Agosto 19th, 2023 Riccardo Fucile
GIUSTO PAGARE DI TASCA SUA IL CONTO PER QUEI QUATTRO COGLIONI CHE SONO SCAPPATI DAL RISTORANTE SENZA ONORARE IL CONTO, MA SE POI FAVORISCI I DELINQUENTI EVASORI NON PUOI PRETENDERE IL RISPETTO DEGLI ITALIANI ONESTI
E così, scopriamo che Giorgia Meloni ha deciso di pagare il conto del ristorante in nome e per conto del Paese intero, per lavarci dall’onta dei nostri scrocconi connazionali che hanno pasteggiato in un ristorante albanese senza pagare il conto.
Con fondi personali, ci tiene a precisare la velina dell’ambasciata, mica si pensasse che il conto l’abbiamo pagato noi, con le nostre tasse.
A proposito di tasse, peraltro: nella cassa del ristorante Italia, un ristorante di cui tutti noi siamo proprietari, e in cui tutti noi mangiamo pietanze che si chiamano scuola, sanità, pensioni, c’è un buco di 1.153 miliardi di euro.
A occhio e croce, sono 1700 euro a testa che gravano sulle spalle dei commensali onesti, quelli che pagano per quel che mangiano. E che si trovano a dover pagare per quel che mangiano, a sbafo, tutti gli altri.
Per questi furbacchioni ci aspetteremmo da Giorgia Meloni parole di fuoco, sulla scorta di quelle pronunciate davanti al premier albanese Edi Rama: “Vada a pagare il conto di questi imbecilli, per favore, e faccia un comunicato! L’Italia non può perdere il rispetto così”. O meglio ancora: “Vada a beccare questi scrocconi e gli faccia pagare il conto, per favore”. Anche senza comunicato.
E invece no. Per gli scrocconi del ristorante Italia il governo propone la pace fiscale. Niente interessi, niente multe, e un conto debitamente scontato. Coperto, dolce e caffè li offre la casa, insomma.
Non esattamente il miglior deterrente perché altri scrocconi decidano di non pagare per quel che mangiano, anche al prossimo giro. E nemmeno il miglior incentivo per gli onesti, per cui le tasse da pagare restano sempre le stesse, mentre la vita costa sempre di più.
L’Italia evidentemente non può permettersi di perdere il rispetto dei ristoratori albanesi, ma può permettersi di perdere il rispetto dei suoi concittadini. E questo, a quanto si dice, è il governo dei patrioti. Ha ragione il generale Vannacci: è proprio un mondo al contrario.
(da Fanpage)
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Agosto 19th, 2023 Riccardo Fucile
“CHE SIA STATA UNA SCELTA FELICE È LECITO DUBITARE. A QUANTO PARE, LE VACANZE NEL PROPRIO PAESE SONO DIVENTATE TROPPO COSTOSE ANCHE PER IL CAPO DEL GOVERNO. DI CERTO, NON È ARRIVATA A VALONA CON LA ‘VLORA’”
Le vacanze dei politici sono una questione poliica. Le escursioni in montagna mandano un messaggio diverso agli elettori rispetto alle immersioni alle Maldive. La scelta della destinazione delle vacanze e il comportamento in loco devono essere calcolati con attenzione. Gli errori possono avere conseguenze politiche terribili al ritorno dei vacanzieri alla vita di tutti i giorni.
È quello che è successo in Italia a Matteo Salvini, leader della destra nazionalista della Lega, in vacanza quattro anni fa. Salvini, all’epoca ministro dell’Interno e vicepremier da poco più di un anno, se la spassava a Milano Marittima, a metà strada tra Ravenna e Rimini, nel locale “Papeete Beach”. Salvini sostituiva il DJ in consolle e le ballerine in bikini muovevano i loro fianchi su una versione rap dell’inno nazionale davanti agli occhi estasiati del ministro.
Il suo sogno di diventare primo ministro si è infranto ed è stato costretto a sedersi sui banchi dell’opposizione. Il fatto che Salvini sia di nuovo vice- capo del governo è merito di Giorgia Meloni, che come leader del partito Fratelli d’Italia guida dall’ottobre 2022 una coalizione di centro-destra con la Lega e la Democrazia Cristiana Forza Italia.
Prime vacanze estive da capo del governo in Puglia
La prima donna a ricoprire la massima carica di governo in Italia sembra aver fatto le cose per bene all’inizio, parlando di vacanze. Per la sua prima vacanza estiva da capo del governo, la Meloni ha scelto la Puglia, sul tacco dello stivale italiano. La regione è considerata di tendenza quest’anno.
A Ceglie Messapica, nell’entroterra brindisino, il premier, il suo compagno, il giornalista televisivo Andrea Giambruno, e la loro figlia Ginevra, che presto compirà sette anni, hanno affittato una stanza in una masseria, un complesso alberghiero in stile country house con i trulli tipici della regione. La sorella della Meloni, Arianna, e suo marito, il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, fanno parte dell’entourage.
La scelta del luogo di villeggiatura e della sistemazione è stata considerata ragionevole dagli osservatori politici: una destinazione nell’entroterra; una sistemazione dignitosa ma non troppo lussuosa, in cui sia garantita la privacy del capo del governo e della sua famiglia; un bagno in piscina dietro le mura di un hotel di campagna invece che su una spiaggia pubblica o privata. Le segnalazioni di paparazzi o di curiosi che utilizzano droni per tentare di scattare foto e girare filmati ha fatto guadagnare ulteriori punti di simpatia.
E poi la Meloni e la sua famiglia allargata scomparvero improvvisamente in Albania, il 14 agosto, il giorno prima di Ferragosto. La festa del 15 agosto deve la sua origine e il suo nome alle “Feriae Augusti” (feste di Augusto) di epoca pagana: l’imperatore romano Augusto (63 a.C. – 14 d.C.) aveva originariamente concesso ai suoi sudditi un giorno di riposo all’inizio del mese che portava il suo nome; in seguito la festività fu spostata a metà del mese. Inoltre, il 15 agosto è la festa cattolica dell’Assunzione della Vergine Maria. Per gli italiani, Ferragosto è da anni la festa più sacra del mese di agosto.
Invito privato del Primo Ministro Edi Rama
La Meloni ha accettato un invito privato del Primo Ministro albanese Edi Rama, che ha una residenza estiva a Valona, nel sud dell’Albania. Non si sa se la Meloni e il suo entourage alloggeranno lì o in un albergo. Ci sono state informazioni contraddittorie anche sul mezzo di trasporto utilizzato. Inizialmente, i media critici nei confronti del governo avevano riferito che la Meloni e la sua famiglia avevano attraversato l’Adriatico sullo yacht privato di un amico imprenditore.
Poi è arrivata la notizia ufficiale dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri: la comitiva ha preso il traghetto di linea da Brindisi a Valona lunedì mattina, con un viaggio di sei ore e mezza. Non ci sono foto della traversata e dell’arrivo, né ufficiali né sui social media. L’unica informazione sulla durata del viaggio è che il capo del governo si fermerà in Albania per “alcuni giorni”.
Il socialista Rama e la conservatrice di destra Meloni vanno splendidamente d’accordo, nonostante le loro differenze ideologiche. Rama elogia la Meloni come una “tigre” che ha sorpreso tutti sulla scena internazionale. “La gente si aspettava un mostro fascista in marcia verso l’Europa. Invece, abbiamo visto una donna e una grande europea, le cui capacità di comunicazione possono essere descritte solo come mostruose – e assolutamente impeccabili”, si entusiasma Rama.
Mezzo milione di italiani attratti dall’Albania
Il suo talento comunicativo di convinto europeista è indiscusso anche sulla scena internazionale. In patria, però, reagisce con piglio sottile alle critiche, minaccia i giornalisti sgraditi di querele e mette in riga i media pubblici. Proprio come la Meloni, come direbbero i suoi critici in Italia e altrove.
Che l’Albania sia una scelta felice per il Presidente del Consiglio italiano e la sua famiglia come meta per una (breve) vacanza di Ferragosto è lecito dubitare.
I giornali sono pieni di notizie di famiglie italiane che fuggono dai prezzi fortemente aumentati sulle coste nazionali verso l’Albania, dove con gli stessi soldi si può fare una vacanza da due a tre volte superiore a quella in patria, compresi i costi di trasporto attraverso l’Adriatico.
A quanto pare, le vacanze nel proprio Paese sono diventate troppo costose anche per il capo del governo, come dice la Meloni. Quest’anno la piccola Albania si aspetta nove milioni di turisti, un terzo in più rispetto all’anno scorso. Particolarmente forte è l’aumento dei visitatori estivi italiani; ben più di mezzo milione di italiani andranno in vacanza in Albania quest’estate.
Rama ha postato sui social media una foto che mostra il cargo “Vlora”, completamente sovraffollato, sul quale più di 10.000 rifugiati della povertà sono arrivati a Bari attraverso l’Adriatico poco dopo la caduta del “comunismo dell’età della pietra” in Albania nel 1991. “Albanesi in viaggio verso l’Italia, 1991”, ha scritto. Accanto, Rama ha messo una foto dello stesso cargo, da una prospettiva diversa, e ha scritto sopra: “Italiani in viaggio verso l’Albania per le vacanze, 2023”. Meloni non è certo arrivata a Valona con la “Vlora”.
Matthias Rüb
per la “Frankfurter Allgemeine Zeitung”
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Agosto 19th, 2023 Riccardo Fucile
UNA SETTIMANA FA, AVEVA POLEMIZZATO CON IL PRIMO MINISTRO ALBANESE, DICENDO: “CHI VUOLE PAGARE MENO E AVERE MENO VADA IN ALBANIA. CHI VUOLE AVERE DI PIÙ VENGA IN PUGLIA. LA QUALITÀ SI PAGA”
“La Puglia è una regione straordinaria che ha un’offerta qualitativa molto elevata e la qualità si paga. Bisogna, però, sapere restare concorrenziali, la Puglia è una regione che è cresciuta molto dando una possibilità di offerta turistica a un costo non eccessivo”.
Lo ha dichiarato il ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida, a Bari per l’iniziativa ‘L’Italia vincente’, rispondendo ad una domanda sul caro-prezzi legato alle realtà di vacanza.
“Quindi, a mio avviso, non bisogna cercare – ha proseguito – di allinearsi su alcune strutture che sono di eccellenza e vengono pagate tantissimo ma bisogna mantenere una media che sia capace di restare concorrenziale con altre località che fanno passi avanti, non raggiungono la Puglia ma tentano di essere concorrenziali”. “Se uno vuole rimanere competitivo – ha concluso il ministro – deve riuscire a dare qualità al giusto prezzo”.
(da agenzie)
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Agosto 19th, 2023 Riccardo Fucile
AVREBBE ABUSATO DI UNA RAGAZZINA DI 14 ANNI MENTRE ERA IN RITIRO SPIRITUALE, A RIMINI – L’UOMO, 52 ANNI, È IL RESPONSABILE PROVINCIALE DELLA GIOVENTÙ STUDENTESCA “DON GIUSSANI” DI REGGIO EMILIA
Il responsabile provinciale di Gioventù Studentesca “Don Giussani” di Reggio Emilia, che fa riferimento a Comunione e Liberazione, è stato arrestato con l’accusa di violenza sessuale su una 14enne.
Secondo gli inquirenti, mentre era in ritiro spirituale a Rimini, in preparazione della Pasqua, avrebbe abusato di una ragazzina di 14 anni a lui affidata dai genitori. Il gip del Tribunale di Rimini, Vinicio Cantarini, ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere in seguito alle indagini dei carabinieri di Rimini, coordinati dal sostituto procuratore Davide Ercolani.
L’educatore, di 52 anni è difeso dall’avvocato Liborio Cataliotti. “Al momento posso solo dire che qualche settimana fa per conto del mio cliente ho presentato alla Procura di Rimini e a quella di Reggio Emilia, secondo le prescrizioni di legge, un’istanza per conoscere se a suo carico vi fossero delle indagini pendenti perché aleggiava questa ipotesi. Poi è arrivata l’ordinanza di custodia cautelare”.
E’ stato arrestato questa mattina a Caorle (Venezia), dove abitano i genitori, l’uomo di 52 anni accusato di violenza sessuale su una ragazza di 14 anni. I carabinieri di Rimini e quelli di Castelnuovo Monti (Reggio Emilia) gli hanno notificato un’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Per Gioventù studentesca, legato a Comunione e Liberazione, l’indagato faceva l’educatore.
E’ anche membro dei Memores Domini, un’associazione laicale cattolica i cui membri vivono i precetti di povertà, castità e obbedienza sotto l’egida del movimento.
(da agenzie)
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Agosto 19th, 2023 Riccardo Fucile
DOVRA’ TROVARE 25-30 MILIARDI DI COPERTURE: NIENTE FLAT TAX, NIENTE PENSIONI MINIME A MILLE EURO, NIENTE INTERVENTI SULLA BENZINA – PER TROVARE I SOLDI SARÀ COSTRETTA A TAGLIARE LA SPESA PUBBLICA A TUTTO SPIANO
Una manovra da 25-30 miliardi improntata ad austerity e vasi comunicanti. Addio sogni elettorali: il governo Meloni si prepara a raschiare il barile dei conti pubblici, tagliando e cucendo tra poste e promesse.
Di sicuro anche la seconda legge di bilancio dell’esecutivo di destra non abolirà la legge Fornero, non estenderà a tutti la flat tax, non alzerà le pensioni minime a mille euro. Palazzo Chigi anzi dovrà essere super attento a non sforare e rompere con Bruxelles: nel 2024 torna il patto di stabilità e le regole fiscali su deficit e debito, gonfiati a dismisura da pandemia, crisi energetica e guerra.
La notizia che Germania, Olanda e Ungheria sono entrate in recessione tecnica è suonata come un allarme nei palazzi romani. Il Pil italiano tra aprile e giugno è sceso a sorpresa dello 0,3%. Il turismo estivo non sta andando come sperato, la stagione forse chiuderà con un — 20%. L’incubo del governo insomma comincia a prendere forma. Il timore che il +1% del Pil previsto per quest’anno non sia più alla portata. E soprattutto il +1,5% del 2024, già messo in discussione dai previsori. Cosa succede a deficit e debito?
Si spiega così l’allerta fatta scattare dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. Prima delle ferie estive ha chiesto ai ministri massima prudenza e oculatezza nel menù delle richieste da portare in manovra. Già solo a mettere in fila le misure che non possono non esserci il conto è robusto.
In cassa ci sono 4 miliardi di maggior deficit deciso dal governo nel Def di aprile, alzato dal 3,5 al 3,7% nel 2024. Poi altri 300 milioni di tagli alla spesa dei dicasteri. E i proventi, al momento non quantificati, della tassa una tantum sugli extraprofitti delle banche. Si aggiunge infine un taglio da almeno 3-4 miliardi ai bonus fiscali per ridurre da 4 a 3 le aliquote Irpef. Totale coperture: 9-10 miliardi, a seconda di quanto affonderà la scure sulle banche, difese però da Forza Italia. Ne mancano 15-20.
Per fare cosa? Il taglio del cuneo contributivo ai lavoratori dipendenti va riconfermato: costa 8,5 miliardi, al netto delle tasse. Poi c’è un pacchetto minimo sulle pensioni che oscilla tra 1 e 2 miliardi, con i rinnovi di Quota 103, Opzione Donna, Ape sociale, minime a 600 euro per gli over 75 e conguaglio della rivalutazione delle pensioni del 2023. Si aggiunge un pacchetto welfare per i lavoratori dipendenti […]: può valere 2-3 miliardi. Poi le spese obbligatorie: altri 6 miliardi, tra missioni internazionali e vacanza contrattuale per i lavoratori pubblici.
Dove trovare le coperture? Di sicuro si affonderà nei tagli. Confermando l’austerity non dichiarata, ovvero il congelamento della spesa pubblica. Significa non solo niente soldi extra per sanità, scuola e stipendi pubblici. Ma un taglio secco del 10-11% vista l’inflazione galoppante. Una super manovra silenziosa da 70-80 miliardi che consente al governo di scendere dall’8% del deficit 2022 a meno del 3% entro il 2025.
(da a Repubblica)
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Agosto 19th, 2023 Riccardo Fucile
IL RUOLO DEL COPASIR E LE ESPERIENZE DEGLI ALTRI PAESI: TUTTI, TRANNE LA SPAGNA, HANNO DUE AGENZIE DISTINTE (GLI STATI UNITI BEN DICIASSETTE)
Proclami in vista non ce ne sono perché la materia è delicata assai: una riforma organica dei servizi segreti, figurarsi. E poi l’idea, al momento, è appunto poco più che questo: “un’ipotesi di lavoro”, dicono a Palazzo Chigi.
E però l’ipotesi deve avere già una sua consistenza, se è vero che i seminari a porte chiuse organizzati nella sede del Dis, a Piazza Dante, si sono susseguiti da gennaio a luglio, e hanno visto la partecipazione dei massimi esperti del settore, e poi i vertici dell’intelligence attuali e passati, da Gianni Letta a Franco Gabrielli. Consultazioni […] da cui sono emerse varie sollecitazioni sulle possibili, forse necessarie, iniziative da adottare per rafforzare la struttura dei servizi.
Una, tra le altre, è quella che Giorgia Meloni ha voluto recepire, ed è intorno a questa che Alfredo Mantovano, il sottosegretario alla Presidenza con la delega ai servizi, sta lavorando: con discrezione ma non senza sollecitudine, se davvero l’intenzione è quella di definire una bozza di riforma entro l’anno.
La cosa farà rumore, c’è da prevedere, perché l’idea, “l’ipotesi di lavoro” consiste nell’unificare l’intelligence in un’unica struttura, superando dunque l’attuale divisione dei ruoli tra Aisi e Aise, impegnate rispettivamente per i servizi interni ed esteri, col Dis, il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, a svolgere una funzione di coordinamento.
E’ l’architettura, questa, introdotta dalla legge 124 del 2007: e dai consiglieri di Meloni è ritenuta ormai anacronistica. Una possibile risposta starebbe nell’auspicare una collaborazione leale e costante tra i due apparati, sotto la supervisione vigile del Dis. Ma nella pratica, troppo spesso l’autonomia di ciascuna agenzia sconfina nella gelosia delle fonti, nella diffidenza a condividere informazioni, e insomma in una inevitabile reciproca diffidenza.
Quanto al Dis, molti degli addetti ai lavori ritengono le sue prerogative, oltreché le sue risorse, non sempre adeguate a sovrintendere a questa complessa, delicata trafila. E dunque, che fare? Meloni vorrebbe intervenire. Senza fretta, ma con decisione. E per farlo, però, dovrà inevitabilmente superare delle complicazioni.
La prima riguarda il rapporto coi vertici delle tre agenzie. Un rapporto che la premier ha curato con scrupolo e fin da prima di ricevere il mandato a formare un governo da Sergio Mattarella. Non a caso, sia Elisabetta Belloni al Dis, sia Mario Parente all’Aisi, sia Giovanni Caravelli all’Aise, sono stati tutti confermati, a dispetto di una retorica elettorale che preannunciava ovunque stravolgimenti.
Ora, in teoria è evidente che una riforma come quella a cui il governo sta pensando non mette in discussione le persone, le loro qualità, ma la struttura complessiva. Ma dal cambio di questa struttura, i destini delle persone dipendono: e dunque il tutto andrà maneggiato con delicatezza.
Lo stesso vale per il rapporto con le opposizioni. Prassi e grammatica istituzionale vogliono che in materia di intelligence non si proceda a colpi di maggioranza. E in effetti il metodo finora seguito da Mantovano dice di una volontà di coinvolgere il più possibile. E però i riflessi pavloviani saranno inevitabili, a sinistra e non solo: un governo di destra che vuole centralizzare i servizi segreti, roba da svolta autoritaria
Tuttavia, al di là delle obiezioni più scenografiche, c’è di più. Nello schema abbozzato a Palazzo Chigi, una maggiore centralizzazione della struttura d’intelligence prevede anche, di riflesso, un complementare potenziamento dell’organismo parlamentare deputato a vigilarvi, e cioè il Copasir.
E però proprio Lorenzo Guerini, che del Comitato è presidente e che è stato, pure lui, coinvolto in questo confronto preliminare, è ben determinato a ribadire quel che ha già espresso di recente in un convegno al Senato, alla presenza di Gianni Letta, e cioè che ragioni evidenti per unificare le agenzie non se ne vedono, a suo avviso, e che del resto basta guardare fuori dai confini nazionali per comprendere come l’accentramento sarebbe inusuale. Francia, Germania, Regno Unito: tutti hanno due agenzie distinte per interni ed esteri. Gli Stati Uniti, poi, ne hanno ben diciassette.
Che poi in realtà centralizzare sia anche un modo per migliorare il controllo istituzionale, che la proliferazione degli apparati comporti rischi di sovrapposizioni altrettanto pericolosi, e una fatica quotidiana necessaria a evitare forzature, questo è ciò di cui Mantovano e Meloni dovranno convincere i loro interlocutori. E la discussione, non è difficile ipotizzarlo, sarà lunga.
(da agenzie)
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Agosto 19th, 2023 Riccardo Fucile
AL PROSSIMO CONSIGLIO DEI MINISTRI LA MELONI CHIEDERA’ AI MINISTRI DI PARLARE MENO
Al primo Consiglio dei ministri dopo la pausa estiva, il 28 agosto, alla premier toccherà alzare la voce e sperare che stavolta i ministri la ascoltino. Le sparate dai componenti dell’esecutivo sono praticamente quotidiane e non aiutano l’indice di gradimento, in una estate in cui la destra è alle prese con alcuni boomerang niente male in termini di consenso: sicurezza, caro-vita, mancati ristori per gli alluvionati dell’Emilia-Romagna.
Premesse pessime per chi, in autunno, dovrà preparare una manovra con la cassa vuota e quindi ad alto rischio di nuove proteste. Da qui il diktat: “Cari ministri, parlate di meno”.
Il consenso preoccupa Palazzo Chigi, insomma, anche perché ai tempi dell’opposizione era facile soffiare sul fuoco di alcuni temi popolari, perciò adesso Fratelli d’Italia e Lega si vedono rinfacciate come per contrappasso quelle antiche crociate.
Su tutte l’immigrazione, con Giorgia Meloni convinta sostenitrice del “blocco navale” e Matteo Salvini che ha costruito una fortuna con le clip social sui “35 euro al giorno a immigrato” e sulla retorica contro le “risorse della Boldrini”.
Adesso sono i sindaci di centrodestra del Nord a essere infuriati con il governo: lamentano che non si possa scaricare sui Comuni la responsabilità di non sapere come gestire i flussi, la cui colpa viene attribuita da Roma ora ai mercenari della Wagner ora all’opinione pubblica italiana troppo buona con chi arriva. La rivolta dei sindaci, senza una lira e con le palestre destinate da un giorno all’altro all’accoglienza, è una dura crepa nella maggioranza, anche perché i numeri degli sbarchi (più di 100 mila da inizio anno, più che doppiati i valori rilevati ad agosto 2022, triplicati i dati del 2021) fanno a pugni con gli sbandierati successi di Meloni nei rapporti con il Nord Africa, a partire da Libia e Tunisia.
Non va meglio con la benzina, uno di quei temi (vale per le bollette e poco altro) che hanno impatto immediato nella quotidianità. Il problema non è tanto l’incremento, giustificabile in vario modo e anche con qualche ragione. Il problema il pregresso dei protagonisti, visto che sia Meloni che Salvini per anni si sono concessi show in favore di telecamere promettendo decisi tagli delle accise non appena fossero stati al governo. Nulla è successo, nonostante la cesoiata alle odiate imposte fosse anche nel programma elettorale della coalizione alle ultime elezioni, e così i prezzi salgono da 17 settimane consecutive. Una prateria per le proteste dell’opposizione, che ieri con la dem Debora Serracchiani ha ricordato al governo che “le conseguenze del caro-carburanti si riflettono sui prezzi di tutte le filiere dei beni essenziali e i redditi fissi ne soffrono di più”. Come a dire: con la benzina sopra i 2 euro al litro non ci vorrà molto per vedere prezzi gonfiati anche al supermercato. Eppure niente, “le accise non si toccano”, ribadisce il ministro Adolfo Urso, e quando Mario Draghi intervenne “era un momento eccezionale”. Sarà, ma anche nel febbraio di quest’anno Salvini assicurava che il governo avrebbe messo una toppa se la situazione fosse peggiorata: “Se si arrivasse sopra i 2 euro al litro, il governo interverrà, come è stato già fatto l’anno scorso”. Oggi siamo su quelle cifre, ma non c’è alcun provvedimento all’ordine del giorno.
Il guaio di immagine sul caro-carburante si unisce poi a un disastro forse ancora sottovalutato fuori dall’Emilia-Romagna, eppure gravissimo: le vittime dell’alluvione di maggio non soltanto lamentano i ritardi nei risarcimenti (come si legge nell’articolo accanto), ma si sentono anche abbandonati da un esecutivo che ha impiegato settimane per scegliere un commissario per la ricostruzione (Francesco Paolo Figliuolo, peraltro strappato alla crisi militare in Niger) dovendo districarsi tra paletti e veti politici.
Quanto basta per agitare fin d’ora il pensiero dell’autunno, dato che una legge di bilancio con pochi fondi a disposizione costringerà il governo ad altre scelte dolorose in termini di gradimento, senza neanche più poter contare sulla consueta “luna di miele” di consensi che lo scorso anno attenuò gli effetti delle misure più impopolari.
(da editorialedomani.it)
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Agosto 19th, 2023 Riccardo Fucile
SUI TG DI REGIME SOVRANISTA SOLO GOSSIP E MUSK
A Castiglioncello, in provincia di Grosseto, hanno dedicato un lungomare ad Alberto Sordi. Lo segnala il Tg1 delle 20 del 17 agosto. In estate le notizie scarseggiano, ma in tempi di Telemeloni, è più probabile vedere un servizio sulla pregevole passeggiata toscana che sul quotidiano dramma dei migranti in arrivo sulle coste italiane. Che in Rai i tempi della (presunta) egemonia culturale della sinistra siano acqua passata è ormai cosa nota. Sono saltate perfino le drag queen di Alba Parietti, che per adesso non ha avuto notizie del suo Non sono una signora, programma che pure poteva vantare ottimi ascolti. Ma l’effetto della destra sull’informazione del servizio pubblico inizia a venire fuori anche nei tg di tutti i giorni. Controllare le redazioni permette di avere in pugno la scaletta che viene proposta a una fetta di pubblico che rimane saldamente sopra il 20 per cento ogni sera. E questo solo per quanto riguarda la rete ammiraglia.
Non è dunque un caso se gli sbarchi dei migranti sulle coste italiane, ripresi in maniera importante con l’estate, siano scivolati in fondo alla priorità dei telegiornali. A favore di notizie più confortanti, come le spiagge piene a ferragosto o il destino della Nazionale.
La politica in molti tg cede il passo alla cronaca. Spazio ai disastri di Bardonecchia e Oyace, molto marginale la questione della ricostruzione in Romagna. Il governo preferisce intervenire su questioni di centrale importanza, come nell’intervista a bordo piscina (non in costume) con la ministra del Turismo Daniela Santanchè. Andata in onda nell’edizione delle 13.30 del 15 agosto, insieme a un’apertura sul turismo e un secondo servizio sul pranzo di ferragosto, ha formato un trittico di tutto rispetto.
La gerarchia dell’apertura è stata quasi speculare a quella dell’edizione delle 20: apertura sulla Costa Smeralda, secondo servizio su Capocotta (a due passi dalla Coccia di morto che Giorgia Meloni amava prima dell’Albania) e, più avanti nel giornale, due minuti e trenta sui politici in vacanza e le loro letture da ombrellone. Il servizio offre un vasto panorama. Dal ministro degli Esteri, Antonio Tajani, che legge «una storia della diplomazia e il libro di Andrea Riccardi». Il capo della Farnesina racconta anche come Fiuggi gli risolva ogni problema di armonia familiare («Piace ai miei figli, a mia moglie e a mio nipote», con il tormentone Italodisko a fare da colonna sonora) a Elisabetta Gardini di FdI che anche in vacanza, per sentirsi vicina alla sua leader, si porta Io sono Giorgia. Nel mezzo, il vicepresidente leghista del Senato Gian Marco Centinaio che cura il suo vigneto di Pinot Nero nell’Oltrepò. Delle sue letture agostane, purtroppo, non v’è notizia.
Non poteva mancare la guerra (quella virtuale, perlomeno). Nello specifico, l’incontro tra Elon Musk e Mark Zuckerberg – poi finito in una bolla di sapone – a cui il 12 agosto il notiziario delle 20 ha dedicato l’apertura e ben due servizi.
MIGRANTI DIMENTICATI
Difficilissimo, invece, rintracciare nella settimana ferragostana un approfondimento dedicato alla situazione dei migranti. Eppure, gli sbarchi sono stati tantissimi: soltanto nella notte tra il 17 e il 18 agosto gli arrivi a Lampedusa sono stati dieci, che andavano a sommarsi ai 21 della giornata precedente. Oltre mille persone salvate dal mare, che sono andate a sommarsi a quelle già presenti nell’hot spot dell’isola: ora, nel centro d’accoglienza sono in più di duemila.
Anche il 15 agosto, giorno in cui al Viminale tradizionalmente si discute delle priorità per il ministero dell’Interno e si fa un bilancio dei primi sette mesi dell’anno, per il telegiornale di Gian Marco Chiocci – amico personale della premier, che l’ha voluto alla guida della testata – la questione non è abbastanza importante da aprirci il giornale. Cosa che invece fanno Antonio Preziosi al Tg2 e Mario Orfeo al Tg3, mentre il Tg5 di Clemente Mimun tiene comunque la notizia subito dopo un’apertura sul turismo. Al Tg1, invece, bisogna scorrere la scaletta delle 20 fino al quarto servizio. Ma, mentre il pezzo delle 13.30 si apriva sul numero di sbarchi più che raddoppiato rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, quello dell’edizione serale attacca con l’emergenza climatica che le forze dell’ordine contribuiscono a fronteggiare. La notizia in testa, insomma.
In generale, la politica è in apertura dell’edizione serale piuttosto raramente. Nella settimana di ferragosto merita il primo servizio del giornale il 16, quando la notizia dell’ennesimo rialzo del prezzo dei carburanti è accompagnata da un’intervista con il ministro delle Imprese Adolfo Urso. Va un po’ meglio al Tg2, dove comunque la cronaca, soprattutto nera, rimane parte importante della scaletta dei giornali serali. Confrontando le edizioni, però, si trova un’attenzione maggiore alla questione dei migranti, che torna per diversi giorni di seguito, e per altri temi politico-economici, caro carburanti in testa. Per il resto, al Tg1 l’attenzione su Meloni è ancora più alta che altrove (il 14 si parla della sua triplice intervista alla carta stampata, il 15 della vacanza in Puglia, il 17 delle sue parole sull’autunno caldo e il 18 del fatto che dall’Albania è tornata in Puglia), ma il resto del dibattito politico viene relegato più avanti nel giornale.
A volte capita addirittura che la maggioranza venga raccontata unita perfino quando non lo è: nell’edizione pomeridiana del 18, mentre il capogruppo di FdI alla Camera Lucio Malan spiega a favore di camera che i prezzi dei carburanti sono alti per la speculazione delle aziende, pochi minuti dopo il ministro Urso sottolinea che a pesare sono le accise, che il governo ha scelto di non tagliare.
(da editorialedomani.it)
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Agosto 19th, 2023 Riccardo Fucile
UNO SHOCK NELL’IMMOBILIARE SI RIVERSEREBBE SU TUTTA L’ECONOMIA DEL PAESE
La bancarotta di China Evergrande fa tremare l’economia mondiale. Sulla quale torna ad aleggiare lo spettro di una nuova Lehman Brothers. Anche perché l’immobiliare non è l’unico settore a rischio. Le difficoltà di Zhongrong International Trust, che vende prodotti finanziari esoterici, preoccupano gli investitori. Perché si vanno a sommare a quelle gravi dei colossi immobiliari Country Garden ed Evergrande (numeri uno e due del settore, oberati da 500 miliardi di dollari aggregati di debito). Facendo temere per la tenuta o per un possibile shock dell’economia del Dragone. Che già va a passo ridotto. E tra lo yuan ai minimi degli ultimi 16 anni sul dollaro, la brusca contrazione di export e domanda interna e gli investimenti esteri diretti in frenata (-4% nei primi sette mesi), la Cina rischia di cadere nella classica trappola della liquidità.
La trappola della liquidità
Evergrande non riesce a pagare 31,7 miliardi di dollari di obbligazioni e garanzie e per questo ha fatto ricorso al chapter 15 della legge fallimentare americana. Che in teoria le consentirà di proteggersi dalle richieste dei creditori mentre ristruttura il suo debito. Ma la richiesta ha fatto tremare i mercati perché è arrivata a sorpresa. L’azienda aveva calendarizzato il 28 agosto una riunione per discutere del piano di rientro con i creditori. Ma evidentemente i manager devono aver capito che spazio per un accordo pacifico non ce n’era. Oppure che l’azienda non avrebbe potuto in ogni caso onorare gli impegni. Anche in caso di dilazioni del debito. Il mercato immobiliare in Cina è in forte rallentamento. E così, a cascata, l’effetto si riverbera sul sistema finanziario: le banche che hanno prestato i soldi alle imprese edilizie che si ritrovano con le case invendute. E gli investitori che hanno comprato il debito con la promessa di investimenti monstre.
L’economista
L’economista della Banca Centrale cinese Cai Fang ha sollecitato misure draconiane. Come una maxi iniezione da 550 miliardi di dollari nell’economia. Allo scopo di fermare una psicologia deflazionistica e le famiglie che, di riflesso, ridimensionano i loro piani. «L’imperativo più urgente ora è stimolare la spesa dei consumatori. È necessario usare tutti i canali ragionevoli, legali ed economicamente fattibili per mettere soldi nelle tasche delle persone», ha scritto di recente su China Finance 40, il forum di opinioni dell’élite mandarina. La convinzione è che l’attuale fase si avvicini al momento decisivo affrontato dal Tesoro americano nel 2008 dopo il crollo di Lehman Brothers. O dalla zona euro nel 2012 quando a rischiare furono Italia e Spagna
I problemi interni
Gli stress a livello domestico sono diventati evidenti. Evergrande ha precisato che l’istanza «è una normale procedura di ristrutturazione del debito offshore e non comporta istanza di fallimento»”. Ma la sostanza è che la stessa sorte potrebbe toccare molto presto a Country Garden che ha cominciato a non onorare alcuni pagamenti di bond. La Borsa di Hong Kong, non a caso, ha deciso la rimozione del titolo dall’indice Hang Seng a partire dal 4 settembre a favore di Sinopharm Group, nome ricorrente durante la crisi del Covid-19. Lo stesso listino dell’ex colonia britannica, il più colpito dalle ultime turbolenze, ha ceduto oggi un altro 2,05%, entrando nella fase ribassista (bear market, cioè ‘mercato dell’orso’) a causa di una perdita superiore al 20% dai massimi di gennaio 2023. In rosso sono finite le Borse su scala globale, dall’Europa agli Usa
Il superciclo del debito
Kenneth Rogoff, economista e docente di Public Policy ad Harvard, in un’intervista a la Repubblica dice che in questo momento in Cina si sta verificando il cosiddetto superciclo del debito. «È lo stesso che si è abbattuto sugli Stati Uniti nel 2008 e in Europa nel 2010», dice Rogoff. «Le conseguenze possono essere dolorose per tutti», precisa. «Per difendersi dai contraccolpi prima della crisi americana e poi di quella europea, la Cina aveva alimentato la sua economia, facilitata dal fatto di essere un Paese dirigista con moltissime imprese pubbliche, con enormi dosi di debito. Non a caso, mentre Usa ed Europa si arrovellavano in crisi spaventose, la Cina proseguiva la sua corsa. Vi siete mai chiesti perché? Ora inevitabilmente i nodi vengono al pettine», dice a Eugenio Occorsio.
L’immobiliare
Poi spiega il boom: «In Cina, lo spazio medio per cittadino era di 7,1 metri quadrati nel 1990 e ha raggiunto i 48,7 metri quadri nel 2022, più o meno il living space di molte economie avanzate. Buon per loro, certo, ma questo è stato ottenuto al costo di un massiccio indebitamento che renderà inevitabile per almeno i prossimi due decenni una contrazione dell’attività di costruzione, e anche di tutto il connesso settore dello sviluppo infrastrutturale. A catena, ciò porta all’emergere di vulnerabilità pesanti nell’occupazione, nella finanza, e ovviamente nell’economia pubblica, specialmente a livello di autorità locali. A tutto questo si aggiungono la frenata dell’export dovuta alla deglobalizzazione e i negativi fattori demografici»
La stagnazione secolare e l’inflazione
Secondo Rogoff la teoria del superciclo del debito sta prendendo il posto di quella sulla stagnazione secolare. Ovvero un periodo prolungato di riprese deboli che muoiono appena nate e di depressioni a ciclo. Infine, Rogoff dice la sua anche sulla politica delle banche centrali riguardo il costo della vita. Sottolineando che «l’inflazione headline, cioè il tasso complessivo, è sceso. Preoccupa però il tasso “core”, cioè quello che non tiene conto dell’energia bensì di tutto il resto dell’economia». E che secondo il professore ha ormai inglobato i rialzi, originati paradossalmente proprio dall’energia che adesso è scesa, e difficilmente ridurrà i prezzi. «Gli investitori non devono aspettarsi che i tassi d’interesse, sia in America che in Europa, comincino troppo presto a scendere. E meno che mai che arrivino ai livelli ultra low raggiunti dopo le due crisi di cui parlavo, 2008 e 2020. L’inevitabile normalizzazione è in pieno svolgimento. Tutto questo avviene, non dimentichiamolo mai, in un pianeta sconvolto da una guerra drammatica: finché non finirà, nessuno potrà dirsi tranquillo», conclude.
(da Open)
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