Agosto 5th, 2023 Riccardo Fucile
“E’ UN SIMBOLO DI RESISTENZA CON GRANDE FUNZIONE PUBBLICA”
Il regime di Vladimir Putin dimostra una volta di più di esser diventato un totalitarismo e seppellisce Alexei Navalny in una galera dura nella quale sarà isolato dal mondo.
Il leader dell’opposizione non potrà più far sentire la sua voce. Le sue ultime parole sono un grido quasi disperato ai russi perché non perdano del tutto la volontà di reagire. La sua figura rimane un potente simbolo di resistenza. L’opinione pubblica internazionale può essere importante per mantenerlo vivo. In tutti i sensi.
Parole rivoluzionarie
“So benissimo che, come per molti altri prigionieri politici, la mia è una sentenza a vita. Potrà durare quanto la mia vita oppure quanto quella di questo regime”: è il commento che Navalny ha affidato ai suoi avvocati subito dopo il verdetto che lo condanna a 19 anni di carcere “speciale” per “estremismo”.
Il nemico del Cremlino, tra l’altro, sa che non è finita: ha ancora un procedimento penale in corso per “terrorismo”. In Russia gli imputati vengono assolti in meno dello 0,5% dei casi, secondo dati dello stesso governo. E se il processo è politico la percentuale scende a zero.
Alexei Navalny sa che si beccherà un’altra decina di anni. “Gli anni delle sentenze non sono per me ma per voi, che siete spaventati e privati della volontà di resistere. Non perdete la volontà di resistere”!
Il prigioniero di Putin nei giorni scorsi aveva incoraggiato all’azione, con toni rivoluzionari, ricordando che “ogni cambiamento viene ottenuto dal dieci per cento dei cittadini, quelli più attivi” e che i più attivi, quelli che fanno scoccare la scintilla, “potete essere voi”.
“Questo è un totalitarismo”
Ogni prospettiva rivoluzionaria resta peraltro altamente improbabile: “In Russia oggi è impossibile scendere in piazza a protestare, o anche solo scrivere un post sui social”, spiega a Fanpage.it da Mosca il politologo del think tank Carnegie Andrei Kolesnikov.
“L’Occidente non capisce che questo è un regime totalitario, non un ‘semplice’ autoritarismo”. Kolesnikov è tra i pochissimi intellettuali rimasti a criticare il Cremlino dalla Russia. Rischia ogni giorno l’arresto ma non vuole lasciare il suo Paese.
Secondo Ben Noble, professore di Politica russa all’University College of London (Ucl) e co-autore di Navalny: Putin’s Nemesis, Russia’s Future (Londra, 2021) “Le ultime parole di Navalny sono una versione della famosa frase di Franklin D. Roosevelt, ‘l’unica cosa che dobbiamo temere è la paura”.
L’idea, dice Noble a Fanpage.it, “è che, se il sentimento di paura e di intimidazione diffuso tra la gente potesse esser rimosso, un pilastro portante del sistema di Vladimir Putin crollerebbe”.
Difficile però, aggiunge Noble, “non considerare le molte ragioni per cui i russi debbano aver davvero paura del regime”. Un esempio: insieme a Navalny è stato condannato, a otto anni, anche Daniel Kholodny, “colpevole” di aver lavorato come tecnico per il canale YouTube del politico e di non aver voluto testimoniare contro di lui. C’è davvero da aver paura.
L’opinione del mondo conta
Di sicuro, l’appello lanciato da Navalny avrà un seguito internazionale: il suo team, trasferitosi all’estero, continua a lavorare anche senza di lui. Sta organizzando manifestazioni ovunque, con un unico titolo: “Putin è un assassino”.
La pressione del mondo è importante. Può salvare la vita dei prigionieri di coscienza. Non importa scomodare Nelson Mandela. Successe così anche ai tempi dell’Urss. Basti pensare — tra molti altri casi — a Solzhenitsyn, accusato di alto tradimento ma poi “solo” costretto all’esilio.
O a Natan Sharansky, il dissidente liberato con uno scambio di prigionieri sul Glienicker Brücke, il “ponte delle spie” a Berlino.
Il paragone non è azzardato. Oggi in Russia ci sono almeno 564 prigionieri politici, secondo dati — definiti “molto conservativi” — dell’Organizzazione per i diritti umani Memorial. Sono di più che non nell’era Brezhnev. Con una differenza: allora le pene erano più lievi.
A Sharansky per “alto tradimento” furono dati 13 anni, nel 1978.
Pochi giorni fa, la pena per il politico e giornalista anti-Putin Vladimir Kara-Murza, anch’egli accusato di “alto tradimento”, è stata confermata in 25 anni. Condanne “staliniane”, come ha detto Navalny. I giudici di Brezhnev erano più teneri.
Sepolto vivo
Tutt’altro paio di maniche il seguito che il grido di Navalny potrà avere in Russia. Dove la società civile, già fortemente limitata dal controllo delle autorità, è stata quasi completamente distrutta dopo l’invasione dell’Ucraina. Sulle poche organizzazioni indipendenti rimaste attive, incombe quotidianamente la spada di Damocle dell’estinzione.
I media di Stato, che diffondono 24 ore su 24 una propaganda che nemmeno George Orwell saprebbe descrivere, su Navalny tacciono da tempo. Se la voce della “nemesi di Putin” era già molto fioca, adesso rischia di spegnersi del tutto.
“Sarà tecnicamente impossibile udirla”, sostiene Andrei Kolesnikov. Le condizioni di detenzione nelle “colonie carcerarie a regime speciale”, dove Navalny verrà presto trasferito, “renderanno ancor più difficile il contatto con il mondo esterno”, osserva, più possibilista, il professor Noble: “Il team di Navalny cercherà comunque di amplificare i messaggi”.
Di fatto, il regime carcerario speciale prevede isolamento, divieto di comunicazione con gli altri detenuti e molte altre misure draconiane. La peggiore delle quali è forse il limite severo alle visite di familiari e avvocati, alle telefonate e alla corrispondenza.
“Il messaggio da parte delle autorità è chiaro: Navalny resterà in prigione almeno fino a quando esisterà Putin”, nota Ben Noble. “Il Cremlino vede quest’ultima sentenza come un passo cruciale nel suo piano per tenerlo fuori dalla visuale pubblica. Per neutralizzare ogni minaccia che può porre, anche per le menti di chi lo sostiene o potrebbe sostenerlo”.
Simbolo di resistenza
Secondo Noble, “l’obbiettivo è di intimidire le masse”. Ma la risposta di Navalny è “semplice in un modo disarmante: un appello ai russi a non lasciarsi intimidire, perché questo è un modo per resistere al regime di Putin”.
Intanto “L’incredibile resistenza che ha dimostrato, anche di fronte a questo verdetto, rende ancor più forte l’immagine del più fiero oppositore del Cremlino”. Alexey Navalny “rimane il maggior nemico del sistema anche in una situazione in cui la sua voce non viene udita dal russo medio”, afferma Andrei Kolesnikov. Non lo si può davvero seppellire, perché “resta un forte simbolo di resistenza, come Vladimir Kara-Murza, Ilya Yashin e altri martiri. E questa, politicamente, è una funzione importante”.
Se il “simbolo” Navalny risulterà o meno così forte da suscitare movimenti all’interno della Russia lo vedremo solo in un futuro non immediato. Per il momento, il regime ha soffocato sia Navalny che la società civile.
Dovrebbero cambiare molte cose, perché la valenza simbolica possa diventare anche pratica. L’immagine di Navalny è certamente più potente all’esterno che all’interno del Paese di Putin. E dall’estero qualcosa si può fare fin da subito.
I 15 punti in cui nel febbraio scorso Navalny ha espresso la sua visione per il futuro della Russia del dopoguerra sono chiari, delineano un sistema politico democratico e fanno piazza pulita delle accuse di nazionalismo del passato.
Chi ha a cuore libertà e democrazia agisca di conseguenza. Pressioni politiche e proteste non sono necessariamente vane. L’opinione pubblica internazionale può aver un peso importante. Per mantenere in vita il simbolo. E l’uomo.
(da Fanpage)
argomento: Politica | Commenta »
Agosto 5th, 2023 Riccardo Fucile
“MAGISTRATI E ISTITUZIONI LO SANNO E MENTONO”… MA SE SEI A CONOSCENZA DEI RESPONSABILI E DEI DEPISTAGGI FAI UNA BELLA CONFERENZA STAMPA E FAI NOMI E COGNOMI CON RELATIVE PROVE CERTE, CHE ASPETTI?
È una presa di posizione dura, frasi che lasciano poco margine a qualsiasi dubbio. E destinate a riaprire la polemica già scoppiata il 2 agosto in occasione del 43simo anniversario della strage della stazione di Bologna in cui morirono 85 persone e ne rimasero ferite.
Anche perché suonano in opposizione a quanto dichiarato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Ad affidarle a un post sul suo profilo Facebook è l’ex terrorista nero Marcello De Angelis, cognato dell’ex Nar Luigi Ciavardini e oggi portavoce di Francesco Rocca, presidente della Regione Lazio. Suo fratello, Nanni, fu arrestato insieme a lui e a Ciavardini il 23 settembre 1980 per appartenenza ai Nar e morì in carcere il 5 ottobre dello stesso anno.
Il riferimento a Mattarella
Scrive De Angelis: «Il 2 agosto è un giorno molto difficile per chiunque conosca la verità e ami la giustizia, che ogni anno vengono conculcate persino dalle massime autorità dello Stato (e mi assumo fieramente la responsabilità di quanto ho scritto e sono pronto ad affrontarne le conseguenze). La differenza tra una persona d’onore e uno che non vale niente è il rifiuto di aderire a versioni di comodo quando invece si conosce la verità. E accettare la bugia perché così si può vivere più comodi».
«Fioravanti, Mambro e Ciavardini non c’entrano nulla»
«Con la strage di Bologna non c’entrano nulla Fioravanti, Mambro e Ciavardini (condannati in via definitiva come esecutori materiali, ndr). Non è un’opinione: io lo so con assoluta certezza. E in realtà lo sanno tutti: giornalisti, magistrati e “cariche istituzionali” – prosegue De Angelis -.
E se io dico la verità, loro – ahimè – mentono. Ma come i martiri cristiani io non accetterò mai di rinnegare la verità per salvarmi dai leoni. Posso dimostrare a chiunque abbia un’intelligenza media e un minimo di onestà intellettuale che Fioravanti, Mambro e Ciavardini non c’entrano nulla con la strage».
Ipotesi depistaggi
Il portavoce della Regione Lazio prosegue nelle sue forti dichiarazioni: «Dire chi è responsabile non spetta a me, anche se ritengo di avere le idee chiarissime in merito nonché su chi, da più di 40 anni, sia responsabile dei depistaggi. Mi limito a dire che chi – conclude lanciando accuse -, ogni anno e con toni da crociata, grida al sacrilegio se qualcuno chiede approfondimenti sulla questione ha sicuramente qualcosa da nascondere. A me, con questo ignobile castello di menzogne, hanno tolto la serenità, gli affetti e una parte fondamentale della vita. Non riusciranno a farmi rinunciare a proclamare la verità. Costi quel che costi…».
(da Il Corriere della Sera)
argomento: Politica | Commenta »
Agosto 5th, 2023 Riccardo Fucile
SCHLEIN: “DICONO NO AL SALARIO MINIMO PER ALZARE I SALARI MASSIMI”
Questione che aveva provocato dibattito e polemiche quasi un anno fa, alla fine dell’era Draghi: superare il tetto dei 240 mila euro lordi per lo stipendio annuo dei manager pubblici. Grazie ad un correttivo infilato alla chetichella nel decreto Aiuti-bis i mandarini di Stato, dai vertici dei ministeri ai capi delle forze armate, avrebbero così visto lievitare i loro mensili. Peccato che la cosa non sia passata inosservata, tanto da irritare lo stesso ex premier Draghi e portare il governo a rimettere le cose apposto.
Il tentativo e la voglia di andare oltre i 240 mila euro, però, è rimasta. Così nel decreto omnibus che sarà approvato lunedì dal Consiglio dei ministri la società incaricata della realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina viene esonerata dalle disposizioni sul tetto di 240mila euro per i manager pubblici. Un modo forse per vedere l’effetto che fa, per capire se i tempi sono cambiati e se, dopo il dibattito sulla revisione delle indennità dei parlamentari, si possano toccare anche altri tipi di compensi.
Le reazioni
Sulla deroga le opposizioni si scatenano. “Indecenti. Dicono che i salari non si fanno per legge. Eppure fanno leggi per togliere il tetto massimo ai salari sopra i 240mila euro mentre affossano il tetto minimo che chiediamo per non scendere sotto i 9 euro all’ora”, afferma la segretaria del Pd Elly Schlein. “Conferma che per Salvini la priorità non sono le infrastrutture o lo sviluppo della Sicilia, ma distribuire regalie ai suoi amici – attacca Riccardo Magi, segretario di +Europa –È sempre la solita barzelletta italiana: opere su cui servirebbe una seria riflessione, nelle mani di questa destra si trasformano in una mangiatoia per Patrioti a spese gli italiani”. “Un insulto agli italiani e di questo il governo e Giorgia Meloni in persona se ne devono vergognare – commenta Angelo Bonelli, co-portavoce di Europa Verde e deputato di Avs – Non più tardi di un mese e mezzo fa, su mia specifica richiesta, il presidente della società Ponte sullo Stretto di Messina, Pietro Ciucci – al quale avevo chiesto a quanto corrispondesse l’indennità sua e dei consiglieri di amministrazione – mi rispondeva che il totale degli emolumenti per tutti i 5 consiglieri di amministrazione era pari a 125.000 euro, quindi 25.000 euro a persona: mi ero commosso per tanta sobrietà – continua Bonelli – Questa lobby, capeggiata dal ministro Salvini, che ha voluto trasformare il Ponte sullo Stretto di Messina in una mangiatoia di Stato, sta tentando attraverso il governo di introdurre una norma che fa saltare i tetti della retribuzione dei membri del cda”.
Per il deputato Pd Emiliano Fossi “la destra fa i ponti ma… non i tetti. In particolare quelli agli stipendi. Dicono no al salario minimo e poi tolgono il tetto ai compensi dei manager della società per il Ponte Sullo Stretto. Vergogna”, scrive su Twitter. Uno “scandalo”, sostiene il vicecapogruppo M5s alla Camera Agostino Santillo, coordinatore del comitato Infrastrutture del M5S. “Lo scenario è il seguente: reddito di cittadinanza no, aiuti alle famiglie contro il caro-vita no, sostegni contro il caro-mutui nemmeno, interventi per attenuare il costo della benzina neanche a parlarne. Questa destra gli unici favori li fa ai soliti noti e a chi ha già. Oltretutto questa scelta conferma che a Salvini delle infrastrutture del Sud non importa nulla. Nemmeno dell’inutile e farsesco ponte sullo Stretto. Al ministro interessa solo ‘l’affare’ ponte, con tutte le sue spartizioni e prebende varie. Uno scempio, messo in piedi sulla pelle dei cittadini e con i loro soldi”.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Agosto 5th, 2023 Riccardo Fucile
SI VA DIFFONDENDO LA ‘QUERELITE’. DA ULTIMA, QUELLA DI ARIANNA MELONI AL VIGNETTISTA NATANGELO: È L’ENNESIMA MUTAZIONE ANTROPOLOGICA DELLA CLASSE POLITICA: ANCORA QUALCHE DECENNIO FA LE REAZIONI A PENNE E VIGNETTE SATIRICHE ERANO DI TUTT’ALTRO GENERE. BASTI PENSARE A GIULIO ANDREOTTI
Eravamo stati abituati finora a considerare l’«annuncite» come la malattia infantile di una certa politica. Ma, con il procedere della navigazione del governo di destracentro, si va diffondendo anche la «querelite». Da ultima arriva così la decisione di Arianna Meloni di sporgere querela nei confronti di Mario Natangelo per la sua vignetta a tema “sostituzione etnica” sul Fatto.
Un disegno discusso e discutibile sul piano del buon gusto, va detto, ma in democrazia la satira dispone giustamente del pieno diritto di essere esercitata senza censure – e, a proposito di questa vicenda, dopo l’apertura di un procedimento disciplinare nei riguardi del vignettista, poche settimane fa l’Ordine dei giornalisti si era già pronunciato per la sua archiviazione.
Anche nella tempistica, dunque, la scelta della responsabile del tesseramento di Fratelli d’Italia assume i tratti di una querela-bavaglio che, per un verso, pare voler inviare un segnale intimidatorio “a futura memoria” e, per l’altro, svela una volta di più una linea politica e una serie di bias ideologico-culturali.
Perché a presentare querela, in questo caso nei confronti dei responsabili della trasmissione Report, è stato anche il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso. E, qualche tempo fa, aveva minacciato di querelare chiunque lo accusasse di conflitti di interesse pure il ministro della Difesa Guido Crosetto.
D’altronde, non è da meno la Lega: da Roberto Calderoli che, pochi mesi or sono, ha minacciato querele nei confronti di chi muoveva critiche sul suo operato in materia di autonomia differenziata a Matteo Salvini che di recente ne ha annunciata una contro il dem Giuseppe Provenzano e un’altra per Roberto Saviano.
Siamo in presenza di quella che potremmo chiamare l’ennesima mutazione antropologica della classe politica di governo, dato che ancora qualche decennio fa le reazioni a penne e vignette satiriche erano di tutt’altro genere, anche semplicemente (e saggiamente) in stile “buon viso a cattivo gioco”.
Basti pensare a Giulio Andreotti, bersaglio prediletto di autentiche tempeste di attacchi irridenti o sarcastici, ma capace di rispondere sempre con un sovrano distacco o una punta (avvelenata) di ironia – si può citare il caso di Giorgio Forattini che, nonostante le sue 500 vignette (alcune durissime) e le plurime edizioni del libro Andreacula, non venne mai querelato, neppure una volta.
Altri tempi, giustappunto, a cui mise la parola fine il “cattivista” Massimo D’Alema, la cui nota idiosincrasia per quelle che etichettava «iene dattilografe» lo portò a scatenare un tornado di querele contro la stampa in maniera («diciamo…») ecumenica, a destra come a sinistra.
Nelle odierne settimane la querelite arriva a celebrare i suoi fasti (nefasti), trovando un clima assai “fertile”. In questo modo, il destracentro “con la querela più veloce del West” (e dell’Occidente), non lascia trapelare soltanto i segni del nervosismo derivante dalle problematiche interne alla coalizione e dai nodi strutturali irrisolti e, dopo le promesse spesso miracolistiche della campagna elettorale, deve confrontarsi con le prove di responsabilità richieste dall’attività di governo.
Qui c’è di più: ovvero il Dna illiberale della destra e un gruppo dirigente molto familistico (in senso letterale) che non riesce – o, per meglio dire, non vuole – scrollarsi di dosso la sindrome dell’assedio e il vittimismo (usato ripetutamente quale redditizia risorsa elettoralistica). Ma non è certo così, a dispetto di quanto dichiarato a ogni piè sospinto, che si diviene una rispettabile destra conservatrice europea
(da La Stampa)
argomento: Politica | Commenta »
Agosto 5th, 2023 Riccardo Fucile
“ANCHE NON PAGARE I LAVORATORI, INCASSARE STIPENDI NON SOSTENIBILI, USARE IMPROPRIAMENTE LA CASSA INTEGRAZIONE E RIMANERE MINISTRO SONO COSE CHE FANNO MOLTO MALE”
Non sono piaciute al segretario di Azione Carlo Calenda le parole di Daniela Santanché sul reddito di cittadinanza. Secondo la ministra del Turismo, quella misura «ha fatto tanto male», ha detto intervenendo a Rds, «hanno dato soldi a chi era occupabile mentre dobbiamo aiutare i fragili, chi ha bisogno». Santanché ha quindi spiegato cosa dovrebbe fare il governo: «Mettere i nostri giovani nelle migliori condizioni per far trovare lavoro e aiutare le imprese nel poter assumere». Le parole della ministra arrivano nei giorni in cui l’assegno viene sospeso alle persone ritenute occupabili, e dopo le polemiche per l’sms dell’Inps.
E Carlo Calenda non ha atteso molto prima di commentare quanto detto da Santanché, con un chiaro riferimento alle vicende che hanno riguardato le sue attività imprenditoriali. «Anche non pagare i lavoratori, pagarsi stipendi non sostenibili, mandare all’aria società, usare impropriamente la cassa integrazione e rimanere serenamente Ministro, sono tutte cose che fanno molto ma molto male», ha scritto in un duro tweet il senatore, «sono sempre stato contrario al Rdc, ma la morale da Lei anche no».
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Agosto 5th, 2023 Riccardo Fucile
“I FONDI NON CI SONO, QUI CONTINUIAMO SOLO AD ANTIPARE SOLDI”
Dai paesi sull’Appenino bolognese fino agli hotel della Riviera, l’Emilia Romagna aspetta ancora i primi aiuti da parte del governo italiano. Imprenditori, agricoltori, sindaci, ma anche comunità rimaste senza scuole e piccole aziende di famiglia che devono ripartire da zero: l’allarme lanciato nei giorni scorsi dal presidente della Regione Stefano Bonaccini – che ha denunciato che i fondi previsti sono “insufficienti per la ricostruzione pubblica” mentre alle imprese ancora “nulla” è stato dato – ha molti nomi e volti.
E tanti di questi, a quasi tre mesi dall’alluvione che ha devastato la regione, sentono di essere stati abbandonati dall’esecutivo di Giorgia Meloni. “Senza ristori siamo perduti – dice Daniele Gieri, un agricoltore di Conselice in provincia di Ravenna – Dopo tutto quello abbiamo vissuto, ci siamo ritrovati a dover contare soltanto sulle nostre forze. E questo fa venire molta rabbia”.
“Viviamo nell’attesa”
L’unico contributo arrivato è quello erogato dalla Regione, che prevede per chi è stato colpito dall’alluvione un acconto di 3mila euro subito e un secondo eventuale saldo di 2mila euro. Gieri è uno dei tanti imprenditori agricoli della Romagna che passano le giornate a scavare i campi con trattori e ruspe per togliere gli strati di limo e fango che ancora coprono le colture. Nel Ravennate l’acqua si è ritirata da qualche settimana lasciando danni per milioni di euro. Al mancato raccolto si aggiungono le risorse impiegate per ripristinare i terreni e ricostruire gli impianti distrutti. “Continuiamo a spendere soldi senza sapere se ci tornerà indietro qualcosa – continua Gieri – abbiamo debiti da coprire e viviamo nell’attesa che il governo sblocchi i tanto promessi aiuti”. Il settore agroalimentare emiliano-romagnolo è uno dei più redditizi d’Europa, tanto da essere stato soprannominato “Fruit Valley”. Ma tornare al benessere che c’era prima dell’alluvione sarà complicato e per questo secondo Gieri è importante che arrivino sostegni a lungo termine: “Ci aspettano anni senza raccolti perché i frutteti che sono andati distrutti non ricrescono nel giro di un’annata”.
“Meloni mi ha detto: ‘Prometti che riaprirai’”
Circa quaranta chilometri più a sud, a Faenza, Volturno Valgimigli e i suoi collaboratori stanno ancora ripulendo dal fango i macchinari della storica tipografia “Valgimigli”. Mentre si muove per il magazzino il titolare 65enne zoppica vistosamente: “A furia di spalare e trasportare secchi pieni di fango mi sono consumato le ginocchia e dovrò sottopormi a trapianti di cartilagine. Mentre dallo Stato non ho ricevuto un euro”, spiega. Durante la visita istituzionale a Faenza il 21 maggio, Valgimigli racconta di aver incontrato la premier Meloni: “Mi aveva chiesto: ‘Promettimi che riaprirai’. Ma se ci sono riuscito è solamente grazie alle mie forze e ai ragazzini volontari che mi hanno aiutato a liberare il magazzino”. I danni? “Almeno un milione di euro, tutti i macchinari distrutti. Ero convinto che non avrei più riaperto”.
Hotel e stabilimenti balneari arrancano
Ma lunga scia di incertezza e difficoltà legate al post-alluvione arriva fino alle zone che hanno ricevuto pochissimi o nessun danno. Come le strutture ricettive e gli stabilimenti balneari della Riviera. Qui il fango e i detriti trasportati dai fiumi immissari hanno compromesso la balneabilità di decine di aree marittime facendo scattare la zona rossa nelle prime settimane di stagione turistica. Non tutti riusciranno a tamponare le perdite causate dall’ondata di disdette alle prenotazioni di maggio e giugno, che solo nella provincia di Rimini sono state quasi due milioni: “È agosto e siamo pieni solo per metà” spiega Alessandro Giorgetti, presidente di Federalberghi Emilia-Romagna e dipendente dell’hotel “San Giorgio Savoia” di Igea Marina. Allo stato dell’arte hotel, alberghi e bagni sono tagliati fuori da qualsiasi aiuto statale: “È un dramma perché non esistono ristori per i danni indiretti, come la paura dei visitatori e una certa pubblicità negativa”. Anche per Gianluca Bassani, titolare del campeggio “Adria” a Casalborsetti, si tratta di una stagione complicata: “Per fortuna abbiamo fatto il pieno di presenze lo scorso inverno. Abbiamo trascorso un mese e mezzo senza ricevere telefonate”.
Senza scuole né servizi sociali
Il paese di Solarolo è invece rimasto senza scuole e servizi sociali importanti. Il Comune conta poco più di 4mila abitanti e 8 milioni di euro di danni. Durante l’alluvione l’acqua che si è alzata fino a un metro e cinquanta ha travolto l’asilo nido, le scuole di ogni grado e la piscina comunale. La situazione più critica riguarda il plesso delle medie e l’asilo nido, di cui è rimasto intatto soltanto l’edificio. L’amministrazione comunale sta correndo contro il tempo per riuscire a ricostruire in tempo per l’inizio del nuovo anno scolastico a settembre. E per farlo sta impiegando tutte i mezzi economici disponibili. Ma le casse comunali stanno ancora attendendo che lo Stato rimborsi le risorse impiegate in somma urgenza per soccorrere i residenti nei giorni dell’emergenza: “È fondamentale che arrivino subito, così come i fondi da parte del Ministero dell’Istruzione per il ripristino delle scuole”, dice il sindaco Stefano Briccolani. Nell’attesa si cercherà di far ripartire le lezioni trasferendo gli alunni nei plessi delle scuole materna ed elementare, meno toccati dal disastro, con tutti i disagi del caso. A pochi passi dall’asilo nido c’è la sede di un’altra realtà ancora ginocchio. È l’associazione volontaria “Monsignor Giuseppe Babini” che da molti anni costituisce un sostegno molto importante per la fascia più debole della popolazione di Solarolo come disabili, emarginati e anziani organizzando trasporti verso gli ospedali, consegne di cibo a domicilio e servizi di accompagnamento, con una media di venti corse al giorno. Nell’alluvione ha perso tutti gli automezzi compresa un’ambulanza: “Le persone continuano a chiederci dei servizi ma per noi sta diventando impossibile continuare – spiega il presidente Luigi Mainetti -. Siamo costretti a mettere a disposizione le nostre auto”.
“Siamo fermi a tre mesi fa”
“Ho già impegnato 300mila euro per gli interventi più urgenti e non ho ancora visto un euro”. A Castel del Rio, nel Bolognese, la situazione “è ancora drammatica”, racconta il vicesindaco Davide Righini. Il paese è stato uno dei più martoriati dalle frane e dagli smottamenti che hanno travolto tutto l’Appennino tosco-emiliano. Gran parte delle strade sono crollate e per settimane intere frazioni sono rimaste isolate. Alcune vie sono state riaperte riempiendo di ghiaia le crepe nell’asfalto. Ma gli interventi da fare per mettere in sicurezza tutte le strade ammontano a venti milioni di euro. “Siamo fermi a tre mesi fa – prosegue Righini -, abbiamo rendicontato, abbiamo pianto, ma non ci è ancora arrivato niente e non si sa quando ci arriverà”. Fino alla scorsa primavera era meta gettonata per il cicloturismo elettrico. Oggi Castel del Rio si rimette nelle forze dei suoi pochi abitanti: “Finché non torna a piovere siamo salvi – conclude il vicesindaco –, ma la cosa che fa più rabbia è che nonostante gli sforzi, solo nostri, non vediamo cambiamenti all’orizzonte”.
(da Il Fatto Quotidiano)
argomento: Politica | Commenta »
Agosto 5th, 2023 Riccardo Fucile
“NON MI SONO MAI SPOSATA E NON HO FIGLI, HO DEDICATO LA MIA VITA AD ASSISTERE MIA MADRE, ORA E’ MORTA”…”NON VOGLIO ASSISTENZA, DATEMI UN LAVORO”
Mi chiamo Francesca, vivo in provincia di Taranto anche se sono tarantina, avrò 53 anni in autunno e per tutta la mia vita sono stata una caregiver, non sono mai stata sposata e non ho figli. Ho cominciato ad assistere mia madre, una disabile molto grave, solo letto e sedia a rotelle, dall’età di 12 anni, ed ho finito quando di anni ne avevo 48 a causa della sua morte per una forma di leucemia.
Ho come titolo di studio la terza media e non ho mai lavorato perché mia madre non poteva essere lasciata sola, io mi sono sempre occupata di tutto fin dalla giovane età, mio padre era inesistente in tutto, ed ho un fratello che si è fatto la sua vita e vive lontano. Lei era la mia famiglia per affetto e per supporto, anche economico.
Abbiamo avuto una vita travagliata. Mamma ha fatto 2 cause affinché le fosse riconosciuto l’accompagnamento anche se era lampante anche per un cieco che le spettava nelle sue condizioni. Alla sua morte mi sono ritrovata sola e senza sostegno ed ho da prima venduto quel poco di oro che avevamo per pagare le spese e poi mi sono messa a cercare un impiego ma senza esperienza, fuori con l’età e senza un titolo di studio non ho trovato altro che un lavoro nero e mal retribuito.
Le assistenti sociali del mio comune conoscevano già la nostra situazione, ma era poco ciò che potevano fare. Quindi nel 2019 ho fatto domanda per RDC che ho ottenuto, sono stata chiamata dal centro per l’impiego ed ho firmato la disponibilità al lavoro. Nel frattempo ho continuato a cercare un impiego ma per le difficoltà di cui sopra la cosa non è mai cambiata.
Ad oggi non ho ancora ricevuto ne l’sms ne la mail dall’Inps che mi comunica la fine del mio RDC, ma non rientrando più nelle nuove categorie penso che sia finito a fine luglio 2023. L’unica cosa che ci tengo a sottolineare dopo l’infame campagna contro i percettori (non è colpa delle persone oneste se nessuno ha fatto i controlli contro i ladri) è che io in tutta la mia vita non sono mai stata seduta al divano o davanti ad un bar aspettando che mi piovessero i soldi dal cielo perché ho dedicato la mia vita ad un altro essere umano che altrimenti sarebbe finito in istituto con aggravio per lo Stato. Purtroppo in questo Paese non frega niente a nessuno.
Toglietemi il reddito, giustissimo, ma datemi un lavoro che mi paghi ciò che valgo. Sicuramente molti leggendomi penseranno che a me piace l’assistenzialismo ma se in questo paese ci fosse buona volontà e criterio nel fare le cose, l’RDC sarebbe stato migliorato e le persone come me avrebbero messo a servizio la propria opera tramite i PUC per migliorare città sporche e degradate e tutto quello che è possibile fare per la comunità in cui si vive quando c’è buona volontà e responsabilità.
Non tutti siamo ladri e il RDC ci ha permesso in pandemia di non compiere atti scellerati contro noi stessi. La fame e la solitudine sono pessime consigliere e il RDC ci ha dato la speranza di poter essere utili a qualcuno quando ben impiegati”.
(da Fanpage)
argomento: Politica | Commenta »
Agosto 5th, 2023 Riccardo Fucile
MASSIMILIANO PANERO E’ STATO CANDIDATO IN PASSATO CON CASAPOUND ED E’ FILO PUTINIANO
In piena emergenza climatica e ambientale, dopo un mese di luglio drammatico, con il Paese devastato dagli eventi meteo estremi, incendi al Sud e nubifragi e grandine al Nord, la decisione di nominare il 50enne Massimiliano Panero, piemontese, giornalista e attivista vicino a Casapound nel CdA della Sogesid – società di ingegneria ‘in house providing’ del ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica e del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, il cui capitale sociale è interamente detenuto dal ministero dell’Economia e delle Finanze – è quantomeno inspiegabile.
La società infatti garantisce diversi servizi ai dicasteri guidati da Pichetto e da Salvini, e dovrebbe occuparsi di “risanare le aree inquinate e restituirle alle comunità, sviluppare un’efficiente programmazione comunitaria, far crescere le Pa nel senso della sostenibilità ambientale”. Nella mission si legge che “Quel che fa la Sogesid riguarda da vicino la più importante delle prospettive nazionali e globali: progettare il futuro sostenibile”.
Panero è però noto per le sue posizioni negazioniste sul clima, e in passato non ha nascosto opinioni no vax e filo-putiniane, come testimonia una foto scattata nel 2015 insieme a esponenti di Russia Unita, il partito di Putin. Ma non sembra un caso isolato: poche settimane fa ha anche ritwittato un post in cui Kiev viene definito “stato terroristico ucraino”.
La notizia è uscita sul quotidiano il Domani, in un articolo di Stefano Iannaccone, in cui si dà conto del nuovo incarico per Panero, che è stato salutato con entusiasmo dal governo Meloni.
Il ministro Pichetto Fratin non ha ostacolato la nomina, anzi, ha festeggiato con tanto di photo opportunity con i nuovi vertici di Sogesid, tra cui appunto Panero. Il ministro e il nuovo membro del Cda di Sogesid del resto si conoscevano già: nel 2014 Pichetto era stato candidato per il centrodestra, poi sconfitto, alla presidenza della Regione Piemonte, con il sostegno della lista Destre unite, guidata, ricostruisce Iannaccone, proprio da Panero.
Nel 2019, l’esponente della destra neofascista piemontese si è avvicinato a CasaPound di Simone Di Stefano, per tentare la candidatura alle europee, nella circoscrizione Italia Nord occidentale, riuscendo a ottenere solo 134 preferenze. E nello stesso anno un nuovo flop: alle regionali in Piemonte la lista Destre unite non riesce nemmeno a raccogliere le firme necessarie per presentarsi alle urne.
Pd annuncia interrogazione parlamentare
“Massimiliano Panero è un neofascista piemontese, candidato in passato con Casapound. Il suo è il profilo del sovranista moderno: no vax, filo putiniano, negazionista dei cambiamenti climatici”, ha detto la vicepresidente del Partito democratico Chiara Gribaudo, in merito alla nomina di Panero nel cda di Sogesid.
“È proprio il suo essere negazionismo a preoccupare di più, visto che la società in cui siede nel consiglio d’amministrazione, offre servizi anche al ministero delle Infrastrutture e quello dell’Ambiente, due dicasteri chiave per la lotta al dissesto idrogeologico, la messa in sicurezza del territorio e il contrasto alla crisi ambientale. Come può chi nega catastrofe climatica dare garanzie al Paese sul fatto che aiuterà a combatterla?” prosegue Gribaudo. “Sinceramente non riusciamo a vedere come la sua figura sia compatibile con il ruolo che ricopre. Per questo presenterò un’interrogazione al ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti per chiedere immediate spiegazioni”.
“Il Partito Climafreghista è pronto a colpire ancora. Arrivano altri rinforzi più negazionisti anche della corrente Malan-Salvini. Qualcuno a Palazzo Chigi, al Mef e all’ex ministero dell’Ambiente dovrà spiegare al Parlamento e all’opinione pubblica perchè viene messo in un CdA di una società che gestisce vari servizi ambientali un esponente della destra estrema già candidato per Casapound, novax, fan del partito di Putin e che è arrivato a definire poche settimane fa Kiev uno Stato terrorista. Ma la cosa più grave: fieramente negazionista dei cambiamenti climatici”, ha commentato Marco Grimaldi dell’Alleanza Verdi Sinistra.
“In Italia per colpa dei climafreghisti – prosegue il vicecapogruppo dei deputati dell’Alleanza Verdi Sinistra – continuiamo a rincorrere le emergenze senza una strategia chiara di prevenzione, che permetterebbe di risparmiare il 75% delle risorse economiche spese per i danni provocati dalla siccità e dagli incendi, da eventi estremi, alluvioni, piogge e frane. Per decenni, i giganti del petrolio e del gas hanno ingannato l’opinione pubblica sulle conseguenze dell’uso dei combustibili fossili. Ora dobbiamo affrontare inondazioni devastanti, tremende siccità e boschi e foreste divorati dalle fiamme. Ma si rendono conto – conclude Grimaldi – che quella è una società che vuole tutelare l’ambiente , ma con che faccia e con quale credibilità hanno scelto un personaggio cosi?”.
(da Fanpage)
argomento: Politica | Commenta »
Agosto 5th, 2023 Riccardo Fucile
INTANTO, PER ABBASSARE GLI SCAGLIONI DA QUATTRO A TRE, SERVIRÀ TROVARE ALMENO 4 MILIARDI IN MANOVRA… IL REGALINO AGLI EVASORI CON PARTITA IVA: IL FISCO LI CONTATTERÀ E PROPORRÀ IN ANTICIPO UN ACCORDO SULLA TASSAZIONE FISSA BIENNALE
Mancava dagli anni Settanta una riforma di sistema del fisco. Ma quella appena approvata dovrà fare i conti con le limitate disponibilità. Governo e maggioranza hanno salutato con soddisfazione il via libera definitivo al disegno di legge delega, approvato ieri in terza lettura dalla Camera.
«Una riforma fiscale che l’Italia aspettava da 50 anni» e che prevede «un fisco più giusto e più equo, più soldi in busta paga e tasse più basse per chi assume e investe in Italia», ha sottolineato Giorgia Meloni, spiegando che il governo intende mettersi al lavoro per scrivere rapidamente i decreti attuativi.
Come indicato dal vice-ministro Maurizio Leo, che del testo appena diventato legge è stato il regista, i primi provvedimenti potrebbero arrivare a ridosso della fine dell’anno, in modo che diventino operativi a inizio 2024. Si partirà con il tema delle semplificazioni, a partire dalla messa a punto dei testi unici destinati a riordinare il coacervo di norme che si sono accumulate disordinatamente negli ultimi cinquant’anni. Altre novità relativamente immediate potrebbero arrivare in materia di statuto del contribuente e di lotta all’evasione.
Intanto però c’è di mezzo la sessione di bilancio. Siccome la delega prevede che ogni riduzione di gettito debba essere compensata da una voce di segno opposto, la manovra potrebbe essere l’occasione per trovare i circa 4 miliardi necessari per un intervento sull’Irpef che sia avvertito dai contribuenti.
L’obiettivo è sempre ridurre da quattro a tre le attuali aliquote, ma l’effettivo assetto degli scaglioni e delle collegate detrazioni dovrà essere definito con molta attenzione, visto che sono molte le esigenze già segnalate dai dicasteri al ministro dell’Economia Giorgetti.
Sullo sfondo c’è poi il traguardo per la verità solo evocato nella delega della flat tax, un’aliquota uguale per tutti che però dovrebbe essere compensata da altri accorgimenti per garantire la progressività richiesta dalla casta costituzionale.
Per quanto riguarda il mondo del lavoro autonomo, tra i provvedimenti caratterizzanti c’è sicuramente il concordato biennale per le imprese piccole e medie. L’idea è che il fisco, sulla base delle informazioni in suo possesso, (fatturazione elettronica, banche dati) proponga in anticipo alla partita Iva la misura della tassazione, che resterebbe fissa per due anni. Chi accetta si mette al riparo da controlli; se poi ha un imponibile più alto non dovrà versare nulla. Restano però gli altri obblighi tra cui il versamento dell’Iva.
(da Messaggero)
argomento: Politica | Commenta »