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“LA MORTE DI PRIGOZHIN ESALTA L’EVOLUZIONE DELLA RUSSIA IN UNO STATO MAFIOSO”

Agosto 31st, 2023 Riccardo Fucile

L’ARTICOLO DEL WALL STREET JOURNAL: “LO STATO MAFIOSO DI PUTIN NON CORRE IL RISCHIO DI DISFARSI. HA PASSATO PIÙ DI DUE DECENNI A COSTRUIRSI MURI INTORNO E I SUOI STRUMENTI PER IL CONTROLLO POLITICO E SOCIALE SONO FORMIDABILI”

La morte molto pubblica dello sgherro di Putin, Yevgeny Prigozhin, mette in luce l’evoluzione della Russia in uno Stato mafioso tenuto insieme dalla violenza e incapace di esercitare una leadership globale. Alla sua morte in un incidente aereo, Prigozhin è diventato il simbolo della traiettoria criminale dello Stato russo. Negli anni ’80 era stato imprigionato nell’Unione Sovietica, dopo di che ha vissuto una trasformazione “dalle stalle alle stelle”, da venditore ambulante nella Russia post-sovietica a stretto collaboratore del presidente Vladimir Putin.
Il ragguardevole giro d’affari di Prigozhin andava dal catering d’élite all’ingerenza nelle elezioni negli Stati Uniti, al comando del Gruppo Wagner, un apparato militare privato finanziato dal governo. Il Gruppo Wagner ha proiettato, all’occorrenza, la forza russa in Ucraina e in Siria. In Africa non ha operato con lo zelo ideologico e la speranza di sviluppo economico che un tempo l’Unione Sovietica aveva sostenuto, acquisendo per l’Urss reti di lealtà e cooperazione. Wagner, invece, ha messo in piedi una vasta impresa criminale, un racket di protezione su scala continentale, che offriva sicurezza a dittatori e signori della guerra disponibili. In cambio ha ottenuto l’accesso alle risorse che ha usato per arricchire sé stessa. La stella professionale di Prigozhin è salita ulteriormente con l’invasione russa dell’Ucraina del 2022.
Lo strano apice della carriera di Prigozhin è stato l’ammutinamento che ha capeggiato alla fine di giugno. Prima ha denunciato l’intero staff generale russo, accennando, a volte, al giudizio discutibile dello stesso Putin. La rivolta della Wagner è andata avanti senza opposizione finché Prigozhin non è stato convinto a mettervi fine, consegnandosi al purgatorio politico. La sua morte, due mesi dopo l’ammutinamento può essere stata un incidente, ma le agenzie di intelligence statunitensi non la pensano così. Prigozhin era l’alter ego di Putin. Entrambi avevano legami con San Pietroburgo. Entrambi erano self-made men che parlavano volentieri il gergo di strada e si atteggiavano a tipi tosti. È noto che, agli inizi del suo mandato, Putin ha promesso di “far fuori” i terroristi in una latrina, se necessario.
Le sfumature mafiose di queste manifestazioni di potenza bruta non sono casuali. Il loro scopo è intimidire, mostrare che lo Stato russo non si fermerà davanti a nulla per proteggersi. Sono al cuore del regime. La Russia di Putin non ha lo slancio europeo e la perspicacia diplomatica dell’Impero russo. Non ha l’attrattiva rivoluzionaria dell’Unione Sovietica. La sua economia è pesantissima, con imprese di proprietà dello Stato e si oppone all’innovazione, e la sua politica estera ha isolato inutilmente la Russia dall’Occidente. Ciò in cui Putin eccelle è la generazione di ricchezza per lo Stato e la conversione di tale ricchezza in forza coercitiva. Questo era l’approccio del Gruppo Wagner in Africa un microcosmo del governo che Prigozhin serviva.
L’errore di Prigozhin, a giugno, è stato sferrare un colpo non fatale contro il boss. Il caos potrebbe caratterizzare lo Stato mafioso di Putin e la guerra mal gestita in Ucraina sicuramente ha scosso i “vertici del potere” in Russia, riorganizzando le gerarchie anteguerra. Senza la guerra, un avventuriero come Prigozhin non avrebbe comandato un esercito privato in grado di agire contro il Cremlino. Eppure, la ribellione di Prigozhin è stata straordinariamente insensata. Non era a capo dei servizi di sicurezza in Russia, non aveva alleati autentici nell’élite russa e le sue numerose tirate sui social media non costituivano un programma coerente per la rivoluzione.
Essendosi arreso alla sua propria mitologia auto-celebrativa, Prigozhin pensava di poter sfidare il padrino al centro di questa impresa criminale. Invece, è stato schiacciato velocemente. Lo Stato mafioso di Putin non corre il rischio di disfarsi. Ha passato più di due decenni a costruirsi muri intorno. I suoi strumenti per il controllo politico e sociale sono formidabili […] Putin ha talento per gestire la Russia come uno Stato mafioso e la guerra lo ha rispecchiato e rafforzato. Ma il rischio per l’immagine internazionale del Paese sta crescendo.
Si potrebbe presumere che tale immagine sia già stata distrutta dai molteplici abusi dei diritti umani durante la guerra in Ucraina e dall’incompetenza dell’esercito russo. […] l’invasione dell’Ucraina nel 2022 non aveva lo scopo di convincere l’Occidente. Al contrario, era un assalto premeditato non solo al territorio ucraino, ma al potere occidentale in quanto tale. Putin voleva che la guerra aiutasse la Russia ad allinearsi con i Paesi non occidentali, a mostrare il vuoto della potenza occidentale e a dimostrare che la Russia è destinata a essere un arbitro importante dell’ordine internazionale.
Se la guerra fosse andata bene, Putin avrebbe tentato di dividere l’Europa dagli Usa. Non ha abbandonato questo obiettivo e intraprenderà una lunga guerra per logorare il supporto occidentale all’Ucraina, o per assicurarsi che l’Ucraina, invitata a entrare in istituzioni come la Nato e l’Unione Europea, sia uno stato fallito. Il sogno di Putin in Ucraina è dimostrare la realtà del declino americano che per lui equivale all’ascesa russa. Cosa significa per il futuro di Putin e per la Russia la morte di Prigozhin? Nei giorni scorsi, Putin ha parlato al summit Brics a Johannesburg.
Il Brasile, l’India, la Cina e il Sud Africa, i partner Brics della Russia, non sono entusiasti della guerra contro l’Ucraina, ma continuano a commerciare con la Russia, dando a Mosca un’ancora di salvezza in un momento di sanzioni occidentali senza precedenti. Dal 2014 Putin ha anche coltivato buoni rapporti con la Cina. I due Paesi dovrebbero essere i perni di un ordine internazionale post-americano, un mondo multipolare liberato dai saccheggi del militarismo americano e dalla promozione della democrazia. Raggiungere questo fine è il grandioso obiettivo strategico della Russia.
Michael Kimmage
per “The Wall Street Journal”

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STATI UNITI: NELLA PATRIA DEL CAPITALISMO SONO 600MILA LE PERSONE CHE NON POSSONO PERMETTERSI UNA CASA, IN CRESCITA DEL 6% DAL 2017

Agosto 31st, 2023 Riccardo Fucile

TRA GLI “HOMELESS” CI SONO MOLTI VETERANI DELLE FORZE ARMATE, GIOVANI SENZA UNA FAMIGLIA E “WORKING POOR”, PERSONE CHE LAVORANO MA NON GUADAGNANO ABBASTANZA PER GLI STANDARD DELLE METROPOLI DEGLI STATES

Sono quasi 600mila ogni notte. E anche di giorno rappresentano una delle ferite sociali più visibili e intrattabili degli Stati Uniti. È l’esercito degli senzatetto, dei senza tetto, che si concentra nelle grandi città americane: da New York a Los Angeles, da San Francisco a Chicago. La dimensione del dramma è nelle cifre. Secondo le analisi più recenti della National Alliance to End Homelessness e dello Hud, il dipartimento per l’Edilizia e lo sviluppo urbano, i senzatetto negli Stati Uniti sono aumentati del 6% dal 2017 e oggi sono 582.462: 18 americani ogni 10mila
Sono dati, che stridono con più forza nella prima economia mondiale, anche per la mancanza di un Welfare in grado di alleviare la condizione delle persone più povere. Negli Usa il 22% dei senzatetto, oltre 127mila persone, sono considerati senza casa cronici, il 6% sono veterani delle forze armate, il 5% giovani o giovanissimi, senza famiglia con meno di 25 anni. Gli afroamericani, solo il 13% della popolazione complessiva, costituiscono invece il 39% degli homeless.
E a poco sono finora valse, da una costa all’altra del Paese, sia le proposte progressiste che puntano a maggiori fondi e programmi di assistenza, che l’enfasi conservatrice che vuol minimizzare le responsabilità governative e puntare sull’ordine pubblico.
Alle spalle dei senzatetto c’è una miscela di sfide irrisolte, che si aggravano con la debolezza economica ma non sono mai stato sanate neppure nei momenti di ripresa e che mettono in discussione la solidità e l’efficacia dell’intero Welfare. Si intrecciano condizioni di povertà che riguardano il 12% della popolazione: quasi 40 milioni di persone e una percentuale poco cambiata in decenni. Emergono striscianti eredità del razzismo.
E i danni della sotto occupazione, oltre a quelli della disoccupazione, che gonfia i ranghi dei lavoratori poveri senza dimora fissa: persone che hanno un lavoro ma non guadagnano abbastanza da potersi permettere una casa. C’è l’impatto delle malattie mentali e delle epidemie di stupefacenti. Poi l’aumento dell’immigrazione illegale, destinato a generare nuovi poveri. Soprattutto si sommano, oggi, una storica carenza di case popolari, la fine di aiuti pubblici straordinari introdotti per la pandemia e l’impennata dei costi abitativi amplificata dalle fiamme dell’flacone
Los Angeles, dove in povertà vive il 14,2% della popolazione, almeno 1,4 milioni di persone, è diventata capitale nazionale degli homeless. Da sei mesi la città californiana ha dichiarato un vero stato di emergenza contro la crisi dei senzatetto, per dare alle autorità locali più poteri di intervento. [Nell’ultimo anno questa popolazione vulnerabile è aumentata del 10% nel centro urbano.
L’intera California soffre di record di senzatetto: 171mila persone nella media a notte, il 30% del totale nazionale. Ben 44 persone ogni 10mila, in aumento del 43% dal 2012.
Al secondo posto, in questa preoccupante classifica, viene lo stato di New York, con 91.271 senza casa. Accampati alla meglio anzitutto nella città, dove le associazioni di assistenza calcolano oltre 84.500 senzatetto in media ogni notte, compresi 27.500 bambini, con un incremento allarmante del 66% in un decennio. Ad aggravare il problema abitativo, è ora l’arrivo di 100mila migranti in città solo dalla scorsa estate, parte delle nuove ondate migratorie dal Sud del mondo.
Il sindaco Eric Adams – in una città dove in povertà vivono 2,7 milioni di persone – ha varato una carta dei diritti degli homeless che permette loro di dormire in alcuni spazi pubblici. Tutte le grandi città risentono della crisi. Ancora in California, a San Francisco e nella circostante Bay Area il dramma contrasta con la ricchezza della Silicon Valley: il 70% dei residenti indica proprio i senzatetto tra i primi tre problemi della città. Ogni notte 38mila persone non hanno casa: il numero dei clochard è in aumento del 35% dal 2019 e tra loro il 35% è considerato ormai un senzatetto cronico.
E il fenomeno rischia di aggravarsi perché il 10% dei residenti vive in condizioni di assoluta povertà e il 30% ha redditi molto bassi in una delle zone più care del Paese. Ancora: una grande metropoli del Midwest come Chicago registra oltre 68mila senzatetto: il ricorso ai rifugi municipali è aumentato negli ultimi anni del 50%. Il tasso di povertà qui è del 16,4% e vendita al 20,6% tra le minoranze etniche e al 23% tra i giovani.
Anche in una città ricca come Boston gli homeless sono più di 1.500 e stanno aumentando, dando vita ad accampamenti urbani. La stessa capitale Washington, centro dei dibattiti politici sugli sforzi di riforma sociale, è sotto assedio: i sobborghi hanno assistito a un incremento degli homeless del 26% in un anno e la città del 12%. Quasi 9mila persone non hanno un tetto, all’ombra della Casa Bianca e del Campidoglio.
(da agenzie)

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MELONI A CAIVANO. LA CLAQUE ORGANIZZATA DA FRATELLI D’ITALIA NELLA CHAT INTERNA: “DOBBIAMO PORTARE GENTE PER ACCOGLIERLA, DOVRANNO SEMBRARE PERSONE QUALUNQUE”

Agosto 31st, 2023 Riccardo Fucile

“NON FATE CIRCOLARE QUESTI MESSAGGI O SEMBRA CHE MELONI SI FA ORGANIZZARE LA CLAQUE”

Nella giornata di oggi, 31 agosto, Giorgia Meloni si è recata a Caivano, la cittadina alle porte di Napoli divenuta tristemente nota alle cronache nazionali nelle ultime settimane in quanto teatro delle violenze prolungate ai danni di due cugine minorenni.
La premier ha incontrato il parroco don Maurizio Patriciello, e si è recata presso al scuola superiore Francesco Morano, al di fuori della quale si erano radunate alcune centinaia di persone.
Proprio l’accoglienza riservata alla presidente è nelle ultime ore al centro di diversi mormorii sui social: sono stati infatti diffusi alcuni messaggi che, secondo quanto riporta TgLa7, sarebbero stati inviati da un dirigente di Fratelli d’Italia.
Negli screenshot leggiamo: «Signori, giovedì mattina ci sarà il presidente Meloni a Caivano per il grave accaduto. L’appuntamento è per le 10 al Parco Verde presso la chiesa di S. Paolo Apostolo di Don Patriciello. Dobbiamo mobilitarci per portare persone, ma non con simboli di partito. Le persone devono sembrare persone qualunque che accolgano Giorgia festanti anche per bilanciare eventuali contestatori (lì sarà pieno di redditi di cittadinanza). Diamo queste indicazioni e non pensiamo di fare il codazzo dei politici e i selfie per noi».
Informazioni che mettono inevitabilmente in imbarazzo il partito e la sua leader, tanto che l’autore dei messaggi si premurava di specificare: «Ovviamente in questa forma di messaggio non dovete farlo circolare a livello di base perché altrimenti arriva ai giornalisti e sembra che Meloni si fa organizzare la claque. Io ho scritto così a voi perché siete un livello apicale di dirigenza. Consiglio di fare la mobilitazione con chiamate dirette e organizzando macchine di fedelissimi e gente intelligente».
(da Open)

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GIORGIA MELONI CAMBIA CASA: LA NUOVA VILLA CON PISCINA NEL GIARDINO

Agosto 31st, 2023 Riccardo Fucile

HA FIRMATO UN CONTRATTO PRELIMINARE DA 1,1 MILIONE PER UNA PALAZZINA DA 350 METRI QUADRI, CON 1.000 METRI QUADRI DI GIARDINO, VERSANDO IN ACCONTO 300.000 EURO… HA VENDUTO L’APPARTAMENTO IN CUI ABITAVA PER 650.000 EURO

Non sarà olimpionica, ma Giorgia Meloni finalmente avrà una piscina nel suo giardino. Secondo le previsioni entro due mesi entrerà in possesso di una villa da 1 milione e 100 mila euro.
La piccola piscina dovrebbe essere realizzata entro fine mese, come il resto dei lavori, sulla base di una relazione di progetto approvata dalla premier. L’underdog della Garbatella corona così la sua ascesa anche immobiliare. Da piccola condivideva il letto con la sorella Arianna nella casa materna di 45 mq e a breve entrerà in una villa da 350 mq.
Il 31 marzo ha firmato il preliminare di acquisto per mano della onnipresente segretaria particolare Patrizia Scurti nella veste di procuratrice.
Poi il 5 giugno, stavolta per mano di un altro procuratore (Giuseppe Napoli) ha firmato la vendita del primo piano nel quartiere Torrino dove abitava dal 2017.
Per far presto, visto che il certificato di agibilità del palazzo non si trovava, Meloni ha dichiarato al notaio Andrea Mosca per bocca di Giuseppe Napoli quanto segue: “La parte venditrice, come sopra rappresentata, dichiara che il fabbricato di cui è parte la porzione immobiliare del presente atto potrebbe essere sprovvisto del certificato di agibilità e la parte acquirente, pienamente edotta di tale eventualità ne prende atto e accetta di addivenire comunque alla conclusione del presente contratto”. Problemi ordinari con le case degli Anni 70.
Meloni nell’atto del 5 giugno 2023 “presta comunque la garanzia di cui agli articoli 1490 e seguenti del codice civile in ordine all’idoneità dell’immobile in oggetto all’uso abitativo”.
Dribblato così l’intoppo burocratico e incassato il prezzo di 650 mila euro, Meloni può ora concentrarsi sull’acquisto del villone: due piani per 347 metri quadrati catastali (336 escluse le aree scoperte) più mille metri quadrati di giardino e appunto la piscina che al momento però sembra esistere solo sulla carta, almeno stando a quanto il cronista vede dalla strada.
Il 30 marzo 2023 Patrizia Scurti ha firmato il preliminare di acquisto della villa con i proprietari, Massimiliano e Serafino Scarozza, figli del più noto ingegnere Giancarlo, marito in seconde nozze di Lucia Mokbel, sorella di Gennaro Mokbel.
La villa però proviene dalla famiglia materna dei due venditori. Era fino al 2017 di una società della prima moglie di Scarozza, che nulla ha a che fare ovviamente con i Mokbel. La villa sta poco fuori dal Raccordo Anulare sempre nel quadrante sud. Stop. Niente informazioni ulteriori o foto, per scelta nostra (fatta anche con una casa dei Draghi da noi scovata) più che per richiesta della premier.
Del prezzo pattuito (1,1 milioni) per l’immobile di 15,5 vani catastali 300 mila sono stati già versati con assegni e bonifici.
I restanti 800 mila saranno pagati alla stipula del definitivo, previsto da Meloni (“per sé o per persona fisica o giuridica da nominare”) entro e non oltre il 31 ottobre a condizione dell’effettuazione dei lavori di “straordinaria manutenzione” a carico dei venditori che “dovranno essere ultimati entro e non oltre il 30 settembre 2023”.
I venditori si sono impegnati per quella data a consegnare l’immobile “totalmente ristrutturato” come da relazione allegata all’atto, depositato in Conservatoria, firmata dall’architetto Mario Rossi.
Si prevede “ristrutturazione interna” per 177 mila euro, impianto fotovoltaico da 20 kw e impianto termico ibrido da 46 kw per 104 mila euro più opere esterne per 77 mila euro circa, dei quali 30 mila solo per la piscina.
In tutto sono 359 mila euro più Iva (prezzi del tariffario regionale) inclusi già nel milione e 100 mila pattuiti. Saranno demoliti nei due piani ben 76 metri di tramezzi per poi ricostruirne 107.
Alla fine Meloni avrà a disposizione due soggiorni, uno per piano, ciascuno di 70 mq, una cucina di 33 mq, una cabina armadio di 14 mq. E poi 64 mq di infissi, 150 di parquet e 190 di piastrelle.
Sul tetto 48 pannelli fotovoltaici su 4 stringhe. Tutto in grande. Tranne la piscina: sarà di 9 metri per 3,5, profonda 1,5 metri con portata di 47 mila litri. Tutto dovrebbe essere finito entro il 30 settembre.
A guardar oggi la villa da fuori vien da chiedersi se il termine sarà rispettato.
L’agenzia che ha curato la vendita della vecchia casa del Torrino esulta per il successo: “venduta in 14 giorni”. Aggiungiamo noi, con un minimo sconto: Meloni chiedeva 685mila e ha chiuso a 650. Forse la premier pensava di metterci di più. Ora però dispone della liquidità a cui aggiungerà forse un mutuo a cui si accenna nel preliminare.
Comunque il passo è ampiamente alla sua portata: Meloni dal 2006 è parlamentare con una retribuzione di circa 100 mila euro annui lordi (non cumulabile con la paga da premier) ed è l’autrice del best seller del 2021, ‘Io sono Giorgia’, che certamente le ha fruttato una somma importante in diritti.
La leader di FdI ha realizzato da sola, mattone su mattone, il suo sogno immobiliare, con tenacia, come quello politico. Tutti gli atti sono solo a nome suo. Compra la prima casa nel 2009 vicino a Grottaperfetta con un mutuo, poi estinto nel 2014. La rivende bene nel 2016 a 370 mila e così nel 2017 può comprare il primo piano di 150 mq con giardino e posto auto al Torrino per 505 mila. Grazie anche a una bella ristrutturazione lo ha rivenduto a giugno a 650 mila. Per “gentile concessione” dell’acquirente ha ottenuto di restare nella casa non più sua per qualche settimana, fino al 30 giugno. Poi ha trovato una sistemazione in ‘comodato’ sulla quale giustamente oppone lo scudo della riservatezza.
(da editorialedomani.it)

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LOBBY, SANITA’ E REGIONE LAZIO: POTERE ARIANNA, L’ALTRA MELONI

Agosto 31st, 2023 Riccardo Fucile

L’INTERESSE PER IL SETTORE SANITARIO, L’AMICIZIA CON ROCCA, LE RICHIESTE DEI LOBBISTI… RITRATTO DELLA SORELLA DELLA PREMIER BEATIFICATA

Ora Fratelli d’Italia potrebbe pure cambiare nome: PdM, il partito delle Meloni. Conservatore, dunque, per la famiglie tradizionale e perché no di ispirazione familista. Il cerchio si è chiuso con Arianna Meloni nominata capo della segreteria politica del partito della presidente del consiglio.
L’intreccio familiare ha un altro nodo non irrilevante: Arianna Meloni, sorella maggiore di Giorgia, è sposata con Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura e della sovranità alimentare, fondatore di Fratelli d’Italia, capo corrente nel Lazio in opposizione feroce ai “ gabbiani” di Fabio Rampelli, che vorrebbe un movimento più democratico al proprio interno e meno azienda a gestione familiare. «Arianna è 17 anni che fa politica, se non lo meritava lei allora chi?», la difendono i lollo-meloniani. é giunto, quindi, il tempo di uscire dall’ombra.
E ancora più di prima non c’è lobbista delle società partecipate che non voglia parlare con lei, solo con lei. Il potere di Arianna rafforza Giorgia. Il riflesso di questo successo bacia anche Lollobrigida, il primo a beneficiare e sentirsi protetto più di altri.
CONSIGLIERA «IMPIEGATA»
Dai resoconti dei giornali è emerso un profilo da statista della sorella maggiore della premier. Manca poco alla beatificazione. Sappiamo perciò che Arianna Meloni anche senza ruoli ufficiali si occupava da anni di questioni molto delicate all’interno del partito e nel frattempo lavorava in regione con contratti a tempo inizialmente offerti da Alleanza Nazionale.
Ha sempre lavorato nelle retrovie, da lì ha svolto il ruolo di consigliere politico di Giorgia, suggerendole (a volte imponendole) le candidatura prima di Enrico Michetti a sindaco di Roma, poi di Francesco Rocca a presidente della regione Lazio, infine ha sponsorizzato la nomina del ministro della Sanità, Orazio Schillaci.
Ambito, quello sanitario, che Arianna Meloni presidia e, confermano fonti interne al partito, supervisione in regione con Rocca, senza tuttavia aver incarichi ufficiali per farlo. Come sempre tesse dietro le quinte. L’unica mossa concreta di Rocca sulla sanità è lo stanziamento di fondi per i privati.
Il primo a beneficiarne è stato l’amico imprenditore e deputato leghista Antonio Angelucci: la prima delibera di giunta ha stabilito un finanziamento di 23 milioni di euro alla sanità privata e oltre 10 sono stati destinati alle strutture di Angelucci (Rocca è stato fino al 2022 nel Cda della fondazione San Raffaele di Angelucci).
Il denaro per la sanità privata è necessario, secondo Rocca, per affrontare la drammatica situazione dei pronto soccorso ingolfati di utenti. Un segnale chiaro dell’idea di sanità in mente dalla giunta di destra ora al governo.
Il legame tra Arianna Meloni e l’ex capo della Croce Rossa Italiana è solidissimo, nato proprio negli anni in cui il governatore era alla guida dell’organizzazione. Arianna si è spesa molto per la sua candidatura, a tal punto da garantire per lui con la sorella e con gli scettici secondo i quali da lì e breve sarebbe emerso uno scandalo giudiziario sulla gestione Rocca della Croce Rossa: Arianna ha convinto Giorgia mostrandole il nulla osta di sicurezza del fedelissimo Rocca, un certificato che può avere solo chi ha il casellario giudiziario pulito.
Arianna Meloni lavorava nel palazzo della regione anche ai tempi dello scandalo di Batman Franco Fiorito, sperperatore seriale di fondi pubblici distratti per fare la bella vita insieme a un pezzo del partito, il Pdl, di cui Giorgia Meloni all’epoca era esponente e ministra nel governo Berlusconi.
Quando deflagrò il caso Fiorito, lui passò al contrattacco per difendersi anche dal fuoco amico: accusò i big del partito, colpevoli a suo dire di aver beneficiato di posti di lavoro per amici e parenti. Nel calderone finirono le Meloni.
Batman Fiorito lasciò intendere che Arianna fosse stata assunta a 3mila euro. La sorella Giorgia, da ministra, la difese con parole molto nette: «Mia sorella Arianna è una lavoratrice precaria della regione Lazio. Oltre 10 anni fa ben prima che io ricoprissi ruoli pubblici, fu presa a lavorare presso il gruppo An alla Pisana, inizialmente un titolo gratuito. lavora ancora lì ed è rimasta anche dopo la nascita del Pdl. È una impiegata semplice che, proprio per evitare possibili strumentalizzazioni, ha scelto addirittura di non completare il suo percorso di stabilizzazione o di partecipare a concorsi pubblici…malgrado oltre un decennio di anzianità maturata, la sua ultima busta paga si attestato intorno ai 1.500 Euro “.
Arianna Meloni ha certamente avuto contratti in regione fino alle ultime elezioni, che hanno incoronato Francesco Rocca e Fratelli d’Italia alla guida della giunta. Era stata assunta come capo segreteria della presidente della XIII commissione, Chiara Colosimo, altra stella del firmamento meloniano, ora a capo della commissione parlamentare antimafia, nomina che ha suscitato polemiche a non finire per i rapporti dati con Luigi Ciavardini, l’ex terrorista dei Nar condannato per la strage di Bologna.
Un contratto per Arianna Meloni poco inferiore ai 2mila euro al mese. Con l’arrivo di Rocca non risultano nuovi contratti, ma è arrivata l’ufficializzazione del suo ruolo in Fratelli d’Italia. Nei partiti di solito funziona così: i dirigenti eletti non percepiscono alcun compenso, tutti gli altri sì.
Potrebbe essere il caso di Arianna, che non è parlamentare né consigliera regionale. Non è dato tuttavia sapere le cifre, le nostre richieste al portavoce del responsabile dell’organizzazione del partito non hanno ricevuto alcuna risposta. Inoltre, come spesso accade nei partiti, il compenso potrebbe tramutarsi in una candidatura alle prossime elezioni disponibili, in questo caso le europee.
Indagini e affari
Nei giorni in cui tutti celebravano la nuova nomina di Arianna Meloni e si sprecavano ritratti generosi, un pezzo della storia era assente. Pezzi di un percorso professionale che ha avuto qualche ombra.
Una delle prime volte in cui il nome di Arianna Meloni è apparso sulla stampa è legato a un’indagine della procura di Roma di quasi dieci anni fa. Il fascicolo era una costola della più ampia attività sui Grandi Eventi della cricca Anemone. Il filone su Arianna e il marito Francesco Lollobrigida, ai tempi assessore regionale, è finito in un nulla, archiviato. L’ipotesi dei pm era danneggiata in relazione al rapporto con il costruttore romano Paolo Marziali. I pm hanno deciso di chiedere l’archiviazione perché gli episodi contestati alla coppia risalino a molti anni prima. Una distanza temporale che rendeva assai difficile l’esercizio dell’azione penale.
Anni prima le mail di Arianna Meloni con nomi da raccomandare finirono in un’altra indagine: a Viterbo nel 2007 venne ucciso l’allora assessore di An Mauro Rotelli, accusato di aver assegnato la gestione delle mense scolastiche a una società in cambio dell’assunzione di alcune persone.
Agli atti documenti e fax inviati da Arianna in persona alla stessa società in cui si segnalavano nomi di persone da assumere nei servizi di fornitura pasti di alcune carceri. Arianna all’epoca lavorava in regione: «Ritengo che tutti coloro che fanno politica segnalino tramite i partiti persone che hanno bisogno di lavoro. Non credo che possa essere considerato un crimine», spiegò senza alcun imbarazzo. Rotelli, ex consigliere giuridico della Meloni quando era ministro della Gioventù e oggi fedelissimo deputato di Fratelli d’Italia.
(da editorialedomani.it)

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NELLO STAFF DI TAJANI ASSOLDATI MUSICISTI, EX CALCIATORI E TROMBATI

Agosto 31st, 2023 Riccardo Fucile

HA CHIAMATO AL MINISTERO PURE IL SINDACO DI SGURGOLA, IL MUSICISTA CHE HA TRASCRITTO PER LE BANDE L’INNO DEL PARTITO

Amici di partito, candidati non eletti, ma anche alleati e vecchie conoscenze. Spulciando le assunzioni di consulenti alla Farnesina guidata da 10 mesi da Antonio Tajani, lo spartito non è cambiato.
Ed è quasi simbolico che il ministro degli Esteri abbia istituito la figura del «consigliere per le attività di promozione delle tradizioni culturali e musicali delle comunità italiane all’estero».
Un incarico affidato lo scorso 2 aprile (per 15mila euro all’anno) ad Antonio Corsi, che corrisponde esattamente all’identikit della militanza che viene premiata. Insomma, la solita musica eseguita al governo e da Tajani in persona.
DA SGURGOLA ALLA FARNESINA
Il neo-collaboratore della Farnesina è un insegnante di educazione musicale nella scuola media di Sgurgola, paese di 2mila abitanti in provincia di Frosinone. Nel curriculum esalta l’attività da musicista con l’incisione di otto marce militari, due sinfoniche, una corale, e soprattutto la trascrizione per le bande dell’inno di Forza Italia.
Il fiore all’occhiello della carriera da maestro di musica che rivela il solido legame con Fi. Già nel 1998, Corsi era coordinatore nazionale di “musica azzurra”, una delle branche del partito create dal fondatore Silvio Berlusconi. Sotto questa veste, il maestro ha promosso vari eventi, in particolare quello della “nave azzurra” usata da Berlusconi nella campagna elettorale nel 2001. Una storia di lealtà che ha avuto un ulteriore sbocco nel 2008, quando Corsi è diventato collaboratore dell’allora ministro dei Beni culturali, Sandro Bondi.
Ma non di sola musica è costellato il cammino di Corsi. Nel 2011, dopo anni di leader dell’opposizione consiliare nella sua Sgurgola, è stato anche eletto sindaco. Ha quindi ottenuto la conferma per altre due tornate, nel 2016 e nel 2021, sotto le insegne di liste civiche con tendenza a destra: il terzo mandato (consentito nei comuni al di sotto dei 5mila abitanti) cesserà nel 2026, quando sarà ancora consulente al ministero, salvo rimpasti.
Ma Tajani non ha pensato solo alle tradizioni popolari da portare dalla Farnesina all’estero. Così, quando ha cercato un «consigliere giuridico del Ministro per il diritto internazionale umanitario», si è affidato a Raffaella Bonsangue, già coordinatrice di Forza Italia nella provincia di Pisa e responsabile nazionale del dipartimento per la cooperazione internazionale. Un volto noto degli azzurrini in Toscana. Proprio con il partito di Berlusconi è stata candidata, non eletta, come capolista al Senato nel 2018 e alla Camera nel 2022.
In mezzo c’è stato un altro tentativo fallito di entrare nelle istituzioni: nel 2019 era in corsa per un seggio all’Europarlamento, ma ha conquistato solo 4.820 voti. Come consolazione, nel 2018 è arrivata la nomina a vicesindaca di Pisa. Poi, quando stava per cessare il mandato, lo scorso febbraio ha trovato spazio alla Farnesina al fianco del leader del suo partito con un compenso annuo di 40mila euro.
MODELLO TAJANI
A completare il tris di nomine legate al centrodestra c’è Raffaele Fimiano, sbarcato a giugno alla ministero degli Esteri con la mansione di addetto alla segreteria particolare di Tajani. A differenza di Corsi e Bonsangue, ha dei trascorsi politici in Alleanza nazionale.
Il percorso politico è iniziato con Azione giovani ed è proseguito con il Popolo della libertà. Alla fine di quell’esperienza ha seguito Giorgia Meloni nel progetto di Fratelli d’Italia.
Dal 2017 al 2022 Fimiano è stato così consigliere al comune di Caraffa, in provincia di Catanzaro, ed è inoltre diventato responsabile regionale del dipartimento ambiente ed energia di Fdi in Calabria. Da pochi mesi c’è stato il salto a Roma con una remunerazione di 45mila euro all’anno. Nello staff al ministero, con uno sguardo alle prossime Europee, è stato arruolato – a titolo gratuito – pure Mattia de’ Grassi di Pianura, già speechwriter di Tajani ai tempi dell’Europarlamento.
Ma quanto accaduto all’inizio del 2023 non è una novità. Il segretario di Forza Italia, in qualità di vicepremier, ha diritto anche a un team di consulenti a Palazzo Chigi.
E qui sono sotto contratto da tempo altri esponenti del partito, come l’ex calciatore Giuseppe Incocciati (per lui la retribuzione è di 30mila euro all’anno) candidato non eletto al Senato con gli azzurri nel 2018. A chiudere il cerchio l’ex deputata Maria Spena (consulente per 40mila euro), la coordinatrice del partito in Valle d’Aosta, Emily Rini (30mila euro) e il sindaco di Chiusano San Domenico (Avellino), Carmine De Angelis (30mila euro), accomunati dallo stesso destino: la candidatura finita male in Forza Italia alle ultime Politiche.
(da editorialedomani.it)

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AD ANAGNI, IN PROVINCIA DI FROSINONE, È SCATTATA LA CACCIA AI RAGAZZI CHE HANNO MASSACRATO UNA CAPRETTA PER POI DIFFONDERE IL VIDEO DELLE VIOLENZE SUI SOCIAL

Agosto 31st, 2023 Riccardo Fucile

INSULTI, ACCUSE E MINACCE DI MORTE RIMBALZANO NELLE CHAT E LE FAMIGLIE “BENE” COINVOLTE TEMONO CONSEGUENZE (NON SOLO GIUDIZIARIE) PER I PROPRI FIGLI…“ERAVAMO UBRIACHI, NON CI SIAMO RESI CONTO DI QUELLO CHE STAVAMO FACENDO”

«Fuori i nomi». C’è persino un hashtag che gira sui social, un invito a dare la caccia ai ragazzi che hanno massacrato la capretta nell’agriturismo di Anagni, in provincia di Frosinone.
Il clima a Fiuggi, città dove vivono i giovanissimi coinvolti, è molto teso. Troppa l’indignazione per quel video in cui l’animale viene ucciso durante una festa di compleanno: una serie di calci e, in sottofondo, le risate.
Una violenza brutale e le grida di incitamento a colpirla riprese dagli smartphone e poi il video postato sui social.
Ed è proprio sul web che ora i ragazzi sono diventati bersagli, come anche nella città termale che conta appena diecimila persone. Tutti si conoscono. Non si parla d’altro e si è scatenata la caccia ai responsabili.
Insulti, accuse e minacce di morte sono rimbalzate nelle chat della località ciociara. Ore di paura e recriminazioni tra le famiglie coinvolte che adesso temono conseguenze – non solo giudiziarie – per i propri figli. «Ogni famiglia sta cercando di capire il grado di coinvolgimento dei ragazzi», dice preoccupato Alioska Baccarini, sindaco di Fiuggi, nonché avvocato.
In un canale social chiamato «non ci sono problemi», sono presenti proprio gli stessi giovani del video con l’uccisione della capretta che pubblicizzano le loro scorribande, mostrandosi mentre contano banconote da 50 euro o quando inseguono auto dei carabinieri.
«Eravamo ubriachi, non ci siamo resi conto di quello che stavamo facendo. Non pensavamo che l’animale morisse…». Hanno tentato di giustificarsi così i due ragazzi minorenni, indagati per i maltrattamenti dopo aver ucciso la capretta. I militari dell’Arma di Anagni stanno ascoltando diversi testimoni della cena di compleanno nell’agriturismo Sant’Isidoro di Anagni: il pm della procura per i minorenni di Roma Maria Teresa Leacche ha disposto verifiche sui titolari per l’eventuale somministrazione di alcolici ai minorenni.
(da agenzie)

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“LA SANTANCHÈ HA SALTATO LA FILA AL PRONTO SOCCORSO”: LA MINISTRA L’ALTRA SERA HA ACCOMPAGNATO UN PARENTE ALL’OSPEDALE DI LIDO DI CAMAIORE

Agosto 31st, 2023 Riccardo Fucile

LA ASL SMENTISCE FAVORITISMI: “ABBIAMO SOLO TUTELATO LA PRIVACY”, DANIELONA E’ STATA FATTA ACCOMPAGNARE IN UNA STANZA APPARTATA “SECONDO UN PROTOCOLLO CHE VIENE ATTIVATO PER EVITARE ANCHE PROBLEMI DI ORDINE PUBBLICO”

C’è chi ha fatto polemica sui social, così la Asl si è affrettata a mandare in giro un comunicato per precisare che no, non c’è stato nessun presunto scavalcamento di fila al pronto soccorso dell’ospedale di Lido di Camaiore (Lucca) da parte del ministro Daniela Santanchè.
Così la Asl Toscana Nord Ovest ha spiegato come sono andate le cose secondo prassi e protocolli consolidati per tutelare la privacy dei personaggi noti.
“Martedì sera intorno alle 21.30 è arrivato un importante personaggio pubblico che accompagnava un proprio congiunto – spiega la Asl riferendosi al ministro Santanché – Ai personaggi popolari, analogamente a quanto avviene per ogni altro utente, si assegna un codice di priorità” per essere visitati dai medici “che viene rispettato, così come abbiamo avuto conferma sia avvenuto ieri sera, con attesa in linea con quella degli altri pazienti”.
“Però – specifica la Asl – può venire attivato un ‘corridoio di tutela della privacy’ soprattutto se richiesto dalle forze d’ordine per evitare, come in questo caso, ogni problematica” di ordine pubblico ed è forse qui che si è generato l’equivoco rimbalzato sui social web per un presunto favoritismo nei tempi della visita medica per la persona che veniva accompagnata dal ministro del Turismo.
L’utente che segnalato la circostanza sui social ha descritto l’arrivo del ministro con la scorta dei carabinieri ipotizzando che avesse saltato la fila con decine di pazienti in coda. Invece la Asl ha precisato che la persona accompagnata da Santanché è stata visitata dai medici con le stesse tempistiche previste per tutti i pazienti in base all’urgenza e agli altri criteri stabiliti; l’unica differenza, è stato ribadito, è stata l’attivazione del ‘corridoio per la tutela della privacy’.
(da agenzie)

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MA ANDREA GIAMBRUNO, PROTAGONISTA DELLE SPARATE SU CLIMA, GERMANIA E STUPRI, E’ LO STESSO CHE IN UNA INTERVISTA DEL 2016 DICEVA: “GIORGIA STA SULLA SCENA, IO DIETRO. APPARIRE NON È IL MIO LAVORO”?

Agosto 31st, 2023 Riccardo Fucile

CON LA COMPAGNA A PALAZZO CHIGI, IL SIGNOR MELONI VUOLE ESSERE SEMPRE PIU’AL CENTRO DELLA SCENA E TRA BATTUTE, COMMENTI E SCIVOLONI, UN TELESPETTATORE È PORTATO A CHIEDERSI: “STA PARLANDO IL GIORNALISTA OPPURE HO DAVANTI UNA RIPRODUZIONE DELLE CHIACCHIERE AL TINELLO DI CASA GIAMBRUNO-MELONI?”

E pensare che era anche partito volando basso: “Lei sta sulla scena, io dietro. Non amo i riflettori. Apparire non è il mio lavoro. Nel grande mondo della tv sto dietro le quinte, a immaginare cosa accade davanti”, diceva Andrea Giambruno nel 2016, intervistato da Luca Telese per la Verità. A furia di immaginare-cosa-accade-davanti, ora lì davanti c’è finito lui.
Il compagno di Giorgia Meloni, conquistata la conduzione di una striscia pomeridiana su Rete 4 (“Diario del giorno”) poco dopo la di lei conquista della presidenza del Consiglio, non sembra avere alcuna voglia di limitarsi al cosiddetto modello anglosassone di giornalismo. E quindi fai una battuta in diretta oggi, un altro commento domani e riecco puntuale divampare la polemica, perché effettivamente la commistione c’è tutta e un semplice telespettatore può domandarsi: sta parlando il giornalista Giambruno oppure ho davanti una riproduzione delle chiacchiere al tinello di casa Giambruno-Meloni?
Il caldo asfissiante con temperature record: “Non è una notizia, a luglio ha sempre fatto caldo”, spiega Giambruno, e la considerazione sa di riproposizione del negazionismo anti-ambientalista molto in voga a destra. “Sono 20-30 anni che in qualche modo i tedeschi ci devono spiegare come campare. Se non ti sta bene stai a casa tua!”, il messaggio non proprio di pace ma parecchio nazionalista rivolto al ministro degli Esteri tedesco, il socialista Karl Lauterbach, preoccupato per il futuro del turismo italiano alle prese con i rovesciamenti climatici. Fino all’ultima lezione sugli stupri, forse la più imbarazzante tra le cadute di stile: “Se eviti di ubriacarti e di perdere i sensi, magari eviti anche di incorrere in determinate problematiche perché poi il lupo lo trovi”.
Altri tempi, ora a guidare il centrodestra e il governo c’è Meloni, i cui rapporti con Marina Berlusconi vengono descritti come mediamente buoni. Per “Andrea” e “Giorgia” il vento è più o meno in poppa e Giambruno rivendica il diritto di essere se stesso, come quando sette anni fa rivelò di aver sempre votato Pd, o di essere favorevole all’adozione di figli per le coppie omosessuali e alla legalizzazioni delle droghe, facendo venire un mezzo mancamento ai fedelissimi della compagna. Dopodiché tra i diritti inalienabili dell’uomo c’è anche eventualmente quello di spararla grossa, che del resto in famiglia non è un’attività ignota, e quindi la sostanza è che al conduttore nessuno può menarla più di tanto. Neanche “Giorgia”.
Dopo averci lavorato qualche anno fianco a fianco, Giambruno si è convinto di voler seguire il modello Paolo Del Debbio, teorico e interprete di un’informazione “populista”, che prende posizione, che si concede il gusto della provocazione contro il famigerato politicamente corretto. E visto il filone politico tutt’altro che di sinistra, si potrebbe ben dire che Meloni, dai e dai, ha fatto egemonia culturale anche dentro casa. Se ne potrà mai fare una colpa a Giambruno?
(da La Repubblica)

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