Agosto 16th, 2023 Riccardo Fucile
SULLE PAGINE DEL “GIORNALE” UN EDITORIALE ACIDISSIMO DI MINZOLINI… IL MESSAGGIO È CHIARO: CARA MELONI, NON FARE LA MARCHESA DEL GRILLO (“IO SO GIORGIA E VOI NUN SIETE UN CAZZO”). SENZA DI NOI NON GOVERNI, E POTRESTI TORNARE A CASA
“Anto’….fa caldo!”. A dispetto dello celebre spot con Luisa Ranieri, Antonio Tajani trasuda collera verso la Sora Giorgia che l’ha tradito con il Capitone leghista, come un Massimo Segre qualunque. Ma come, io che ti ho amato alla follia e non mi dici un cazzo sulla tassa sugli extraprofitti delle banche?
Io, che sono l’erede di Silvio B., presidente del terzo partito della coalizione di governo nonché vicepremier e ministro degli Esteri, trattato peggio della serva?
Io, che ti ho presentato il presidente del Partito Popolare Europeo Manfred Weber e le sto provando tutte per farti entrare nella stanza dei bottoni della Commissione Europea, dicendogli che Fratelli d’Italia non ha più nulla a che vedere con il passato di estrema destra e tu spari quella risposta del cazzo sull’amica di Salvini, Marine Le Pen: “Non metto veti su nessuno, ma è troppo presto per decidere”?
Ma vuoi ficcartelo nella tua testolina tinta di biondo che Le Pen è anti-Unione Europea? Che il PPE mai e poi mai accetterà di aver a che fare con la gerarca in gonnella francese? A questo punto, Tajani ha finalmente capito che la sua identità di ‘’zerbino della Meloni’’ non poteva non portare all’inglorioso destino di finire calpestato.
E il “cornuto” ha iniziato a ritagliarsi una identità diversa da quella di “cameriere” della Ducetta: “Forza Italia ha una storia liberale”, ha dichiarato al Corriere della Sera. “Un’economia statalista non è la nostra… Troppo Stato nell’economia non è una buona cosa”.
Una nuova posizione “attiva” che potrebbe trasformarsi in una rottura in vista della finanziaria di ottobre che si prospetta imbottita di sangue sudore e lacrime, mancano risorse per quasi 30 miliardi, e tutti i nodi del populismo arriveranno al pettine (come incassare la quarta tranche del Pnrr, come trovare le risorse per la riforma fiscale, che fare sul salario minimo, e poi Mes, Via della Seta, eccetera). Pensate un po’: stanno ideando di far finanziare il Ponte sullo Stretto attraverso capitali esteri….
Una nuova identità per Forza Italia è necessaria da subito: a settembre infatti dovrebbe nascere ufficialmente la corrente della capogruppo del Senato Licia Ronzulli, con i paggi Mulè e Cattaneo, che ovviamente vuol togliersi dalle palle, Berluscones permettendo, la politica pasta frolla di Tajani – il congresso è in agenda ad aprile del 2024.
Un cambio di copione che si è subito riverberato su “Il Giornale”, fino al 7 settembre ancora interamente nelle mani di Arcore, poi con l’arrivo di Angelucci, col duo Sallusti-Feltri, chissà se Augusto Minzolini potrà ancora editorialeggiare come ha fatto martedì 15 agosto nei confronti della Meloni in modalità Ducetta del Grillo (io so’ io e voi non siete un cazzo).
(da Dagoreport)
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Agosto 16th, 2023 Riccardo Fucile
QUESTO FARÀ MUTARE GLI ECOSISTEMI DEI TERRITORI, LE STIME PREVEDONO CHE SI POTRANNO SCIOGLIERE 650 MILA CHILOMETRI QUADRATI DI GHIACCIO
Entro il 2100 la metà delle terre ora coperte da ghiacciai, escludendo Antartide e Groenlandia, potrebbero essere rimpiazzate da nuovi ecosistemi: si tratta di un’area di dimensioni comprese tra quelle del Nepal e quelle della Finlandia. Lo afferma lo studio pubblicato sulla rivista Nature e guidato dal Conservatorio delle Aree Naturali dell’Alta Savoia di Annecy, in Francia.
I dati indicano l’importanza di proteggere e preservare questi nuovi ambienti, che potranno dare rifugio a tante specie adattate a vivere in climi freddi e ora in pericolo a causa dei cambiamenti climatici provocati dalle attività umane. I ricercatori guidati da Jean-Baptiste Bosson hanno messo a punto un modello matematico che simula l’evoluzione globale dei 650mila chilometri quadrati di ghiacciai attualmente presenti sul nostro pianeta (senza contare quelli di Antartide e Groenlandia) e cerca di prevedere quale sarà il loro destino entro la fine del secolo.
Secondo i dati, il ritiro dei ghiacciai avverrà a un ritmo simile indipendentemente dalla quantità di emissioni di gas serra fino al 2040, per poi divergere: se le emissioni inquinanti aumenteranno, la metà circa dei ghiacciai rischia di sparire, mentre se diminuiranno drasticamente, le perdite potrebbero interessare solo il 22% delle aree coperte dai ghiacci.
(da agenzie)
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Agosto 16th, 2023 Riccardo Fucile
“UNA SERIE DI SCONFITTE IN UCRAINA POTREBBE SCATENARE UN SECONDO COLPO DI STATO, MEGLIO COORDINATO, CON LA PARTECIPAZIONE DI MILITARI, SERVIZI SEGRETI, OLIGARCHI”… “PUTIN SPERA NELLA VITTORIA DI TRUMP”
“Entro sei mesi o Prigozhin sarà morto o ci sarà un secondo golpe contro Putin”. Una previsione degna di attenzione, perché a pronunciarla è Christo Grozev, capo delle indagini sulla Russia per Bellingcat, il sito internazionale di investigazioni giornalistiche autore di numerosi scoop sui complotti e gli assassinii organizzati dal Cremlino.
Grozev faceva parte della squadra che quest’anno ha vinto un premio Oscar per il documentario Navalny, sull’avvelenamento e sul processo farsa ai danni del dissidente e leader dell’opposizione russo. È inoltre l’autore di rivelazioni sull’assassinio del 2015 a Mosca di Boris Nemtsov, l’allora leader dell’opposizione, e del tentato assassinio nel 2018 da parte di due agenti del Gru, il servizio segreto militare russo, di Sergej Skripal, un ex-agente del Kgb che ha ricevuto asilo politico in Inghilterra.
Ha anche scoperto l’identità di una spia russa vicino alla base Nato di Napoli, una donna che attirava le mogli dei generali americani con un’associazione di carità e poi andava a letto con i loro mariti, grazie a un microchip impiantato nel gatto della signora da un veterinario italiano: “Il suo vero amore”, afferma, “era il micio”. Ancora più rilevante per valutare la previsione odierna sulla Russia è il fatto che, nel gennaio scorso, Grozev affermò pubblicamente: “Entro sei mesi Prigozhin si rivolterà contro Putin”.
Ebbene, il tentato golpe lanciato dal capo della Wagner è avvenuto il 23 giugno, dunque entro il periodo di sei mesi da lui previsto. Ora il giornalista investigativo di Bellingcat, che ha ottime fonti in Russia ed è bravissimo a trovare informazioni dai “big data” che circolano online, fa un’altra profezia dello stesso genere: segnalando (e non è il solo a dirlo) che la partita tra Prigozhin e Putin non è chiusa.
“Dopo il tentato golpe di giugno, Putin è andato in tivù e ha definito Prigozhin un traditore”, afferma Grozev in una lunga intervista al Financial Times. “Tutti sanno cosa fa Putin a coloro che definisce traditori. Ma stavolta non è successo nulla. Chiaramente Putin vuole vedere Prigozhin morto, ma non può ancora farlo. Io dico che entro sei mesi o Prigozhin sarà morto o ci sarà un secondo golpe contro Putin. Sono agnostico fra le due possibilità, ma fermamente convinto che una delle due si verificherà”.
Significa che qualcosa accadrà nel duello tra i due personaggi prima delle elezioni presidenziali in programma in Russia nel marzo 2024. Grozev si sofferma sui possibili scenari della seconda ipotesi, cioè di un nuovo golpe contro Putin. “Un rivolgimento militare sul fronte della guerra in Ucraina”, ovvero una sconfitta o una serie di sconfitte per le forze russe, potrebbe essere l’evento scatenante di un secondo colpo di stato. E questo potrebbe essere, osserva il giornalista, “un golpe meglio coordinato” di quello di giugno, dunque in grado di rovesciare l’autocratico presidente russo.
“Meglio coordinato” fa pensare a una partecipazione di più forze: militari, servizi segreti, oligarchi. “Nessuna fazione dell’élite russa considera positivamente la guerra in Ucraina”, conferma Grozev.
“Ma nessuno parla (pubblicamente, ndr.) perché nessuno vuole essere il primo o l’unico a muoversi”. “L’élite russa non vuole vivere in una sorta di Corea del Nord 2.1 con i propri conti bancari congelati”. Quanto a Putin, la sua strategia è “chiaramente quella di resistere militarmente in Ucraina fino alle elezioni presidenziali americane del novembre 2024, nella speranza che una vittoria di Trump fermi il sostegno della Nato all’Ucraina”.
Grozev sta indagando sui “dormienti”, come si chiamano in gergo spionistico gli agenti che vivono in un Paese nemico senza commettere alcun reato fino al momento in cui non vengono “svegliati” da un ordine di Mosca
(da La Repubblica)
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Agosto 16th, 2023 Riccardo Fucile
NEI PRIMI SEI MESI DELL’ANNO SULLE DOLOMITI OLTRE 400.000 EURO DI FATTURE PER GLI INTERVENTI “NON SANITARI”… E’ GIUSTO CHE GLI IMBECILLI PAGHINO
A duemila metri, con i sandali di gomma. Incapace sia di continuare il sentiero, reso più difficoltoso da una frana, che di tornare indietro, un gruppetto di quattro persone con un cane di taglia media ha deciso di farsi recuperare dal soccorso alpino.
È successo ieri, giorno di Ferragosto, sui fianchi del monte Rua. Come racconta Il Dolomiti il gruppo era partito in mattinata dal rifugio Pussa, in Val Settimana, con l’idea di fare un percorso ad anello. Arrivati a quota 2.000 metri, i quattro sono rimasti bloccati lungo un tratto franato: a le loro calzature scivolavano sui sassi. Era già tardo pomeriggio, così gli escursionisti hanno deciso di chiamare il soccorso alpino. L’elisoccorso ha così sbarcato sul posto personale sanitario e tecnici per recuperare i quattro escursionisti e il cane con il verricello.
Non è però la prima volta che l’elisoccorso si deve muovere per recuperare viandanti sprovveduti, anzi. Accade sempre più di frequente. Come ha spiegato Giuseppe Dal Ben, direttore generale dell’Usl1 Dolomiti al Corriere delle Alpi, nei primi sei mesi del 2023 37.254 chiamate al 118 con 7.812 missioni, di cui 58 con gli elicotteri.
Tra le 651 persone che hanno chiesto aiuto, il 44% è rappresentato da escursionisti, cioè semplici camminatori. Tra questi il 14,6% si mette nei guai “per incapacità”, il 7,4% perché perde l’orientamento, il 2,8% perché si lascia sorprendere dal maltempo. Con una percentuale analoga di persone chiede che le si vada incontro «perché è in ritardo».
Nei primi sette mesi dell’anno staccate fatture per oltre 400mila euro
Soccorsi, insomma, non strettamente sanitari. «I volontari del Cnsas o gli elicotteri Falco 1 e Falco 2 ti vengono a prendere perché sei in difficoltà e il più delle volte ti portano all’auto o in albergo, anziché in ospedale. A questo punto è ovvio che l’escursionista paghi per la sua imperizia. E il conto è salato» ha spiegato il direttore Dal Ben.
Dal 2020 l’Azienda sanitaria ha emesso 1.036 fatture per un importo di 2 milioni e 22 mila euro.
E solo nei primi sette mesi di quest’anno gli amministrativi di Dal Ben hanno staccato ben 164 fatture per 409.156 euro. Fino alla fine del mese scorso, gli stranieri hanno rappresentato la maggioranza, col 54% degli interventi.
(da agenzie)
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Agosto 16th, 2023 Riccardo Fucile
2,5 MILIARDI DIROTTATI SULL’ALTA VELOCITA’ VERONA-PADOVA E IL TERZO VALICO DI GENOVA
Il ministero delle Infrastrutture guidato da Matteo Salvini ha deciso di definanziare la costruzione di alcune opere del Centro e del Mezzogiorno per spostare le risorse verso le infrastrutture del Nord. Una rimodulazione dal valore complessivo di 2,5 miliardi, buona parte dei quali verranno utilizzati per supportare opere in Piemonte, Lombardia e Veneto.
Il piano punta a garantire la realizzazione dei progetti inseriti nel Pnrr, ma rischia di accentuare il divario infrastrutturale tra Sud e Nord. D’intesa con Rete ferroviaria italiana e il ministero dell’Economia, dunque, è stato scelto un pacchetto di “interventi per i quali lo stato progettuale non consente di bandire le gare entro il 2023”: progetti che vengono quindi definanziati. Ecco quali sono.
Le opere definanziate
La linea ferroviaria Roma-Pescara nella tratta interporto d’Abruzzo-Chieti-Pescara (568 milioni di euro) e nella tratta Sulmona-Avezzano (277 milioni di euro)
Il raddoppio della Falconara-Orte per 326 milioni
Il potenziamento della tratta Tivoli-Guidonia per 179 milioni e la chiusura dell’anello ferroviario di Roma per 175 milioni
La velocizzazione della linea Lamezia Terme-Catanzaro e della Sibari-Porto Salvo in Calabria.
La linea Firenze-Pisa per 299 milioni
Al Nord le uniche opere a cui sono stati tagliati i fondi sono il nodo di Novara per 77 milioni di euro e il raddoppio della linea Maerne-Castelfranco Veneto per 277 milioni
Chi beneficia dei tagli
La linea ad Alta velocità Verona-Padova e per l’attraversamento di Vicenza (1,1 miliardi di euro)
Terzo Valico di Genova (462 milioni) e 563 milioni per coprire cantieri e gare in corso nel 2023
Il nodo di Bolzano (15 milioni)
La linea Torino-Padova (50 milioni)
L’adeguamento infrastrutturale e tecnologico del nodo di Firenze dell’Alta velocità (80 milioni)
I sottopassi della Merano-Bolzano (15 milioni di euro)
Su Roma aumentate le risorse per 21 milioni per il “potenziamento della Roma-Tuscolana”
Per il Mezzogiorno nell’elenco dei beneficiari c’è solo il bypass ferroviario di Augusta per 68 milioni di euro e una tratta della Foggia-Lecce per 12 milioni di euro.
(da agenzie)
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Agosto 16th, 2023 Riccardo Fucile
L’INIZIATIVA AVREBBE UNA “POTENZIALE CONNOTAZIONE POLITICA”
La giunta comunale di Martinengo, paese da 10mila abitanti della provincia di Bergamo, ha negato il patrocinio e la concessione di una sala consiliare per la proiezione del docufilm Bella Ciao. Song of Rebellion. Secondo il sindaco Mario Seghezzi e i membri dell’amministrazione, l’iniziativa culturale promossa dalla sezione Anpi di Martinengo avrebbe una “potenziale connotazione politica”, si legge nel verbale della delibera del 19 luglio. “Non siamo sorpresi”, hanno commentato Mauro Magistrati presidente Anpi provinciale di Bergamo e il suo omologo Ivano Diani per Martinengo. “ma sconcertati e indignati”.
La delibera della giunta
L’associazione Anpi di Martinengo aveva organizzato per il prossimo 8 settembre la visione del docufilm Bella Ciao. Song of Rebellion. Si tratta di un lungometraggio che presenta la storia della canzone Bella Ciao raccontata attraverso più di 20 testimonianze inedite. Per questo evento culturale, Anpi aveva richiesto il patrocinio da parte del Comune e la concessione di una sala consiliare per la proiezione.
Con la delibera del 19 luglio, resa nota solo nei giorni scorsi, la giunta guidata da Mario Seghezzi ha respinto la richiesta. Secondo il sindaco, eletto con la lista della Lega, si tratterebbe di un’iniziativa che avrebbe una “potenziale connotazione politica” e che quindi, in qualche modo, impedirebbe “l’apprezzamento e il riconoscimento che il patrocinio assegna alle iniziative ritenute meritevoli”.
§”Scegliere di divulgare le radici e la diffusione di Bella Ciao in Italia e nel mondo avrebbe voluto dire rimarcare i valori di libertà, uguaglianza e democrazia scaturiti dalla lotta di Liberazione e sfociati nella nostra Costituzione”, hanno fatto sapere Magistrati e Diani, “spiace constatare che l’amministrazione comunale di Martinengo non si riconosca in questo impianto valoriale”.
Anche l’associazione LiBERA Bergamo e il presidio LiBERA Bassa Bergamasca “Testimoni di giustizia” si sono schierati al fianco di Anpi ed esprimono “sdegno e incomprensione per la decisione assunta dalla giunta municipale”. Secondo i rispettivi referenti, Francesco Breviario e Pasquale Busetti, l’amministrazione comunale “si è assunta la grave responsabilità di far perdere un’occasione di conoscenza per la popolazione di Martinengo e non solo”.
La speranza rimane comunque quella che “la giunta comunale ritorni sui propri passi riconoscendo il patrocinio richiesto per l’iniziativa”, dicono da LiBERA. Anche perché, sottolineano i referenti, “se si scambiano, deliberatamente, la cultura e la storia con la politica si manca a un principio, quello della conoscenza”.
(da Fanpage)
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Agosto 16th, 2023 Riccardo Fucile
HA “RIMODULATO” I FINANZIAMENTI PER 2,5 MILIARDI DI EURO, SOLDI IN GRAN PARTE SCIPPATI A PROGETTI AL CENTRO-SUD PER REALIZZARE INTERVENTI IN PIEMONTE, LOMBARDIA E VENETO
Il ministero delle Infrastrutture guidato da Matteo Salvini è a caccia di fondi per garantire alcune opere inserite nel Pnrr e nei contratti di programma, soprattutto sul fronte ferroviario. E così, senza fare molto rumore, arriva il via libera a una mega rimodulazione di stanziamenti per 2,5 miliardi di euro: soldi in gran parte definanziati per opere al Centro e al Sud per sostenere subito alcuni grandi interventi in Piemonte, Lombardia e Veneto.
Il deputato del Partito democratico, Marco Simiani, ha sollevato il caso e presentato una interrogazione parlamentare per capire la “ratio” dietro le scelte del ministero che trasferisce soldi, veri, al Nord mentre il suo vertice è impegnato nella campagna mediatica per il Ponte sullo Stretto.
I dati di questa rimodulazione sono stati messi nero su bianco in una informativa del ministero delle Infrastrutture inviata al Cipess (il vecchio Cipe), il Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica.
D’intesa con Rete ferroviaria italiana e il ministero dell’Economia è stato scelto un pacchetto di “interventi per i quali lo stato progettuale non consente di bandire le gare entro il 2023”: progetti che vengono quindi definanziati. Tra questi la linea ferroviaria Roma-Pescara nella tratta interporto d’Abruzzo-Chieti-Pescara per 568 milioni di euro e nella tratta Sulmona-Avezzano per 277 milioni di euro.
E, ancora, il raddoppio della Falconara-Orte per 326 milioni, il potenziamento della tratta Tivoli-Guidonia per 179 milioni, la chiusura dell’anello ferroviario di Roma per 175 milioni. Ma anche la velocizzazione della linea Lamezia Terme- Catanzaro e della Sibari-Porto Salvo in Calabria. Definanziata anche linea Firenze -Pisa per 299 milioni. Uniche opere definanziate al Nord sono il nodo di Novara per 77 milioni di euro e Raddoppio della linea Maerne-Castelfranco Veneto per 277 milioni.
In totale la rimodulazione vale 2,5 miliardi di euro, soldi che saranno subito dirottati per altre opere: 1,1 miliardi di euro, quasi la metà dell’intera rimodulazione, andranno per la linea ad Alta velocità Verona-Padova e per l’attraversamento di Vicenza. Altri 462 milioni per il nodo Terzo Valico di Genova. E, ancora, 563 milioni per coprire cantieri e gare in corso nel 2023.
I restanti 500 milioni sono divisi a pioggia, tra gli altri, per il nodo di Bolzano (15 milioni) per la linea Torino-Padova (50 milioni) o per l’adeguamento infrastrutturale e tecnologico del nodo di Firenze dell’Alta velocità (80 milioni) e i sottopassi della Merano-Bolzano (15 milioni di euro). Su Roma aumentate le risorse per 21 milioni per il “potenziamento della Roma-Tuscolana”.
Per il Mezzogiorno nell’elenco dei beneficiari c’è solo il bypass ferroviario di Augusta per 68 milioni di euro e una tratta della Foggia-Lecce per 12 milioni di euro.
(da agenzie)
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Agosto 16th, 2023 Riccardo Fucile
IL MINISTRO DELLE IMPRESE, ADOLFO URSO, FA LO GNORRI: “IL PREZZO SENZA ACCISE È INFERIORE AGLI ALTRI PAESI EUROPEI”. MA CHE JE FREGA AGLI ITALIANI DEL COSTO AL NETTO DELLE TASSE, SE NON LE TOLGONO O LE ABBASSANO?
Niente da fare. Semmai qualcuno (pochi in verità) si fosse illuso che i nuovi cartelloni con i prezzi medi avrebbero frenato gli aumenti agostani dei carburanti, la realtà dei fatti ha tolto di mezzo ogni speranza. Anche quelle del ministro delle Imprese Adolfo Urso che ha voluto la norma che obbliga i gestori delle pompe a dar conto con appositi indicatori pubblici anche delle quotazioni medie di benzina e gasolio in ambito regionale (nazionale per i punti vendita sulle autostrade). Fatto sta che in sospetta coincidenza con l’impennata del traffico sulle strade, i listini dei carburanti hanno preso il volo, fino a stabilire i nuovi record dell’anno.
In autostrada si paga più di due euro (2,014) per un litro di super al self-service, mentre il diesel è arrivato a 1,917. Sulle strade ordinarie invece siamo intorno a 1,94 per la benzina, con un incremento di oltre dieci centesimi rispetto un mese fa, mentre per il gasolio, che ora viaggia intorno a 1,84 al litro, siamo a più 15 centesimi.
CARTELLONI A VUOTO
E cartelloni? Inutili, a quanto pare. In verità, fin da principio, la quasi totalità degli esperti del ramo avevano sollevato dubbi sull’efficacia della misura. Anche l’Antitrust aveva espresso perplessità per una norma dai «benefici incerti per i consumatori» perché, secondo l’Authority della Concorrenza, la media del prezzo regionale risulta «molto poco rappresentativa dell’effettivo contesto competitivo in cui opera un impianto di distribuzione di carburanti». Il 9 agosto scorso, intervistato da La Stampa, il ministro Urso se l’era presa con le aziende di raffinazione a cui «abbiamo già chiesto spiegazioni», disse. Chiamati in causa, i raffinatori hanno fatto notare con un comunicato che «i prezzi industriali di benzina e gasolio, cioè al netto delle tasse, si mantengono da inizio anno tra i più bassi in Europa».
Un copione già visto. La politica se la prende con presunte speculazioni degli industriali e questi ultimi rispondono ricordando che il carburante venduto in Italia è il più tassato d’Europa. Il peso di Iva e accise è pari al 54 per cento per la benzina e al 51 per cento per il gasolio.
LE PROMESSE DI MELONI
A questo punto è difficile non ricordare il video del 2019 in cui Giorgia Meloni denunciava lo «scandalo» delle tasse del governo italiano sui carburanti. «Noi pretendiamo che le accise vengano progressivamente abolite», scandiva in favor di telecamera la leader di Fratelli d’Italia, all’epoca all’opposizione. Del resto, anche Matteo Salvini, giusto l’anno prima, nel marzo 2018, in campagna elettorale aveva promesso di tagliare le accise sulla benzina una volta alla guida del Paese. Promessa mai mantenuta, anche se a partire dal 2018 la Lega ha sempre fatto parte della maggioranza di governo con l’eccezione dei 18 mesi del Conte 2.
A gennaio di quest’anno, Palazzo Chigi era stato investito dalle polemiche quando non rinnovò il taglio delle accise varato da Mario Draghi, innescando un forte aumento del prezzo. All’epoca l’esecutivo annunciò una serie di provvedimenti per stroncare future possibili speculazioni. Tra le nuove misure compariva anche il cartello con i prezzi medi, in vigore dal primo agosto. I benzinai reagirono con uno sciopero, perché, protestarono i sindacati di categoria, non volevano «passare per furbetti e speculatori». Chiuso l’incidente, non sembra che le novità introdotte dal governo abbiano avuto un qualche effetto concreto.
Ora siamo daccapo: è bastato che nei primi due mesi dell’estate i margini di raffinazione tornassero a crescere per trascinare al rialzo anche le quotazioni dei carburanti alla pompa. Con il risultato che in questi giorni la spesa degli automobilisti per il pieno di benzina ha raggiunto e superato (di poco) quella registrata a gennaio. Diverso il discorso per il gasolio, in forte ribasso sui mercati internazionali a partire dalla seconda metà dell’anno scorso. Ecco perché il prezzo del diesel resta inferiore a quello di gennaio nonostante gli aumenti dell’ultimo mese nei margini di raffinazione. Le previsioni per l’immediato futuro non lasciano molte speranze per un calo delle quotazioni, perché i tagli alla produzione decisi dall’Opec hanno provocato nuovi rialzi del petrolio a livello globale. In agosto, quindi, a meno di improbabili picchiate nelle prossime due settimane, non saranno certo i prezzi di carburanti a contribuire all’auspicata ulteriore diminuzione dell’inflazione, che a luglio ha solo rallentato il passo toccando il 5,9 per cento contro il 6,4 di giugno.
CIBO SEMPRE PIÙ CARO
Anzi, la spesa per il pieno andrà ad aggiungersi alla lunga lista di prodotti di largo consumo che proseguono nel loro trend al rialzo. L’Istat, nell’ultima rilevazione di luglio, aveva peraltro già segnalato che la benzina, dopo una lunga fase al ribasso, aveva fatto segnare un piccolo aumento (più 0,8 per cento) rispetto a giugno. Poca cosa, certo, rispetto all’inflazione registrata dal cosiddetto carrello della spesa, che nonostante la modesta frenata estiva, a luglio mostra ancora un rialzo a doppia cifra (più 10,2 per cento) rispetto al 2022.
Sono gli alimentari a trainare la corsa dei prezzi. Pomodori, patate, olio d’oliva sono aumentati di oltre il 20 per cento nell’arco di un anno. Per lo zucchero si arriva al 45 per cento. In risposta a questi rincari le famiglie riducono gli acquisti. E così nei primi sei mesi dell’anno la spesa in latte e derivati, fonte Ismea, ha fatto segnare un incremento del 18,8 per cento ma le quantità acquistate sono diminuite di quasi il 2 per cento.
Si sono molto ridotte, oltre il 10 per cento, anche le vendite di una frutta estiva come le pesche, che hanno prezzi in rialzo dell’11 per cento in dodici mesi. In diminuzione anche gli acquisti di pasta, «verosimilmente per l’ulteriore crescita dei prezzi di vendita».
Per dare un taglio a una spirale che rischia di proseguire anche in autunno il ministro Urso aveva convocato a luglio un tavolo di trattativa per arrivare a un «protocollo sul contenimento dei prezzi». L’iniziativa si è arenata a tempo di record. L’industria, cioè in pratica i grandi trasformatori di prodotti agricoli, si sono subito sfilati.
Al tavolo sono rimasti i rappresentanti della grande distribuzione, che si sono impegnati a riparlarne a settembre. Tutto qui.
(da editorialedomani.it)
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Agosto 16th, 2023 Riccardo Fucile
ESISTE UN TETTO DI SPESA, MA E’ AMPIAMENTO SFORATO
“Mai come quest’anno servirebbe un’azione forte per contrastare il caro libri”. A suonare il campanello d’allarme sono gli studenti e le associazioni dei genitori. Il tetto massimo di spesa, fissato dal ministero, è ormai sforato abbondantemente da anni ma le famiglie in questi giorni sono costrette a far fronte a un nuovo incremento rispetto al 2022.
A fornire i dati al Fattoquotidiano.it è la Rete degli Studenti Medi: siamo passati da una spesa media (per i testi della secondaria di secondo grado) di 318 euro dell’anno scorso (già oltre il tetto) a 340 euro. Se un libro di scienze, nel 2022, costava in media ventidue euro oggi la stessa edizione è aumentata di tre euro.
Così i libri di italiano sono passati da 18 a 20 euro e quelli di storia dell’arte da 26,80 a 30, 5 euro.
“Tendenzialmente – ci spiega il coordinatore nazionale Paolo Notarnicola – i rincari sono di circa due euro a testo, che anche se sembrano pochi in sé, si moltiplicano e vanno ad impattare sulle famiglie già colpite dal carovita”.
Una situazione ben nota a mamme e papà tant’è che Angela Nava, presidente dell’associazione “Genitori Democratici” e Claudia Di Pasquale, presidente Age chiedono di ripristinare il tavolo che un tempo c’era in viale Trastevere proprio sull’adozione dei testi: “È da circa quindici anni – dice Nava – che non viene convocato ma sarebbe ora di rispolverarlo”.
D’altro canto la filiera dell’adozione è complessa. Intanto va detto che a definire i tetti di spesa è un Decreto ministeriale (il numero 781) del 2013. Il limite di spesa vigente per le superiori è rispettivamente a 294 euro per la prima classe; 117 per la classe seconda e 132 euro per la terza classe.
L’eventuale superamento del tetto di spesa è consentito entro il limite massimo del 10% ma dev’essere approvato dal collegio docenti (il “parlamentino” della scuola) che entro la seconda decade di maggio delibera l’adozione dei nuovi testi dopo un passaggio nei consigli di classe dove vengono presentati anche ai rappresentanti dei genitori.
“Le scuole – spiega Notarnicola – non riescono a contenere i prezzi al di sotto del tetto massimo, con cifre che in alcuni casi raggiungono anche i 370 euro. L’ elevato costo, nei fatti, complica ulteriormente l’accessibilità della formazione, aumentando le spese a carico delle famiglie”. Non solo. A detta del coordinatore della Rete “le misure messe in campo a supporto degli studenti ad oggi sono insufficienti. Si tratta per lo più di iniziative dei singoli Comuni, disomogenee sul territorio nazionale, che garantiscono la gratuità a malapena alle famiglie con Isee sotto i 10mila euro. Serve un fondo nazionale che copra interamente il costo dei libri almeno fino ad una soglia Isee di venticinque mila euro, avendo come obiettivo il dettato costituzionale della gratuità dell’istruzione”.
A condividere le parole di Notarnicola è Angela Nava: “C’è un’impotenza nel governare questo processo. Ogni anno facciamo i conti con nuove edizioni non diversi dalle precedenti e libri che servono più agli insegnanti che agli allievi. Forse sarebbe ora di usare il testo digitale ma in questo Paese sembra un miraggio”.
A porre la questione sul piano didattico sono anche i dirigenti scolastici. Lo sa bene Cristina Costarelli a capo del liceo “Newton” a Roma e numero uno dell’Anp Lazio: “Dobbiamo spostare il ragionamento. Il testo non dev’essere un vincolo e non deve dettare il programma ma dev’essere minimale e flessibile. Vedo delle antologie da cinquecento pagine che fanno scappare la voglia di studiare e che, magari, non sono nemmeno adoperate. I tetti sono stati fissati nel 2013 e mai alzati ma l’inflazione la sentono anche gli editori”.
Un’altra soluzione arriva da Claudia Di Pasquale, presidente Age: “Si dovrebbe poter scaricare la spesa dei libri dalla dichiarazione dei redditi a seconda dell’ Isee senza ricorrere a buoni cui l’accesso è difficile”.
E sul ruolo dei genitori aggiunge: “Spesso ci ritroviamo ad approvare, nei consigli di classe, le decisioni dei docenti perché temiamo a dire la nostra. E’ chiaro, tuttavia, che comprare di anno in anno un libro di storia è assurdo: i Fenici non cambiano. A pagare il costo maggiore di questo “gioco”, purtroppo sono le fasce più deboli”.
D’altro canto l’Associazione italiana editori si difende in questo modo: “La crescita dei prezzi dei testi scolastici – spiega Paolo Tartaglino, vicepresidente dell’Aie Italiana e presidente del gruppo educativo – è stata di oltre sei punti percentuali inferiore all’inflazione reale nel 2022 e si mantiene ben al di sotto dell’inflazione anche nel 2023. Nella scuola primaria i prezzi non sono stati aggiornati all’inflazione reale e nella scuola secondaria i tetti di spesa, fermi da anni, non possono più costituire un riferimento adeguato e creano serie difficolta a dirigenti scolastici e docenti nel poter scegliere gli strumenti più adatti alle loro esigenze didattiche. Serve un intervento di sistema che permetta di assorbire criticità che il settore editoriale da una parte e la scuola dall’altra non possono più risolvere autonomamente”.
(da Il Fatto Quotidiano)
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