministeri di cui sono titolari Adolfo Urso e Gilberto Pichetto Fratin. Prendiamo le autostrade: il primo agosto il prezzo medio nazionale della benzina in modalità self era 1,984 al litro, ieri superava i 2 euro di quasi due centesimi. Per il gasolio l’aumento è ancora più sostenuto, perché si è passati da 1,854 a 1,928 euro al litro.
Il senso del cartello era quello di combattere la speculazione, che secondo il governo era alla base degli aumenti. Una maggiore trasparenza avrebbe dovuto avere un effetto deterrente, costringendo i gestori a non praticare prezzi troppo alti rispetto alla media.
L’effetto però – come avevano avvertito esperti, economisti e anche l’Antitrust – potrebbe essere l’opposto: quello cioè di spingere i gestori ad alzare i prezzi per avvicinarsi alla media. La trasparenza nel settore, inoltre, c’è già: basta consultare app e siti istituzionali.
CAPITOLO BANCHE
L’esercito del mondo delle banche è in manovra. Si muove silenzioso e inesorabile, pur col passo rallentato tipico della settimana a cavallo di Ferragosto. L’obiettivo è cambiare la tassa sugli extraprofitti degli istituti di credito, ossia sedersi a un tavolo e trovare un’intesa. Quando? Il prima possibile.
Le banche stanno lavorando in parallelo a una serie di argomenti e di critiche da usare come deterrente in vista della probabile interlocuzione con il governo. Al lavoro ci sono alcuni tra i più noti professionisti legali del settore, che peraltro confidano come non sia stato troppo difficile trovare punti deboli nella misura. E che stanno già predisponendo una serie di bozze che circolano tra gli istituti.
La sensazione è che il blitz che ha portato l’esecutivo a inserire la tassa sugli extraprofitti se da un lato ha permesso di tenere all’oscuro del provvedimento parte della stessa maggioranza, dall’altro è però stato strutturato con eccessiva fretta senza tener conto di tanti, forse troppi, fattori. Gli istituti ad esempio ritengono che la norma contrasti con i principi di eguaglianza, ragionevolezza e commisurazione del tributo alla capacità contributiva.
La tassa confliggerebbe con ben tre articoli della Costituzione perché non risponderebbe a un giusto equilibrio tra esigenze pubbliche e esigenze di tutela dell’individuo, oltre a prevedere un’applicazione retroattiva.
Altro aspetto, l’attuale misura presenterebbe profili di contrasto sia con la libertà di stabilimento sia con la libertà di circolazione dei capitali nell’Unione europea, perché finisce per imporre restrizioni nell’accesso al mercato non giustificate da obiettivi di interesse generale, ma esclusivamente da finalità di natura economica. In sostanza, le libertà di stabilimento e di circolazione dei capitali possono essere limitate da leggi nazionali solo se queste perseguono finalità d’interesse generale di carattere extra economico.
È evidente che si tratta di critiche tecniche, ma c’è chi sottolinea come comunque non si tratti di dettagli né di aspetti secondari del provvedimento, ma viceversa di conflitti o incongruenze che potrebbero far decadere il provvedimento prima ancora che veda la luce.
C’è ad esempio un terzo elemento che secondo le banche renderebbe la norma di complessa applicazione ed è il potenziale contrasto con la disciplina Ue sugli aiuti di Stato. Il tema è stato sollevato da più parti nell’ultima settimana e punta sul fatto che dalla tassa siano stati esclusi soggetti differenti dalle banche, come gli intermediari finanziari, che operano nello stesso settore economico.
Il tutto tenendo conto che uno dei pilastri della norma Ue in materia di aiuti di Stato prevede che la valutazione debba tener conto degli effetti determinati sul mercato più che degli obiettivi di carattere politico da cui nasce. In questo senso c’è un tema nel tema, visto che dal provvedimento è escluso anche Banco Posta, società che fa capo a Poste Italiane e quindi indirettamente al governo (tra Mef e Cdp), che pure stando ai criteri che hanno ispirato la tassa dovrebbe essere tra i gruppi da mettere dietro la lavagna.
In ogni caso, i tentativi di mediazione da parte dell’Abi, l’associazione dei bancari guidata da Antonio Patuelli, terranno conto delle varie anomalie rilevate dagli approfondimenti commissionati dagli istituti, impugnabili in sede tributaria e amministrativa. Il confronto partirà da lì, con l’obiettivo di non trasformarsi in scontro aperto.
(da agenzie)
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Agosto 17th, 2023 Riccardo Fucile
DOVE CONVIENE TRASFERIRSI
Tende davanti al Politecnico, progetti (futuri) del Comune, occupazioni. Nonostante le proteste contro il caro-affitti degli ultimi mesi, Milano resta la città più cara d’Italia.
Lo rivela un rapporto di di Immobiliare.it secondo cui gli studenti e i lavoratori fuori sede sborsano in media 626 euro al mese per una stanza singola. Si tratta di un incremento dell’1% rispetto allo scorso anno (una leggera frenata dei rincari sugli alloggi), riconducibile all’aumento dell’offerta (+36%), pur conservando una crescita della domanda del 15%.
La variazione annuale, nel capoluogo lombardo, aumenta se si considera il caso di una stanza doppia. Il prezzo è più basso, la media è di 348 euro, ma l’aumento è dell’8% rispetto al 2022.
Nella classifica delle città più care per i fuori sede, che vede Milano sul podio, Bologna supera per la prima volta Roma.
Se nel capoluogo romano il canone per una stanza singola è fermo a 463 euro al mese (a fronte di una crescita della domanda del 55%), in quello emiliano per potersi permettere una stanza tutta per sé bisogna mettere a budget 482 euro.
La classifica
Dopo Milano, Bologna, Roma. In quarta posizione c’è Firenze con i suoi 435 euro (-4%). Modena e Bergamo, 412 euro e 411 euro rispettivamente per una camera singola.
Poco al di sotto di questa cifra, chiudono la top ten Venezia (396 euro) e Brescia (385 euro). Ciò che aumenta in questo contesto, è invece l’offerta di alloggi nelle tre città a forte vocazione universitaria come Bologna, Padova e Venezia (+33%, +30% e +47% rispettivamente).
Sul fronte dei rincari, invece, il record per le stanze spetta a Bari con un +29% rispetto allo scorso anno. Prezzi in aumento, del 18%, anche a Brescia e Palermo. Parma e Pescara vedono, infine, un incremento del canone della singola del 16% in un anno.
(da agenzie)
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Agosto 17th, 2023 Riccardo Fucile
GLI HATER ABBASSANO LA TESTA DI FRONTE ALLE CAUSE, E CORRONO A SCUSARSI: “NON VOLEVO OFFENDERE”… “SI PENTIVANO, MA SOLO QUANDO SI TRATTAVA DI DOVER METTERE MANO AL PORTAFOGLIO, ABBIAMO VINTO TUTTE LE CAUSE, QUALCUNO HA DOVUTO PAGARE 25.000 EURO”
Se si potesse misurare l’odio di cui Michela Murgia è stata bersaglio negli anni in metri cubi, quanto sarebbe grande? Almeno tanto quanto entra in un armadio. Che esiste: è nello studio legale di Cathy La Torre, avvocata, curatrice testamentaria e amica della scrittrice scomparsa il 10 agosto per un tumore.
Vi sono accatastate tutti fascicoli giudiziari delle cause intentate nell’arco degli ultimi quattro anni a chi la insultava gratuitamente sui social: decine di cause vinte e di cause in corso.
Metri cubi di fogli che raccontano le ondate di insulti che la investivano dopo una posizione espressa in tv, o sui social e spesso lasciati visibili sulle bacheche pubbliche di personalità politiche o di testate giornalistiche.
Insulti alla persona con epiteti violenti, frasi sessiste, attacchi all’orientamento sessuale (“scrofa”, “ti dovrebbero stuprare”, “cessa schifosa”, “più larga che alta”). Parole che mai entravano nel merito delle idee espresse ma prendevano la scorciatoia dell’insulto ignobile.
«Poi nel 2019 – racconta La Torre – decidemmo, insieme, che non potevamo più ingoiare e basta. Bisognava rispondere in sede giudiziaria. Non con querele penali, bensì per via civile. Perché Michela ed io eravamo convinte che il reato di diffamazione sarebbe da depenalizzare e non dovrebbe intasare i tribunali penali che si occupano di reati più gravi.
Meglio agire per via civile con forme di giustizia riparativa ovvero attraverso richiesta di risarcimento danni e richiesta di scuse.
«Così, insieme, io per le mie offese, lei per le sue abbiamo avviato una sorta di esperimento giuridico». Esperimento che è anche una battaglia culturale e politica perché insieme, avvocata e scrittrice affiancarono alle cause la campagna «Odiare ti costa»: «È una questione di educazione digitale – spiega l’avvocata – perché non siamo consapevoli del male che fanno le parole che usiamo troppo disinvoltamente sui social».
Così, dopo le indagini per profilare gli haters, sono partite le prime lettere con richiesta di mediazione civile.
«In quella sede si può trovare un accordo: per esempio con una lettera di scuse e una donazione in denaro a un’associazione decisa da Michela. L’80 per cento dei casi si sono risolti così. Michela ha partecipato a molte mediazioni e ogni volta si stupiva di come i tentativi di giustificazione fossero sempre gli stessi: “non avevo capito… non volevo offendere…”.
Abbiamo decine di lettere di scuse in cui odiatori e odiatrici si pentivano, ma solo quando si trattava di dover mettere mano al portafoglio».
Si potrebbe tracciare anche un profilo medio dell’odiatore di Murgia: over 50, maschio o femmina in egual misura, politicamente orientato a destra anche se non sono mancati quelli di estrema sinistra. E quando capita che l’odiatore non si presenta alla mediazione, oppure si presenta ma rivendica quello che ha scritto, allora si valuta se procedere con la causa civile per il risarcimento del danno subito: «Vinte tutte. E con risarcimenti altissimi per cause di questo tipo: fino a 25mila euro. Non è semplice quantificare un danno intangibile, non c’è un braccio rotto, o un’auto fracassata, bisogna fare una valutazione sulla reputazione della persona offesa, il suo peso professionale e intellettuale, il suo seguito… Le ultime sentenze erano bellissime in questo senso, ma Michela non ha fatto in tempo a vederle».
In effetti sono sentenze esemplari nella loro formulazione: In una delle ultime, pronunciandosi in seguito a un insulto «razzista e sessista» ancora leggibile sulla bacheca Facebook di Matteo Salvini, il giudice parla di «mero e deliberato attacco all’onore e alla reputazione della sig.ra Murgia» e motiva la condanna precisando che «la volgarità del commento in questione è portatrice di una valenza obiettivamente denigratoria, che non può in alcun modo risultare coperta dall’ombrello del diritto di critica».
In certi periodi la scrittrice era letteralmente sommersa dall’odio. Racconta La Torre: «Il 2021 fu terribile. Fu insultata per aver criticato la scelta di nominare il generale Figliuolo alla guida della campagna vaccinale, addirittura per le opinioni su Battiato. Le conseguenze sullo stato d’animo della scrittrice erano forti. «Ricordo che nel 2021 aveva iniziato a perdere peso, quando andavamo a cena non mangiava e vomitava spesso. Le dicevo di continuo: “devi farti visitare” e lei mi rispondeva: “è psicosomatico!” Riconduceva il malessere, il vomitare, l’inappetenza all’odio e agli attacchi social».
E lo ha voluto narrarlo quel malessere, spiega Giammei: «Il racconto sul vomito nell’ultimo libro, “Tre ciotole” nasce lì: è ispirato proprio dalle reazioni fisiche che le provocavano i commenti di odio e il bullismo di cui era vittima».
Ma come scoprì poco dopo c’entrava anche un tumore. «Eravamo nel periodo della pandemia e Michela non ebbe veloce accesso ai controlli medici» racconta La Torre. Ma quel profondo malessere che gli attacchi le provocavano da mesi era reale, tangibile da tempo. E adesso? L’armadio della vergogna resta aperto. «Porteremo avanti le cause rimaste in sospeso e ne inizieremo altre per le quali Michela ci aveva dato già l’ok»
(da Il Corriere della Sera)
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Agosto 17th, 2023 Riccardo Fucile
SE LAMORGESE ERA “INERME”, PIANTEDOSI COS’E’? DAI MATTEO, SPIEGACI COME DEFINIRE IL TUO PRESTANOME
«Sbarchi a raffica: ripresa la pacchia per le Ong». «Ormai gli sbarchi sono un festival». «Sbarchi e solo sbarchi». «Più fondi più sbarchi». «Sbarchi incontenibili». «Forza sbarchi». «In 4 giorni 13.000 sbarchi. Ne aspettiamo altri 300mila». «Nuovi sbarchi, barricate leghiste: “Basta clandestini”». «Fermare gli sbarchi si può. Basta l’esercito». «Sbarchi, non c’è tregua». «Nuovi sbarchi e nuovi allarmi: “Governo troppo debole con Ue”». «Sbarchi, non se ne può più». «Sbarchi raddoppiati nel giro di un anno». «Chi pagherà le spese dei continui sbarchi?» «Soluzione all’emergenza sbarchi / “Far fuori i trafficanti di uomini”». «Un Machete contro gli sbarchi». «Fermate gli sbarchi!» «Sono veri profughi solo 5 stranieri su 100. Ieri altri 3000 sbarchi». «Sbarchi e infezione. Chi ci protegge?» «Record di sbarchi. Salvini sui social: l’invasione continua». «Basta col finto buonismo. Sì ai blocchi anti sbarchi». «Parliamo solo di Ucraina dimenticando gli sbarchi». «Qui aumenta tutto: povertà e sbarchi». «Effetto Papa: riprendono gli sbarchi».
Quelli che abbiamo elencato così, alla rinfusa, sono solo una parte dei titoli pubblicati in questi anni sulle pagine dei quotidiani italiani più schierati contro l’immigrazione quando al governo c’erano altri.
Dice oggi lo stesso ministro degli Interni Matteo Piantedosi, il quale si era fatto subito la fama di non essere uno smidollato parlando di «carichi residuali» e affermando che «la disperazione non può mai giustificare condizioni di viaggio che mettono in pericolo la vita dei propri figli», che sì, è vero, gli immigrati già sbarcati nel 2023 sono il doppio di quelli sbarcati nel 2022 (quando al governo c’era Luciana Lamorgese accusata dalle destre d’essere «inerme») ma che si tratta d’una contingenza «epocale».
Riflettere su tante sparate del passato può aiutare a inquadrare meglio i problemi. Come diceva Renzo Arbore in un vecchio spot: meditate, gente, meditate…
(da Il Corriere della Sera)
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Agosto 17th, 2023 Riccardo Fucile
LA MINISTRA “SCOPRE” CHE GLI ITALIANI FATICANO A PAGARSI LE FERIE E DICE, UDITE UDITE CHE “TUTTI DEVONO POTERSELE PERMETTERE”
Il partito di Coccia di Morto si è preso la sua rivincita a Ferragosto, quando pure la ministra dell’extralusso, dei gazebo a seicento euro, della vita smeralda, di Cortina, e ovviamente del Twiga – insomma, Daniela Santanchè – ha dovuto mischiarsi ai comuni mortali per registrare il suo video di auguri in una piscina decisamente popolare invasa da bambini urlanti.
Analoga location per la successiva intervista al Tg1, ed era straniante ascoltare la parlamentare italiana che più di tutti ha rivendicato il diritto al lusso, quella che raccontava le spiagge libere come distese di «tossicodipendenti e rifiuti» proponendo di consegnarle ai privati, rivolgere un pensiero agli italiani poveri che alle ferie devono rinunciare, «perché tutti devono poter andare in vacanza».
Si vede che il partito di Coccia di Morto comincia a far paura pure a lei, che non lo ha mai blandito né accarezzato, perché non c’è occasione come l’estate che segni il discrimine tra chi può e chi non può, e la seconda categoria sta diventando decisamente troppo numerosa. Ancora nel 1978 Alberto Sordi e Anna Longhi, fruttaroli (in romanesco: venditori di frutta), potevano fare le loro Vacanze Intelligenti al Grand Hotel di Montecatini e a Venezia, cenando in un ristorante vip circondati da principi del sangue. Adesso, probabilmente, dovrebbero farsi i conti in tasca pure per una settimana a Ostia. Aumenti fino al 44 per cento sui voli, del 17 per cento sui pacchetti vacanza e del 13 per cento negli alberghi. Ombrellone e lettino venduti a 40 euro al giorno a Riccione, a 80 euro a Gallipoli, anche a 1.000 nelle località esclusive della Puglia. Benzina a oltre due euro in autostrada, fino al record di 2,7 sulla tratta Milano-Varese. E in più le vessazioni sui turisti registrate dai giornali: stabilimenti che perquisiscono le borse alla ricerca di cibo portato da casa, sovraprezzi per il taglio di un toast o per un piattino di condivisione.
Nell’agosto più difficile della sua carriera di imprenditrice, parlamentare, operatrice del turismo, paladina dei balneari, icona di un certo tipo di riccanza, Santanchè ha capito che l’estate può diventare un problema politico e che il racconto deve sterzare. Persino il Tg1 non ha potuto fare a meno di mettere a raffronto le spiagge del privilegio sardo, dove lo yachtman racconta impavido di aver fatto un pieno da trecentomila euro, con la sabbia fai-da-te di Capocotta, l’arenile libero a Sud di Roma, fra italianissime teglie di parmigiana e misteriose leccornie spacchettate dagli immigrati. Due mondi, due Italie, e nel sottofondo una grande paura: quella che si sgretoli il paradigma politico che associava l’Italia dei ricchi ai progressisti, ai radical chic, insomma alla sinistra, e quella dei poveri alla destra proletaria e underdog.
È stato un luogo comune molto sfruttato e assai importante per il successo popolare delle destre – Capalbio contro Coccia di Morto, appunto – e ha funzionato per anni come un ingranaggio perfetto. Poi è arrivata la ministra Santanchè con il suo orgoglio vip e con le sue disavventure. Lo stereotipo ha cominciato a sbiadire. Non tanto per i dettagli giudiziari del fallimento Visibilia o Ki Group quanto per la percezione di privilegio che ogni italiano ha provato leggendo dei milioni guadagnati e spesi, forse truffati, ai danni dei soci e pure dello Stato, dei contributi ai dipendenti non versati o corrisposti solo dopo le denunce, dei misteriosi affari di compravendita immobiliare del compagno finto-principe, una casona acquistata e venduta un’ora dopo col guadagno di un milione, e tutto questo ad alimentare il turbine di una vita esagerata, i super-vestiti, la super-spiaggia, la super-montagna con gli stivaloni di pelo, le super-vacanze di Natale con la tavola che sembra un villaggio tirolese, la super-baita e ovviamente il super-gazebo d’agosto con divano, poltrone, maggiordomo sull’attenti.
Ecco, nella prima estate del governo della destra il rischio è che il paradigma di Capalbio si rovesci e che l’etichetta del vantaggio di classe finisca appiccicata alla destra balneare, peraltro la più tenace nella difesa dei grandi imputati dell’agosto 2023: i concessionari delle spiagge e i loro extra-profitti in costante ascesa. Non a caso la consueta sfilata di politici al Twiga non si è vista.
Lo scorso anno in villa da Santanchè c’era addirittura la futura presidente Giorgia Meloni, quest’anno alle agapi del 15 sono stati segnalati appena Massimo Boldi a pranzo e Christian De Sica a cena, un po’ poco. E allora si capisce meglio la location super-qualsiasi del discorsetto di Ferragosto, i ragazzini urlanti, le famiglie ordinarie sullo sfondo, il pensierino per i poveri che restano a casa (ma «il governo lavora per vacanze accessibili a tutti») e persino la faticaccia di trasferirsi subito dopo a Siena per presenziare a un grande evento di popolo come il Palio. Meglio concedere qualcosa al partito di Coccia di Morto, anche se è solo lo sfondo di un messaggio di auguri e qualche benevola parola.
(da La Stampa)
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Agosto 17th, 2023 Riccardo Fucile
PER IL SUO STAFF IL MINISTRO HA FATTO IL PIENO DI COLLABORATORI ALL’UNIVERSITA’ DI TOR VERGATA, DI CUI ERA RETTORE… MENTRE MANCANO I FONDI ALLA SANITA’ IL SUO CAPO DI GABINETTO GUADAGNA PIU’ DI MATTARELLA
«È tempo che la sanità pubblica torni a occuparsi del benessere del cittadino nella sua totalità». Un anno fa, Giorgia Meloni ha introdotto così i sette punti del suo programma di governo per la sanità pubblica. Un piano che andava dallo sviluppo della medicina territoriale, all’aumento del numero dei dottori in corsia, fino al superamento della pandemia di coronavirus, attraverso il «ripristino di prestazioni ordinarie, procedure di screening, e abbattimento delle liste d’attesa». Da spendere ci sono i 7 miliardi di fondi Pnrr. Una manna dal cielo in un contesto di decennali tagli a ospedali e cure imposte da governi di ogni colore politico.
Il piano ambizioso della maggioranza di governo è stato affidato a un tecnico: Orazio Schillaci, 56 anni, rettore dell’Università di Tor Vergata. Oltre a essere un medico, Schillaci gestisce un ateneo con un prestigioso ospedale universitario. Quindi chi meglio di lui può operare sui mali della sanità italiana? Avrà pensato questo Giorgia Meloni quando il cognato Francesco Lollobrigida le ha sussurrato il nome del rettore, per un incarico ancor più centrale dopo la pandemia di Covid-19 nella gestione di fondi e potere.
La sfida è difficile, ma a differenza di tanti suoi colleghi che siedono in Consiglio dei ministri, Schillaci per il momento non ha commesso gaffe che hanno imbarazzato la premier, ma non si distingue dai suoi predecessori nel tagliare fondi alla gestione della sanità pubblica. Le risorse però non mancano quando si tratta pagare il suo nutrito staff di collaboratori. Un esempio: al ministero della Salute c’è un capo di gabinetto che è più pagato del presidente della Repubblica. Si chiama Arnaldo Morace Pinelli e lavora alle dirette dipendenze del ministro.
ORAZIO MANI DI FORBICE
Va detto che in fatto di soldi Schillaci ha seguito alla lettera il mandato affidatogli dal capo del governo. «Superare la pandemia», questo l’obiettivo indicato da Meloni. E il ministro lo sta facendo nel modo più veloce: riportando la spesa a livelli pre-covid. Dopo anni di tagli, operati da governi di ogni colore politico, il coronavirus ha imposto un maggiore budget per affrontare l’emergenza prima e gestire l’uscita dalla pandemia poi. Nel 2020 i fondi per la salute pubblica sono cresciuti di quasi 20 miliardi, ma ora il ministro ha ripreso le forbici. E nel primo Documento di economia e finanza del 2023, il primo del governo Meloni, la diminuzione di budget continuerà fino a portare nel 2025 al superamento nella pandemia. Nel senso che si tornerà a un rapporto spesa/Pil del 6,2 per cento: l’ultimo anno prima del Covid era del 6,4 per cento. Un passo indietro che lascia stupiti se si considera che in Italia la popolazione è sempre più anziana: un residente su cinque (oltre 12 milioni) ha più di 65 anni, nel 2050 saranno il 35 per cento, 19 milioni. E pensare che la pandemia ha dato maggiore risalto ai problemi della sanità italiana, che in dieci anni ha subito tagli per 37 miliardi di euro.
Il nostro paese investe nel settore il 38 per cento in meno rispetto alla media Ue: per recuperare servirebbero 25 miliardi in più l’anno, ha scritto l’Ocse in un report della scorsa primavera. Forse anche qualcosa di più, visto che tra 2021 e 2024 solo l’inflazione si è mangiata circa 15 miliardi del fondo sanitario nazionale. Il budget del fondo per il 2023 era di 128 miliardi, da spartire tra le regioni: a dire dei governatori sarebbero mancati almeno 5 miliardi. Sul Pnrr invece il ministro non accetta di sentirsi dire che è in ritardo: dopo la denuncia della Fondazione Gimbe di metà luglio su progetti in stand by e fondi non spesi, Schillaci ha risposto con una nota piccata in cui affermava che il suo ministero è in linea con quelli dei colleghi. Di certo al ministro servono quindi con urgenza nuove risorse. E non avrebbe difficoltà a spenderle.
COME FOSSE TOR VERGATA
Nel frattempo Schillaci non ha avuto problemi a riempire il ministero di fedelissimi, possibilmente con un passato all’università. La sua, ovviamente: Tor Vergata, il secondo ateneo romano. A partire dal suo capo di gabinetto, Arnaldo Morace Pinelli. Avvocato dal curriculum sterminato, tra docenze, pubblicazioni e incarichi vari, Morace esercita anche per lo studio capitolino Leading Law. Insegna a Tor Vergata dal 2005, dov’è ordinario dal 2017. Forse proprio per il prestigiosissimo curriculum che Morace é riuscito a portare a casa uno stipendio di 204mila euro all’anno: enorme, se si considera che è di 50mila euro superiore a quello del ministro, e di 25mila a quello del presidente della Repubblica Sergio Mattarella (che ha deciso di tagliarselo da 239mila a 179mila euro l’anno). Nessuna dichiarazione, ma una curiosa polemica è nata quando nel tavolo “per lo studio delle criticità per l’attuazione del regolamento per l’assistenza ospedaliera e territoriale, istituito con un provvedimento a suo nome a inizio luglio, non era presente nessuna donna sui 18 membri. Il ministro Schillaci va su tutte le furie, così i componenti passano da 18 a 52 in un primo momento, per arrivare a 76 il 20 luglio. Fortunatamente Schillaci non ha fatto lo stesso con il suo gabinetto, dove i membri sono 8 (9 se si aggiunge il capo segreteria del sottosegretario Gemmato) per una spesa di circa mezzo milione di euro.
A capo dell’ufficio legislativo c’è Massimo Lasalvia, già viceprocuratore generale della Corte dei Conti e presidente della Corte generale d’Appello: anche lui è passato per l’università del ministro, dove dal 2021 è stato presidente del collegio dei revisori dei conti. Un ruolo importante a Tor Vergata lo ha avuto anche Marco Mattei, stipendio da 154mila euro, capo segreteria tecnica di Schillaci: dal 17 gennaio 2022 è direttore sanitario della Fondazione Tor Vergata. Mattei ha una lunga carriera nell’amministrazione sanitaria locale, avendo diretto numerose Asl. Ma ha anche una datata attività politica: è stato per 10 anni sindaco di Albano Laziale, nei territori del ministro Lollobrigida. Con lui ha condiviso l’esperienza (e il siluramento) dalla Regione Lazio: entrambi assessori – Mattei all’ambiente, “Lollo” ai trasporti – vennero mandati via dall’allora governatrice Renata Polverini. Esperienza che forse si ricorda Francesca D’Avello, capo ufficio stampa del ministero per 70mila euro, che per Polverini aveva ricoperto lo stesso ruolo 10 anni fa.
Grande conoscitrice del Palazzo della Regione è anche Rita Di Quinzio, che iniziò a frequentare Schillaci già ai tempi di Francesco Storace: Di Quinzio è capo della segreteria del ministro, con una busta paga di 80mila euro. Nelle scorse settimane è stata nominata anche – in quota Schillaci – nel cda di Sport e Salute, società pubblica con budget di centinaia di milioni di euro. Non è la prima volta che Di Quinzio frequenta i palazzi di governo: nel 2008 è stata tra i componenti di una commissione per la sicurezza stradale voluta dall’allora ministra alle attività giovanili Giorgia Meloni. Commissione che viene ricordata – si può leggere nelle cronache dell’epoca – più per l’assegnazione dei fondi a società di persone vicine alla destra che per le iniziative promosse.
Sempre da Tor Vergata, invece, arriva Antonella Tolu: è segretaria particolare di Schillaci, per 80mila euro, stesso incarico ricoperto per anni all’ateneo.
UNA PREMIER PER AMICA
Se volete fare una visita specialistica o un’analisi particolare a stretto giro, rivolgetevi al sottosegretario Marcello Gemmato. Per lui il taglio delle liste di attesa previsto nel programma è un mantra. Farmacista pugliese, deputato alla seconda legislatura, Gemmato è amico di Giorgia Meloni dai tempi della comune militanza giovanile in Alleanza Nazionale. A conferma di un rapporto consolidato negli anni, il sottosegretario nei giorni scorsi ha condiviso qualche giorno di relax in Puglia con la premier e i suoi familiari stretti.
Gemmato è stato soprannominato “Mr. Boh Vax” dopo che, mesi fa, mise in dubbio l’efficacia dei vaccini nel contrastare la pandemia di Covid-19. Il sottosegretario però è l’uomo giusto nel caso si volesse saltare la fila per una visita in ospedale. No, non mette buone parole per chi lo conosce. Basta andare nella clinica di cui è socio al 10 per cento, la Therapia di Bari, e aprire il portafogli. Come si legge sul sito, si può avere «un quadro completo della situazione clinica di un utente, senza dover attendere i lunghi tempi del servizio sanitario pubblico». Tempi lunghi che fanno ricco Gemmato. Il farmacista pugliese si è portato al ministero, come capo segreteria, Ettore Ruggi D’Aragona, anche per lui 80mila euro annui.
Collaboratore di Gemmato già nella scorsa legislatura, Ruggi D’Aragona ha lavorato come consigliere ai rapporti con il Parlamento di Gianni Alemanno, ministro dell’Agricoltura nel governo Berlusconi II.
Nel 2008, in qualità di lobbista, Ruggi D’Aragona ha collaborato anche con British American Tobacco, la multinazionale del tabacco, mentre tra 2006 e 2008 è stato all’Istituto sperimentale per il tabacco. Tra il 2019 e il 2022 è stato invece in Federfarma. Infine, dal 2020 Ruggi D’Aragona è anche cavaliere del Sovrano Militare Ordine dei Cavalieri di Malta. Al ministero della Salute, qualche stanza più in là, lavora anche il presidente del Tribunale dei Cavalieri di Malta. É Morace Pinelli, il capo di gabinetto di Schillaci, quello con lo stipendio da record.
(da editorialedomani.it)
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Agosto 17th, 2023 Riccardo Fucile
IL BAR SI ARRAMPICA SUGLI SPECCHI: “HA CHIESTO UNA VASCHETTA DA 500CC IN POLISTIROLO, UNA IN PLASTICA DA 200CC GLIELA AVREMMO DATA GRATIS”… DA QUANDO UNA VASCHETTA IN POLISTIROLO COSTA 1.50 EURO SENZA SCONTRINO?
Nuovo giorno, altra denuncia (social). Nell’estate degli scontrini «pazzi», si infiamma sempre di più la battaglia che vede contrapposte due fazioni. I clienti da una parte, gli esercenti dall’altra. Il motivo è sempre lo stesso: il sovrapprezzo per ogni tipo di servizio.
Dal taglio del toast, al cucchiaino per il dolce, fino al bicchiere d’acqua o al ghiaccio che accompagna il caffè. Una lunga lista, destinata ad allungarsi, e che ora ha una nuova voce.
Nella cittadina abruzzese di Guardiagrele, in provincia di Chieti, un tedesco – romano di adozione -, Stein Martin, ha dovuto pagare 1.50 (senza scontrino) per aver chiesto un contenitore per far bere il suo Golden Retriver. Lo ha denunciato lui stesso con un post su Facebook: «Il 15 agosto 2023 allo scoccare delle ore 12.00 avendo con me “Mia” una dolcissima Golden retriever, ho chiesto un contenitore in polistirolo da 500 cc. ad una gelateria del centro dove vicino c’era una bellissima fontanella», si legge.
«Con mio immenso stupore – continua il racconto – alla mia richiesta mi hanno risposto che non potevano darmela, allora ho ribadito: “Guardi che è per far bere il mio cane, se vuole gliela pago”. Mi hanno chiesto 1,50 euro senza scontrino, scocciati, e me la hanno consegnata», conclude Stein Martin, postando la foto del contenitore.
Tempestiva la replica del locale che ha fornito la sua versione dei fatti. «Non è andata proprio così – risponde un dipendente della gelateria a Repubblica -. In realtà avevamo offerto al signore una ciotola di plastica da 200 cc gratuitamente, come facciamo sempre quando ci chiedono di poter far bere il cane per non sprecare una vaschetta di polistirolo che noi usiamo per il gelato. Lui non l’ha voluta e ha chiesto la vaschetta che avrebbe pagato. Io ho chiesto ai colleghi il costo e mi è stato detto che era 1.50 euro», conclude. Versione, questa, confermata anche dallo stesso Martin che – come scrive il giornale quotidiano – avrebbe rifiutato per le dimensioni «troppo piccole» della vaschetta proposta dal dipendente.
(da agenzie)
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