Agosto 25th, 2023 Riccardo Fucile
L’OGGETTO DELLE CRITICHE SONO LA TASSA SUGLI EXTRAPROFITTI DELLE BANCHE E LE MOSSE SUL CARO VOLI: “”LE MISURE POSSONO METTERE A REPENTAGLIO IL MERCATO ITALIANO DEI PRESTITI IN SOFFERENZA”
Quattro articoli in 24 ore evidenziano i dubbi degli investitori internazionali sulla strategia economica italiana. Due sul Financial Times, uno su Bloomberg, uno su Cnbc. Così il governo, dopo le ultime mosse sulle banche e il price cap per le compagnie aeree, finisce nel mirino degli osservatori.
Preoccupano le iniziative contro la concorrenza, l’irruenza sull’ipotesi di tassazione dei cosiddetti extraprofitti degli istituti di credito, la nuova ipotesi di legge sui crediti deteriorati. In attesa di capire meglio i contorni della legge di Bilancio.
A quasi un anno dalle elezioni, l’esecutivo guidato da Meloni inizia a perdere la sua lucentezza agli occhi dei media internazionali. […]Sul Financial Times di ieri due articoli, a cura di Claire Jones e di Peggy Hollinger, hanno criticato a doppio mandato le ultime iniziative del governo.
Primo, il contributo straordinario sui profitti registrati dalle banche. Che secondo il Ft è stato inatteso e comunicato male. E che sarà oggetto di divergenza tra Palazzo Chigi e la Banca centrale europea (Bce). Secondo, la misura voluta dal ministro delle Imprese Adolfo Urso, ovvero un tetto ai prezzi dei voli low-cost.
A peggiorare la situazione potrebbe esserci la prossima normativa sui crediti deteriorati, (o Non-performing loans, Npl), che dovrebbe essere varata entro l’anno.
«La nuova legge potrebbe turbare ulteriormente i finanziatori e gli investitori internazionali in un Paese ancora scosso da una tassa a sorpresa sulle banche», evidenziano i reporter di Bloomberg. Le preoccupazioni degli investitori «si concentrano sulla possibilità che le misure possano cancellare i loro rendimenti e mettere a repentaglio il mercato italiano dei prestiti in sofferenza».
Non da ultimo, c’è anche Cnbc. «Dopo essere entrata nel mainstream politico, la leader italiana di estrema destra Giorgia Meloni sta ora scioccando i mercati e sconvolgendo le grandi imprese», ha scritto la principale televisione finanziaria statunitense. Viene evidenziato […] un parziale scollamento tra quello che è l’immagine della premier Meloni e il resto dell’esecutivo. A fronte di un rischio reputazionale in ascesa, gli investitori potrebbero voltare le spalle a Roma.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Agosto 25th, 2023 Riccardo Fucile
I RAMPELLIANI CHIEDONO “MAGGIORE COINVOLGIMENTO E UN CONGRESSO” (E SI BECCANO UN “NO” SECCO DA DONZELLI) – VELENI ANCHE SULLA ONNIPRESENTE SEGRETARIA DELLA PREMIER PATRIZIA SCURTI: “NON CONDIVIDE L’AGENDA, NON FA LAVORARE NEMMENO LO STAFF PIÙ STRETTO”
Io, patria e famiglia. Giorgia Meloni accorcia ancora di più la catena di comando fra Palazzo Chigi e Via della Scrofa ed ecco sgorgare rivoli di veleni. Tra chi assicura di non essere stato ridimensionato (vedi Giovanni Donzelli dentro Fratelli d’Italia) e chi nella riorganizzazione della comunicazione del governo e del partito (la stessa cosa) non ci sta a passare da scavalcato.
Le due notizie rivelate dal Foglio hanno agitato il rientro di ieri a Roma della premier dopo le ferie. La prima: Arianna Meloni, sorella maggiore della “capa” e partner del ministro Francesco Lollobrigida, diventerà responsabile della segreteria politica (oltre che del tesseramento). Per un bel pezzo del partito è una mossa per limitare il potere assunto dal “Donze”, l’unico della generazione Atreju a non ricoprire incarichi di governo o parlamentari.
Il partito parla e ribolle. Il deputato rampelliano (corrente Gabbiani di Colle Oppio) Massimo Milani chiede “un congresso e maggiore coinvolgimento”. E si becca un “no” secco da Donzelli, che lo ha commissariato alla guida della federazione di Roma.
Discorso più complesso per la seconda notizia rivelata sempre da questo giornale: il sottosegretario Giovanbattista Fazzolari dal primo settembre, in concomitanza con l’uscita di Mario Sechi verso la direzione di Libero, è stato nominato coordinatore della comunicazione con un messaggio in una chat di big e staff di Palazzo Chigi (chat chiusa ieri dalla premier).
E poi ci sono anche gli scontenti dell’onnipresente Patrizia Scurti – “la segretaria non condivide l’agenda della premier: non fa lavorare nemmeno lo staff più stretto”, si mormora nel Palazzo – e così via.
E’ tutto un Io, patria e famiglia. Con i primi veleni dopo nemmeno un anno di governo. Dalla Lega già se la ridono: “Palazzo Chigi fa questo effetto: auguri”.
(da Il Foglio)
argomento: Politica | Commenta »
Agosto 25th, 2023 Riccardo Fucile
CHE FINE HA FATTO LA DESTRA ORGOGLIOSA DELLE GERARCHIE DI PARTITO DETERMINATE DAI CONGRESSI? SIAMO ARRIVATI AL TOCCO DELLA SOVRANA SULLA SPALLA DELLA SORELLA
C’erano una volta gli organi dirigenti determinati dalle vittorie congressuali. Poi vennero i cerchi magici. I gigli magici. Le geometrie variabili del grillismo con le liste dei fidatissimi che cambiavano ogni settimana insieme all’umore dell’Altissimo, e insomma: ora che Giorgia Meloni ha nominato sua sorella Arianna a uno degli incarichi da sempre più rilevanti negli organigrammi della destra (responsabile della Segreteria politica) possiamo moderare lo stupore.
La vera novità non è tanto la cooptazione a Primo Cavaliere di una apparente outsider ma semmai il fatto che anche a destra, nella destra orgogliosa del suo status di partito “vero”, strutturato, con gerarchie determinate dai congressi, nella destra degli underdog cresciuti tutti insieme in un rapporto di celebrata lealtà, il capo si rivolga alla sua parente più stretta per gestire il ruolo-principe nel controllo della struttura del partito.
L’evoluzione in direzione monarchica dell’assetto dei partiti italiani – il sovrano impone la spada e introna il Lord – è in corso da un bel pezzo. Già trent’anni fa nella foto di gruppo dei potentissimi berlusconiani c’era un team senza alcun incarico ufficiale che però costituiva la tavola rotonda di ogni decisione in virtù della fratellanza col Cavaliere: Fedele Confalonieri, Adriano Galliani, Gianni Letta e Marcello Dell’Utri, il gruppo del famoso jogging alle Bermuda.
Per non dire della corte familiare che governò a lungo il destino della Lega bossiana, Manuela Bossi, il figlio Renzo, il figlioccio Marco Reguzzoni e Rosi Mauro, pure loro apparentemente estranei alla struttura e però padroni delle scelte.
Meloni alla fine ha imboccato la stessa strada ma ha voluto “ufficializzare” un rapporto che per anni ha agito dietro le quinte: la titolarità della segreteria è il terzo incarico formale che Arianna riceve tra l’inizio di luglio e oggi, dopo la responsabilità del tesseramento e l’inserimento nel CdA della Fondazione An e del suo colossale patrimonio.
La triplete risulta senza dubbio un atto di forza: in nessun altro partito scelte del genere sarebbero passate senza contraccolpi, ma segnala anche la fragilità dei vecchi assetti.
Mai come adesso le due colonne del progetto iniziale di FdI, i cofondatori Ignazio La Russa e Guido Crosetto, sembrano ammaccati nel ruolo che gli era stato assegnato, l’uno a presidio delle antiche filiere elettorali della Fiamma e l’altro a garanzia del mondo moderato che un anno fa ha scelto di dare una chance alla destra.
Quei due racconti, che nell’epoca del quattro per cento stavano insieme senza guai, ora sono diventati un corpo a corpo, una dannazione.
Le gaffes o le intemperanze verbali c’entrano poco. C’entrano i vincoli che il rapporto con entrambi ha imposto alla premier.
Dal lato di La Russa, la difesa di Daniela Santanchè, che probabilmente sarebbe stata più tiepida se la premier avesse potuto fare di testa sua, senza l’obbligo di tenere in conto gli stretti legami tra la ministra e il presidente del Senato.
E dal lato di Crosetto la gran rivolta della base e dei quadri intermedi dopo la rimozione dall’incarico del generale Roberto Vannacci, con i conseguenti sospetti, così larghi che persino Il Giornale li ha messi in prima pagina: cosa vuole il ministro della Difesa? Diventare il Franceschini della destra? Costruirsi un ruolo di riserva della Repubblica? Forse il Quirinale?
Ecco, tutto fa pensare che Meloni abbia deciso di rompere gli indugi e di superare quel vecchio modello. L’antico triumvirato deve cedere spazio a una fase nuova, a un melonismo “in purezza” che in tempi normali, i tempi del partitino e del controllo assoluto su ogni dinamica interna, sarebbe scaturito da un congresso (e infatti fino alla primavera scorsa se ne è parlato tantissimo, indicandone persino la scadenza per questo autunno).
Ma figuriamoci come sarebbe finita adesso un’assise nazionale di FdI, con una segreteria indiscutibile ma ogni altro organo sottoposto al voto, tra tesseramenti decuplicati dal successo, nuovi iscritti incontrollabili, faide storiche come quella del Lazio sommate agli incombenti duelli per le Europee e alle prossime amministrative, e in più l’ombra di una campagna acquisti dei delusi da parte della Lega, o della nascita di una nuova ultradestra guidata da Gianni Alemanno.
Impossibile, impensabile. Il melonismo in purezza nascerà altrimenti, anzi è già nato con il tocco della sovrana sulla spalla di sua sorella.
Dice Giovanni Donzelli che il ruolo affidato ad Arianna Meloni è lo stesso che per moltissimo tempo, sotto la segreteria di Gianfranco Fini, svolse Donato Lamorte, figura poco nota ai più ma rilevantissima nelle vicende interne del Msi e di An.
Era a tutti gli effetti l’alter-ego del segretario nazionale del partito in ogni comunicazione, segnalazione, richiesta, arrivato all’incarico dopo una lunghissima gavetta da dirigente romano.
«L’ha detto Donato» faceva Cassazione. Magari Donzelli ha usato il paragone per addolcire la pillola a chi ha difficoltà a mandarla giù, ma in realtà ha evidenziato un dato che rompe ogni narrazione precedente su FdI: va bene la comunità degli underdog, cresciuta sotto lo stesso cielo, nello stesso recinto, legata dallo stesso patto d’onore, ma alla fin fine, dovendo scegliersi un Primo Cavaliere, la premier-sovrana si fida solo del sangue del suo sangue.
(da La Stampa)
argomento: Politica | Commenta »
Agosto 25th, 2023 Riccardo Fucile
TREDICI PROFESSIONISTI ALL’UFFICIO STAMPA, UNA PORTAVOCE E UN RESPONSABILE DELLA COMUNICAZIONE NON BASTANO
A Rocca un guru non basta. E non gli bastano neppure tredici professionisti impegnati nell’ufficio stampa, una portavoce, un responsabile della comunicazione istituzionale, che è l’ex estremista Marcello De Angelis lasciato su una poltrona da 110mila euro nonostante le sue esternazioni neofasciste e antisemite, e due professionisti inseriti nella stessa struttura di De Angelis.
Il governatore vuole più visibilità ed ecco dunque oltre mezzo milione di euro a LazioCrea per «interventi progettuali di visibilità del presidente della Regione Lazio e della giunta regionale».
Il settore della comunicazione in via Cristoforo Colombo è robusto, ma Francesco Rocca ha comunque deciso di dare una super consulenza a Luigi Di Gregorio, un docente universitario, ex responsabile della comunicazione istituzionale di Gianni Alemanno, che si occuperà della strategia del presidente. Come se non bastasse, però, per confezionare spot su Rocca e gli assessori sono stati dati anche 520mila euro alla società regionale impegnata nei servizi di gestione e organizzazione.
Quello della comunicazione sembra diventato un tarlo per l’ex presidente della Croce Rossa voluto da Giorgia Meloni alla guida del Lazio. Ha più volte assicurato che lui prima fa e poi fa sapere. Ecco però che per comunicare le sue azioni e quelle della sua giunta non sembra bastargli un esercito di professionisti ed ha ritenuto necessaria una campagna capillare da affidare a LazioCrea.
L’idea è venuta al capo di gabinetto del governatore, Giuseppe Pisano, un fedelissimo di Rocca dai tempi della Cri, che il 23 giugno scorso ha chiesto un intervento progettuale di visibilità a favore del presidente e della giunta, suddiviso su due linee progettuali: «una relativa alla visibilità del presidente e della giunta e una relativa all’implementazione dell’informazione delle attività della giunta». Detto e fatto. La Regione avrà pure sempre le casse vuote, ma per gli spot i soldi sono stati trovati. Cosa non si fa, del resto, per «diffondere» le «iniziative istituzionali in modo capillare e trasparente e migliorare l’accesso dei servizi messi a disposizione dei cittadini» residenti nel Lazio. Tra comunicatori, guru e interventi di visibilità occorrerà ora solo attendere per poter conoscere i progetti da rendere noti che richiedono così tante energie.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Agosto 25th, 2023 Riccardo Fucile
I VICINI SOTTO CHOC: “COME POTEVAMO IMMAGINARE? I GENITORI SONO PERSONE SERIE”. “LUI E GLI ALTRI SONO DELLE MERDE”. “QUELLO CHE HANNO FATTO È SCHIFOSO” – IL PADRE E LA MADRE, CHE SI SONO DOVUTI ALLONTANARE DA CASA PER LE MINACCE, DICONO: “SE HA SBAGLIATO E’ GIUSTO CHE PAGHI”
Quartiere popolare dell’Arenella, quello della vecchia tonnara di Palermo. Il padre dice: «Se Angelo ha sbagliato, è giusto che paghi». La madre dice: «Però ci vorrebbe un po’ di pietà anche per noi genitori». Questa è la casa di Angelo Flores, l’unico ragazzo del branco che conosceva la vittima. È stato lui a coinvolgere gli altri. È lui che punta la torcia del telefono durante lo stupro. Sempre lui che, secondo gli atti dell’inchiesta, fa il video. E quando la vittima crolla a terra sotto le violenze, la rimprovera per farla rialzare: «Ohhhh! Ohhhh!». Ed è sua anche quella frase scambiata nei giorni successivi con un amico su WhatsApp, considerata dal gip una confessione.
«Stiamo facendo un bordello. Se ci ripenso mi viene lo schifo. Perché eravamo, ti giuro, cento cani sopra una gatta, una cosa così l’avevo visto solo nei video porno. Eravamo troppi. Ma che dovevo fare? La carne è carne». Il padre è un muratore. La madre è una casalinga. Hanno altri due figli più piccoli. La famiglia nel quartiere è conosciuta. «Davvero, è gente perbene. Il padre ha avuto dei guai di salute, la moglie è venuta a chiedere aiuto per il bambino piccolo. Qualche vestito, un paio di scarpe. Ma sempre con estrema gentilezza. Vi assicuro che i genitori sono persone serie». Fuori dal cortile, di fronte alla madonna, c’è una «carnizzeria» chiusa da trent’anni.
Il portone successivo è quello di un’associazione gestita dalla signora Francesca Troia. Raccoglie abiti usati e giocattoli, cibo e medicinali per chi ne ha bisogno. «Il ragazzo portava il cane qui davanti. Era educato. Sembrava uguale a tutti gli altri, perché ormai i ragazzi sono dei cloni. Non volevo credere alle mie orecchie quando ho saputo che proprio lui era coinvolto in quella cosa tremenda. Da donna, posso dire soltanto questo: lui e gli altri sono delle merde. Non ci sono altri termini. Non chiedo punizioni esemplari come stanno facendo in tanti, ma giustizia sì, la chiedo eccome». Secondo lei, qual è la parola all’origine di tutto? «Ignoranza è la prima. Cattiveria è la seconda. Non tirate in ballo l’alcol o altre giustificazioni. Perché non esistono».
Questo vecchio quartiere è un reticolato di piccole vie strette che portano al mare. Era la spiaggia dei pescatori. Adesso è un lido di città, a cui tutti scendono portandosi la sdraio di plastica sotto braccio. Anche Angelo Flores scendeva ogni pomeriggio. Ha la terza media. Ha messo in fila pochi lavoretti saltuari, di cui l’ultimo come cameriere in un villaggio turistico. È lui che portava Balto a fare i bisogni, quando il padre stava male. È lui quello pieno di crocifissi sul petto. Sempre lui, con angeli e pistole tatuati, mentre canta su TikTok: «Hello bitch, suck my dick». «Ciao put***a succhiamelo». Un altro vicino: «Siamo rimasti tutti ammutoliti. Persino il padre, che all’inizio aveva provato a difendere il figlio, ora lo ammazzerebbe con le sue mani. Credetemi, è fulminato dal dolore e dalla vergogna»
Un ragazzo seduto sullo scooter: «A Palermo non si parla d’altro. Quello che hanno fatto quei sette è schifoso” . L’unico che la conosceva è questo ragazzo di Arenella, il ragazzo che nessuno sa spiegare. «Non ha mai fatto niente di male nel quartiere, non è mai stato violento» dicono in spiaggia. «Come potevamo capire?».
Il 7 luglio è la notte dello scempio. La zona è quella dei locali. Pieno centro, quartiere dalla Vucciria. Il primo a unirsi è il cugino Gabriele Di Trapani, anche lui con il crocifisso al collo e una massima sul profilo: «In questa vita mangi o vieni mangiato». Arriva da un’altra periferia, la stessa di tutti gli altri. È il quartiere di via Montalbo, zona di spaccio e anche di famiglie mafiose. Sono figli di ambulanti, figli di disoccupati. Due di loro sono stati segnalati per rissa. Alcuni frequentano la scuola professionale di via Don Orione.
Da quando i sette sono stati arrestati, i genitori sono subissati di insulti e di minacce di morte. Ieri qualcuno ha pubblicato su Telegram i numeri di telefono dei padri e delle madri. È una spirale che non si ferma. Dopo gli stupratori, i giustizieri.
Notte di Palermo. Notte di vergogna. Notte di sconfitta. Notte che nessuno sa dire. Il basso della famiglia Flores è deserto. Non è rimasto neanche il cane Balto. Il telefono del padre è sempre staccato. «Credo che per ragioni di sicurezza abbiano dovuto allontanarsi dal quartiere», dice il vicino. È come se il male a Palermo fosse un contagio.
(da La Stampa)
argomento: Politica | Commenta »
Agosto 25th, 2023 Riccardo Fucile
IL RIFACIMENTO SI È CONCLUSO NELL’EXCLAVE RUSSA TRA POLONIA E LITUANIA, CON UN COSTO DI 32 MILIONI DI DOLLARI: ALL’INTERNO UNA PISCINA DI 25 METRI CHE SCOMPARE E LASCIA SPAZIO A UNA SALA DA BALLO, UN TAPPETO DA 50MILA EURO
La mattina del 19 gennaio 2022, poco più di un mese prima dall’inizio delle ostilità in Ucraina, la direzione cantieri navali Blohm + Voss di Amburgo ha ricevuto una mail in merito a uno degli yacht che in quel momento era in riparazione: la Graceful, 82 metri per 100 milioni di dollari di valore, che le autorità statunitensi ricollegano alla persona di Vladimir Putin, ma che fino a poco tempo fa apparteneva ufficialmente a una società per azioni russa dai proprietari ignoti.
Il restauro presso i prestigiosi cantieri tedeschi sarebbe dovuto durare almeno un altro anno, ma ai tecnici veniva intimato di preparare al più presto l’imbarcazione per il traino e di caricare sull’imbarcazione, incompleta, quanto più materiale da riparazione possibile.
Così lo yacht in tutta fretta è stato trasferito dal porto tedesco all’exclave Russa di Kaliningrad, al riparo dalle sanzioni che di lì a poco avrebbero colpito le proprietà dei russi all’estero.
La squadra di investigatori dell’organizzazione di Aleksej Navalny ha portato alla luce nuovi dettagli sulle operazioni di restauro, avvenuto in territorio russo ma con l’aiuto di società straniere, italiane comprese.
Le spese di riparazioni e mantenimento, contenute in un elenco di 145 pagine, sono ammontate a 32 milioni di dollari nel solo 2022. Non si tratta solo di lavori allo scafo e rifacimento dei ponti, ma anche di installazione di mobili, marmi e ammodernamento delle strutture ricreative.
Al piano superiore, accanto all’eliporto, è stato creato un salone con tavolo rotondo per 12 posti e una zona piscina, con vasche a contrasto di calore, come quelle installate nella residenza ufficiale di Novo-Ogaryovo e nel palazzo di Ghelendzhik sul Mar Nero. Sul ponte di comando c’è una zona lounge con pianoforte, tre divani e Tv.
Al piano di sotto, nel ponte dedicato al proprietario, è stata installata una piscina di 25 metri con pavimento rialzabile, che può trasformarsi in sala da ballo o cinema.Nelle case di Putin, osservano gli autori dell’indagine, ci sono sempre camere da letto separate per lui e per la “padrona di casa”. Al centro della stanza del proprietario c’è un enorme letto incorniciato da colonne che sovrasta un tappeto indiano della superficie di oltre cento metri quadrati, acquistato per quasi 50 mila euro.
Al piano inferiore sono disposte le cabine degli ospiti e il reparto dell’equipaggio. La palestra è attrezzata con le stesse macchine richieste dal Servizio di protezione dello Stato (Fso) per il treno blindato di Putin, le Hoist.
Per lo yacht sono stati acquistati divani del valore di 40 mila euro, tappeti da 60 mila euro e tavolini da 80 mila, ma a colpire più di tutto sono le spese per elementi minori: piattini da 250 euro ciascuno, centrotavola in porcellana da 500 euro, giochi da tavolo per oltre 1.500 euro. In dotazione alla Graceful ci sono anche tre ombrelli blindati ParaPactum da circa 10mila euro l’uno, che possono essere usati come scudo contro attacchi corpo a corpo e lanci di oggetti.
Tra gli agenti dell’Fso che prestano servizio sugli yacht figura il capitano di terzo grado Valeria Trach, responsabile del personale e degli acquisti. Il suo nome compare nello scambio di mail con una società italiana fornitrice di divise, la Floating Life Italy. Omettendo dettagli compromettenti nelle fatture e triangolando tra Turchia, Dubai e Paesi Baltici la società di Varese avrebbe continuato a consegnare merce alla Graceful anche dopo l’inserimento nella lista delle sanzioni Usa.
I lavori sono stati completati in tempo per il Forum economico internazionale di San Pietroburgo, e la Graceful ha raggiunto la “capitale del nord” il 18 giugno, dove in quei giorni ad attenderla c’era Vladimir Putin. Ora attraverso il circolo polare artico, il Pacifico, l’Oceano indiano sta facendo rotta su Sochi, sperando di arrivare in tempo per la fine dell’estate.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Agosto 25th, 2023 Riccardo Fucile
CORRUZIONE, VIOLAZIONE DEI DIRITTI UMANI, STRAGI: TUTTO QUELLO CHE PUÒ ROVINARE MAD VLAD
Ancora poco si è scavato sul possibile lato d’intelligence, per così dire, presumibilmente messo in piedi a mo’ di assicurazione personale dal n°1 dei «professionisti» della guerra: un altamente probabile cassetto di segreti (e dossier) custodito dal fondatore della Wagner Evgenij Prigozhin, dato ora per morto.
Dietro il suo aereo esploso potrebbero esserci manovre legate a informazioni sensibili, che avrebbero potuto (e forse potrebbero ancora) infangare l’esercito russo e l’onore dello zar in vista delle elezioni 2024. Prove di violazione dei diritti umani (anche a danno del popolo della Federazione), reclutamenti forzati, errori. Documenti che sarebbero potuti arrivare anche alla Corte penale dell’Aja. E rivelazioni a uso interno su presunte amanti di Putin, figlie segrete, intrallazzi.
Certo, a Prigozhin era stata garantita da Putin in persona la chiusura del processo penale per istigazione alla ribellione, aperto dall’Fsb a carico degli ammutinati contro le gerarchie di Mosca; una promessa confermata dal portavoce del Cremlino Peskov, che però, in modo piuttosto sibillino, aveva parlato della semplice «parola» data dal presidente della Russia.
In sostanza la cornice di un accordo: tra il ricco ex oligarca e l’uomo più potente di Russia, che aveva contribuito a far diventare milionario Prigozhin prima di annoverarlo nella lista dei «traditori».
Regolamento di conti, vendetta o messinscena, l’ipotesi di una soluzione di compromesso non onorata dallo zar si consolida, su Prigozhin. […] Qualcosa era filtrato dal quotidiano investigativo Proekt, che a giugno citava una fitta rete di società offshore e intercessori per ripartire case e proprietà alle figlie dello zar e all’ex moglie. Il parcheggio dei paramilitari in Bielorussia aveva rimesso tutto agli umori del Cremlino, mentre Prigozhin scorrazzava in Africa.
Ma nelle ultime ore in Russia più di un canale Telegram ha ripreso in mano la pista delle informazioni scomode che potevano tenere Putin perfino sotto ricatto, e renderlo dunque ancora più debole. Dossier costruiti dall’ex cuoco mattoncino dopo mattoncino, operazione dopo operazione, tra uno storione affumicato con limone e burro e un buon vino serviti a oligarchi e capi di Stato, prima della carriera paramilitare e durante la stessa.
(da La Stampa)
argomento: Politica | Commenta »
Agosto 25th, 2023 Riccardo Fucile
CENTINAIA DI PERSONE, MERCENARI MA ANCHE PADRI FAMIGLIA E PENSIONATI, RENDONO OMAGGIO AL CUOCO DI PUTIN: “ERA UN VERO PATRIOTA, È STATO COLPITO ALLE SPALLE”
Un piccolo memoriale improvvisato è apparso ieri mattina di fronte al palazzo in acciaio e vetro che ospitava il Wagner Center, il quartier generale pietroburghese di Evgeny Prigozhin.
Gente di tutti tipi – padri di famiglia con bambini, giovani, pensionati – si avvicinano alla spicciolata per depositare dei fiori.
Si tratta di uno dei raduni spontanei comparsi in tutta la Russia per commemorare il capo della Wagner, Evgeny Prigozhin, il suo braccio destro Dmitry Utkin e gli altri mercenari rimasti uccisi in una catastrofe aerea il giorno prima.
Salito alla ribalta con l’invasione dell’Ucraina, Prigozhin ha saputo catalizzare un sentimento di crescente rabbia e frustrazione nella società russa sullo sfondo degli insuccessi militari dell’anno scorso. Ha rappresentato un movimento nazionalista radicale che parte dal basso e che si contrappone all’élite, percepita come corrotta e incompetente, contro la quale Prigozhin si scagliava regolarmente.
«Era un vero patriota, e non un funzionario corrotto che ha paura di perdere la sua poltrona», dice Tatyana, una pensionata sessantenne, con la voce rotta dalle lacrime. «È una grande tragedia per la società russa», concorda Oleg, 37 anni, imprenditore. Sulla maglietta, il teschio simbolo della compagnia di mercenari. Tutt’ora le circostanze della sua morte sono ignote, e forse non si sapranno mai. «È stato un colpo alle spalle, un tradimento», dice Oleg. Come molti dei presenti, non crede alla teoria secondo cui dietro la morte di Prigozhin ci sia lo zampino dei servizi segreti ucraini e occidentali. «Ci dicono che i nemici sono gli europei, gli americani – dice Oleg – ma la cosa più orribile è quando i nemici sono in casa, ma prima o poi ce ne libereremo», si sfoga.
Intanto, al memoriale si avvicinano alcuni uomini in mimetica, alcuni con il volto coperto e le spalline della Wagner. Il memoriale inizia a riempirsi di altri fiori, compare il tricolore russo e persino la mazza, il simbolo della ferocia con la quale i mercenari eliminavano i traditori della patria. «Era prevedibile che accadesse. Hanno solo aspettato un po’ per non farne un martire», dice Roman, 32 anni, ex combattente della Wagner e veterano della battaglia di Bakhmut.
Come altri mercenari, è sicuro che Prigozhin sia stato vittima di una resa dei conti interna al Paese. È di questa opinione anche un altro mercenario, noto con il nome di battaglia “Karat”, comandante di una brigata d’assalto della Wagner. «Lo Stato non ha lasciato correre», dice, riferendosi all’ammutinamento. «È stata un’azione pianificata dai servizi segreti russi», dice.
Dopo la ribellione di due mesi fa, le operazioni della Wagner sono rimaste sospese in un limbo. Secondo le ultime dichiarazioni di Prigozhin, la compagnia si sarebbe trasferita per qualche tempo in Bielorussia e continuerebbe ad operare in Africa. Ora, con la scomparsa della sua leadership, le sorti della Wagner appaiono ancora più incerte.
«Non fate nulla di stupido», è stato l’avvertimento rivolto ai mercenari dal canale Telegram Grey Zone vicino alla leadership della Wagner. «Chi ha eliminato Evgeny Viktorovich sappia che noi non ci fermeremo», dice Karat. «Morivamo per il nostro popolo, per il nostro Paese, per la nostra terra e continueremo a farlo».
(da La Stampa)
argomento: Politica | Commenta »
Agosto 25th, 2023 Riccardo Fucile
PUTIN-PRIGOZHIN, L’INCHINO AL NEMICO APPENA UCCISO
Praticamente nello stesso momento in cui sulla rotta tra Mosca e San Pietroburgo le fiamme bruciavano i resti dell’aereo privato di Evgenij Prigozhin, qualche centinaio di chilometri più a sud, nella città di Kursk, Vladimir Putin parlava di devozione alla madre patria tra solenni sinfonie d’orchestra e fiamme perenni al milite ignoto.
A qualcuno è parso di notare un sorrisetto malamente represso sul volto del presidente russo. Forse il motivo si è capito il giorno dopo, quando Putin, tornato al Cremlino, è andato in tivù per esprimere pubbliche condoglianze ai familiari del suo ex-alleato e definirlo «un uomo d’affari di talento», promettendo un’inchiesta sulle cause del disastro. «Un finale che sembra preso direttamente dal Padrino», commenta Oleg Ignatov, esperto di Russia del think tank Crisis Group, alludendo alla famosa scena del film di Francis Ford Coppola in cui i capi delle famiglie mafiose rivali, dopo avere sparato a don Corleone, baciano la mano al figlio Michael.
Se è così, si tratta di una coreografia attentamente studiata. Non una morte misteriosa, inspiegabile. Non l’operato di killer sprovveduti, come per eliminare l’ex-agente del Kgb Aleksandr Litvinenko con il polonio radioattivo o cercare di uccidere con il gas nervino la spia doppiogiochista Sergej Skripal. Nemmeno una sentenza carceraria da protrarre quanto si vuole, come per il petroliere Mikhail Khodorkovskij, oggi in esilio a Londra, o l’avvocato Aleksej Navalny, condannato a vent’anni dopo un fallito avvelenamento.
Quelli erano pesci relativamente piccoli. Per un “traditore” come Prigozhin, colpevole di avere tradito non tanto la patria quanto il proprio capo, ci voleva una morte esemplare, spettacolare, dal messaggio inequivocabile.
«Lo hanno ammazzato così per inviare un segnale all’élite», dice un anonimo ex-alto funzionario del Cremlino al Financial Times, ossia affinché nessun altro che complotta nell’ombra osi riprovarci. «Per due mesi non è stato chiaro come mai Prigozhin veniva lasciato libero di volare dove voleva», afferma una fonte vicina al ministero della Difesa russo, «adesso capiamo il perché»: quella libertà era la trappola in cui è cascato il capo dei mercenari della Wagner.
Dopo la sua clamorosa marcia su Mosca era stato perfino invitato al Cremlino per una chiacchierata di tre ore con Putin: il modo migliore per farlo sentire intoccabile. Del resto, non è la prima volta che la fine dei nemici di Putin assume contorni simbolici: nel 2015 Boris Nemtsov, ex-vice premier con Boris Eltsin, quindi leader dell’opposizione, fu assassinato a colpi di pistola sulla Piazza Rossa, davanti al Cremlino che ambiva a conquistare. I dissidenti lo considerano uno Stalin 2.0.
Ma se è stato lui a dare l’ordine di lanciare un missile, come fa intendere Joe Biden, quello di Putin sembra piuttosto il metodo Corleone. Una vendetta servita fredda, con fiori alla vedova ed elogio del defunto.
(da La Repubblica)
argomento: Politica | Commenta »